Viaggio | Torna su |
Un vecchio contadino
passò tutta la vita
tra casa e campo.
La morte fu
il suo primo viaggio.
I gelati | Torna su |
L'estate trionfa
nei gelati a pennacchio
che misteriosi camerieri tengono alti come trofei
sotto le volte ricurve dei padiglioni da sole.
C'è da guardare preoccupati
al mistero di quelle coppe giganti,
dove si annidano, contorti,
colori e sapori tropicali.
Esiste chi ha il coraggio di mangiarseli tutti,
questi pantagruelici monumenti al dio dell'abbondanza.
Si affronta con timore il cocuzzolo di panna,
poi, piano piano, cucchiaio dopo cucchiaio,
si arriva al fondo di vetro,
velato dall'ultimo sciroppo;
e ci si sente in colpa, in quel momento.
Ci consola vedere, tuttavia,
che, alti sulle teste,
navigano altri gelati,
altri cucchiai affondano
nelle montagne di panna.
E poi, a cose fatte,
resta l'ombrellino cinese,
la banderilla a colori, il fiore di carta, ultime spoglie
di tanto monumento.
Una volta ho mangiato un monumento mostruoso.
Non c'era altro modo
per avere una coccarda di carta velina
che c'era confitta sopra.
La luce | Torna su |
Nella finestra lontana
s'è accesa una luce.
Come fu atroce
l'infanzia.
Alle sette di sera | Torna su |
Alle sette di sera
di domenica d'inverno,
il tempo si ferma
prima della slittata finale
nel tunnel della notte;
la sveglia è attonita
nell'angolo della cucina.
Ora non è più dovere
santificare o divertirsi,
a seconda dei credi;
l'attimo fermo è un seme
di nostalgia d'impossibile,
con sopra la piccola luce
del lunedì che ritorna.
Se tutti sono fuori
e in casa si aggromma il silenzio
dei vicoli della città vecchia,
come una coperta di lana
la città ti sta addosso
con le sue storie segrete,
ti opprime e ti protegge,
ne sei una piccola parte,
la più grigia, silenziosa, nascosta:
il lobo dell'orecchio,
l'unghia del dito più piccolo,
la pupilla buia,
che sbigottita guarda le cose.
Inverno | Torna su |
Il ramo fiorisce, ma di
neve.
Sotto il cielo di carta
va il pastore.
Note critiche | Torna su |
Si tratta di una poesia
allusiva: si nota un processo di sintesi che tuttavia rifugge dalla scrittura
miniata, e nel contempo si apre alle forme più libere di una ricerca
tematica moderna.
Vorremmo qui mettere in evidenza, se non temessimo una forzatura critica,
quanto un giorno ebbe a dire André Gide: " Il talento di un poeta
si esprime con qualcosa di subitaneo che s'incontra nel suo stile." E in
verità il subitaneo che si scopre nello stile di Anna Ventura l'apparenta
di reale talento.
Giuria del Premio Marinetti, 1978
Vittoriano Esposito
in: ABRUZZOSETTE - AQ - XII, n. 38 - 9 novembre 1978
Molto appropriatamente a
queste delicate liriche è stato dato il nome di Brillanti di bottiglia,
anche esse, infatti, come le luminose trasparenze del vetro, riescono ad indicare
la fragilità, la natura di sogni, di quelle immagini che l'essere umano,
nell'illusione dell'attimo, può credere realtà.
In queste composizioni, nonostante le modulazioni artistiche, è chiaramente
percettibile il rigore di un'operazione mentale assolutamente razionale, ma
l'esito è sostare in una zona che è sempre perimetro esterno di
un labirinto, condizione di mistero che solo la forma può trattenere
sulla soglia, dove l'apparenza trapassa nel nulla.
Il merito più grande di questa poetessa comunque è che ella ha
saputo scegliere la giusta strada della poesia contemporanea.
Andreina Bonanni
in: Il Tempo / Abruzzo, 27 dicembre 1978
Lettera di Emerico Giachery', Dicembre 1978
La nostra impressione è
che il canto di Anna Ventura unifica in sè una polemica contro tutto
ciò che c'è di non autentico nel mondo contemporaneo e un recupero
riparatore del meglio che ciascuno di noi porta con sè dalle precedenti
esperienze.
Di fronte alla "volgarità" attuale c'è da tentare di
riaccendere il "vulcano spento dell'adolescenza", quando il mare era
il mare e il cielo era veramente il cielo.
Si tratta comunque di un discorso poetico chiaro, gradevole, dove le salde fondamenta
culturali (dai greci ai movimenti d'avanguardia) sono perfettamente dissimulate
dall'abilità propria di chi ha una frequentazione continua con le letterature
e le tecniche della comunicazione letteraria.
Giovanni Nativio
in: IL TEMPO / Abruzzo, 14 febbraio 1979
La poesia deIla Ventura trova la sua origine nei profondi golfi dell'essere umano nei quali - badiamo bene - ognuno di noi - come in un ineluttabile codice genetico di DNA - conserva ascoso, vibrante, l'ius della specie, come dire il bene e il male, la gioia e il dolore, l'odio e l'amore, cioè a dire lo stampo - in positivo - d'ogni nobile sentimento.
Giovanni Nocentini
in: MICHELANGELO -anno VIII, n° 28 -29, gennaio/settembre1979