8.6. LA PITTURA TRA IL XIX E IL XX SECOLO PARTE II

- Alfonso Gatto si rivelò come pittore con opere che mostrava solo agli amici. Sempre presente nel dibattito culturale meridionale, la sua fu una presenza attiva, come appare dai suoi canti e dalle poesie più ispirate, al centro delle quali c’è costantemente il problema di dare, attraverso i linguaggi più sofferti e nuovi, il senso della realtà di un uomo del Sud, di un uomo maturato attraverso l’esperienza della ricerca della libertà.

- Clemente Tafuri; dire Clemente Tafuri è soprattutto dire colore, amore, entusiasmo per la vita e inno alla gioia. I suoi colori non sono soltanto natura, come la luce dei suoi crepuscoli o i volti delle sue donne o il profumo di un giardino di rose, ma anche sofferenza.
L’immediatezza, che costituisce l’altra virtù peculiare della sua arte, non impedisce a Clemente Tafuri di indagare, di penetrare profondamente il mistero della natura e delle cose, ma soprattutto dell’animo umano.
È conosciuto ed apprezzato oltre i confini del nostro Paese per la sua vena artistica impetuosa che sempre si rispecchiò nelle sue opere, raccolte in collezioni private, o nei suoi affreschi.

 

Figura 8. 33. C. Tafuri: La battaglia di S. Lucia

- Guido Gambone, tra i maggiori ceramisti del XX secolo, ma anche valente ed apprezzato pittore, è certamente uno degli interpreti principali della cultura artistica mediterranea, di quella che affonda le radici nell’immaginario dei miti popolari, di un nuovo incontro con la natura, che gli comunica, attraverso i suoi silenzi e il suo continuo mutare, quelle sensazioni intime e profonde che solo i grandi animi possono recepire e comprendere.
I suoi continui viaggi e l’insaziabile voglia di conoscere lo hanno portato alla ricerca di nuove forme espressive e alla lettura e conoscenza di tutte le esperienze artistiche che hanno connotato la sua vita, una vita che resta segnata da profondi mutamenti ma anche da grandi svolte che fanno dell’artista una personalità difficile da avvicinare, ma proprio per questo affascinante da trattare.

 

Figura 8. 34. Guido Gambone: Soggetti popolari

- Guglielmo Beraglia, nipote ed allievo di Giuseppe Avallone, uno dei massimi esponenti dell’arte salernitana del XX secolo, ha contribuito a tenere in vita la luminosa tradizione pittorica dell’Italia meridionale. Artista eclettico e dagli innumerevoli modi espressivi, sempre improntati a vivezza di ispirazione, passa con estrema facilità dall’olio al pastello, dal ritratto al paesaggio, con la stessa intensità di emozioni, con la stessa armonia di linguaggio e con una espressione sincera e sofferta di un’elevata concezione d’arte e di pensiero.
Lo stile di Guglielmo Beraglia, alieno da qualsiasi manifestazione d’arte d’avanguardia, è quello che rientra nella grande tradizione naturalistica ed impressionistica dei pittori partenopei e soprattutto salernitani della Costiera Amalfitana, che semplifica il vero e nello stesso tempo vi aderisce.
La vivacità cromatica racchiusa in un luminoso e sensibile equilibrio, la pennellata scorrevole e precisa, la trasparenza del colore, la limpidezza delle immagini e il sicuro disegno fanno delle opere del Beraglia arte vera e autentica, di una comunicazione diretta e schietta che rappresenta il raggiungimento finale a cui ogni artista tende: trasmettere il proprio messaggio di poesia.

Figura 8. 35. Guglielmo Beraglia

Ma dove l’artista è disposto a immergersi in un mondo trasognato, a proiettarsi nell’incanto e nella purezza, a trovare la sua natura più autentica, è nella rappresentazione dei paesaggi della propria terra, fatti di splendide e assolate marine, di barche adagiate su un mare azzurrissimo, di grigi paesetti della Costiera Amalfitana, di case di pescatori, di viali alberati e di angusti sentieri tra i monti cilentani, che esercitano nell’animo dell’artista un fascino particolare e gli fanno avvertire una commossa partecipazione alla vita.
Tra le sua opere: Sole grigio, Intimità, Radiosa, Mattino primaverile, La Modella, Alba a Palinuro, Estasi, Vietri sul mare e i tantissimi nudi e ritratti conservati in collezioni di enti pubblici, di privati e di familiari.

