Diario italiano
Il Rimino 161, anno XI
Maggio 2009

21.05.2009
Scorciatoie
"Sono un rivoluzionario e penso che sia più facile fare una rivoluzione che le riforme". Così Berlusconi risponde alla presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che lo ha sollecitato a fare le riforme mettendo a frutto quel consenso conquistato e che costituisce un "patrimonio politico straordinario".

Questa definizione di "rivoluzionario" è stata usata in un contesto particolare. Perché Berlusconi le ha affiancato un attacco al Parlamento: ha tutti i poteri ed è "pletorico". Quindi è "inutile e controproducente". Ovviamente rispetto alla sua idea di un uomo solo al comando. E' una definizione che illustra bene la volontà di Berlusconi di percorrere scorciatoie per realizzare il suo programma. Non tanto un suo nascosto intento di fare scendere in strada i suoi seguaci. Però anche le scorciatoie retoriche diventano pericolose, perché le teste si surriscaldano ascoltando le parole.

Fini ha risposto difendendo in pratica l'attuale Costituzione. Fini ogni giorni che passa prende sempre più le distanze dalla linea personale di Berlusconi. Inevitabile. Se non vuol recitare la parte dell'eterno "giovane di studio" sino alla pensione.

La novità del giorno è però un'altra: Berlusconi è stata smentito da "Repubblica". Con la storia di quella cena a Villa Madama a cui ha partecipato la fanciulla in fiore napoletana, sconosciuta a tutti e senza genitori al fianco, il 19 novembre 2008, in mezzo al fior fiore del Made in Italy.

Così il quotidiano romano ha aggiunto una nuova domanda alle dieci a cui il capo del governo non ha voluto sinora rispondere: "Perché ha mentito agli italiani (e stavolta persino ai francesi)?". Il cavaliere aveva sempre sostenuto di non aver mai incontrato la giovane da sola.

Una risposta potrebbe essere suggerita da due articoli di oggi. Lietta Tornabuoni su "La Stampa" sottolinea come il parlare politico sia "ambiguo, impreciso, senza notizie".
Alexander Stille su "Repubblica" mette sotto accusa "un giornalismo impaurito e fortemente condizionato". Anche per colpa dell'opposizione. Oggi "non contano più i fatti". Ma solo, per ripetere le parole di Lietta Tornabuoni, il parlare "ambiguo, impreciso, senza notizie".

Due esempi di questo tipo di parlare, presi non dalle questioni giudiziarie dibattute in questi giorni (oggi Berlusconi ha rinnovato l'attacco ai pm "estremisti di sinistra"), ma dalla cronaca della cena del novembre scorso e dall' intervento di Berlusconi alla Confindustria.

Cominciamo da quest'ultimo. Salutando Emma Marcegaglia ha inventato questo racconto: «Ieri sera è venuta a trovarmi a Palazzo Chigi e un commesso mi ha detto: "C'è di là una velina". Era la presidente, era in gran forma, elegante, tutta vaporosa perchè aveva una cena: sembrava volasse sui tappeti».

La signora Marcegaglia qualche ora dopo, al congresso della Cisl, ha risposto a Berlusconi, dicendo che, pur non avendo nulla contro le veline, preferisce essere accolta, come è successo con Bonanni, come "una persona seria, libera e concreta".

Secondo esempio. Alla cena di Villa Madama, interrogato su chi fosse quella avvenente fanciulla al suo fianco, ha spiegato che era la figlia di carissimi amici che stava facendo uno stage. Dimenticando che per Clinton la fine cominciò appunto con una stagista, Monica Lewinsky. Era il (lontano?) 1998.


Breve annotazione en passat. Non mi sembra di aver letto nei tre principali quotidiani d'informazione nazionali alcun riferimento all'articolo de "Le Monde" di ieri (apparso su internet il 19), dove si parla di "Berlusconi, une histoire italienne", e si dice che nel suo entourage il cavaliere se appare "un po' mentitore" è giustificato con la scusa che rassomiglia ai connazionali.


20.05.2009
Minzolini. Tutta invidia
Comunicato Ansa (dal Corriere della Sera): al Tg1 va come direttore Augusto Minzolini, a cui "viene attribuita l'invenzione del minzolinismo, neologismo nato a metà degli anni '90, inteso come «forma di giornalismo che si basa sulla raccolta di dichiarazioni anche informali di uomini politici, senza alcuna verifica delle informazioni raccolte» ("Annali del lessico contemporaneo", edizioni Esedra)".

