Diario italiano
Il Rimino 182, anno XIII
Febbraio 2011

Tama 1029, 27.02.2011
Quanti sono i finti validi

L'Inps smaschera i falsi invalidi. Non sono una generazione spontanea. Le loro truffe hanno molti padri e madri organizzate. C'è un altro fenomeno a cui però non si vuol trovare rimedio, quello dei finti validi. Ovvero degli inesperti spacciati per esperti in varie forme della vita pubblica. Conobbi anni fa un maturo studente universitario. Lo chiamai dottore, perché lo credevo medico. Mi fu spiegato che nella sua Facoltà attendevano che si laureasse per assegnargli una cattedra già destinata a lui.
L'Italia forse va a rovescio più di tanti altri Paesi, ma ci sono ancora in giro persone oneste. Come il giornalista Mimmo Lombezzi che lavora a Mediaset e che sulla Stampa ha scritto una lettera aperta a Ilda Boccassini (attaccata ridicolmente sul bacio dato trent'anni fa ad un fidanzato comunista), per ringraziarla di quanto fa in Magistratura e per ricordare agli smemorati che in Italia, unico Paese in Europa, ci sono stati 24 giudici massacrati dalla criminalità organizzata. Ringraziamo anche Lombezzi.
Emilio Fede invece ha rimproverato a Repubblica di scrivere storie pruriginose suggerite dallo Spirito Santo, mentre è noto che si trovano in ben conosciuti verbali. Se un navigato cronista che si chiama Fede ricorre alla fede per deridere i colleghi, temiamo che la prossima volta voglia scomunicarli evitando i processi canonici, come chi gli sta vicino cerca di scansare quelli giudiziari.
Ha trovato una risposta il nostro interrogativo sull'ultimo numero: Italia, festa o festini? È certo, il governo ha deciso la festa, riscuotendo l'apprezzamento del capo dello Stato. Ma i ministri leghisti si sono ribellati: è una follia incostituzionale, secondo Calderoli. Dunque è qui la festa, forse. Certo è che meno dubbi ci saranno per i festini. Ognuno può divertirsi come vuole, dicono certi prezzolati interpreti della Costituzione ad uso del principe.
Mario Borghezio ospite in tv di Lilli Gruber prima ha spiegato che il comico Benigni, "storico ufficiale delle celebrazioni" unitarie, al festival di San Remo ha detto fregnacce tranne quando ha citato il libro di Aldo Cazzullo "Viva l'Italia" (con cui stava scontrandosi, impedendogli di parlare). Poi ha ripescato il tema della Resistenza quale guerra civile, per concludere che essa non è un fattore unificante, perché divide. Una parte ha vinto e l'altra ha perso. Gli sarebbe certamente piaciuto un pareggio tra chi aveva creato i campi di sterminio per gli Ebrei, e chi era salito in montagna. [1029]

Antonio Montanari
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Rimini 150. In poche parole.
Piazza Tre Martiri (4 Ponte)

Era stata il centro della città romana, fra arco e ponte uniti dal decumano, ed il cardo Nord-Sud. Poi divenne Piazza Grande o Maggiore e Sant'Antonio. Il primo novembre 1946, nella prima seduta del Consiglio comunale eletto il 6 ottobre, la prima decisione riguarda la piazza, dedicata al ricordo dei Tre Martiri. Mario Capelli (19 anni), Luigi Nicolò (22) ed Adelio Pagliarani (19), appartenenti Gruppi di azione partigiana, sono impiccati dai nazifascisti il 16 agosto 1944. Il 21 settembre Rimini è liberata. Pochi giorni dopo la statua di Giulio Cesare appare decorata da un vaso da notte in testa, un arrugginito ombrello senza telo sul braccio e un mazzo di fiori secchi in mano. Il 20 giugno 1945 essa scompare dalla piazza. Sepolta in un capannone dell'Acquedotto. Il 6 ottobre 1953 torna alla luce alla caserma dell'esercito alla Colonnella. Era un dono di Benito Mussolini (1933) che non amava Rimini, considerandola "Scarto delle Marche e rifiuto della Romagna".
Alle Idi di Marzo del 1939 il ritmo militare della sfilata davanti alla statua, è inframmezzato da impercettibili passi di ballo sul motivo della "Danza delle ore" di Ponchielli. Il pugile Benito Totti, campione italiano dei medioleggeri, scende dal palco per dare una lezione all'unico che riesce a raggiungere, l'ultimo del corteo, Ennio Macina, figlio di un ex sindacalista che aveva conosciuto il "santo manganel".
Dopo l'esecuzione capitale dei tre martiri, la polizia di Rimini invia un rapporto al federale fascista di Forlì: "La cattura, nella caserma di via Ducale, di tre ribelli è stata opera personale della intelligente ricerca del Segretario Politico della città di Rimini, coadiuvato da elementi della Feld-Gendarmeria tedesca". Quel segretario è Paolo Tacchi. Al processo di Forlì del 1946, dove è imputato anche per l'uccisione di partigiani e di renitenti alla leva oltre alla "responsabilità presunta" nell'impiccagione dei tre martiri, Tacchi è condannato a morte. Nel 1949 la Cassazione lo assolve per non aver commesso il fatto: l'uccisione dei tre martiri avvenne "per circostanze improvvisamente sorte e non prevedute, per iniziativa e ordine dell'autorità militare germanica". Per Federigo Bigi, Tacchi era "molto più odioso" del comandante delle SS.
Come ricordava Guido Nozzoli, a catturare i tre ragazzi era stata una squadra delle Brigate nere guidata personalmente da Tacchi, informato da un barbiere che aveva avuto occasione di entrare nella Caserma Ducale. (4. Continua)
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Antonio Montanari
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Tama 1028, 20.02.2011
Italia, feste o festini?

