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"LE FEMME BATTUES" nel bianco e nero di Lizze Sadin

Citta' Torino

Provincia di Torino

 "LE FEMME BATTUES"  

nel bianco e nero di Lizze Sadin, un’inchiesta sulla violenza

   Valencia, la televisione spagnola ha appena annunciato l’ennesimo caso di violenza domestica: la donna, in fin di vita per le coltellate ricevute dal marito. E’ la numero 176 dall’inizio dell’anno.  

    Inevitabilmente ho ripensato all’esperienza di “LES FEMME BATTUES”, alle foto di Lizze e alle tre mostre/convegno che si sono susseguite a distanza di un anno nelle città di Brescia, Torino e Bari. In un’epoca in cui pochi argomenti sono tabù, mi era sembrato urgente fornire una testimonianza su un problema delicato sul quale troppo spesso, ancora oggi, si preferisce tacere. La violenza viene denunciata tutti i giorni con orrore, quando si trova “fuori”, per le strade, nei luoghi pubblici, o addirittura all’altro capo del mondo. Viene invece spesso soffocata e nascosta quanto di trova “dentro”: ne sono teatro la famiglia, e vittime sono le mogli e i figli. Parlare della violenza domestica, l’ho duramente constatato, disturba molto, e in modo velato o dichiarato si era operato per scoraggiarmi. Nel ’97 avevo terminato da poco un lungo lavoro sulla violenza etnica, sulle donne stuprate in Bosnia, che era diventato, sotto il titolo di “La forza delle donne”, una mostra e un convegno a Torino. 

    Si trattava, anche, in questo caso di, un argomento delicato che mi aveva fatto incontrare donne diverse, di diverse culture e con diverse storie di vita.    Desideravo realizzare altri progetti riguardanti le donne e più particolarmente sulle donne vittime di violenza, poiché avevo scoperto poco a poco l’ampiezza di questi gravi problemi nella nostra società.   Fu a Milano, nell’agenzia di Grazia Neri che incontrai le foto di Lizze Sadin: una scatola piena di provini in bianco e nero, inediti. Le foto erano state realizzate faticosamente nei due anni precedenti, e l’argomento non era mai stato trattato fotograficamente in Europa.    Il reportage portava una stima: ogni anno muoiono in Francia sotto i colpi di un marito o di un compagno violento 400 donne! Una al giorno…

    Per Lizze, donna fotografa, questa inchiesta ha significato ore di attesa, la notte, dentro i furgoni della polizia, nelle sale di pronto soccorso, nei corridoi delle questure.

Sono occorse settimane e mesi di attesa e discussioni nei vari ricoveri per donne. Lizze è riuscita a fotografare da vicino il loro quotidiano, le loro abitudini, con le pene, le speranze, le malinconie o le gioie. Mostrare infine, cosa significa essere donna in queste circostanze, restare madre, restare donna, conservare la propri dignità.

    Le 45 immagini, belle anche dal punto di vista artistico, che sono state scelte per la mostra itinerante a Brescia, Torino e Bari, sono la testimonianza di quello che le donne sottoposte a violenza, vivono quotidianamente, di giorno e di notte:emozioni dolorose, umilianti e deprimenti.

    Lizze Sadin alla presentazione del suo lavoro inedito, il 18 febbraio 1999 a Brescia, disse al pubblico: “La famiglia è per eccellenza il luogo del privato. Certamente nessun fotografo vi Ë invitato a scattare delle immagini, ancora meno di questo genere…. sono stata portata a guardare quello che genere preferiamo ignorare. E’ stata una battaglia quotidiana. Spesso ho affrontato il mio lavoro come una battaglia contro il silenzio e l’isolamento delle donne. Le foto danno loro coraggio e conforto aumentando la decisione a rifiutare la violenza. Ho voluto aiutarle, accelerando il processo di presa di coscienza. Come donna fotografa potevo denunciare, dire, portare fuori, mostrare ciò che difficilmente si vede. Volevo che le mie foto facessero vedere, denunciassero e facessero riflettere. Avrò vinto la scommessa se, vedendo queste immagini, le donne prenderanno la parola, usciranno dall’isolamento, oseranno rompere il muto, oseranno dire, in una parola oseranno!

    Avrò vinto la scommessa se vedendo queste fotografie e facendo uso dell’emozione e del cuore, ci si sentirà semplicemente vicine…”

Carmen Ingoglia

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