In chartis

L'armadio delle meraviglie

Gli animali parlanti

Gli ideogrammi oscuri

Cenere alla cenere

La cattedrale di Trani

In itinere

La Isla do Sal

Note critiche

 

Bastogi, Foggia 1996
pp. 200, cm 21 X 14.

Presentazione di Maria Grazia Lenisa
Immagine di copertina di Falconi.
Antologia di poesie tratte dalle precedenti raccolte, con aggiunta di alcuni inediti. E' divisa in 7 sezioni, che prendono nome dalle raccolte da cui sono tratte.


L'armadio delle meraviglie Torna su

Con mani tremanti e occhi azzurri
ho aperto l'armadio delle meraviglie
- c'era scritto anche fuori:
armadio delle meraviglie -
Ma dentro era vuoto.
Ho spiato ogni angolo,se mai
una piccola ampolla,una piuma,
una scatola cinese,una perlina
fosse rimasta ancora. Vuoto
dovunque,
vuotissimo vuoto.
Ho richiuso le ante,
dolcemente,con grazia,
affinché nessuno sentisse
il cigolio dei cardini.Chi sa
forse é bene
che altri continui a credere
in questi armadi e forse
in tutta la terra grandissima,
o in qualche vecchio museo,
ancora esiste un armadio
che non sia vuoto e risponda
al suo nome meraviglioso
con vere meraviglie.


Gli animali parlanti Torna su

C'é una notte dell'anno
in cui parlano gli animali
-la stessa in cui l'acqua dei fiumi
si fa oro e in cielo
transitano le comete-
Voglio ascoltare la voce della scimmia,
abituata a parlare in società,
il sussurro fantastico della lepre,
grande favolatrice e consigliera.
E il gufo,
che certamente conosce la mia infanzia.
E poi,
dopo che il gatto e la volpe
ne avranno dette di cotte e di crude,
e il cavallo e il cane
avranno parlato
con la tartaruga sapiente,
ancora mi stupirà il silenzio
dei pesci rossi
continuamente fluttuanti
nella boccia di vetro ,quando
aprono e chiudono le bocche
per un messaggio
che non capiremo mai.


Gli ideogrammi oscuri Torna su

Non so se quell'albero di prugne
è veramente esistito,so
che certi rami stecchiti battevano,d'inverno,
contro i vetri della cucina:
vetri che,talvolta,
si incrostavano di gelo,
fino a oscurare la stanza.
A primavera quei rami
mettevano qualche foglia,
qualche piccolo fiore.
Poiché erano esposti a ponente,i raggi
del sole,d'estate,
ci si impigliavano fino a tarda sera:
gli stessi raggi che brillavano
sulle mattonelle del forno,
vecchie e sbreccate, ma di disegno perfetto:
bianco e blu ingraticciate, con
puntolini rossi.
Oggi propendo a credere
che quell'albero non sia mai esistito:
era la mia fantasia di bambina
che aveva bisogno di credere
che là fuori,là sotto,
nel giardino incolto e nudo,
ci fosse un albero di prugne:
come nelle stampe cinesi ,dove
c'è sempre un ramo che protegge
le figurine minuscole
confinate in un angolo basso,
sperse nella grande solitudine
della carta chiara,mentre
a destra,in alto,
si disegnano gli,ideogrammi cinesi,
di significato oscuro,
tanto più grandi di loro.


Cenere alla cenere Torna su

In una sera d'inverno
una vecchia signora
volle rileggere tutte
le sue lettere d'amore. Il fuoco
ardeva nel caminetto, la carta ingiallita
crepitava, fiori secchi
uscivano da buste rosate, un profumo
esile si spandeva intorno.
La vecchia signora lesse le lettere
del suo primo amore e poi
anche quelle del secondo e del terzo.
Al quarto il suo grembo
era pieno di lettere e un dolce torpore
le fece chinare la testa.
Sognò di leggere tutte le lettere
e di constatare che tutte
provenivano dallo stesso luogo,
portavano la stessa data e avevano
la stessa firma. Al risveglio
la vecchia signora
si accorse che il fuoco nel camino
era quasi spento e che
molte lettere le erano cadute dal grembo.
Ma ormai sapeva
che il sogno era vero e perciò
una lettera, una sola,
valeva per tutte. La prese a caso
e lasciò che le altre, tutte insieme
ridessero vita
alla fiamma languente.


