Nostra Dea

Nostra Dea

La terra del minotauro

L'amara stirpe

Sorelle

La tigre

Quel terrazzo

Il Castello

Non ditelo a Cartesio

Le rondini

Tutti saremo interrogati

Note critiche

 

Esuvia, Firenze 2000
cm 20 X 12
Immagine di copertina di Stefano Ianni

Sono 35 componimenti poetici, divisi in 4 sezioni:
La terra del Minotauro; Un fantasma di rosa; Il Castello; Nostra Dea

Presentazione di Liliana Biondi.


Nostra Dea Torna su

È di bronzo,
alta pochi centimetri.
Ha un cappello a cuffia
e due mantelli.
Sorride buona, un po' arguta,
come le nostre contadine.
Come loro divarica i piedi,
apre le braccia:
offre e accoglie.
Io lo so,
perché sorride:
nella mano destra ha una focaccina
tonda, con le spighe:
è il suo dono, la sua ricchezza:
il cibo, la casa, la famiglia.
Altri hanno
la Venere di Milo, altri
la Nike di Samotracia. Noi
abbiamo lei, e la chiamiamo
la Dea di Rapino.


La terra del minotauro Torna su

Questo terrazzo bianco,
chiuso da un muro bianco,
ha una bifora aperta
sul verde del giardino,
sul rosso dei fiori d'ibiscus.
Il mare segna l'orizzonte,
oltre le cime degli ulivi.
È il mare fermo degli dei,
mentre la terra - del colore del sangue -
appartiene al Minotauro.
Sul terrazzo c'è un tavolo rotondo
con due poltrone.
Sul tavolo un cesto di frutta
- uva, prugne, una mela -
ornato di foglie d'ulivo,
una brocca di coccio
col vino rosso e il bicchiere.
L'aria è tiepida e tersa,
la stessa del tempo del mito,
un tempo eterno,
che qui è nato e qui resta.
L'avevamo intuito
nel racconto dei libri,
nella fatica delle traduzioni,
nei lunghi inverni di studio desolato.
Ora è qui, e mantiene la promessa,
lo splendore dei Greci.
Sul filo dell'orizzonte
passa la nave di Argo,
carica del Vello d'oro.


L'amara stirpe Torna su

Non chi sta sulla nave,
ma chi resta, di sera,
sulla banchina dell'isola piccola,
è colui che veramente parte.
Dopo aver salutato con la mano
la nave che veloce si allontana,
tornerà alla casa spoglia,
all'acqua razionata, alle cento scalette
che salgono sull'erta.
L'amara stirpe di Penelope
conosce questi inganni; restare
per partire nella lontananza del cuore,
nel silenzio dell'isola remota: Ulisse
vada ramingo: il mare è tanto grande.


Sorelle Torna su

In un pomeriggio torrido d'estate
due donne sedevano in terrazza, all'ombra,
su due poltrone parallele. Avevano
i loro anni e sapevano
di aver giocato tutte le carte:
alcune bene, altre male, altre
malissimo. Ma ormai c'era poco da cambiare.
"Il caldo, - disse la prima -
allontana più del freddo:
senti quest'afa; non c'è un'anima, in giro."
"E' vero, - disse l'altra - l'isolamento è forte."
"Sorella, fammi un caffè."
L'altra si mosse e poco dopo
tornò con le due tazze:
sentirono allora che,
nel gran vuoto rovente,
erano sorelle.


La tigre Torna su

Il fuoco del bivacco è quasi spento.
Se una fiamma buca l'ombra,
è la tigre


Terrazzo Torna su

"Guarda, disse Alberta,
quel terrazzo vuoto. E' morta la signora
che coltivava fiori."
Guardavamo dall'alto
di un'alta casa fiorentina: il sole
e il pavimento di cotto dell'Impruneta
non bastavano a rallegrare quel terrazzo.
Mancavano i fiori.


