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Hacker

Poesie

La soglia dell'esilio

Il pittore G.Bruno

Il pittore G.Cuttone

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Testi tradotti in inglese, spagnolo e francese:

 

 

We are the earth, Somos la tierra, A mi madre, Olivo siciliano, Pendant quatre saisons, Esilio97, La soglia dell'esilio, Impronte, Tra-luce, Chez nous, Hacker.

 

 

Somos la tierra

 

Derrumban declives las caricias eternas

de los dioses

y lloran amargos la lejanía

de los juegos ayer prohibidos y nocturnos:

han visto extendido tu estupor

acunado por los olivos sobre lagos in‑finitos

ojos astronaves en los días de la amapola.

 

Las ruinas del tiempo desmemorian tangentes

los iones de tu carne en el jardín

donde dulzura ahogaste la soledad

y la distancia gélida del azul divino.

 

Más duro es así este Ilanto

arrancalo por los dedos de una mujer

cuanto más mi vida de hombre

smile de seísmos a lo largo de las caderas de oro

agujerea esta indiferencia alrededor

dentro de un murmullo desgañitado de ausencias.

 

Somos la tierra quasar de universos otros

la tierra que esconde la tristeza de la luna

porque los hombres se apiadan de los dioses

y plantan corazones de infierno en los cielos aquí

de verano cuando de rodillas la Iluvia vibra

en los límites del canto un  deseo de alas.

 

 

WE ARE THE EARTH

 

The eternal caresses of the gods

Come crashing down

And they bitterly weep over the remoteness

Of the night games forbidden yesterday:

They have seen your wonder outstretched

Cradled by the olive trees on in-finite lakes

Spaceship eyes in the days of the poppy.

The tangent ruins of time lose the memory of

The ions of your flesh in the garden

Where sweetness you drowned the solitude

And the icy distance of the divine blue.

These tears wrought by a woman’s

Fingers are thus all the harsher

The more my life as a smile

Man of earthquakes along the golden hips

Pierces this surrounding indifference

With a hoarse babbling of absences.

We are quasar earth of other universes,

The earth concealing the moon’s sadness

Because men take pity on the gods

And plant hellish heart in the heavens here

In summer when the rain on its knees flings

A wish for wings at the limits of song.

 

 

A mi madre

 

Agosto, esta mañana se despierta el último domingo

Y los cascos delcaballo el asfalto

Golopean como un martillo la raíces del tempo

Mientras desde el camino del campo

Me llevabas en calesa a la ciudad

Y el corazón vivía una jornada de fiesta.

 

¡Cuánta juventud de aquellos años en la manos !

 

Ahora te veo blanca esclupida de arrugas

Encorvada per el cansancio sobre la tierra parda

Que mi padre creó jardín de primaveras

Y me oprime el alma una sal desbordada:

que una eternidad florecida non bese tu frente.

 

 

¡Que poca cosa sono solo unas palabras ahora

come ricompensa por los bocados amargos de la vida

a tu amor sin medida de madre

que todavía quiete ahorrarle al hijo

fatiga mientras suda entre los naranjos y los limoneros.

 

 

Olivo siciliano

 

Nodoso de levedades de siglos

y de raíces encaramadas al sol,

verde miel dulceamarga

al borde de los caminos electrónicos

deteneda en la mesa de los invitados,

compacta cabecera de amor y bodas

olivo

vierte gotas de estrellas entre los aplausos

y mar y cielo y tierra viento para lo huéspedes,

mano tendida ahora, que ofreces como elisir lo éxodos

                                                                [mediterráneos.

Sep. 97

  

PENDANT QUATRE SAISONS

 

Pendant quatre saisons tes collines,

ces angles de contingence spirale

et les espaces irrigués de coquilles,

quilles de lumumière, jeu d’albedi ivre,

lumineux hasard del blés ondulés,

et tuojours crié à tue-tête le nom dans le champs.