La citazione del minzolinismo c'era già stamani sull'"Unità".


20.05.2009
Accordo
Accordo, è la parola chiave, il punto centrale e lo spunto nuovo, anche se non originale, emerso dalla conferenza-stampa di Berlusconi, ieri a Coppito. Nell'Abruzzo terremotato che ha altre gatte da pelare.

La parola "accordo" è stata indirizzata all'inviato di "Repubblica": se il quotidiano romano "cambiasse atteggiamento", ha detto il premier, "potremmo trovare un accordo, ma adesso non rispondo".

All'origine della "proposta" di Berlusconi stanno le famose dieci domande nate dalle dichiarazione della sua seconda moglie, Miriam Bartolini.

Con l'inviata de "l'Unità" il tono è stato molto più severo: "O me ne vado io o se ne va lei".

"Berlusconi avverte l'accerchiamento", commenta Francesco Verderami sul "Corriere della Sera".

Su "La Stampa" Federico Geremicca osserva che ciò che deve "preoccupare davvero" in questo momento (con "l'informazione nel suo complesso" prigioniera di Berlusconi), è il promesso intervento alle Camere: "Ci pensi bene il premier [...] non dia vita a nuovi scontri".

Scontri che saranno inevitabili, alla luce di quella parolina "accordo" fatto balenare come sintesi del dispotismo poco illuminato della corte di Arcore.

Dove non sono sinora riusciti a convincere il re che, se nulla di male egli ha fatto nel caso che ieri lo ha tanto agitato, non c'è bisogno di andare avanti nelle urla e nelle proteste contro tutti e tutto (dalla magistratura ai giornali).

Ed allora vien da dar ragione a Berlusconi. Si agita perché sa che qualcosa di "diverso" si macchina contro di lui per oscurarlo sulla scena politica.
Il 16 maggio scorso abbiamo citato una confidenza di Francesco Cossiga al "Corriere della Sera", citata da Francesco Verderami: per la vicenda storia di Casoria, Berlusconi pensa di essere "stato attirato in una trappola". Ma non si riferisce né alla sinistra né ai giornali quando parla di "congiura". "No, lui pensa ad altro".

Tutto però è iniziato da una normale lite coniugale. La consorte non si è offerta alla concorrenza per colpire il marito.
I fantasmi da cui il premier si sente minacciato li conosce soltanto lui. Ma di certo non nascono dalle pagine di "Repubblica".

La profferta dell'accordo è al centro dell'editoriale del direttore di "Repubblica", Ezio Mauro. Un accordo è "impossibile", scrive, perché "non tutto in questo Paese è 'arrangiabile', risolvibile con qualche patto oscuro".

Il fatto che un presidente del Consiglio offra un "accordo" ad un giornale dell'opposizione, è di per sé sintomo di una concezione politica "padronale" che parte dal presupposto che, dove non si compera, si contratta.


19.05.2009
Noi no. Non siamo inglesi
Un nuovo capitolo si aggiunge alla questione politica che tocca Berlusconi e la sua vita "privata". E' di oggi la notizia che è stata depositata la sentenza che riguarda un avvocato condannato a quattro anni e sei mesi per corruzione in atti giudiziari. Le motivazioni spiegano come l'avvocato "agì da falso testimone". Il capo del governo ha annunciato che ne riferirà in Parlamento.
Da ricordare che la posizione del cavaliere fu stralciata grazie al "lodo Alfano".

Le motivazioni milanesi escono nel momento in cui, a livello internazionale, la condotta pubblica del premier è attaccata severamente dal "Times" di Londra per essersi egli rifiutato di rispondere alle "dieci domande" di "Repubblica".

Per molto meno a Londra, si è dimesso lo speaker (presidente) della Camera dei Comuni, Michael Martin. La terza carica del Regno Unito. In tre secoli, è la prima volta che succede. Non ha commesso nessun reato. Lo hanno accusato soltanto di aver chiuso un occhio sulla faccenda di rimborsi facili ai deputati.

