A Capizzo, a Magliano Vetere, a Caselle in Pittari, e a Sala
Consilina, all’alba della festa patronale si tiene una processione
che, partendo dalla chiesa madre, raggiunge una cappella sulle
alture che sovrastano i rispettivi centri abitati, ricavata in
parte da grotte naturali, e che rappresenta proprio perciò, un
richiamo diretto al mondo sotterraneo permettendo al devoto di
avvertire con più immediatezza la presenza dell’aldilà.
Il cerimoniale della partenza ha inizio all’alba con i fedeli
che percorrono l’intero tragitto scalzi.
Apre il corteo un grande stendardo a forma di vela, subito
seguito dalle portatrici di cènte a piedi nudi. Da notare che
mentre a Capizzo e a Magliano Vetere le rispettive statue dei
Santi vengono portate sulla montagna, a Caselle in Pittari la
statua viene portata, da coloro che sono rimasti in paese,
incontro ai pellegrini che ritornano dal Santuario; a Sala
Consilina la statua viene portata dal monte al piano e viceversa.
Una sola sosta verrà fatta a circa metà percorso su piccoli
pianori rivolti verso il Sacro Monte che si erge maestoso in
lontananza. Durante il tragitto iniziano i canti tradizionali e,
giunte a destinazione, le donne adagiano le cènte ai lati
dell’ingresso e con gli altri fedeli ascoltano la messa.
A Capizzo il pellegrinaggio si tiene l’11 luglio e raggiunge il
Santuario di S. Mauro, situato sulla dorsale sud-est del monte
Chianiello a quota 1078 metri sul livello del mare. Il Santuario
custodisce l’antica statua di S. Mauro, fatta di malta e mattoni,
ricoperta di gesso policromo, rinvenuta in un antro profondo
alcuni metri ancora visibile dietro l’altare, a fianco di una
piccola sorgente perenne.
Si racconta che il Santo fosse comparso in sogno ad una donna
di Monteforte rivelandole dove si trovasse la sua statua. Il
popolo si recò sul luogo indicato, rinvenne la statua e cercò di
trasportarla a valle ma, a metà percorso, la statua si fece così
pesante che i portatori non riuscirono più a proseguire; si tentò
allora di costruire sul posto la cappella, ma il lavoro fatto di
giorno veniva distrutto di notte. Così i devoti capirono quale
fosse la volontà del Santo e riportarono la statua nella sua
grotta.
Dopo la celebrazione della messa, i fedeli si recano dietro
l’altare ad attingere l’acqua della sorgente per portarla a casa e
farla bere ai bambini e a coloro che non hanno potuto prendere
parte al pellegrinaggio. Poi segue un rito singolare: le mamme
tolgono gli abiti ai bambini e li appendono come ex voto alle
pareti del presbiterio. Molti si soffermano a pregare sui gradini
dell’altare, altri approfittano per godere dello stupendo
panorama.
A Magliano Vetere il pellegrinaggio si tiene la terza domenica
di settembre e raggiunge il Santuario di Santa Lucia a 743 metri
sul livello del mare. Il Santuario è costituito da due angusti
ambienti, contigui, ciascuno con un altare. Sul muro di fondo
della parte nuova vi è un affresco della Santa.
Una delle credenze popolari più diffuse è certamente quella che
riguarda gli occhi della Santa. Si dice infatti, che durante il
martirio le siano stati strappati dal carnefice ma che subito ne
abbia ricevuti dal Signore altri due ancora più belli.
Una miriade di candele accese dai giovani e disposte nelle
mille cavità delle pareti della roccia, crea un ambiente molto
suggestivo, quasi misterioso; i più arditi si arrampicano lungo
gli anfratti per parecchie decine di metri. Ai lati del corridoio
centrale si scorgono molti piccoli alvei scavati nella roccia,
stranamente liberi da umidità. Ci dicono che la grotta termina in
una grande cavità, molto profonda, oltre la quale nessuno è mai
andato.
A Caselle in Pittari il pellegrinaggio si tiene due volte
l’anno, l’8 maggio e il 29 settembre e raggiunge il Santuario di
S. Michele Arcangelo sul monte omonimo a 598 metri sul livello del
mare.
Il Santuario è formato da due grotte, la prima, più piccola,
detta di S. Angelo, ha un piccolo altare che ospita una statuetta
di S. Michele Arcangelo, di gusto barocco, in atto di schiacciare
Lucifero. L’altra, più grande, è detta di S. Michele, con un
altare addossato ad una parete in muratura antica, sulla quale è
ricavata una nicchia che ospita la statua del Santo dai tratti
rinascimentali, elegantemente cesellati. Sulla sinistra della
nicchia centrale, un bassorilievo del XII secolo rappresenta S.
Michele con lo scudo crociato che uccide il drago.
Dopo la celebrazione della messa i fedeli sfilano davanti al
bassorilievo, lo baciano stendendo la mano destra e vi depongono i
fiori che hanno portato dal paese, fino a ricoprire letteralmente
l’icona.
I riti del ritorno sono meno austeri. I canti si eseguono fino
al luogo dove è stata effettuata la sosta durante la salita.
Nell’ultima parte del percorso, molti del paese vanno incontro ai
pellegrini con bibite e dolci locali che offrono come ristoro ai
portatori delle statue e alle portatrici di cènte.
Alle prime case del paese la processione si ricompone, si
aggregano altre cènte e numerosi altri fedeli.
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A Sala Consilina il pellegrinaggio si svolge due volte l’anno:
il 29 settembre e l’8 maggio per raggiungere il Santuario di S.
Michele posto sul monte, per poi terminare, dopo le funzioni
religiose nella chiesa parrocchiale di S. Pietro.
La devozione dei salesi per S. Michele Arcangelo risale,
secondo la leggenda, al XIII secolo, quando il Santo apparve ad un
pastore il 4 luglio del 1213, chiedendo per se un tempio su quella
cima.
Il culto per il Santo si intensificò nel XVIII secolo, quando
il 17 maggio del 1715, mentre il sacerdote Cosmo Sammartino
celebrava nell’antica cappella il rito religioso, l’immagine
dell’Arcangelo, un affresco del XV secolo, dipinta sulla parete di
fondo incominciò a grondare umore, manifestando così il miracolo.
Allora i fedeli vollero ampliare la costruzione intorno
all’originaria cappella costruendo un tempio a tre navate con
archi a tutto sesto, elevato a Santuario nel 1741. |