Il castello per Sandro Gros Pietro Torna su

Questo non è
un castello qualunque: ha una torre
che guarda verso il mare; da un' altra
si vedono colline, piccole case
con le luci accese. Dentro,
il silenzio: una stanza
è foderata di libri: è lì che passo
gran parte del mio tempo.
Dopo l'ultimo assalto
il ponte levatoio è rimasto alzato, qualcuno
ha buttato la chiave dentro l'acqua.
Di notte sento un galoppo: è il mio cuore
che batte troppo forte, oppure
è la nostalgia del passo di un cavallo
che corra sopra al ponte a mezzanotte.
La finestra di una delle torri
non ha le sbarre: è da lì che un giorno
ho provato a volare dentro l'aria:
un volo timido, rasente le murate. Poi,
piano piano, più largo, però mai abbastanza
da perdere la vista del castello. So
che c'è un giorno dell'anno
in cui passa uno stormo di uccelli migratori,
tanto grande da oscurare il cielo. Volano
verso oriente, così fitti
che sembrano uno solo: le ali ferme,
l'occhio teso all'orizzonte. Credo
che mi unirò a loro.
Ma non so dove andremo.


Non ditelo a Cartesio per Paolo Codazzi Torna su

Sono la terza moglie di Barbablù, quella
che osò prendere la chiave,
spalancare la stanza dell' orrore: un gesto
che la premiò, perché
a ogni coraggio c'è una ricompensa.
Ma niente ricompensa
l'innocenza violata, lo sbigottimento
di chi alza il sasso e sotto
ci trova lo scorpione."E tu smettila,
- ti dicono - di aprire porte,
di rivoltare sassi."
Non ditelo a Cartesio: lui giace
nella sua tomba piatta, nell'ombra
di una chiesa ombrosa, ma la luce ancora abbaglia
i suoi seguaci, odiati illuministi in un mondo
che della ragione fa a meno volentieri. Io perciò,
sua fedele, cammino a testa bassa,col saio
del pellegrino rompiscatole,
i sandali consunti. Lascio la mia bisaccia
con dentro un pezzo di pane duro,
una borraccia con poca acqua:
perché altri, qui, passeranno.


Le rondini per Roberto Sanesi, in memoria Torna su

In un giorno di primavera il cielo
di una piccola città di provincia
completamente si riempì di rondini:
uno spettacolo orrido o bellissimo,
a seconda di chi lo osservava. Un vecchio
disse che mai, a sua memoria,
aveva visto una cosa come quella, e che forse
la fine del mondo era vicina. Ma la vecchia che
da tanti anni gli faceva compagnia
fu di opinione diversa: lei
pensava per proverbi, e concluse
che, se una rondine non fa primavera,
un cielo così pieno voleva dire
che non c'erano dubbi:
l'inverno era finito.


Tutti saremo interrogati Torna su

Forse non è una colpa
essere nati in un paese in cui
l'inverno è lungo, la primavera
ha spallette di glicini
su muri screpolati. L'orgoglio
e il pregiudizio consigliano di dire
che non è amore, è solo
un capriccio della fantasia,
un'emozione incontrollata. Eppure
è dolore questa cosa che sta nascosta
dietro i grappoli viola,
dietro il fogliame verde
che sfonda il grigio delle pietre.
Questo per San Giovanni della Croce, perché
- dice lui -
tutti saremo interrogati sull'amore.

 

 


Note critiche Torna su

La poesia della Ventura si offre spesso in forma descrittiva: sembra nascere dalla visione di un'immagine pittorica, oppure fotografica; essa, in realtà, trae la sua prima origine dagli occhi, dallo sguardo vivace, passionale e sensibile che la poetessa posa sugli oggetti, sugli animali, sulle persone; non, tuttavia, per fissare i singoli elementi nella loro immobilità materica; piuttosto, per evidenziare la vita che vibra in ciascuno di loro, e che ciascuno emana in armonia con l'ambiente circostante, e per capirne e decifrarne quel linguaggio segreto che solo uno spirito bene educato alla cultura e all'arte sa cogliere e tradurre in parola poetica, in special modo quando gli oggetti, gli ambienti, le atmosfere identificano in un certo senso le persone che di quel mondo sono parte.