In Italia, ha scritto il "Times" (http://www.repubblica.it/2009/05/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-2/times-editoriale/times-editoriale.html), il capo del governo assume comportamenti intimidatori verso l'informazione: "La sua campagna contro la Repubblica sembra un sinistro tentativo di intimidire il dissenso per proteggere una reputazione privata. E' particolarmente di cattivo gusto che egli abbia usato la propria posizione nei media per criticare la propria moglie, insinuando che ella è mentalmente instabile. Queste sono le azioni di un uomo ricco e potente che tratta la politica e i media come feudi. Il signor Berlusconi ha apparentemente scarsa comprensione delle divisioni tra interesse privato e dovere pubblico. Il giornale che lo critica sta facendo un'opera di pubblico servizio per una popolazione malamente governata".

Sempre a proposito di informazione, citiamo Pierluigi Battista che sul "Corriere della Sera" di oggi, a proposito della stampa negli Usa, osserva: il giornalismo americano è "vivace, aggressivo, privo delle ipocrisie che si nascondono dietro la maschera di una imperturbabile neutralità". E' una presa di posizione evidentemente contro la "mala informazione" denunciata domenica scorsa da Barbara Spinelli sulla "Stampa". Sul quotidiano di via Solferino Dacia Maraini a proposito della vicenda che ha dato origine a tutte la questione, quella della fanciulla in fiore napoletana, scrive (come dice il titolo della rubrica settimanale) che "i panni sporchi si lavano in pubblico". In caso contrario si ha "un incitamento generale alla menzogna e alla falsità. Una doppia morale assolutamente immorale, a cui purtroppo ci stiamo abituando con impudente volgarità".

"Repubblica" invece anticipa un intervento di Nadia Urbinati su "che cosa si rischia senza l'informazione" in un Paese democratico.
L'informazione, spiega, "è un bene pubblico come la libertà e il diritto", e quindi come tale "non è a discrezione della maggioranza". Grazie all'informazione si esercita un controllo sul potere, senza il quale controllo "le democrazie moderne sono a rischio".


18.05.2009
Non lui, ma il Signore
Le interviste alla famiglia della napoletana fanciulla in fiore, stanno diventando un problema serio come la questione del papiro di Artemidoro che vede duellare filologi di fama, divisi tra chi ne afferma l'autenticità e chi invece la nega come il prof. Luciano Canfora.

Dunque, il "Times" è stato costretto a smentirsi. La frase della madre della stessa fanciulla è stata riferita in maniera errata.
Noi l'avevamo qui riassunta così il 16 maggio: "La mamma ha confidato di aspettare da Berlusconi per la figlia quella carriera che Berlusconi stesso non ha potuto offrire a lei dopo che lo aveva conosciuto negli anni Ottanta".

Il "Times" adesso precisa (cito dal "Corriere della Sera"): «La signora non si riferiva a Berlusconi, quando diceva "il signore", ma a "il Signore", intendendo Dio. Il che dunque non implica che lei conoscesse Berlusconi negli anni '80. Chiediamo scusa per l'imbarazzo creato».

Il "Times" nella rettifica precisa che la signora, scrive il "Corriere", "non ha parlato direttamente all'autore dell'articolo, Richard Owen, ma con un giornalista italiano non citato, da cui il corrispondente britannico ha tratto il passaggio".

La differenza tra "il signore" (inteso come anche cavaliere e pure Berlusconi) ed "il Signore" ovvero il Padreterno, non è cosa da poco soprattutto perché si riferisce ad un signore che si è spesso definito l'unto del Signore.

Ma queste sono quisquilie, quasi osservazioni pettegole, rispetto ad una questione molto più seria. Che rimanda al famoso verdetto della Sibilla Cumana che disse, come è noto: "Ibis, redibis non morieris in bello". Verdetto che a secondo della posizione di una seconda virgola ("Ibis, redibis, non morieris in bello", oppure "Ibis, redibis non, morieris in bello") assume opposto significato.

Il caso della signora madre della fanciulla in fiore è uguale. Quando lei parlava con i giornalisti, usava l'iniziale minuscola per la parola "signore", ma nella propria mente aveva consapevolmente azionato il tasto della maiuscola.