 

Eventail de mimosas, gorgées de ciel,

danse imprécise de ton fleuve

jaillit dans mon temps d’autonne

des singularités cachées et delta

dans le pistes et le bords de l’insonnie.

 

Le chemin des collines est une hélice overdose

où, conjugués le plis de la bouche

au vent de mon mourir anémone,

je ne sais où elle tire, fuseaux horaires, cris,

dans l’été ressacs de la mémoire.

 

Comme dans un nucléare d’hiver

du temps déchirure collapse

de l’onde de la mer surgit una blanche tiédeur

l’univers est une résonance magnétique

sirocco arabe de ta chair,

cette odorante intermittence du hasard.

 

Allumettes, le neutrones fendent

le cœur de la masse en délire

et l’expansion percée du silence

est une solitude aux limites de la mort,

lorsque le nuage navigant lève l’ancre

et tu ne sais pas où il haussera un autre mât.

 

 chez nous

 

mia cara è sulla sontuosità del movimento

antica ala e per silenzio regale fluido

del mare che ci incontriamo per brevi

usurate parole vendute fresche fresche

 

cosa vuoi se del caos la frequenza

scroscia amplessi senza il turgore

delle distese del vento i frangenti

in questa stagione amori démodé

 

ormai è questa temporanza d'eventi

sillabario in esilio di squarci quantici

che deserta collassato le biforcazioni

dimessa dai nostri incontri che ci manca

 

è questo sperduto impenitente innamorato

amore di incandescenti sorgenti in onda

che abitammo con il navigare delle canzoni

sottocosta che non ci perdona i deliri assenti

 

ma non sarà un pugno di straccivendoli

turni d'epoca trafficanti di vuoti a perdere

chez nous zampillata ubriachezza d'erranza

che spegnerà i sogni dei miei davanzali anni

e pensarti come una leggendaria dissolvenza

 

tra-luce

 

tra-luce di vento la radice

filo scena del tam la nescienza

tempo della par-olà se-neca

e tracce là dis-astri treccia

es-òdo degli anni la senescenza

 

cristallo scen-echeggia aperiodico

l’altro volto del viaggio mopassante

gravità d’onde schiù-mose

il deside-rìo quanti d’azione

tempuscolo tra punti singolarità

eventi mendicanti confini inter

mittenza frattali cascate dove neve

biforca e la pelle baciata sotto un cielo

non finito di rimandi ci accarezza

 

esilio è eliòs in bocca alla voce

di viso non di viso cantoriano

e all’abbaglio dei sogni racconta

del porto i fari reali che lampeggiano

i bordi schiusi della veglia di nuvole

 

 

hacker

 

 (a Stefano Lanuzza)

 

e gioca il vento il riso dandy

dove smagliore sbadiglio

alieno quasi bollore aliena

eterna ghirlanda estremo

il viso della contesa a sangue

sugli opposti della rete capitale

e dei virus l’alba inoltra la danza

a wordlandia per etere d(’)annata

 

sbatte gli eventi l’esistenza

dell’arazzo le formule

e crepaccio di nubi crack

crolla l’infinito informatico

all’attacco dei ghigni  all’ombra

di questo tempo senza scrupoli

che non siano i poli del dominio

sui polli poveri d’epoca dementi

 

nella diagonale del tuo cielo

apriamo le ferite della terra

e un angolo di nubi cerchiamo

senza cfc per volare ancora lontani

dalle piogge intelligenti della morte

trasmessa via satellite sull’ultima cena

 

naviganti a levante e più non dove

traspirano odori di fosse comuni

viriamo ali di galassie intermittenze

e demenze di sogni senza giochi d’acqua

arrossati grumi gocciolanti squarci

e delirio lamine il desiderio affondiamo

spariamo lapidario debito fra le nubi

antidoping ancora volizioni di rivoluzioni

a spezzare l’eterno ritorno del pianeta

il capitale sole carburante ora virtuale

 

