A Campagna, la città invisibile, infilata in una stretta gola
dei monti Picentini e negata alla vista dei passeggeri di un
aereo, si rinnova ogni sette anni la processione del Cristo
Velato.
Il misterioso Cristo Nero, vestito e velato, lascia dopo la
messa serale il pregiato altare di legno bagnato in oro zecchino,
della cappella della chiesa di S. Bartolomeo, per sfilare tra due
ali di folla sorretto da grucce impugnate dai fedeli con l’abito
delle Confraternite, e scendere in piazza, tra vie e vicoli, tra
le abitazioni del paese a benedire, con il suo passaggio, quanti
hanno per lui una radicata devozione; per l’occasione il colorato
abito del Cristo Velato viene cambiato e i pezzettini del vecchio
distribuiti ai fedeli come reliquie.
Da secoli, nei momenti più dolorosi della vita cittadina, la
comunità campagnanese si rivolge a lui implorandone con preghiere,
riti e processioni penitenziali, la paterna protezione; una
protezione che non ha fatto mai mancare, come dimostrano gli
infiniti ex voto; la cadenza settennale del rito è stata spesso
interrotta durante le calamità naturali, le guerre, i terremoti,
le pesti, le carestie e le siccità, che sono state frenate
dall’intervento divino invocato con grandissima fede dal popolo
penitente. |
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Dove attualmente è ubicata la parrocchia di S. Bartolomeo,
prima del 1277 sorgeva una chiesetta dedicata alla Vergine Maria,
adibita a luogo di sepoltura dei nobili locali, come risulta
dall’opera di vari storiografi e dalla presenza dei sepolcri
eretti per uomini illustri, celebri nelle arti e nelle scienze.
Accanto alla suddetta chiesa, in una cappella gentilizia, fin
dal 1270 era venerato un antico crocifisso acefalo, opera di
qualche anonimo eremita, che tra il I e il II secolo dell’era
cristiana si era rifugiato tra le caverne campagnanesi per
sfuggire alle persecuzioni imperiali.
La tradizione parla del ritrovamento, in una grotta dei monti
circostanti, di un misterioso teschio scolpito così bene da
rassomigliare ad un viso disseccato, ancora espressivo, simile a
quello di un Cristo morto in croce. Si spiega facilmente, allora,
come gli antichi e devoti campagnanesi vollero completarlo delle
restanti parti del corpo, fissarlo ad una croce e farlo diventare
oggetto della propria devozione.
Quando nel 1440 San Bernardino, in qualità di commissario
apostolico, visitando alcuni conventi della zona, sentì parlare di
quel crocifisso, decise di visitarlo; il Santo predicò poi tra
quelle valli, nell’attuale piazza Guerriero, davanti a migliaia di
fedeli e soprattutto davanti a quel crocifisso, ribattezzato
“Santissimo Nome di Dio”. |