Diario italiano
Il Rimino 159, anno XI

Marzo 2009

16.03.2009
Riottismi


Impareggiabile rivelazione di Luciano Canfora in una lettera al "CorSera" di oggi. Gianni Riotta ha esortato gli spettatori di Rai1 a non leggere un libro di Canfora, "La storia falsa".
A dicembre Riotta aveva presentato la stessa opera come "da leggere".
Forse, aggiunge Canfora, Riotta voleva mostrare "La natura del potere" recensito sul "Corsera" da Sergio Romano con il titolo "Il fascino del buon tiranno".
Scrive Canfora: "Non si legge, ovviamente, il libro. Non si legge neanche la recensione. Si legge il titolo della recensione".

Il prof. Canfora è molto ottimista: "Si legge il titolo della recensione"? Forse qualcuno ha raccontato quel titolo ad un collaboratore di Riotta che poi...

C'è una famosa storiella di Achille Campanile che ricostruisce il percorso di un ordine militare. Partito dalla frase: "Domani sera ci sarà l'eclissi di luna. Per ordine del signor Generale se ci sarà bel tempo la truppa scenderà in cortile per ammirarla". Ed arrivato all'estrema sintesi: "Domani sera per ordine del signor Generale ci sarà l'eclissi di luna".

La scenetta su Rai1 le rassomiglia. Da non leggere oggi (marzo 2009) un libro da leggere nel dicembre 2008! Come passa il tempo e cambiano rapidamente le cose.

Dal recentissimo "87 tragedie in due battute" di Achille Campanile (BUR 60):

"La vecchia marchesa: - Questo tramonto è bellissimo.
Il vecchio duca: - Vi piace? E' vostro".


15.03.2009
Chiesa lontana


Per i poveri cristi contano poco le dotte dispute teologiche di cui son pieni i quotidiani di questi giorni.
Valgono più certe parole come quelle di don Gino Rigoldi alla "Stampa" di oggi: la Chiesa "è troppo lontana dalla gente. Mancano sensibilità e autentico spirito di condivisione".

Don Gino rinvia alle parole di monsignor Fisichella, severo ministro vaticano per la bioetica, il quale ha scritto su "L'Osservatore Romano" di ieri sera un fondo intitolato: "Dalla parte della bambina brasiliana".
In esso c'è un passaggio dal doppio significato: per l'aborto la scomunica "si attua in maniera automatica"; per la bambina brasiliana, "non c'era bisogno di tanta urgenza e pubblicità".

Sui giornali di oggi, si è sottolineata soltanto questa seconda parte del testo, sino a deformarne il significato nei titoli. Il "CorSera" parla di "scomunica sbagliata", "La Stampa" di un "errore", "la Repubblica" sottolinea tra virgolette che quel vescovo brasiliano "ha sbagliato".
Ciò che dovrebbe interessare (e preoccupare), è il fatto che resta immutabile la scomunica anche in questi casi, quando ci si dimentica del detto di Gesù che non è la legge fatta per l'uomo, ma l'uomo per la legge.

Circa la lettera del papa ai vescovi, oggi il "CorSera" offre un commento di Alberto Melloni sulle "tre svolte di Ratzinger".
Prendiamo la seconda. Melloni spiega che il papa abbandona il linguaggio usato nel 2005. E ricorre ad una distinzione che definisce "troppo sottile" per certi pubblicisti. Ed infatti, noi (modestamante parlando) non l'abbiamo compresa.
Però ricordiamo il linguaggio usato ad apertura di conclave dall'allora cardinale Ratzinger. Con quell'atto d'accusa contro l'imperante relativismo: "Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all'altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all'individualismo radicale; dall'ateismo ad un vago misticismo religioso; dall'agnosticismo al sincretismo e così via".

Bello, affascinante, teologicamete perfetto pure il pezzo di mons. Bruno Forte sul "Sole-24 Ore". Che alla fine si trasforma nell'atto d'accusa contro ogni forma di critica, se scrive che "più grande è il compito, più grande l'amore richiesto, più la croce della solitudine sarà presente". Ovvero resta inevitabile la distanza fra la Chiesa come istituzione e l'umile dolorosa tragica condizione umana? (Il Vangelo non è mai così astruso come i suoi commentatori...)