Figura 8. 36. Pasquale Avallone

- Pasquale Avallone, figlio del Maestro Giuseppe Avallone ed allievo di Vincenzo Volpe presso l’Accademia delle Belle Arti “Salvator Rosa” di Napoli, sapientemente guidato da Stanislao Lista, è considerato uno dei maggiori interpreti dell’arte figurativa salernitana della prima metà del XX secolo.
Proteso alla solenne celebrazione del dolore e della vittoria bellica e successivamente dei miti e dei riti del Regime, Avallone si configura con maggiore chiarezza e rigore come artista alla ricerca della verità ed incline alla riflessione lirica. Nelle sue bambine e nelle sue donne avvolte o appena lambite dai bianchi candori di lenzuola, nei volti e negli occhi degli scugnizzi dell’Orfanotrofio Umberto I, nel rigore geometrico dei suoi angoli di paesaggio, nell’incanto di vecchi cortili o assolate terrazze, nei vicoli cullati dalla solitudine, dove la nota dominante è costituita da tagli, inquadrature o piani mai banalmente convenzionali, la pennellata è ferma e scattante, carica, mai confusa, talora impressionistica, sempre meditata e senza ripensamenti.
Raffinato nelle neo-rinascimentali allegorie per la Camera di Commercio, elegante nel fregio del bar Vittoria, misurato nel liberty dei pannelli decorativi della Banca d’Italia, moderno nel sipario e plafond del Teatro Verdi (andati purtroppo distrutti) e soprattutto geniale nella stupenda decorazione eseguita nel Salone dei Marmi di Palazzo di Città nella quale è descritta, mirabilmente, la storia della nostra città, Pasquale Avallone fa convivere, accanto a queste scelte artistiche una vena più pudicamente sussurrata che raccoglie suggestioni emotive, anche le più labili, suggerite da paesaggi, marine solari o notturnamente palpitanti, o da ispirate figure femminili.
“Notturno con figura”, “Mia moglie a Paestum”, “Figura in rosa”, “Ragazza sull’argano”, “Dopo il bagno”, “Giardino”, sono capolavori spalancati senza reticenze sulle lezioni post-macchiaiole e post-impressionistiche. Indimenticabili sono i ritratti (più di cento in Italia e all’estero), che conducono l’artista verso un’accurata riflessione sulla figura umana da cui traspare una forza emotiva che l’artista sa cogliere e bloccare sulla tela, dove ciascuna figura si schiude al mondo della rappresentazione, lasciandosi alle spalle la fragilità e l’effimero dell’umana condizione.

- Mario Di Lieto, nelle sue opere pittoriche sofferma la sua attenzione sulla storia di Amalfi, non solo per ricostruirne le fasi salienti ma soprattutto per raffigurarne la società attiva, la città murata e fortificata e le sue navi. L’anima della città e della sua gente Di Lieto ha voluto rappresentare nel gonfalone civico, sul quale spicca la ninfa Amalfi con un leone in grembo in cui affiora l’aspetto caratteristico delle donne amalfitane, spose fedeli e madri esemplari. Ricostruisce il valore degli amalfitani e dei salernitani nella battagli di Mitigliano, ricordandone la fiera origine romana ponendo al centro della battaglia un condottiero su cavallo bianco. In altre opere mostra l’assedio alle mura di Amalfi da parte dei Normanni e la coraggiosa difesa da parte degli amalfitani del castello di Tramonti che sostengono l’assedio dagli invasori, decisi a morire piuttosto che subire l’umiliazione della resa.