Ed è un tasto che non va toccato da chi oltre ad essere devoto del Signore invoca grazie (come la figlia della signora) dal "signore": "Voglio fare l'attrice. Oppure la ballerina. Oppure la parlamentare alla Camera". Segnalando una confidenza con Berlusconi, che la fanciulla in fiore aveva espresso in questi termini: "Mi racconta le barzellette. Mi piace tanto quella dei due ministri del governo Prodi che precipitano con l'aereo e vengono violentati dagli uomini della foresta".


17.05.2009
Restare svegli.
Un duro editoriale di Barbara Spinelli
contro la mala informazione
"Il cittadino è molto male informato, e la mala informazione è una delle principali sciagure italiane". Lo sostiene (a ragione) Barbara Spinelli in un durissimo editoriale apparso su "La Stampa" di oggi. Dove il discorso sull'immigrazione è l'occasione per esaminare il desolante quadro politico italiano e quello del giornalismo nazionale.

La signora Spinelli spiega: "La menzogna viene (...) dai governanti, e in genere dalla classe dirigente: che non è fatta solo di politici ma di chiunque influenzi la popolazione, giornalisti in prima linea".
Per aggiungere: "I fatti sono reali, ma se vengono sistematicamente manipolati (omessi, nascosti, distorti) la realtà ne risente, ed è così che se ne crea una parallela".

Questa realtà parallela (o "iperrealtà"), precisa l'editorialista, non è il solo pericolo esistente, ci sono anche quelli derivanti da altri due fattori: "la manipolazione e la mala informazione".

In questo negativo quadro nazionale, "ogni articolo che viene da fuori erode la mala informazione". Perché offre "domande e moniti che tengono svegli".

Succede di rado di leggere un impietoso atto d'accusa contro "la manipolazione e la mala informazione" del giornalismo italiano. Che è importante per il pulpito da cui proviene. Non si tratta di persona abituata a vaneggiare come certi direttori che sono inchinati ed oranti alla loro Mecca politica. E' una intellettuale che per arrivare a queste conclusioni fa un confronto severo ma sereno tra la realtà italiana e quella delle democrazie occidentali dove il concetto di informazione ha una dignità sconosciuta da noi.

Vale in questo contesto la vecchia battuta di Mario Missiroli, mitico direttore del "Corriere della Sera", il quale rispondeva a chi gli suggeriva di trattare certi argomenti, che sarebbe stato necessario avere a disposizione "un giornale".

Il discorso si potrebbe chiudere qui, se non avessimo un'annotazione che riguarda qualcosa che al tempo di Missiroli non c'era, il mondo dei blog. Da tanto tempo questi miei post non sono più segnalati in home dalla "Stampa", e non credo per un rimbecillimento del sottoscritto che li compone. Forse un contenuto dissonante rispetto alle opinioni governative li ha giustamente tenuti nascosti.

Non ne traggo considerazioni pessimistiche. Perché mi si consente egualmente di esprimere quelle opinioni. E sono intimamente convinto che posso farlo perché in molti l'hanno pagata di persona in giorni lontani, negli anni attorno alla mia nascita durante la guerra e dopo. Grazie al loro sacrificio possiamo pensare di essere liberi nell'esprimere i nostri pensieri. Non dobbiamo avere paura di esprimerle soltanto per onorare la loro memoria.

Potremmo incontrare begli spiriti capaci magari di meditare scherzetti simili a quelli già subìti in passato, come quando quattro anni fa qualcuno tentò di mandarmi in tribunale se non in galera, con una manovra che poi sono riuscito a smascherare. Ma la loro etichetta di spie prezzolate al soldo di idioti (potenti sono ma idioti restano), basta ed avanza per squalificali e per convincermi che sarebbe da vigliacchi cedere loro il passo e ritirarsi a vita privata, rinunciando a scrivere nel blog.

Lo scrivere è per metà terapia e per metà servizio. Restare svegli (come suggerisce la signora Spinelli), per un blogger significa non soltanto leggere articoli come il suo, ma anche tentare di recare un contributo informativo. Ho cercato di farlo, proprio in questi ultimi giorni. Mettendo a confronto certe situazioni nazionali con i fatti "omessi, nascosti, distorti", e un evento d'oltre Manica. Quello dello scandalo dei rimborsi gonfiati. Oppure ricordando Montanelli (20 aprile). Quando ad esempio scrivevo che il grande di Fucecchio, attaccato da Emilio Fede, fu difeso da Paolo Bonaiuti, allora vicedirettore vicario del "Messaggero" (e poi portavoce di Berlusconi). Bonaiuti disse: si tratta di "una lezione di intolleranza" che, per le sue "lontane tentazioni da Minculpop", lascia "sbigottiti".