Infine Enzo Bianchi sulla "Stampa", nell'apparente calma del discorso sulla questione lefebvriana, inserisce inquietanti accenni ai retroscena curiali: negli ultimi dieci anni nella Chiesa romana abbiamo assistito a tutto: "calunnie fantasiose, interpretazioni false, denigrazioni, ricostruzioni accomodate di eventi fatte cirolare con l'aiuto di qualche giornalista compiacente per attaccare o screditare ora un cardinale, ora un vescovo, ora uomini di chiesa". E chiamalo se vuoi amor fraterno...

Se la Chiesa "è troppo lontana dalla gente", la colpa non è di certo della gente, ci sembra di poter concludere passando da don Gino Rigoldi a Enzo Bianchi. Ma anche don Gino lancia una frecciatina non da poco: "Molti vescovi vivono come politici. Assumono un ruolo e perdono il senso della condizione umana. Non sanno più trasmettere il volto misericordioso di Cristo. Hanno i loro riti, carriere, simboli".


14.03.2009
Santa Ipocrisia


Nulla di nuovo c'è sotto il sole, come ammonisce l'Ecclesiaste. Le discussioni sui rapporti tra papa e Curia lasciano il tempo che trovano. Ma non sono un problema soltanto di oggi. I legami tra gli ecclesiastici e tra costoro ed i fedeli, sono spesso improntati a ciò che ironicamente si può chiamare la "Santa Ipocrisia".

Il problema non è quello di vedere chi ha sbagliato nella gestione del ritiro della scomunica ai vescovi lefebvriani. Ma di capire perché in certi ambienti vaticani si neghi l'evidenza di una situazione di malessere nella cristianità tutta, che non dipende soltanto da azioni 'cattive' di questo o quell'addetto agli uffici papali. Ma da una serie di gravi questioni che non si possono risolvere in base all'ipse dixit del codice canonico.

Ad esempio la scomunica alla madre di una bimba brasiliana di nove anni violentata e per questo fatta abortire, ha suscitato reazioni dure non soltanto fra i laici. Ieri il portavoce della commissione episcopale brasiliana ha sconfessato il vescovo di Recife che aveva irrogato la scomunica.

Due notizie di oggi che rivelano la complessità della gestione dei problemi religiosi (vaticani?), al di là dei cosiddetti attacchi di cui il papa si è lamentato.

Prima notizia. Quando era ancora cardinale, Joseph Ratzinger autorizzò la ristampa di un suo saggio in un libro pubblicato da una casa editrice austriaca di estrema destra. Secondo l’ultimo numero del settimanale ‘Der Spiegel’, a dare nel 1998 l’autorizzazione della ristampa del saggio alla casa editrice ‘Aula-Verlag’ fu l’allora segretario di Ratzinger, monsignor Josef Clemens, il quale diede la sua approvazione "su incarico del signor cardinale Ratzinger".

Seconda notizia. La ricavo da una recensione apparsa su "Repubblica", a firma Filippo Ceccarelli, al libro dei giornalista Pino Nicotri sul caso di Emanuela Orlandi: "Non un intrigo di palazzo, ma un atroce caso di pedofilia".

Ho trovato sul web il sito di Nicotri. Qui, in un testo di pochi giorni fa in risposta ad un lettore, egli accusa "il conformismo servile dei mass media italiani": "E’ triste che ogni volta che c’è di mezzo un grande potere ci si allinei così pecorescamente al vento che tira. Poi non ci si può lamentare del discredito che circonda la nostra stampa e le nostre tv (pubbliche e private)".

L'accusa è tanto forte quanto grave il fatto che ha visto la povera Emanuela Orlandi sparire nel nulla. Ognuno può avere libero parere in merito alla vicenda della ragazza romana. Però non è troppo difficile concordare, ci sembra, sul "conformismo servile dei mass media italiani". Troppo pericoloso per le sorti della nostra fragile democrazia.