 

la soglia dell’esilio

             ( a Boris Visinski)

  

bagliori varco colli di sorgente

dove le chiome della memoria, alghe

convocato il futuro ondeggiano soft

e l’esilio senza il vecchio mantello

trasloca nodi d’erranza in delirio

e sentieri con code di comete

per anfratti di galassie scaricate

sparati per le vene del giubileo

incide tracce senza scoli metafisici

e piogge di infiniti fiumi rovescia

primavera della con-tingenza primavera

 

 

il passo dei miei pensieri è sempre

sempre più alzato fra il gioco dei sapori

e l’odore canto di danza dei giochi

fra una soglia e l’altra dell’utopia

e un desiderio dei desideri accesi

di temporale per-ire del cammino

e doglia che non sia schiusa di foglie

con il bacio del mattino gocce di soglie

 

l’esilio non è che la sua unica via

e processo a porte aperte di dimore

e porti carichi d’armi e  decolli

a scorta degli embarghi della libertà

frattali fiocchi di neve della bocca

instabili quanti e bifore di differenza

su e giù per le gole della passione

fino a quando un quanto dei tuoi occhi

se non il deserto delle mani stanche

per il congedo dell’eternità piantano

la veglia dei sogni vigile di mente

 

 

impronte

 

impronte le vibrazioni delle onde

marose di gravità l’anima aleggiano

risacche la soglia planando voli

l’esilio, l’amen delle dimore

e trabocca il per-ire apparire gratis

di contingenza in contingenza i fiori

della libertà del tempo di sempre

 

vortice le mani pendolari girovago

tra gli odori e i sapori della visione

e la bella ironia di sanciana memoria

l’erranza della logica soggiorno tra

dorso a dorso dei para-dossi kairós

para-sitos main-tenant il taglio indossi

dei tessuti la soglia so non-sta l’esilio

 

sbatti esploso il dolore di scogli frattali

sulle alee delle lune naviganti e stupisce

il corallo emerso dal colare del sangue

singolarità attese d’altre stagioni nell’attimo

immenso del futuro che non è e ami

e senza pianto baci ogni respiro del sogno

come una alea spinta d’eternità

senza eternità che si congeda caminando

 

cogliamo l’esilio dell’utopia il profumo della terra

liberi erranti tra un albedo nati e un flauto sospeso

e abbracciamo lo stupore o-sceno di transito

in transito con la follia del vuoto a perdere tv

e gioco a passo di danza per non morire

l’anima che de-serto deserta il deserto dei giorni

abrasi confini esilaranti capitali stupidari

 

 

Esilio97

 

…desdichado questo kairòs è il transito

il guado del tempo che adombra luna

e delle veglie la soglia sui bordi dei petali

dove la vita àncora in sosta le onde

 

non è della morte l'odore dei sogni

o il respiro senza frontiere del deserto

 

in cammino della luce conosce l'esilio

il gioco con la penombra del tramonto

e dell'assenza ascolta danza  il martello

che ondeggia sui rossi suoni del mare

quando anemone del cielo quasar il collasso

esplode i gemiti della Rosa dell’Alba

questo silenzio azzurro dei sentieri luminosi

questo arcobaleno che si sventaglia carezze

ora siderei desideri febbre della bocca

follia ebbra di brezza e carne di nubi

come una guerriglia dalla memoria anadiomene

 

così la terra della mia casa ora così viaggio osa

osa così deliriche le corde della piazza telematica

con l’arco onirico del bi-sogno della veglia

e dell’impegno la sonda pubblica della logica

e dell’azione cala nell’agorà del cyberspazio

per non morire sulle vie elettroniche la vita

e cullare nel pugno la seduzione del canto

le raffiche non virtuali delle stelle insonni

come dita che sparano para-sitos il deraglio

e le scene oscene dell'odiens lapidario stupidario

 

Testi inediti in lingua italiana:

 

 parole in r-onda,  la  risata della morte, la  ballata della libertà,   ...figa-nistan reg, nella casa di Rino, taleban liquidazione, un nome che non ritorna, il 25 gennaio 2001 di Palermo.