- Giuseppe Di Lieto, è nato a Ravello tra la favola e vive a Positano tra le meraviglie, perché proprio di favole e di meraviglie si può dire che è ricca la sua arte. Nei suoi dipinti piace vedere immedesimate le sensazioni che prova chi si lascia immergere in un mondo che, per le sue tante bellezze, non può essere definito, e che ciascuno, può semmai trasfigurare in patetici paesaggi di sogno. Osservando però con occhio critico le sue opere, si riesce a scorgere in esse radicati vincoli atavici, profonde ascendenze arcaiche in uno spontaneo e involontario primitivismo.

- Mario Fiorentino; il suo amore per la pittura, gli acquerelli in particolare, deliziosi, delicati, romantici e pieni di fascino, è capace di trasmutare la realtà in sogni intersecati da artistici arabeschi. I soggetti rappresentati dal Fiorentino non sono sognati, bensì evidenti realtà come l’albero scortecciato da mano ignota o le scale dei leoni a Positano, o le crepe di vecchiaia che si intravedono su una delle tante cupole di cui la costiera è piena.

- Casimiro Forte, ha dipinto il mare, un mare d’oblio anche quando è burrascoso, un mare che sta per perdersi lentamente tra la vita e la morte, un mare occluso, impedito da muri grigi e assolati, delimitato e chiuso da cancelli, a volte da cumuli di rifiuti che ne impediscono l’accesso. Il mare di Casimiro Forte è comunque quello dei paesi della costiera, delle piccole chiese bianche, dei vicoli e delle scalinatelle, dei moli coi fanali, degli azzurri marinai, dei pescatori che parlano in silenzio, della folla degli uomini soli che al mare chiedono, in nome di un riscatto, un effimero sogno di sventure, di gomene al vento.

- Mario Gallinari; in un mondo dominato dall’effimero, il Gallinari sembra uscito da un libro di favole, e come tutti i personaggi del mondo sognato, sembra vagare stordito dalla illogicità della realtà che lo circonda. I suoi oli delicati, rappresentati con mano felice attraverso chiaro-scuri impressionanti per veridicità, sembrano poetici crepuscoli e orizzonti di poesia irripetibili. Il mondo del Gallinari è quello di sempre, bello, pulito, colorato di azzurro ora tenue ora denso, di grigi crepuscolari, di verdi brillanti, di rossi aggressivi e di romantici bianchi, con cieli e mari che si baciano all’orizzonte e con paesaggi costieri sognati e reali.

- Enotrio Pugliese, è il pittore delle cose semplici, il suo mare è quello dei pescatori con i pantaloni arrotolati e le coppole per proteggersi dal sole, in attesa di prendere il largo per guadagnarsi il pane. L’intenso odore dei limoni, il ritmo affascinante della risacca sugli scogli, le cupole bianche dei tetti, il bagliore accecante del sole che accarezza l’azzurro profondo del mare della costiera, fanno parte della sua pittura e soprattutto del grande amore che l’artista ebbe per questa terra incantata.

- Alfonso Grassi, allievo prediletto di Giorgio de Chirico ed amico di Pietro Annigoni e di Gregorio Sciltian, ha compreso l’arte della pittura, e quanto ad essa è collegato, presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli sotto la guida dei Maestri Vincenzo Caprile, Emilio Notte e Carlo Sivieri.
Egli ha il merito di aver ripescato, conservando la sua personalità e la sua originalità, la pittura antica dei grandi maestri del passato rivisitandola in chiave moderna.
Dietro lo sguardo dei suoi “vecchi”, che gli consentono di esprimere appieno la sua tecnica pittorica a lume di candela, scorrono le immagini della sua vita vissuta, che riportano alla sua mente i ricordi dell’infanzia, le illusioni della realtà di ogni giorno e il sentimento antico legato alla vita dei campi e della natura.
Decoratore di quasi tutte le chiese dell’Irpinia con affreschi anche di notevoli dimensioni, Grassi è soprattutto un grande ritrattista che ha immortalato sulla tela illustri personalità: Papa Giovanni Paolo II, Giorgio de Chirico, Sandro Pertini, Giulio Andreotti, il cardinale di Napoli Michele Giordano e l’arcivescovo di Salerno Guerino Grimaldi.
Le sue opere si trovano in importanti collezioni pubbliche e private tra cui: la Galleria degli Uffizi a Firenze, il Palazzo Torlonia di Roma, il Senato della Repubblica, il Museo S. Francesco di Assisi, il Museo Sanna di Sassari, il Museo Vaticano di Roma, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma ed altre.

