La settimana di Anil

Domenica

 

 

Edizione numerata, fuori commercio,
dedicato al nipote Iacopo Ianni per il suo secondo compleanno
Del Romano, L'Aquila, 2003
cm. 22 X 11
Copertina e illustrazioni di Stefano Ianni


Domenica Torna su

Era un bel mattino luminoso, e Anil stava per incominciare la sua giornata di questuante, con Kelan in braccio. Era uscito da poco da casa, e percorreva un tratto di strada bianca, fiancheggiato da boschetti di bambù. In uno di questi, intravide qualcosa di luminoso, tra le canne, e nel contempo avvertì il fruscio dei fusti che si muovevano, e che si piegavano sotto un peso.
Durò un lampo; poi la visione scomparve e tornò il silenzio.
Si guardò intorno: non c'era nessuno; Kelan dormiva, tranquillo.
Anil camminò ancora per un po', e gli parve che la prima casa abitata fosse molto lontana.
Di nuovo sentì un fruscio, ma non vide nulla, nel boschetto.
Ancora silenzio; poi, all'improvviso, le canne si aprirono come un sipario, e in mezzo apparve un demone cattivo: aveva dieci braccia, e le muoveva tutte insieme, mulinando.
Il ragazzo lo guardò dritto negli occhi, ne sostenne lo sguardo maligno.
"Vi porterò via con me",disse il demone.
"Noi non abbiamo paura", rispose Anil, e strinse forte a sé il fratellino.
"Ho fame. Vi risparmierò, se avrò da mangiare."
"Non ho cibo per te", spiegò il ragazzo. "Non ho cibo nemmeno per noi due."
Il demone fece una smorfia, e con un dito delle sue innumerevoli mani indicò un praticello lì vicino:
"Guarda", disse. "C'è una capra che bruca l'erba. Se me la porti, vi risparmierò."
Anil non aveva scelta: o la capra, o loro due. Entrò nel prato. La bestia era legata con una corda al tronco di un albero; il ragazzo le si avvicinò, e sciolse il nodo del legaccio. Allungò le mani, e stava per afferrarla, ma lei lo trattenne:
"Mi dai in pasto a quel demone cattivo?", si lamentò.
"Non ho scelta", rispose lui. "O tu, o noi"
"Non è vero", disse la capra. "Ci sono altre possibilità. Vedi quella coppia di uccellini, su quel ramo basso? Loro basteranno."
"Non credo", disse Anil.
"E tu aggiungi un gatto", rispose lei, e indicò un micione che stava accovacciato tra la polvere.
Il ragazzo si avvicinò ai due uccellini, ma anche quelli avevano qualcosa da dire:
"Non ci prendere, amico. Noi possiamo cantare per te." E si misero a gorgheggiare come due tenori.
Anil si avvicinò al gatto, che, a sua volta, parlò:
"Lasciami vivere", disse. "Per quel mostro sarei solo un antipasto. E poi, non gli piacciono gli animali col pelo."
Intanto il demone era uscito dal boschetto, e si era impadronito di Kelan, che giaceva ai piedi dell'albero.
"Ridammi subito mio fratello", gridò Anil. Ma quello era già rientrato tra le canne, che si erano chiuse dietro di lui.
La capra, i due uccellini e il gatto erano spariti, ingoiati dai nascondigli che solo loro conoscevano.
Il ragazzo si accovacciò a terra, oppresso dallo sconforto. Non sentiva alcun rumore. Poi vide una luce: accanto a lui era comparso un giovane bellissimo, che emanava splendore.
Avrebbe voluto parlargli, raccontargli i suoi guai, la sua pena per il fratellino rapito dal demone.
Ma il signore luminoso pareva non volesse ascoltare: era sospeso nell'aria, circonfuso da un'aureola dorata.
Non parlava, ma sorrideva, e il suo era il sorriso della consolazione.
Perciò Anil non si sorprese quando, all'improvviso, il giovane dio scomparve, e al suo posto, per terra, nel punto esatto in cui era stato rapito, c'era Kelan, ancora addormentato.
Quel giorno, i due fratellini avevano incontrato il peggiore dei demoni, il più avido e rapace; ma in loro soccorso si era mosso Buddha, l'Illuminato: era il massimo che si potesse ottenere.
La settimana era finita; Anil sentiva il bisogno di riposare, ma sapeva, anche, che lunedì il loro pellegrinaggio sarebbe ricominciato.
Quel pensiero lo preoccupava, mentre, con Kelan in braccio, percorreva la strada che lo riportava a casa.
Ma qui trovò una buona notizia: il babbo aveva trovato un lavoro; forse, avrebbe potuto provvedere lui al latte del bambino.
Forse Anil sarebbe andato a scuola: era il suo sogno più grande.
Questo prometteva il sorriso di Buddha, il consolatore.



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