Su quest'ultimo aspetto merita un'attenta lettura l'articolo su "Repubblica" di Piero Ottone, il cui titolo, "Il profondo nero dei misteri d'Italia", rimanda a quello di un altro libro, di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, appunto "Profondo Nero", in cui si narra la storia d'Italia attraverso le cosiddette "stragi di Stato": dalla morte di Enrico Mattei al triplice governo di Silvio Berlusconi, tessera P2 n. 625, tutta la trama politica del nostro Paese sarebbe stata intessuta dalla loggia segreta fondata da Eugenio Cefis e poi portata avanti da Licio Gelli.

Conclude Piero Ottone che oggi esiste in Italia "un blocco di potere economico ormai abbastanza omogeneo e molto potente". Che, come ha spiegato all'inizio del pezzo, è quello dei vincitori messi in marcia da Cefis e sorvegliati poi da Gelli.

Siamo partiti dalla "Santa Ipocrisia", abbiamo attraversato il terreno melmoso in cui fu risucchiato il corpo innocente di una povera fanciulla, e siamo giunti nel buio assoluto del "profondo nero" delle trame segrete. Che poi a ben pensarci tanto segrete non son più, visti i risultati. Per cui quella "Santa Ipocrisia" finisce per rendere l'etichetta ironica come una drammatica constatazione di qualcosa che è ancora più grave. Come la fresca notizia sulla casa editrice austriaca di estrema destra e sull'allora cardinal Ratzinger..., anno Domini 1998.

14.03.2009
Fame di fama


Non dev'essere un'attenuante per le persone che saranno giudicate perché coinvolte nel caso di quel famoso premio letterario piemontese.
Ma ricordiamoci che esiste dappertutto, a tutte le latitudini e longitudini italiche, un mondo pieno di persone affamate di fama, che farebbero qualsiasi cosa per una patacca da appendere alla giacca o un "titolo" di cui vantarsi nella biografia o nella carte de visite.

Queste persone sono già note e persino celebrate, ma non sono mai sazie di elogi e di turiboli che le incensino sulla pubblica via.
Vivono nella dimensione di eroi della cultura non per quello che scrivono o "pensano", ma per le lodi più o meno sincere che ricevono, in questo allegro mercato delle vacche (sia detto senza ingiuria per le povere bestie) in cui il denaro pubblico è bruciato, non solo nel mitico Piemonte che ci è stato portato sempre ad esempio di oculatezza e di correttezza protocollare.
Dappertutto la gran festa avviene solleticando politici ed untorelli di professione che sfilano come miss o modelle sculettanti tra i tavoli o le poltrone di un teatro.

Pensate un po' se anche i nostri antenati avessero avuto le stesse abitudini contemporanee, nulla ci sarebbe stato tramandato in biblioteche e quant'altro oggi fa cultura. Oggi la cultura è troppo spesso ridotto ad un lauto pranzo, ovvero ad un rutto disgustoso.


13.03.2009
Papa inquieto


"Papa contro Curia" abbiamo intitolato il post in cui si preannunciava la dura lettera del pontefice diretta ai vescovi.
Oggi Marco Politi commenta su "Repubblica" quel documento parlando di "una Curia allo sbando". Una Curia nella cui gestione "c'è qualcosa che traballa" e che provoca impaccio e disfunzioni.

Franco Garelli sulla "Stampa" di oggi esamina invece le accuse del papa ai confratelli per avergli mostrato ostilità.
Garelli osserva che gli anatemi di questo pontificato "sembrano mettere in secondo piano quel primato della carità che pur fa parte" della vocazione della Chiesa.

Chi ce l'ha con il papa, si chiede il teologo Vito Mancuso su "Repubblica". Ecco l'elenco: 1) i lefebvriani; 2) i "curiali" e 3) "quei cattolici che hanno protestato" con l'ostilità denunciata dal papa.