- Gabriele D’Alma, ispirato prevalentemente da un profondo senso umoristico, è un artista versatile, la cui fama ha oltrepassato i confini della nostra regione. Ha onorato Salerno con le sue popolarissime caricature, presentate in numerose mostre che hanno richiamato e divertito, immancabilmente, folle entusiastiche.
Geniale anche in pittura, a cui si è sempre dedicato con riserbo e modestia pur dimostrandovi abilità e sicurezza.
Le sue opere, di stile neoclassico, risultano piacevoli, con soggetti vari ed originali, riscotendo molta ammirazione e simpatia da parte del pubblico.

- Mario Carotenuto, di cui tratteremo più ampiamente nella descrizione della sua opera più significativa “Il Presepe Dipinto”, si pone tra i protagonisti di quel movimento di rinnovamento della cultura artistica che, nell’immediato dopoguerra, ha operato una congiunzione dei fermenti vivi a Napoli ed in altri centri dell’area meridionale, con le spinte innovative circolanti nella cultura italiana ed europea. Giunse a Salerno da Tramonti, portando con sé quanto di meglio aveva appreso nell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, ove aveva studiato con i Maestri Emilio Notte e Vincenzo Ciardo.
La sua mano è ferma e decisa, la sua pennellata è fluida e veloce; bastano pochi tocchi di acquerello o di pastello o immagini ritagliate da un foglio ed è subito un gioco di giovani su un’intuibile bagnasciuga, uno svolazzare di splendide farfalle, un dolce ripercorrere i luoghi della sua infanzia. Le sue opere sono un susseguirsi di primavere, di esplosioni di segni e di colori che hanno la loro connotazione nella solarità della Costiera Amalfitana, ma sono soprattutto la testimonianza della conquista di un iter felice, un viaggio che ha come sua peculiarità l’inconfondibile amore per la vita.

- Pietro Lista, salernitano di adozione, è un artista contemporaneo conosciuto e stimato in Italia e all’estero, che ha appreso i segreti delle più disparate tecniche pittoriche presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli con i Maestri Emilio Notte, Giovanni Brancaccio, Vincenzo Ciardo e Mario Colucci.
Le sue opere dimostrano sempre chiaramente di essere concepite già con un premeditato e abilissimo piedistallo materico, cromatico e tecnico, ove il colore, reso in una gamma ricchissima di sfumature, assume una valenza netta e squillante.
Le sue figure, ora decisamente riconoscibili come umane, ora quasi astratte, sono sempre provviste di una loro intrinseca natura antropomorfa ove risulta evidente la rapidità e persino la virulenza con cui sono tracciate le immagini, nella voluta semplificazione di una mimesi del mondo esterno in cui si avverte l’eccezionale capacità di fissare sulla tela la volontà di una integrazione con il reale, con la realtà quotidiana.
Alcuni fondali luminosi e incandescenti, alcune stesure avulse e appassionate, sono altrettanti esempi di una sensibilità astratta che può valersi dei rapidi segni sovrapposti ai fondali quali elementi ornamentali o quali parametri di una segmentazione spaziale del tutto autonoma.
Dopo aver esposto le sue opere nelle più importanti Gallerie d’Arte del mondo (Roma, Napoli, Les Mains, Parigi, Tokyo), Pietro Lista fonda, nel 1993, il Museo d’Arte Contemporanea Materiali Minimi a Paestum.

Figura 8. 37. Gabriele D'Alma: Una stradina di Polla

Figura 8. 38. Pietro Lista