Konia, un angelo

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 La prima volta che incontrai Konia era un tardo pomeriggio d'autunno, in quell'attimo lacerante che precede il grido silenzioso della notte. Quella sera pioveva così forte che a stento riuscivo a udire la chiassosa solitudine che con violenza scudisciava i miei pensieri. Lei apparve così, improvvisa... da dietro i vetri, tra un rivolo di pioggia e il bagliore di un lampo. Abbassai intimorito lo sguardo. Sulle prime credetti che la mia vista stanca si fosse impigliata in uno dei miei infiniti sogni, in quella bizzarra rete del mio ambiguo e monotono esistere. Non fu così...

Mi arrampicai con lo sguardo su quei vetri, finché incrociai di nuovo il suo viso.

Senza averla mai vista, sapevo chi fosse... non me ne domandai il perché.

Imbarazzato chiesi:

"Konia, sei tu, vero ?".

Ebbi quasi paura nel sussurrare quel nome, ma subito ogni timore svanì, perché anch'io scomparvi d'improvviso dentro al suo sguardo, dentro al suo essere, oltre quella stretta finestra che si apriva su quel mondo che avevo rifiutato di guardare per troppo tempo. Accadde tutto in un istante e solo allora capii... sentii "il suo sentire" scorrere assieme al mio e tuffarsi nella notte fra sorrisi che credevo di aver dimenticato. La sua voce al principio non era fatta di parole... ma di suoni delicati che tanto assomigliavano al frullare che si avverte nel petto quando si materializza, manifestandosi inaspettata, una gioia da tanto vagheggiata.

Avvolgente, come solo un sorriso di bimbo può essere, s'illuminò facendo della notte un allegro falò, spingendo la pioggia lontana in mille e ancora mille scintille, riscoprendo tutte le stelle del fuoco meraviglioso del nostro cielo. Chiusi gli occhi e li riaprii, come farebbe un fanciullo incredulo nel vedere con stupore il proprio stupore e piansi di gioia.. una gioia che - ora so - non avevo mai provato prima. La casa così grande e vuota, con i suoi occhi opachi, le sue pareti bianche e sempre uguali svanirono per lasciar posto ad un giardino il cui confine era soltanto la felicità del mio esistere.

Konia giocava tra i cespugli confondendo le sue guance paffute e rubiconde con le foglie rosse dell'acero piantato dal Vecchio Saggio sul bordo di quel sentiero che troppe volte avevo percorso, stupidamente, in solitudine. Brillava più luminosa di un sole al tramonto e guardandomi cresceva... cresceva e cominciava ad intessere pensieri di donna per farne parole e linee d'alba a poco a poco più adulte. E' certo che non smise mai di battere le ali... e vi assicuro che le apre ancor oggi quand'è felice.

Libellula... farfalla, non seppi e non so ancor oggi definirla. Una leggera tenerezza l'avvolgeva ed era così armoniosa nel suo dire il silenzio, che mille note danzavano come corolle dai petali aperti, ognuno un frammento di un abbraccio immenso. Di brevi voli a sfiorare il mare taciturno dell'attesa, mi giocò accanto ed oggi, infine, mi accarezza coi suoi mille sorrisi, lasciando cerchi in quell'acqua limpida che sembra non aver passato... che sembra non abbia mai avuto riva.

Quando per la prima Konia volta pronunciò il mio nome, in un attimo i colori di quel magico giardino divennero così fulgidi e prepotentemente abbaglianti da rendere d'improvviso buia tutta un'esistenza fatta di notti grigie e di misera realtà. Da allora, nessuno riuscì più ad affievolire quelle tinte... né a sfumarle, neppure per un solo istante.

 

Mi chiesi allora se era possibile amare così tanto da sentire quasi un dolore nei pensieri... Non cercai mai una risposta… poi, quella fragile creatura, Konia, si posò sul mio orizzonte, illuminata da straordinari miraggi d'anima che ancor oggi mi fanno guardare il cielo cercandovi forme fantastiche - visioni della fanciullezza - che vedono cavalli e cavalieri percorrere quella linea di confine tra aria e terra in colori sempre nuovi.

Fu forse la prima volta che non ebbi davvero paura di amare... e per lei cancellai il futuro, suggendo da quel fiore solo l'attimo, nient'altro...

Figlia, donna e madre... altro me stesso. Non so davvero se quello fosse il suo vero nome o il suono che nei miei pensieri più gli somigliava. Di certo... Konia era un Angelo, è un Angelo, il mio... da sempre.

   

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Antognini Andrea - 2000 - Tutti i diritti riservati