A questo terzo gruppo di "cattivi", Mancuso dedica un'analisi attenta, tutta condotta in chiave strettamente teologica e non polemica. Per cui presenta il famigerato principio della "parresia", ovvero "franchezza di rapporti e di parola". Che molti enunciano a freddo e dimenticano di applicare nelle situazioni bollenti.
Sembra essere successo così anche a Roma in questi giorni. Dove il teologo Ratzinger non pecca d'orgoglio ma resta fedele al suo ruolo di enunciatore di verità a cui tutti dovrebbero inchinarsi senza pronunciar parola. Come sosteneva Agostino, se "Roma locuta est, causa finita est".
Il mondo dei cristiani è disposto a tacere davanti alle emergenze contemporanee per affidare ad uomini pii e dotti ma nascosti nelle loro stanze, la loro trattazione?

Questo papa inquieto (non nel senso che si lega a Paolo VI, ma come sinonimo elegante di turbato ed arrabbiato), legge il mondo attraverso i libri. Gli uomini nella loro miseria sanno che i libri si scrivono dopo aver letto il mondo. Chiedetelo ad esempio a quanti operano nelle missioni. Loro sanno quanto mare passi tra il dire ed il fare.

Per prima cosa, questo papa dovrebbe dismettere gli abiti da cerimonia così lussuosi e strambi per il nostro tempo. Nessuno dei suoi fidati consiglieri, immaginiamo, glielo ha suggerito. Immaginiamo anzi i tanti che si saranno affiancati a lui per sussurrargli in un orecchio: ma che magnifica cerimonia!! Poca gente va a piazza San Pietro per il papa? Sì ma che bella sfilata vedono quelli che ci sono. E' ancora cristianesimo, questo?

E a proposito di vero cristianesimo, confidiamo un'ultima cattiveria contro i "curiali" che hanno subdolamente attaccato Romano Prodi definitosi "cattolico adulto", e si sono appoggiati alla recita buffonesca degli "atei devoti" e dei loro capi politici.

13.03.2009
Prefetti perfetti


Prefetti perfetti per controllare il credito erogato dalla banche. L'ha detto l'Incredibile, ma non è una balla priva di fondamento. L'ha studiato a Parigi alla Sor Bona. L'ha appreso anche alla Statale di Milano che il prefetto è un "agente modernizzatore" dello Stato italiano, un "soggetto incaricato del coordinamento tra i vari segmenti istituzionali presenti sul territorio". Parole pronunciate il 6 maggio 1802 (1802!!) da Napoleone Bonaparte (Napoleone Bonaparte!!).

Nel 1944 Luigi Einaudi aveva proposto l'abolizione del prefetto con un articolo in cui si legge: "Democrazia e prefetto repugnano profondamente l'una all'altro".
Ovviamente dice molto il confronto fra queste parole del liberale Luigi Einaudi e le idee di Berlusconi modellate sulle parole di Napoleone del 1802.

Bankitalia ha già fatto sapere: i prefetti non potranno ottenere dalle banche le cifre disaggregate dei prestiti. Quindi le presunte vittime di soprusi da parte degli istituti di credito, non potranno chiedere raccomandazioni ai rappresentanti provinciali del governo.

Sui prefetti nutriamo tutti i dubbi possibili circa la loro capacità di comprendere il territorio su cui operano, partendo da un semplice dato di fatto: le liste delle persone nominate cavalieri della Repubblica ogni anno per il 2 giugno.

Nello scorso settembre l'impareggiabile Brunetta ha detto: "Se devo farmi operare ho il diritto di sapere se il mio medico è un macellaio oppure una persona efficiente. Se ammazza o salva le vite". Noi, dall'alto della nostra senilità, ci siamo permessi di chiedergli d'informarsi di come fanno i signori Prefetti a nominare i cavalieri della Repubblica. Invitandolo a pubblicare sul sito del ministero degli Interni le relazioni inviate all'Autorità competente. Consapevoli che sì che ci sarebbe da ridere. Rifacciamo la richiesta o proposta che dir si voglia.


12.03.2009
Incredibile? Lui


Fallisce al debutto su Rai1 "Incredibile". Nulla di strano. L'Incredibile comanda su tutto, è capo del governo, vorrebbe diventare anche il marionettista dell'opposizione, definisce "coglioni" quelli che non lo votano, non credeva alla recessione in agosto, poi ha dovuto ammetterla: così, tanto per non sfigurare troppo, ma poi s'è premurato di darne la colpa a giornali e tv...