 

 

parole in r-onda

 

parole orchidee in r-onda urticaria

socchiuse fra bordelli e canzoni

soglie inzuppate di scavi allucinati

ora della fame a spasso sulle rughe

la via crucis di chi non ha pasque

 

inzacchera di vento l’uomo più triste

che torna a letto con la linea dell’ombra

rimasta appesa ai fianchi dell’orizzonte

deragliando, e l'ultravioletto smitraglia

verso le gole dei tuoi sogni sboccati

 

ogni sera non dare alle palpebre

se non ha imbucato poesie di dissolvenza

per il mondo impoverito delle vendite

incasinato di consulti a perdere e vuoti

e scala i fondali delle galassie i respiri

un maglione per non disperdere tuo il calore

 

scrivo prigioni questi cieli galleggianti

e non dimentico i fiori dei cannoni ieri

che non è magica ancora la mutazione

del bruco che cambia la pelle con la stagione

e nato dalla cenere delle stelle ione

nessuno può uccidermi la vita in vena

22 aprile 2001-04-22

 

 

 la  risata della morte

  

c’è chi muore obeso tra i rifiuti

e chi dei rifiuti muore privato

della povertà del suo vivere schiantato,

per quel che mi riguarda ridicolo

e pena impiccano dell’alba i versi

del corteo quando la tenerezza di un sogno

fra le nuvole scende con petali di luce

e sui volti incolpevoli e spenti

del tronco si accartocciano gli sguardi

 

dove sei se mai ti fai trovare

se non dove gli occhi mancano

i poveri e certo non cieca chiedi

in pegno neanche lacrime secche

e risate rovesci immobili lampi

 

dove vai con quei buchi nei ricordi neri

squarciandoti la gola con la seta delle stelle

quando stellari i ricchi chiudono gli scudi

e rubano i Sam terra con la biogenetica

perfino i chicchi volati da becchi caduti

 e sabotaggio sono i viaggi controglobali

 

bava neanche tanta sul teschio di Ugolino

in bocca per sfamare la sete dei figli

troverai per spegnere il freddo, o morte

delle mascelle in clinica di bellezza

 

lo splendore è freddo solo freddo

di divise in oro di questo pianeta

che gira in orbita globale il capitale

e gli equinozi non trova più a nozze

e la linea di fuga tesa fra i fuochi

due delle ellissi possibili in transito

 

febbraio 2000

 

 

La ballata della libertà

               (a Protociccius)

 

ba Búsh bhû bhue l’ultím(e)o sorriso

oggi dacci daciabel, strike della rivolta

tu che in cielo voli stheatol cadente

e-globoal wars stripes, end stars minavagante

ai perdenti il loro sud  svolta volta

 

 

l’altra metà del cielo è mandarino

libera del sogno americano, il male

dai dicci Mad il teatro degli scudi

 

stellare della guerra dacci il segno

e Seattle così sia Porto Alegre

e l’Intifada data al dio marino

 

 

bah Búsh bhû bhue dal cyberspazio on line

Pesc sguinzaglia cold warriors, e-vinci in hoc digno

non temere per la tua morte preghiamo

e così pure il medio, oriente dell’oro niño

e se negro bluesa pirata il vascello 

  

21 aprile 2001

 

 

 ...figa-nistan reg

 

