El jardín

Il breviario

Siccità

Il giardino


Traduzione di Carlos Vitale:


El breviario

Sequía

El jardín

 

 

Traduzione di Carlos Vitale
Barcellona, Emboscall, 2004
cm. 18 X 13 - pp. 119
Immagine di copertina di Stefano Ianni


Il breviario Torna su

Entrammo nel paesaggio tristissimo
una tristezza intessuta di colline
alberi spogli, erbe basse,
biancospini in fiore.
A casa trovammo la nonna
novantenne, col figlio vecchio vicino,
tutti e due vicini al fuoco, il breviario
aperto alla pagina
di quel giorno e di quell'ora. Essi
non sapevano
di essere un frammento di eternità,
una scaglia lucente
intrisa di tempo e di destino.


Siccità Torna su

Sono lo stilita che
nel deserto misura
la bellezza del vuoto e del lontano.
Un giorno l'occhio mi si posa
su un oggetto che brilla al tramonto
tra le sabbie soffici
screziate di colore.
Quell'oggetto turba
la mia solitudine.

Sento il vento, lo vedo
avanzare da lontano
con un rombo tellurico, so
che dovrò difendermi,
abbarbicarmi alla pietra. Pietra
su pietra, la mia siccità umana
stretta a quella più pura
della natura.

Levigato dagli anni, salso
di sudore rappreso,
continuo a vedere
quell'oggetto che brilla.
I miei occhi, una volta verdi,
sono due fessure buie.

So che lontano,
oltre il limite tenero
dell'orizzone, gli uomini
continuano a fermentare.
Quell'oggetto che brilla
deve essere un loro messaggero.

Ora che il sole è allo Zenit, so
che vuole annientarmi. Gli oppongo
quanto resta della mia siccità.

Poi la pioggia mi diluvia addosso,
mi conta le ossa e tenta
di arrivare al midollo.
Anche sotto la pioggia
quell'oggetto brilla.

Un giorno scenderò a prenderlo.
La sua presenza è insidiosa, attenta
alla mia libertà.

E' passato tanto tempo e non ho avuto
la forza di scendere. Anche oggi, che so
di dovermene andare,
quel brillio non si spegne.
Me ne andrò senza
sapere cosa è stato.


Il giardino Torna su

Sempre abbiamo bussato
a porte chiuse: dentro
poteva esserci un giardino. Ma quelle porte
non si aprivano mai; solo talvolta
si schiudeva uno spiraglio:
qualcosa verdeggiava, là dentro; ma guai
a fare un passo avanti: la porta
si chiudeva di scatto,
tornava a essere muro. Eppure c'era
un modo di superarla:
non bussare a nessuna porta.
Non guardare da nessuno spiraglio:
aspettare
di incontrare il giardino
che non ha porte, ma solo un arco fiorito
attraverso il quale si passa leggeri,
ci si trova dentro
senza neppure sapere
di essere entrati.


El breviario Torna su

Entramos en el paesaje tristísimo,
una tristeza entretejida de colinas,
árboles desnudos, hierbas bajas,
espino albar en flor.
En casa encontramos a la abuela
de noventa años, con su hijo viejo al lado,
los dos cerca del fuego, el breviario
abierto en la página
de aquel día y de aquella hora. Ellos
no sabían
que eran un fragmento de eternidad,
una escama reluciente
impregnada de tiempo y de destino.


Sequía Torna su

Sol el estilita que
en el desierto mide
la belleza del vacío y de la lejanía
Un día la mirada se me posa
sobre un objeto que brilla en el ocaso,
entre las arenas blandas
jaspeadas de color.
Ese objeto turba
mi soledad.

Oigo el viento, lo veo
avanzar desde lejos
con un estruendo telúrico, sé
que deberé defenderme,
asirme a la piedra. Piedra
sobre piedra, mi sequía humana
estrechada a la más pura
de la naturaleza.

Pulido por lo años, salado
de sudor cuajado,
sigo viendo
ese objeto que brilla.
Mis ojos, antes verdes,
son dos hendiduras oscuras.

Sé que lejos,
más allá del trémulo límite
del horizonte, los hombres
siguen fermentando.
Ese objeto que brilla
debe de ser su mensajero.

Ahora el sol está en su Cenit, sé
que quiere aniquilarme. Le opongo
quanto queda de mi sequía.

Luego el diluvio me cae encima,
me cuenta los huesos e intenta
llegar hasta la médula.
También bajo la lluvia
ese objeto brilla.

Algún día bajaré a cogerlo.
Su prencencia es insidiosa, atenta
contra mi libertad.

Ha pasado mucho tiempo y no he tenido
la fuerza de bajar. Incluso hoy, que sé
que debo irme,
ese brillo no se apaga.
Me iré sin saber
qué era.


El jardín Torna su

Siempre hemos golpeado
a puertas cerradas: dentro
podía haber un jardín. Pero aquellas puertas
no se abrían nunca; sólo a veces
se entornaba una rendija:
algo verdeaba, allí dentro; pero cuidado
con dar un paso adelante: la puerta
se cerraba de pronto,
volvía a ser un muro. Sin embargo, había
un modo de superarla:
no golpear a ninguna puerta.
No mirar por ninguna rendija:
esperar
a encontrar el jardín
que no tiene puertas, sino sólo un arco florecido
a través del cual pasamos ligeros,
nos encontramos dentro
sin ni siquiera saber
que hemos entrado.



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