Brillanti di bottiglia

Viaggio

I gelati

La Luce

Alle sette di sera

Inverno

Note critiche

 

Quaderni di Rivista Abruzzese, Lanciano, n.11 - 1978
cm. 20 X 13 - pp. 62
illustrazione di Gino D'Alfonso.

Sono 38 componimenti poetici, divisi in 3 sezioni:
Viaggio, Visti dall'alto, Alla ricerca.


Viaggio Torna su

Un vecchio contadino
passò tutta la vita
tra casa e campo.
La morte fu
il suo primo viaggio.


I gelati Torna su

L'estate trionfa
nei gelati a pennacchio
che misteriosi camerieri tengono alti come trofei
sotto le volte ricurve dei padiglioni da sole.
C'è da guardare preoccupati
al mistero di quelle coppe giganti,
dove si annidano, contorti,
colori e sapori tropicali.
Esiste chi ha il coraggio di mangiarseli tutti,
questi pantagruelici monumenti al dio dell'abbondanza.
Si affronta con timore il cocuzzolo di panna,
poi, piano piano, cucchiaio dopo cucchiaio,
si arriva al fondo di vetro,
velato dall'ultimo sciroppo;
e ci si sente in colpa, in quel momento.
Ci consola vedere, tuttavia,
che, alti sulle teste,
navigano altri gelati,
altri cucchiai affondano
nelle montagne di panna.
E poi, a cose fatte,
resta l'ombrellino cinese,
la banderilla a colori, il fiore di carta, ultime spoglie
di tanto monumento.
Una volta ho mangiato un monumento mostruoso.
Non c'era altro modo
per avere una coccarda di carta velina
che c'era confitta sopra.


La luce Torna su

Nella finestra lontana
s'è accesa una luce.
Come fu atroce
l'infanzia.


Alle sette di sera Torna su

Alle sette di sera
di domenica d'inverno,
il tempo si ferma
prima della slittata finale
nel tunnel della notte;
la sveglia è attonita
nell'angolo della cucina.
Ora non è più dovere
santificare o divertirsi,
a seconda dei credi;
l'attimo fermo è un seme
di nostalgia d'impossibile,
con sopra la piccola luce
del lunedì che ritorna.
Se tutti sono fuori
e in casa si aggromma il silenzio
dei vicoli della città vecchia,
come una coperta di lana
la città ti sta addosso
con le sue storie segrete,
ti opprime e ti protegge,
ne sei una piccola parte,
la più grigia, silenziosa, nascosta:
il lobo dell'orecchio,
l'unghia del dito più piccolo,
la pupilla buia,
che sbigottita guarda le cose.


Inverno Torna su

Il ramo fiorisce, ma di neve.
Sotto il cielo di carta
va il pastore.

 

 


Note critiche Torna su

Si tratta di una poesia allusiva: si nota un processo di sintesi che tuttavia rifugge dalla scrittura miniata, e nel contempo si apre alle forme più libere di una ricerca tematica moderna.
Vorremmo qui mettere in evidenza, se non temessimo una forzatura critica, quanto un giorno ebbe a dire André Gide: " Il talento di un poeta si esprime con qualcosa di subitaneo che s'incontra nel suo stile." E in verità il subitaneo che si scopre nello stile di Anna Ventura l'apparenta di reale talento.

Giuria del Premio Marinetti, 1978


La cosa che più colpisce, in questi versi, è l'assenza totale di quei toni melliflui e svenevoli così caratteristici di tanta letteratura "femminile": la pagina, sia quella contennuta nel giro d'un breve frammento, sia quella dilatata nelle ampie proiezioni d'un discorso articolato, insiste volutamente su moduli quasi prosaici, preclusi alla parola bella, fine a se stessa. Si sente un po' dappertutto che c'è dello scavo sofferto, non del facile orpello.

Vittoriano Esposito
in: ABRUZZOSETTE - AQ - XII, n. 38 - 9 novembre 1978


Molto appropriatamente a queste delicate liriche è stato dato il nome di Brillanti di bottiglia, anche esse, infatti, come le luminose trasparenze del vetro, riescono ad indicare la fragilità, la natura di sogni, di quelle immagini che l'essere umano, nell'illusione dell'attimo, può credere realtà.
In queste composizioni, nonostante le modulazioni artistiche, è chiaramente percettibile il rigore di un'operazione mentale assolutamente razionale, ma l'esito è sostare in una zona che è sempre perimetro esterno di un labirinto, condizione di mistero che solo la forma può trattenere sulla soglia, dove l'apparenza trapassa nel nulla.
Il merito più grande di questa poetessa comunque è che ella ha saputo scegliere la giusta strada della poesia contemporanea.

Andreina Bonanni
in: Il Tempo / Abruzzo, 27 dicembre 1978



"L'illuminazione giunge di solito improvvisa e inaspettata, tra le pieghe di un discorso lucido e apparentemente distaccato, riflesso di una personalità complessa e attentissima, di una saggezza, in fondo, non il re, anche se qua e là sorridente. Il nesso con la vocazione narrativa, così fine nella Strada ebrea, mi pare evidente in più punti, e proprio nell'attenzione allo sgranarsi dei tristi fatti dell'esistenza nel gusto di certe pieghe e angolazioni, nel sorvegliato contrappunto lessicale.

Lettera di Emerico Giachery', Dicembre 1978


La nostra impressione è che il canto di Anna Ventura unifica in sè una polemica contro tutto ciò che c'è di non autentico nel mondo contemporaneo e un recupero riparatore del meglio che ciascuno di noi porta con sè dalle precedenti esperienze.
Di fronte alla "volgarità" attuale c'è da tentare di riaccendere il "vulcano spento dell'adolescenza", quando il mare era il mare e il cielo era veramente il cielo.
Si tratta comunque di un discorso poetico chiaro, gradevole, dove le salde fondamenta culturali (dai greci ai movimenti d'avanguardia) sono perfettamente dissimulate dall'abilità propria di chi ha una frequentazione continua con le letterature e le tecniche della comunicazione letteraria.

Giovanni Nativio
in: IL TEMPO / Abruzzo, 14 febbraio 1979


La poesia deIla Ventura trova la sua origine nei profondi golfi dell'essere umano nei quali - badiamo bene - ognuno di noi - come in un ineluttabile codice genetico di DNA - conserva ascoso, vibrante, l'ius della specie, come dire il bene e il male, la gioia e il dolore, l'odio e l'amore, cioè a dire lo stampo - in positivo - d'ogni nobile sentimento.

Giovanni Nocentini
in: MICHELANGELO -anno VIII, n° 28 -29, gennaio/settembre1979




E' vietata ogni forma di duplicazione totale o parziale dei contenuti di questo sito, se non espressamente autorizzata dall'autrice.