La cattedrale di Trani Torna su

C'era una contadina
che non aveva mai visto il mare.
Suo figlio andò soldato in Puglia
e le mandò una cartolina.
Ritraeva la cattedrale di Trani
e dietro una striscia azzurra,
tremolante. Quella striscia
era il mare.
La donna mise la cartolina
al vetro della credenza e la sera,
quando finalmente si sedeva
davanti al fuoco e il sonno
le faceva cadere la testa,
nel dormiveglia sentiva
un fruscio ritmato: era
il respiro del mare,
steso come un tappeto
ai piedi della cattedrale di Trani.


In itinere Torna su

Passeggiando per la vecchia Europa
come il bambino
nella stanza dei giocattoli,
dovunque riconosco
ciò che mi appartiene,
ma ancora mi meraviglia.
Quel tassista miopissimo
che a Parigi ci portò
in un albergo cadente
di Rue Gobelins non era
un uomo dei nostri tempi,
ma era appena uscito
da una novella di Maupassant;
e a quella finestra che tiene appesa accanto
una gabbia di canarini
e si affaccia sul pendio ripido
del Castello di Praga, credo
che in qualche tempo passato
mi sono già affacciata.Sono stata seduta
su una panchina della Rambla di Barcellona
come una vecchia barbona
che da sempre ci ha fatto il nido,e così
in quel caffé di Vienna,
fumoso e polveroso al tramonto,
pieno di studenti e di signore col cappello,
certamente non entravo
per la prima volta. Forse all'ospedale dei balocchi
di Firenze potrei ritrovare
i miei bambolotti perduti,e sul Ponte Vecchio,
nelle vetrine degli orefici,
riconoscerò l'anello,la spilla,gli orecchini,
e quel medaglione tondo
che portavo sul petto
quando ero una signora dell'altro secolo.



La Isla do Sal Torna su

Attraverso le maglie di lana
di pecora,spinose sulla pelle.
Attraverso il gelo che incrostava i vetri
di una cucina esposta ai quattro venti.
Attraverso pagine e pagine
di solitario accanimento,
per leggere e per scrivere,
arrivai a un aereoporto dove
una negra, che immediatamente mi precedeva,
spediva i suoi voluminosi bagagli alla Isla do Sal,
nel Capo Verde.


 

 


Note critiche Torna su

La poesia di Anna Ventura, in apparenza così remota dallo scandalo, ne crea il sospetto proprio attraverso la discrezione e una reinterpretazione delle poetiche dell'arco decadente: si presenta al lettore-critico quindi come un documento del modo di procedere della donna secondo sue letture liberissime delle tendenze. Credo sbaglino quei critici che per Lei parlano solo di "sentimento" come mozione spontaneistica: le ragioni del sentimento e del "piccolo piacere" sono letteratissime come anche la sua apparente semplicità e l'uso di quel linguaggio comune che, tramite la comunicazione, tramava in tempi in cui pareva fosse possibile comunicare solo l'incomunicabile……
[…] Questa Antologia mi pare una testimonianza esemplare di un percorso intelligentemente lucido, ordinato, in cui l'esistenza della donna si specchia e si sublima. Certamente persiste in salvo il valore sentimentale delle piccole cose, raccolte nel nido della casa, ma la poesia non accenna a distruggerle o confonderle. La "tazzina" della Ventura come la "bottiglia" di Morandi restano limitatamente tali, ma la prima è avvolta da un calore affettuoso, materno, la seconda dalla solitudine di sé ed entrambi gli oggetti suggeriscono ovviamente l'astrazione, il varco. L'utilità dell'oggetto per Ventura, comunque, viene sublimata per il valore di tutti gli sguardi cari che l 'hanno riempita, nel mentre che per Morandi acquista senso e sublimità lo svuotamento dell'oggetto figurato.
Il concetto di "poetica delle piccole cose" riesce a varcare il limite, contenendo sentimento e memoria. Le scelte oggettuali sono altre da quelle dell'uomo e la trasgressività non ha l'apparenza di essere tale, riguarda una contrapposizione ferma, diciamo pure una revisione ritardata nell'arco decadente, secondo i tempi della donna e conforme alla sua sensibilità verso determinate misure liriche.
Ci troviamo davanti un documento poetico interessante che fa del regionale l'universale, nel mentre che mette ordine, si chiarisce, in un'interpretazione al femminile del mondo e della letteratura.