 

rap sufista sta reggae ai tropici

arabi le temperature dei raid

quando o-dio balla affresco

serraglio il riso sulle ceneri

tristi dei monti afgani obliqui

all’espansione doppler americana

 

e[1]japs e poi gook e commie non è

il nome più di Osama bin ma saman

di ni-ente e reietto canaglia di scarto

il popolo culla del male, l’altro impero

che dà scacco all’attacco del cielo

dove il bene giace insieme non bene

 

com’è crimine il vento kamikaze

divino e pace se pace è in pace morire

nella tua terra sepolto dal fuoco sparato

e dal suo vento deserto di reg ora le alture

dove la fame è l’altra scena di guerra

e il fiume che trascina masse di fuoco

 

tristi tropici gli occhi di questa infanzia

che salta sulle mine dove si posano

paracadutati i pacchi dono dell’alleanza

non vedo quanta purezza di sorgente

tra violente e nude colline violette

 

i miei pastori nomadi pensieri

arabi tra scoscesi notturni e grotte

non godono vita marginale

dei massacri la rimozione fine

alla cenere afgana con il cielo

che brilla di esplosi gravitoni

e frequenza errante di radiazione

che non raffredda l’affresco caldo

per i giorni densi della vita nel cono

della luce e fuori dall’ombra incrociata

 

 

e perché il cuore che mi manca ciò

cane sciolto nei soffi della morte

muta al video e solo ascolta il canto sufista

fino a quando non crepa d’occidente

e reg[2] salta ribelle contro il silenzio

28 ottobre 2001

 

 

 

il 25 gennaio 2001 di Palermo

  

le ideologie, gli uomini, le stragi, i discorsi:

l’Uno non c’è, con noi cresce la differenza

per chi i figli del dio minore nell’arena d’Ignazio

ha visto cadere per racconto o testi-mònete

e non solo alle cinque di questa sera, Palermo

e dintorni che cancelli un volto dalle pagine

e l’irreversibilità ha tracciato con altro sangue

 

spalancate le orbite giro/vagano

per vuoto di memoria costellazioni

ancora assenti nell’elica cheotica,

il supermercato delle genesi luci/fere

senza lo splendore ribelle del padre

et égalité non trovano nel bosco

il fegato di Prometeo il Sinai di fuoco

la lira appesa dove è Pegaso di cielo

 

Auschwitz è scagliata voragine e tutt’ora

ferita nella memoria dal confine delle fionde

palestinesi i massacri di turno dell’orrore

neanche il silenzio di questi intervalli

sbiancato della pagina per insolvenza di script

dice l’immaginario di surgelati dolori e forni

a microonde lungo gli argini dei passi semiti

 

impossibile mi spazia semioteca la scena:

ragione è voragi (o)ne vo – ra – gi – (o) – ne

v – o –  / - r – a – g – i - (  - o - ) -  n – e

quando il fucile non è l’attimo della parola

e l’agorà del funambolo non ha il peso della danza

 

della libertà le catene operaie delle api

ancora hanno intrecciato maglie gli attacchini

poi e con il fumo dell’imbianchino hanno acceso

le fosse, il teatro delle ossa come rannicchiati

tronchi, rami e radici d’ulivi attorcigliati

ultimo gesto di sgomento a lontanare le mascelle

del balcone di Venezia e le docce di Trieste

 

o memoria del giorno, e non giorno della memoria

io non abbraccio tutti fratelli equivalenza,

odi et amo, nec sine vivere possum

e non mi scolora il cielo glocal l’oggi

il povero uranio impoverito che sfida

il fungo di Nagasaki a vento atomico

e Urano che stenta ad ancheggiare sulla terra

 

io non abbraccio tutti fratelli equivalenza

e identico non m’è respiro biunivoco d’armonia

alcuna se non le fughe dell’ironia dissonante

 

del ritmo caotico la vertigine della vita

è la follia dei sogni giocata dal dio dei dadi

a suon di jazz rap e fossile fiore di luce sound

che mi porta per mano dove il vuoto è sorgente

e cogliere nelle cave delle ciglia come rugiade

radioattive di ogni shoah gli occhi della morte

e nell’ascolto gli odori della storia che scia  

                                                                          

27 gennaio 2001

 