L'ultima segnalazione in home page del mio blog è del 27 aprile. Di acqua sotto i ponti ne è passata. Forse l'alluvione ancora no. E come suggerisce Barbara Spinelli, cerchiamo di restare svegli per non farci fregare la democrazia sotto gli occhi dalla "mala informazione".


16.05.2009
Ancora noi
Non siamo inglesi, annotavamo ieri non certo per vantarcene. Stamani sul "Corriere della Sera", Paola De Carolis ha spiegato come nel Regno Unito è nato lo scandalo dei rimborsi spese. Che il corrisponde da Londra dello stesso quotidiano, Fabio Cavalera, definisce così: "Un campionario di furbizie per mettere sul conto delle casse pubbliche i vizi, i capricci e le quotidiane necessità personali dei rappresentanti del popolo".

Paola De Carolis osserva che lo scandalo non sarebbe forse venuto mai alla luce senza l'intervento di una giornalista, Heather Brooke, messasi in moto cinque anni fa, quando cominciò a scrivere un libro, "Il vostro diritto a sapere".

"Heather è stata l'eroina della vicenda dall'inizio", ma lo scandalo è scoppiato quando al "Daily Telegraph" è "stato offerto un dischetto, un dossier completo per il quale il giornale ha pagato profumatamente". Sullo sfondo, c'è la Camera dei Comuni che "ha fatto di tutto per celare le informazioni che dovrebbero essere alla portata di tutti", spiega la stessa Heather Brooke.

Da Londra arrivano le ultimissime sull'Italia. Il "Times" ieri ha pubblicato le dieci domande di "Repubblica" al capo del governo, che il quotidiano inglese ha definito "furioso" per gli interrogativi "posti sulle teenager". Il "Times" oggi pubblica un servizio da Napoli in cui si parla della fanciulla in fiore e della sua famiglia.
Il padre ha detto di non essere stato l'autista di Craxi, e che l'incarico è stato indicato con parole attribuite a Berlusconi, ma non pronunciate da Berlusconi.
La mamma ha confidato di aspettare da Berlusconi per la figlia quella carriera che Berlusconi stesso non ha potuto offrire a lei dopo che lo aveva conosciuto negli anni Ottanta.

Se vale la teoria delle "vite parallele" anche tra nazioni lontane nei costumi, dopo il dischetto che ha fatto scoppiare lo scandalo londinese dei rimborsi spese, c'è da temere l'arrivo di un analogo aggeggio per le vicende napoletane del nostro premier.

Intanto (a proposito...) va registrata una confidenza di Francesco Cossiga al "Corriere della Sera", citata da Francesco Verderami: sulla storia di Casoria, quella della fanciulla in fiore (e di sua madre in attesa di una carriera per lei...), Berlusconi pensa di essere "stato attirato in una trappola". Ma non si riferisce né alla sinistra né ai giornali quando parla di "congiura". "No, lui pensa ad altro".

Il sorriso sornione che immaginiamo stampato sul volto di Cossiga mentre pronuncia queste parole, può far pensare "ad altro", nel senso di quei servizi che una volta si chiamavano deviati, e dei quali l'ex capo di Stato si vanta di essere un buon conoscitore?

Comunque, sullo stesso foglio milanese, Angela Frenda da Emilio Fede ha appreso che la fanciulla in fiore era stata bocciata nella selezione delle "meteorine" per il TG4 non a causa di insufficienza toracica ma linguistica: non sapeva parlare come invece si richiede alla ragazze che Fede assume per il pregevole ruolo.

Da Mosca il premier oggi definisce colpevole l'atteggiamento dei media e del Pd per la questione della crisi economica. Il suo momento peggiore è stato superato già.
Quando? Putin non lo dice ma lo pensa: nel giorno in cui alla fanciulla in fiore il caro compagno Silvio ha regalato il gioiello da seimila euro. Peccato che quel reazionario di Ghedini abbia detto in tv che "seimila euro per Berlusconi non equivalgono certo a seimila euro per un comune mortale". Con ciò l'on. avv. Ghedini ha negato uno dei capisaldi della politica del re di Arcore: tutti i sudditi sono uguali davanti alla legge. Dietro ad essa, un po' meno.