In un Paese guidato dall'Incredibile, non può reggere una trasmissione dallo stesso titolo. Ovvio, elementare.
Dato che l'argomento non è ridanciano, ma tremendamente serio, andiamo a citare un articolo di "Repubblica" di oggi, in cui Stefano Rodotà tratta delle "Spallate alla Costituzione".

Dove è ricordato Obama che ha scritto: "Esercitando la mia responsabilità nel decidere se una legge sia incostituzionale, agirò con prudenza e misura, basandomi unicamente su Interpretazioni della Costituzione che siano solidamente fondate".
Commenta in conclusione Rodotà: "La spallata berlusconiana al Parlamento nasce in tempi di costituzionalismo debole e ha come fine, insieme alla cancellazione del sistema parlamentare, l'azzeramento delle garanzie, lo smantellamento del sistema dei diritti".

Si allude non soltanto alla recente proposta del cavaliere di far votare alle Camere unicamente i capigruppo parlamentari, ma a tutta una serie di questioni sul tappeto che vanno alterando "il funzionamento del sistema istituzionale". Ed accentuando le responsabilità del Capo dello Stato e della Corte costituzionale.

Questa è tutta l'incredibile realtà che un Incredibile, presidente del Consiglio dei ministri, ha creato e sta cercando di consolidare a danno degli equilibri costituzionali.

Per questo motivo ha ragione Franceschini che in un'intervista anticipata oggi da "l'Espresso", dichiara: se Berlusconi "stravince alle europee, grazie all'astensionismo e alla delusione nel nostro campo, quello che potrà fare dal giorno dopo è inimmaginabile".

Ci è già capitato di osservare che per Veltroni, se restava in carica sino all'estate, si preparava una lezione sonora, con un'astensione mai vista. La linea Franceschini potrebbe far far marcia indietro a molti dubbiosi.

Ma occorre non soltanto che al centro il Pd sia più saldo, ma che pure la periferia esca dal letargo. In quella periferia in cui si crede che le critiche oneste, ovvero disinteressate e senza secondi fini, siano la causa della crisi in cui i signori delle tessere si trovano a navigare con fatica e stanno per affogare miseramente.


11.03.2009
Papa contro Curia


Ma la Curia romana protegge il papa da possibili "errori", preparandogli dossier certi e documentati?

Vien da chiederselo partendo da una frase del pontefice contenuta nel documento che sarà pubblicato ufficialmente domani.

Esso riguarda la recente decisione papale di revocare la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, tra cui c'è quel Richard Williamson segnalatosi per il suo negazionismo.

Nella anticipazioni odierne, si legge che Ratzinger ammette in prima luogo gli errori che hanno accompagnato la revoca. Tra essi, appunto il non essersi accorti, nella Curia, delle gravissime posizioni di Williamson ampiamente diffuse su Internet. E quindi conoscibili anche da parte della stessa Curia.

Dobbiamo immaginare che nei sacri palazzi apostolici sappiano sempre qualcosa di più di quello che noi semplici ed ignari lettori del web apprendiamo, accedendo ad una linea telefonica. Però dobbiamo constatare che la nostra immaginazione erra per eccessiva fiducia.

Abbiamo già sottolineato qui, il mese scorso, che il caso di Williamson richiama la vicenda di Stanislaw Wielgus nominato dal Vaticano arcivescovo di Varsavia nel gennaio di due anni fa. Ci siamo permessi una battuta riassunta nel titolo che parlava di "InCuria romana".

Scherzare sulle cose serie, è utile per mantenere quel distacco razionale da esse che è sommamente necessario, e per non cedere all'emotività reazionaria propria dei tipi come Williamson.

Per Wielgus ci chiedemmo: "è colpa di Benedetto XVI oppure si tratta di un tiro mancino della Curia ai suoi danni?".
La domanda si replica per Williamson. Con una desolata aggiunta che deriva da notizie pubblicate domenica scorsa sul vescovo John Magee.