Dalla presentazione di Maria Grazia Lenisa


La tecnica compositiva si esplica attraverso un'analisi attenta che si risolve in un linguaggio ricco di particolari concreti di vita quotidiana, ma con significati simbolici tesi a recuperare una innocenza e primitività perdute ad opera del progresso.
Sempre chiara la sua dizione ferma ed essenziale, al di qua di ogni retorica, per cui sa fare poesia con i termini più consueti.

Silvano Demarchi
in: Cronache Italiane, Foggia, giugno 1996


A noi piace avvicinare questo tipo di scrittura alla pittura di Magritte, artista del quale non amiamo particolarmente lo stile - quasi cartellonistico e da manifesto - ma che ci appare il più grande autore del secolo per le idee racchiuse nei suoi quadri, che non trovano pari in nessun altro e lo rendono un vero e proprio pensatore.
Ecco, la scrittura in versi dell'autrice abruzzese ci fa il medesimo effetto: uno stile povero, prosastico, senza "effetti speciali", spesso con un'intenzionale fuga da ogni tentazione melodica o musicale: uno stile insomma quasi didascalico, nudo, completamente senza orpelli, paragonabile a quello dei registi che posizionano la macchina da presa e anziché intervenire sull'immagine si limitano a registrarla.
Ma, all'interno di questa scelta stilistica, un'inventività - appunto le idee - che non abbiamo esitazione a definire senza un solo pari all'interno della poesia italiana d'oggi e fors'anche di ieri.
Altro che piccoli moti del cuore, emozioni impercettibili, sommovimenti incomunicabili: Anna Ventura, senza sbagliare un colpo, mette in scena una galleria di quadri e situazioni quotidiane che chiunque, fosse pure il più digiuno non solo di letteratura ma persino d'emozioni, identifica immediatamente come - appunto - poesia.

Stefano Valentini
in: La Nuova Tribuna Letteraria, Abano(PD), anno VI, n. 43 III trimestre 1996


Si è detto che in Anna Ventura c'è poco D'annunzio ma può darsi che lei, scrittrice coltissima, che ha letto Eliot e Montale, abbia "riletto" D'Annunzio alla luce di questi ultimi, recuperando la dimensione antropologica dell'Abruzzo che era in D'Annunzio. D'Annunzio portò Nietzsche ai poeti italiani del Novecento, e l'Abruzzo di Anna Ventura è talvolta, Mitteleuropa.
[…] C'è la caduta di ogni retorica, la scrittura si lega alla "medietas" oraziana; il latino perde Il dato semantico e si fa nuovo volgare, che si alimenta dell'antico.
Questo libro è scritto in latino, appartiene alla classicità.

Franco Manescalchi
in: Informazioni editoriali Bastogi, Foggia, ottobre 1996


Quella della Ventura è un'esperienza di poesia che si pone come lucido documento di conoscenza, di descrizione e rappresentazione antropologica delle cose e del loro fluire e quindi come espressione di un profondo atto di amore, d'una viscerale comunione con la vita, volta non tanto al possesso quanto alla celebrazione delle cose che contano, secondo una concezione della poesia che si definisce come solitudine non distaccata dalla realtà, epifania d'un assoluto entro i dati elementari d'un presente esistenziale, chiuso nel cerchio privilegiato dell'autobiografia, ma non refrattario ad un esplicito coinvolgimento sociale; un presente che nasce spontaneamente dalla coscienza e con essa colloquia in una sorta di resoconto agilmente stenografato.