Dalla presentazione di Liliana Biondi (Università dell'Aquila)


Sono poesie che viaggiano, quelle di Anna Ventura, sui binari di una classica semplicità che si rafforza con un linguaggio essenziale e descrittivo eppure sposato a una forma poetica lirica e crepuscolare.
I versi sono di ampio respiro eppure brevi: tutto si deve alle terre che attraversano e alle figure che dispiegano. (...) La poesia della Ventura riscatta tuttavia chi del viaggio avverte la parte più dolorosa: il restare.

David Fiesoli
in: Il Tirreno, 26/ 8/2000


"La poetica di Anna Ventura possiede una struttura classica, con immagini che si celano nelle pieghe del ricordo, della memoria, prima; poi nel vissuto quotidiano con le sue ansie, incertezze, richieste; infine, della speranza,con le molteplici sfaccettature del vivere e del "sentire".

Giuseppe Possa
in: Eco Risveglio Ossolano, anno 56/28;11 ottobre 2001



La poesia di Anna Ventura è Poesia di descrizioni reali, concrete, ma che vanno al di là della semplice descrizione che gli occhi ci offrono per carpirne il senso simbolico di quanto osservato, per poter raggiungere la vita stessa degli oggetti, degli animali, delle persone. Così la voce della poetessa diventa una grandiosa trasparenza di sogni reali, l'essenza materica di una Poesia aerea e impalpabile che dipana i fili della memoria e dell' animo e ci consente di cogliere il sublime anche nelle manifestazioni più effimere.

Franco Dino Lalli



A tutto il visto lei conferisce un colore, detta alla fissità un avviamento di fuoco docile, esistenziale, insieme a una conoscenza mediata attraverso la vulnerabilità cui fanno capo il fascino, la storia, gli elementi di turbamento a contatto con la verità che dà significato (forse estratti da chissà quali inediti segreti).
Le stesse prove diventano epigrafi di uno sguardo evocato a diretta imminenza con l'occasione testuale, proprio sanzionando le intermittenze di quella mitologia che le cose possiedono in ogni caso: stile, umiltà, stato immobile esemplare che siano, nel paesaggio d'ogni sguardo e nei bisbigli della mente ansiosa.

Domenico Cara


Il suo dono scaturisce pertanto da un'acuta sensibilità, che le consente di vedere al di là delle apparenze, scoprendo tra di esse nessi nascosti (così come tra presente e passato), in un continuo scambio che genera un vicendevole arricchimento; e tutto ciò con un linguaggio non arduo o comunque criptico, bensì limpido ed altamente comunicativo, altre che dotato di un suo interno ritmo, che lo rende estremamente duttile e musicale.

Elio Andriuoli


Via via che Anna scorre fra i suoi paesaggi, esseri umani e animali, con la leggerezza di chi non cura i moralismi, il suo diviene il libro della speranza. Non la speranza di eventi nuovi. Una sola promessa da qui emana: gli eventi quotidiani, lontani e vicini, sono essi l'evento massimo e il viaggio.

Alberta Bigagli


Dietro le righe si percepisce la realtà in movimento di un viaggiatore che percorre mille itinerari, cercando di mettere a fuoco tante immagini minime, che d'un tratto si ingrandiscono a dismisura per farsi eterne. E' la mimesi della vita nel suo srotolarsi quotidiano, che, mentre sperimenta l'effimero, coglie l'indelebile e lo stigmatizza per sempre.

Elena Salibra, Università di Pisa, lettera del 18 / 9/ 2001


Già mi sono resa conto appieno della "centralità" di questo libro all'interno del tuo lungo ed importante lavoro.

Mariella Bettarini, lettera del 4/10/2001



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