Citiamo i titoli apparsi su "CorSera", "Repubblica" e "Stampa": "Pedofilia, si dimette l'ex segretario di tre papi", "Pedofilia, travolto il segretario di tre Papi", "Preti pedofili. Si dimette il segretario dei Papi". Sulla "Stampa" c'è poi un sottotitolo virgolettato che illumina la vicenda: "Proteggeva chi abusava dei minori".

Diceva Enzo Biagi che anche a Gesù non andò bene in un caso su dodici. Forse in Curia, nella scelta del personale più responsabile, le percentuali si rovesciano, stando ai casi qui ricordati.

Se anche la Chiesa di Roma è travolta dai "fannulloni" c'è poco da stare allegri. E da temere che qualcuno pensi di arruolare Brunetta, magari nominandolo cardinale. Ma la sua Titti non lo permetterà e noi saremo più tranquilli.

Invece ci inquietano quelle parole del papa anticipate oggi, sul non essersi accorti, nella Curia, delle gravissime posizioni di Williamson. Accusa mica da poco.


10.03.2009
Obama e la crisi


Citiamo da un'intervista al presidente degli Stati Uniti apparsa su "Repubblica" di domenica scorsa, dedicata in gran parte al suo impegno per risanare l'economia.
Obama ha detto che:
1. occorre fare investimenti che permettano di "parare il colpo".
2. Bisogna "rafforzare il sistema finanziario".
3. E' necessario "investire a lungo termine sulla crescita economica, puntando sull'energia, l'educazione e l'assistenza sanitaria".

L'ultimo punto (assistenza sanitaria) per fortuna non ci tocca.
Per "energia", Obama non intende ovviamente la costruzione di centrali nucleari, anzi tutto l'opposto.
L'altro punto è l'educazione. Che cosa significhi investire nell'educazione si potrebbe riassumere in una frase soltanto: fare tutto l'opposto di quello che sta accadendo in Italia, come per l'energia.

Ecco perché non si è molto parlato del programma di Obama. Noi e gli Usa abbiamo gli stessi problemi. Le strade scelte per risolverli vanno in direzioni opposte.
Con i proclami ci si può raccontare tutto. Preferiamo esaminare i dati di fatto. E crediamo di poterci fidare più di Obama che dell'opaco re di Arcore.

10.03.2009
Stato malato


"Folle, armato lasciato libero di uccidere". Il titolo che apre l'edizione nazionale della "Stampa" ha qualcosa di più del carattere locale. La tragedia è avvenuta a Torino. Ma è simbolo di una realtà nazionale. Quella di uno Stato malato d'inefficienza in cui il morbo provoca un contagio letale. Un padre ucciso, la figlia ferita gravemente.
Ma è lo stesso morbo che risalta nella prima pagina di "Repubblica" per una cronaca molto diversa, però egualmente frutto di quell'inefficienza: "Così si moriva nella casa degli orrori". Una casa che è un istituto di ricovero, con dodici persone scomparse e quindici "possibili omicidi". Un ricovero "per derelitti e ripudiati di ogni specie". Simboli e vittime di uno Stato ormai derelitto e ripudiato da chi dovrebbe per dovere istituzionale farlo funzionare.
Non dateci dei pessimisti.
Sulla "Stampa" del 5 marzo Lucia Annunziata ha firmato un fondo molto onesto, "Giustizia è sfatta". Diciamo onesto perché non chiama in causa soltanto i guasti della macchina giudiziaria, con le indagini italiane "ampiamente carenti anche quando si tratta di crimini comuni". Ma coinvolge pure il mondo a cui l'autrice appartiene: "Troppo spesso noi giornalisti facciamo da acritica cassa di risonanza delle indagini. Una responsabilità che ci è stata già rinfacciata. E che ci prendiamo".
I quotidiani non sono una sacra bibbia. Per molti motivi. Non lo debbono essere per i lettori che vi si devono accostare con la consapevolezza che la "verità" di un giorno può trasformarsi in "bufala" la mattina successiva. Ma i quotidiani non debbono essere considerati portatori di valori assoluti anche da parte di chi li fa. "La Stampa" ha pubblicato un articolo di Sebastiano Vassalli su Leopardi che non leggeva bene il testo originale. Ho inviato una breve e cortese lettera, ma non è stata pubblicata. Andava contro il parere di uno scrittore ovviamente considerato intoccabile, e nessuno poteva permettersi di documentare come esso fosse più che infondato, del tutto errato.