15.05.2009
Noi no. Non siamo inglesi
Noi no. Non siamo inglesi, purtroppo: non abbiamo una concezione seria della vita pubblica, siamo sempre pronti a giustificare tutto ed a fingere che nulla sia successo.
Non amo l'autodenigrazione perché anche le società prese a modello hanno le loro colpe.
Ma in certi aspetti della vita pubblica noi italiani siamo un popolo che mescola furbizia e truffa con la stessa eleganza con cui i ballerini eseguono una complessa piroetta. Per cui cerchiamo sempre di sfuggire all'esame serio delle responsabilità nostre ed altrui.

Bill Emmont, direttore dell'Economist dal 1993 al 2006, ha dichiarato oggi a "Repubblica" che un capo di governo è indifendibile se mente. Uno straniero come lui fatica a comprendere "il modo in cui Berlusconi può dire quello che vuole e nessuno si scandalizza".

Una falsa notizia fornita dal capo del governo (e poi smentita ufficialmente dal suo gabinetto), riguardava il padre della fanciulla in fiore napoletana, definito autista di Craxi. Altrove "basterebbe questo a suscitare una riprovazione generale. Da voi no. Non lo capisco".

Da noi no, perché siamo la patria del diritto e del rovescio, siamo da secoli abituati non a considerarci cittadini, ma dei sudditi che si vantano di poter ottenere per via traverse anche ciò che spetta di diritto, come una visita medica in ospedale. Non parliamo poi delle cose "speciali" che la gente ottiene perché intrallazzata, favorita o spinta avanti a calci nel sedere.

La nostra società è quella che oggi assiste ad un programma televisivo simbolicamente intitolato "Raccomandati". Quella che ride, ride, ride alle battute sfiatate di un premier che se non parla di veline parla di miglioramenti economici, mentre il Pil su base annua segna un -5,9%.

Ma anche Berlusconi ha cambiato linea se oggi è costretto ad ammettere: "La crisi esiste". Per aggiungere subito che esistono segnali di ripresa. Ma intanto "la crisi esiste". Quanti mesi ha impiegato per arrivare a questa affermazione?

Ma lui non è solo al comando nella corsa alle parole in libertà. Claudio Magris era stato accreditato quale candidato dell'IdV. Oggi con una lettera a "Repubblica" smentisce: non ha alcun rapporto con il partito di Di Pietro.

A questa italica vocazione a giostrare con le parole, non si sottraggono neppure le questioni più serie. Lo testimonia un'intervista al "Corriere della Sera" di Giampiero Mughini.
Ad Aldo Cazzullo ha parlato del suo ultimo libro dedicato all'omicidio del commissario Calabresi.
Non è colpa di Mughini se oggi può accusare altri di sapere tutto sulla vicenda, o se gli altri in precedenza hanno mescolato i ricordi con ipotesi che servivano per uscire da quella vicenda senza colpe.
Restano soltanto certi drammatici momenti, come la "scena terribile" della vedova del commissario "che esce dall'obitorio dove ha riconosciuto il cadavere del marito, e viene accolta da estremisti di sinistra che la scherniscono". Era il 1972. Come e quanto è cambiato il nostro Paese?

Nel 1997, il giorno di Pasqua, Berlusconi piangeva a Brindisi gli "albanesi morti sulla nave speronata da una corvetta della Marina italiana", scrive oggi G. A. Stella sul "Corriere della Sera".
Aggiungendo la dichiarazione che lo stesso Berlusconi rilasciò all'Ansa: «Credo che l’Italia non possa accettare di dare al mondo l’immagine di chi butta a mare qualcuno che fugge da un Paese vicino, temendo per la sua vita, cercando salvezza e scampo in un paese che ritiene amico. Il nostro dovere è quello di dare temporaneo accoglimento a chi si trova in queste condizioni».

Dodici anni dopo, Berlusconi dice tutto l'opposto. Sui barconi viaggiano non disperati da salvare come nel 1997, ma "gente reclutata dalla criminalità" da cacciare. Per non essere infettati noi.