Pietro Cintareale
in: Informazioni editoriali Bastogi, Foggia, ottobre 1996


Se ci abbandoniamo un attimo al flusso della poesia di Anna Ventura, al suo lento, ma infallibile condurci verso la profondità delle singole esperienze, sempre tese tra presente e passato, vicinanza e lontananza, ci accorgeremo quanto la sua poesia sia debitrice, felicemente debitrice, della grande tradizione della lirica classica e della stessa poesia epica latina.
Sembra di riascoltare le pacate riflessioni di Virgilio o la sapienza morale di Orazio: Anna Ventura non dimentica mai la sua formazione classica, e sarà probabilmente per questo che dimostra di avere una concezione della poesia a dir poco inattuale e veramente contro corrente.

Carmelo Mezzasalma
In: Informazioni editoriali Bastogi, Foggia, ottobre 1996


Anna Ventura si porta così verso le proprie lontananze con esplicita ed autonoma lungimiranza, nella maniera più discreta, universo dopo universo, e pur sempre restando alle soglie (e dentro) di una topografia da cui estrae ed esprime le promesse, gli aspetti azzurri di un sogno tutt'altro che sterile e ormai esperto, vissuto peraltro in parallelo con la passione narrativa, dove per lei il mondo sembra più vasto, o lo descrive senza impure lacrime o estasi obbligate.

Domenico Cara
In: Informazioni Editoriali Bastogi, Foggia, ottobre 1996


Tutto e ogni cosa alimentano la sua inesauribile vena; una esistenzialità che ha fatto e continua a fare tesoro di ogni scaglia vitale; tutto filtrato da una apparente semplicità compositiva che, invece, si alimenta di una scelta lessicale ineccepibile, di una filosofia alimentata da quella sua cultura umanistica, dalla quale non può prescindere.

Federico Hoefer
In: Informazioni Editoriali Bastogi, ottobre 1996


Il verso della Ventura è immediato e altamente comunicativo, ma non facile, come potrebbe a prima vista sembrare, data la sua perspicuità, perché per comprenderlo a fondo è necessario afferrarne il ritmo e l'interna tensione, che danno una sottile musica al testo e lo permeano di una sua segreta e suggestiva armonia.

Elio Andriuoli
In: Pietra Serena, Firenze, anno VII, n. 28/29 primavera 1996 / inverno 1997


Bellissimi, vivissimi, i tuoi gatti, i tuoi gelati, le rose, la sirena, il bambino cinese, gli animali parlanti… Un libro straricco dolente quanto riluttante, gioioso quanto ventoso, assoluto, assorbente, Un libro-libro: grande, snello, bello.

Mariella Bettarini
Lettera del 10/4/1996


Dietro le parole ti ho rivista e cercata nelle occasioni dove c'era succo di pensiero e il cercare oltre l'accadimento. E un richiamo, una malia mi ha pervasa d'immutabile tempo. La fusione è perfetta e l'altro suono, l'altra musicalità si avverte come un rintocco, in una preziosità di immagini concrete:
"l'anima della parola è all'origine, nel fulcro antico del mondo, quando la selce fu oggetto ed arma, il fuoco, dono degli dei".

Liliana Ugolini
Lettera del 11/5/1996


Nessuno sa, come Lei, fissare con incisiva forza figure, luoghi, situazioni, come punto di partenza per la riflessione, la rivelazione del senso della vita (soprattutto di quella umiliata e sublime al tempo stesso, in un'interpretazione mirabile dell'antifrasi cristiana del Deus poeticus), l'illuminazione del messaggio intrinseco alle cose, anche più comuni e banali.
Sono molto commosso, oltre che ammirato, dalla lettura.
Sento tanto vicina a me la Sua poesia.

Giorgio Barberi Squarroti
Lettera 27/5/1996






E' vietata ogni forma di duplicazione totale o parziale dei contenuti di questo sito, se non espressamente autorizzata dall'autrice.