 

un nome che non ritorna

 

molti nomi o amore, alzato

il muro del desiderio

di mano in mano nomade

dove di fasi il tempo appare

per raccogliere il tuo volto,

pieghe ioni in cammino d’onde

un nome ti dò che non ritorna

appeso al deserto del volo

 

se puoi dimmi il tuo nome,

mi hanno rubato la luna

e delle fasi il sogno il delirio

dal vento aspetto dei millenni

clandestini i fianchi del viaggio

 

25 marzo 2001

 

taleban liquidazione

  

liquidazione è voce quotata

di tali tali-eban nella borsa

di castoro e peluche american

way of life ora melting di ferite

quando settembre d’Arabia

con gli ottani di Allah fra le ali

è cielo di fuoco su Manhattan

e il delirio del cavallo di troia

fresco ancora acciaio di colata

modula i chip della terra fresca

la guerra duratura alla biodiversità

che di-strugge dal vento senza luogo

 

 

liquidazione è voce quotata

di tali tali-eban nella borsa

e sono parole senza rughe

le scie d’alta quota che si alzano

mirini di vecchia alleanza sui burca

a pescare la radice saman bin bun ban

laden per un dollaro di barile in più

al giorno e un Osama tal tal-eban

in meno è un prezzo d’onore oro

per tutti i cadaveri senza nome

promesso al capitale dio no-taleban

…:

 

l’esodo non paga il sabato il senso

lunga è la caccia e nessun monte

di pietà offre grotte al capro espiatorio

e taleban è solo Vietnam che brucia

e brucia ancora tempeste nel deserto pro

of life way american scudo stellare

e se non basta per i clandestini

accenderemo un’altra Nagasaki

le rimanenze non sono di classe

liquidazione global è ordine di stagione

 

10 marzo 2002

 

 

nella casa di Rino

 

            a Rino Marino

 

non ha debiti il dolore

di foglie secche in attesa

e le ore in nessun letto

lascia ferite in riva

e questo mare sfiancato

sbattuto dal transito, ansito

lasciato randagio bal(l)ade

in cerca di sete di carne

 

 

le ombre del sole e della luna

un pugno di agavi al cielo

veglia ancora un cucito errante

nella casa di Rino ad agosto

sotto un passaggio di danza

folle di solitudini a grappoli

pensili sorgenti appollaiate

 

bucate assenze gole di cascate

e sogni girovaghi di fiumi notte

Riccarda, Marilena e un bicchiere

sottoscala dal viso scalinato di note

trasudano alle onde il desiderio

di un volo senza ali e nudi nodi

e fianchi di deliri trasparenti

tra una fuga sparenti e pieghe di…

 

 

riso nessuno recita se non l’attuale

il virtuale puro delle parole già sfuse

come un film frammenta sequenze

ora che i frattali di neve il viso so

allontanano infinito senza misura

le carezze dai bordi della tua pelle

o transito di questi anni sessanta

d’età mia appesi al filo del terrorismo

 

erezione trasuda spirale vertigini

affogate d’insonnia cale di eruzione

e colori battuti di gravità al vento

incroci muquenti[1] di nuda terra

dove dissetare l’agonia della sete

con la lava calascente che lava

frequenti soglie di veglie svegli e

non è demenza che presenza senza,

senza l’abitudine di ore al mercato

e un’arena di stelle sotto scudi spaziali

 

6 agosto 2002


 

[1] Muquenti (mutoeloquenti)

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Lettera.gif (4196 byte)antonino.contiliano@tin.it

Lettera.gif (4196 byte)mailto:nconti2002@libero.it


 

 

[1] Jps, gook e commie sono rispettivamente i dispregiativi che gli americani usavano per indicare durante le guerre (quando erano nemici) i giapponesi, i vietnamiti e i comunisti)

[2] reg:  le pietre di un deserto pietroso modellate come ghiaie dal vento.