14.05.2009
Di Pietro sa o non sa?
Di Pietro sa non sa che la sua rappresentanza politica in Consiglio comunale a Rimini è dipesa soltanto dal fatto che sulle lista del sindaco eletto sono confluiti voti del centro-destra che lei giustamente combatte?
Per cortesia risponda: sa o non sa? Sa che Forza Italia nel 2006 alle comunali perse il 52,13% dei voti, mentre AN salì del 16,26 a tutto vantaggio anche della partecipazione del suo partito, on. Di Pietro, alla giunta comunale di Rimini?

Abbiamo già scritto qui che una sua candidata, Karen Visani, è finita assessore comunale soltanto con ben 95 preferenze raccolte su 142 seggi dove Idv ha registrato 2.910 voti. Ovvero la signorina era sconosciuta persino al suo elettorato.

Oggi aggiungiamo una perla "domestica" appena scoperta sul web, nel blog regionale del suo partito. Dove la Visani è accusata di aver detto cose non gradite.

Riproduco da un pezzo di Diego Sapigna: "Sono rimasto sorpreso e deluso dalle affermazioni del nostro assessore del Comune di Rimini Karen Visani, la quale crede che le donne non facciano figli perché affette dalla “Sindrome di Peter Pan” (affermazione rilasciata in un’intervista unitamente all’assessore Stefano Vitali, al quotidiano Il Resto del Carlino). Da tempo noi iscritti dell’Italia dei Valori chiediamo un incontro con i nostri eletti del comune di Rimini ma ciò non ci è mai stato concesso. Non sono venuti neppure ad aiutarci a sostenere il partito durante la campagna elettorale per le elezioni nazionali della primavera 2008 e non ci informano in alcun modo del loro operato. Abbiamo contatti con i nostri rappresentanti regionali e nazionali ma non con i nostri rappresentanti locali".

Ecco, anche su questo aspetto sarebbe utile conoscere il suo parere, on. Di Pietro. Però, dato che siamo in Italia, non restiamo in fiduciosa attesa. Anche lei potrebbe accusarci di essere mossi da invidia ed odio, come Palazzo Chigi ha fatto oggi con "Repubblica"? Ci auguriamo di no.


14.05.2009
Non risponde
"Invidia e odio nei confronti di un presidente del Consiglio che ha raggiunto il massimo storico della fiducia dei cittadini: sono palesi i motivi della campagna denigratoria che la Repubblica e il suo editore stanno conducendo da giorni contro il presidente Berlusconi".

Così Palazzo Chigi risponde alle dieci domande dieci poste stamani al presidente del consiglio da un articolo di Giuseppe D'Avanzo, che non contiene nessuna rivelazione particolare, ma è solo un esame logico che ogni persona di buon senso ha fatto in questi giorni, se non è accecata dalla fede nel soprannaturale Silvio-Madonna di Pompei che appare in sogno a Napoli prima di recare in dono preziosi ornamenti, e domina l'Italia tranne che a casa della ormai ex moglie.

Ma il comunicato di Palazzo Chigi non è una risposta, è una pernacchia (non troppo delicata), perché personalizza questioni strettamente pubbliche. Invidia ed odio sono due sentimenti che Palazzo Chigi può attribuire a tutti gli italiani che ragionano con la loro testa? Oppure pretende, il medesimo Palazzo, che si presti fede a quanto si tenta di spacciare come verità dogmatiche?

Dobbiamo essere grati all'on. avv. Niccolò Ghedini che ci ha rivelato una di quelle verità teologiche su cui gente in malafede e senza arte né parte si arrovella da mane a sera: "Dobbiamo intenderci: seimila euro (ovvero aggiungiamo noi, il valore del regalo alla signorina in fiore di Napoli) per Berlusconi non equivalgono certo a seimila euro per un comune mortale".

Se l'on. avv. ha così parlato, speriamo che non lo abbia fatto nella segreta speranza di suscitare invidia nei confronti del soggetto del discorso.
Al leader, che viaggia sempre con tanti regali da seimila euro in tasca da distribuire a destra ed a centro-destra, ha dedicato oggi un commento Piero Ottone, sempre sul foglio che nutre odio ed invidia per il cavaliere-imperatore.