Pensiamo che se questo succede per una frase di Leopardi, ancor meglio può accadere per discorsi più seri. Per cui ha fatto bene Lucia Annunziata a scrivere che "troppo spesso" i giornalisti fanno "da acritica cassa di risonanza"... Non soltanto alle indagini, ma a ciò che politicamente sta loro dietro, ci permettiamo di aggiungere.

10.03.2009
Anni di piombo. Chi ci salvò


Virginio Rognoni, ministro dell'Interno fra 1978 e 1983, ha scritto domenica scorsa sul "Corriere della Sera" un pezzo che merita di essere ripreso.
Partendo dal finanziamento pubblico per un film sugli anni del terrorismo in Italia, Rognoni tratta di una questione fondamentale, oscurata da chi allora sparava contro i "servi dello Stato": la "tenuta democratica del Paese". Tenuta che fu resistenza a quel terrorismo, e provocò la sconfitta della violenza.

L'Italia è uno strano Paese. Tutto è dimenticato, riciclato, mascherato. Dopo il 25 luglio 1943 nessuno era stato fascista, se non quei pazzi che poi aderirono alla Repubblica di Salò seminando altra violenza e altro sangue, e provocandone altro per le vendette sino a dopo la conclusione della guerra. Ciò non ha impedito a molti di loro di vivere gloriosamente come esempi perfetti di uomini democratici, sino addirittura per certuni al premio recente del laticlavio repubblicano.

Forse per queste caratteristiche italiche, ispirate ad un egoismo machiavellico (ma pure bertoldesco), i conti con la Storia da noi non sono mai fatti con un minimo di serietà, nella serena consapevolezza che tutto passa e la memoria è labile.
Restano sul terreno i martiri. Si chiamino essi soldati di Cefalonia, militari spediti in Russia o servitori di quello Stato che il terrorismo voleva distruggere, ebbro di ispirazioni leniniste spesso condivise da molti nelle premesse ma non nelle "espressioni" pratiche.

Ricordiamolo. Tanti "nipotini di D'Annunzio" (definizione credo di Leo Valiani), in quella che si chiamava allora sinistra extra-parlamentare, sostenevano essere il terrorismo un strumento utilizzato dalla classe dirigente al potere per soffocare le "lotte operaie".
Alla miopia di tanti giovani corrispondeva parallela se non addirittura convergente, quella di molta parte del mondo imprenditoriale che non sapeva leggere nelle questioni sindacali l'espressione democratica di settori dell'opinione pubblica altrimenti esclusi dalla partecipazione al dibattito politico. Fatto salvo il giudizio negativo sulle degenerazioni violente che anche in quella espressione democratica si dovettero allora registrare.

E poi ci furono anche le anime (in apparenza) candide e un po' troppo volpine (nella realtà) che si vantavano di una posizione terza, immacolata da ogni contagio, né con lo Stato né con le BR.
Nel lavoro quotidiano davanti al crollo delle vecchie certezze, dovemmo difendere (parlo, per esperienza personale, della scuola) non l'indifferenza sostenuta dai pensatori raffinati ed astratti, ma lo Stato con la semplicità di chi non vedeva altra salvezza se non nella democrazia.

Ecco perché è nel giusto Rognoni quando richiama la "tenuta democratica del Paese" in quegli anni di piombo. Le cui vittime dovrebbero essere ricordate non per chiudere la bocca a quanti allora usarono la ragione delle armi anziché le armi della Ragione, ma per riaffermare un principio fondamentale: non si possono confondere le vittime con i carnefici.
Possiamo cedere ai ciarlatani per altre cose, ma non su queste che debbono costituire la base della "memoria ufficiale" di uno Stato.