Ottone ha scritto che Berlusconi "non è la persona adatta" per migliorare l'Italia: glielo impedisce la sua "arroganza del potere". Che gli fa proiettare sul Paese l'immagine di un padrone, ovvero se stesso.
In un passo precedente Ottone ha scritto che Berlusconi era entrato in politica per "ragioni contingenti, e poco edificanti": "proteggere le sue attività commerciali, tenere a bada le banche che scalpitavano per i suoi troppi debiti, intimorire i giudici che lo volevano in galera". Forse il comunicato di Palazzo Chigi era più adatto a condannare la prosa di Ottone che le domande di D'Avanzo.

Se Berlusconi non risponde alle domande di D'Avanzo, cioè di una grossa fetta dell'opinione pubblica italiana ed internazionale, si assume la responsabilità di apparire ancora una volta non adatto a governare l'Italia: come ha scritto Ottone prima di leggere il pezzo di D'Avanzo.

Sul "Corriere della Sera" di stamani è raccolto lo sfogo indiretto di Miriam Bartolini: l'ormai ex consorte dice alle amiche che Berlusconi cerca di farla passare come inaffidabile in vista dell'iter per il divorzio.
Sinceramente saranno gatte da pelare per l'esimio on. avv. che non potrà dire alla signora quello che ha dichiarato ieri sui seimila euro di Berlusconi che "non equivalgono certo a seimila euro per un comune mortale". Per sganciare il meno possibile alla signora, dovrà dimostrare che i seimila euro di un comune mortale valgono molto di più di quelli di un industriale messo in ginocchio dalla crisi di cui tutti parlano. E che soltanto Lui (l'imperatore) considera dovuta a fattori psicologici.


14.05.2009
Valore svalutato
Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio Ambrosoli ucciso l'11 luglio, "l'uomo che sfidò Sindona e la mafia" come recita il titolo di un articolo di Giorgio Bocca (2005), ha detto: la società italiana ancora oggi "non vede nella legalità e in chi la preserva un valore".

Lo ha dichiarato al "Corriere della Sera" di ieri, intervistato da Sergio Bocconi per presentare "Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli oggi nelle parole del figlio", un libro in uscita mercoledì 20 maggio, con prefazione di Carlo Azeglio Ciampi.

L'intervista comincia con questa risposta: "Mio padre oggi a Milano? Proverebbe lo stesso disagio di allora. Rappresentato da una consapevolezza: il lavoro chiamato a fare solo nell'interesse del Paese, non gli porterebbe la solidarietà della collettività".

Dunque, oggi a Giorgio Ambrosoli, a Milano (come altrove, s'è appena visto) il lavoro fatto "nell'interesse del Paese" non riscuoterebbe "la solidarietà della collettività".

Ciampi chiude il suo testo scrivendo che nel libro c'è la volontà di testimoniare la "necessità di non tradire mai la propria coscienza". Viviamo purtroppo in tempi tristi in cui la parola "coscienza" è stata dimenticata e cancellata dal "lessico famigliare" della politica (intesa soltanto come partecipazione cosciente e non parassitaria alla vita collettiva).


14.05.2009
Intolleranti
Cari lettori del blog, cari recensori e censori, cari ammiratori del vostro ombelico mentale, non siamo noi a sostenere che in Italia c'è una pericolosa deriva verso l'intolleranza e la xenofobia. Ma è il capo dello Stato, Giorgio Napolitano: «Si diffonde una retorica pubblica che non esita, anche in Italia, ad incorporare accenti di intolleranza e xenofobia».

Dal punto di vista politico, sottolineiamo l'espressione "retorica pubblica". Attendiamo i pareri illuminati di saggisti e commentatori. Ma se vogliamo essere onesti, non sino in fondo ma almeno sul principio, non possiamo negare l'importanza (la gravità, direbbero i cronisti autorizzati) di questa espressione: "retorica pubblica".

Retorica vuol dire tante cose. In questo caso la parola non è intesa, ci sembra, nella sua accezione positiva, ma in quella negativa: si tratta di opinioni senza impegno intellettuale, come suggerisce lo Zingarelli. (Ammesso che il nome dell'autore del vocabolario, riproposto ancor oggi dall'editore Zanichelli, non provochi pruriti razzistici nei lettori xenofobi...)

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Anno XI, n. 161, Maggio 2009
Date created: 14.05.2009 - Last Update: 21.05.2009, 18:23/9.11.2011
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