Rognoni parla di "memoria espressa condivisa". Da politico navigato sa che ciò va auspicato, ma spesso (forse sempre) non è possibile ottenere. Più modestamente, da cittadino qualsiasi ("semplice cittadino" dicevano una volta i giornali), ricorro ad una formula che può senza dubbio urtare, "memoria ufficiale".
Spiego quell'aggettivo: "ufficiale" perché lo vuole la Costituzione, lo vogliono le sue regole, il sacrificio di quanti, per far nascere quella Costituzione, persero la vita o lottarono con il silenzio del rifiuto o con le armi, contro i seguaci di una dittatura che costò tanto al nostro Paese.

La democrazia italiana nata dalla Resistenza, ha saputo sconfiggere il terrorismo, ci spiega giustamente Rognoni. E noi abbiamo oggi un capo del governo che, se non erro, non ha mai partecipato alle celebrazioni del 25 aprile. Non ce lo ha mai spiegato, ma un perché ci deve essere. C'è senz'altro. Assieme a quello della mancata risposta sulla questione. Nella Storia tutto si tiene. Ed è proprio un governo di centro-destra ad aver finanziato o a stare per finanziare un film come quello citato da Rognoni. Contraddizione? Forse fumo negli occhi per dimostrare che la violenza del terrorismo è la sigla etica di chi si oppone al volere dei capi che ci governano? Forse più che una domanda è la certezza di un diabolico piano contro quella "tenuta democratica" illustrataci giustamente da Rognoni.


09.03.2009
Quel che vedRai


La scelta di Ferruccio De Bortoli di rifiutare la poltrona di presidente della Rai, è da apprezzare. Controcorrente.
Fa bene a restare a dirigere il "Sole-24 ore", un foglio che si fa leggere per tanti motivi da chi cerca proprio e soltanto le informazioni.
Un solo esempio, la pagina che ieri è stata dedicata a "il mondo delle news tra carta ed intrenet". Ne vorremmo riparlare, perché l'intervista a Marco Benedetto dimostra che, come dice il titolo, "I giornali non moriranno". Mentre si annuncia la nascita di un quotidiano online, "Blitz", voluto dallo stesso Benedetto come "aggregatore di notizie".

La Rai è diventata nel corso dei decenni una imperfetta macchina informativa che premia la fedeltà ai padroni del vapore, e non la qualità del lavoro dei suoi giornalisti. Qualità che non manca ma è soffocata da un sistema terribile, come quello del "panino". Per cui si contrabbanda per obiettività un sistema che mira soltanto a caricare di offese ogni parere contrario alla maggioranza di governo.

Ricordate la vecchia battuta di Enzo Biagi? Quando scelgono i giornalisti in Rai, prendono un democristiano, un comunista, un socialista ed uno bravo...
Di questo passo, da Telekabul siamo passati al ditino alzato del buon Capezzone che, sprizzando umori arcoriani da tutti i suoi pori, pretende di gestire persino il lavoro dell'opposizione.

Ha scritto Biagi il 22 luglio 1993: "... anche i comunisti giocavano alla lottizzazione, e una signora che rappresentava i repubblicani si era perfino scordata il nome del suo raccomandato".
Ironizzava poi su certi progetti: tre telegionali, uno "vicino alla presidenza del Consiglio [...] poi un altro "leggero", ed è supponibile abbia come sponsor i "boy scouts"; un terzo "sbarazzino e impegnato", nel caso di disgrazie, niente Marcia funebre di Chopin, ma valzer di Strauss".

Di lottizzazione in lottizzazione, di progetto in progetto, siamo arrivati a persone che, calate nello scafandro del servizio pubblico, non avvertono il ridicolo delle situazioni, perché così fan tutti e così debbon fare tutti.
Intanto uno si è defilato. Grazie, De Bortoli. Chissà che l'esempio non serva per dimostrare che siamo stufi di assistere a certi spettacoli indecenti da parte di chi non dovrebbe fare spettacolo ma dare notizie. Soltanto e semplicemente. Che è la cosa più difficile nel sistema Rai. Amato da tutti i politici, benedetto da molti compari, invocato dai soliti eletti che hanno avuto la "grazia" per accreditare una verginità mai posseduta.


Anno XI, n. 159, Marzo 2009
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