Ma è festa o non è festa per i 150 anni dell'unità d'Italia? Il dubbio del CorSera è pure nostro. Unica certezza, sono quei festini che hanno spinto Giuliano Ferrara a tuonare da Milano contro puritani e giacobini, contro il golpe moralistico della Magistratura e i suoi metodi da inquisizione spagnuola, contro il giornalista Santoro, il costituzionalista Zagrebelsky già presidente della Suprema corte, il presidente Scalfaro ecc.
Ferrara ha invitato il premier a tornare ad essere quello del 1994, a parlare di economia dalla tv. Stupendamente perfido il titolo della Stampa, "L'odore del sangue resuscita Giuliano", con una chiusa altrettanto macabra: "Ferrara è tornato in campo. [...] Forse chissà, è tornato anche perché sente odore di battaglia finale, e l'idea di cercar la bella morte non lo disturba, anzi". Certo è che Ferrara per natura è portato ai toni esagerati. A 17 anni, nel marzo 1968 di Valle Giulia, Ferrara ha il loden, i riccioli al vento ed un bastone in mano. Se avesse trovato la testa di un avversario da colpire, l'attrezzo sarebbe stato pronto per l'uso. Nel 1995 dichiara che "Chi è sempre una cosa sola è un cretino".
Il 18 giugno 2009 dal Foglio inizia una sua personale battaglia: "Berlusconi deve liberarsi della molta stupidità e inesperienza politico-istituzionale che lo circonda". Già l'anno prima la signora Brambilla aveva indicato in Ferrara l'uomo capace di "riportare la politica sul terreno anche delle idee e dei principi" nel suo partito.
Lo stesso 12 dicembre nella stessa Milano, i ragazzi della nuova destra di Fini contestano il Giornale di casa Berlusconi, al grido sommesso di "tornate ad essere quelli dei tempi di Montanelli". Il 1994 invocato da Ferrara è l’anno in cui Montanelli lascia il suo Giornale in dissidio con Berlusconi, di fatto nuovo editore dal 1990 tramite il fratello.
Nel 1995 chiudendo la Voce vissuta 12 mesi, Montanelli definisce l'Italia un pantano. Ha il consueto tono di disprezzo verso chi non la pensa come lui. Nel 1972, negli anni di piombo, accusò Camilla Cederna di drogarsi con l'afrore dei bombaroli. Tra loro c'era Pietro Valpreda indicato da Bruno Vespa in tv come il mostro di Piazza Fontana. Montanelli paragonava la Cederna alla soubrette Wanda Osiris. Stesso esibizionismo teatrale.
Se non festeggeremo i 150 anni dell'unità, potremo mettere a frutto la lezione dei festini e le parole di Nicole Minetti: la bellezza è un punto di forza, un potere che viene da dentro. [1028]

Antonio Montanari
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Tama 1027, 13.02.2011
Poche idee ma confuse

Tommaso Padoa Schioppa nel 2007 definì bellissime le tasse. Gli rimproverano ancora quelle parole. Aveva ragione. Dalla consapevolezza che le tasse sono il piedistallo della democrazia nacque, nel 1773 con la rivolta del tè a Boston, l'idea moderna di Stato. Con le imposte nasce il patto sociale fra cittadini che altrimenti sarebbero servi di un signore feudale o sudditi di un sovrano assoluto.
Giuliano Amato è stato accusato di volere una tassa patrimoniale. Lui risponde: non è vero, e mi trovo nella stessa situazione del signore anziano di Napoli seduto sulla tazza del bagno durante un bombardamento che fa crollare la facciata del palazzo dove abita. All'arrivo dei pompieri il signore dichiara: ho tirato la catenella dell'acqua e boom.
Nel Corriere Romagna si è letta una specie di rubrica sui tabù da infrangere, intitolata "La provocazione è il sale della vita", a firma di un noto riminese. Un lettore mi scrive che quel testo è ricopiato pari pari dal sito di un docente universitario di Antropologia a Napoli, Marino Niola. Ovvio, è stata una vera provocazione: non produrre ma riprodurre.
A proposito di lettori. Quello che qui ha protestato per il Tama 1023, ha lo stesso cognome ma diverso nome di chi nel 2002 per il Tama 829 inviò una lettera di analogo contenuto censorio in difesa del presidente Berlusconi.
Piero Ostellino tiene sul Corrierone una magistrale rubrica di Filosofia politica destinata ogni settimana a smentire il proprio titolo, "il dubbio". L'ultima puntata tratta della violazione dei diritti individuali di una ragazza buttata giù dal letto dai poliziotti alle sei del mattino. Ostellino dichiara con una certa arroganza di essere paladino non di Berlusconi ma soltanto di Popper, Croce, Locke, Hume, Kant, Mill.
Dimentica un piccolo particolare nello sfarfallio dei tanti illustri nomi esibiti come il rullo di tamburi durante la corsa sul filo di un atleta al circo. Dimentica che a quella ragazza la Polizia è arrivata tramite il suo convivente, fermato con tre chili di coca sull'auto non loro ma intestata a Nicole Minetti.
In un box in uso a quella ragazza, c'erano poi 9,6 kg. di coca, per cui il convivente il 27 gennaio è stato condannato a otto anni di carcere. Ovviamente i magistrati non hanno ascoltato né Ostellino né Popper etc. Però Ostellino dovrebbe informarsi sui dati di fatto prima di accusare di violazione dei diritti individuali, anche se pensa (come sostiene altrove) che l'Italia è uno Stato canaglia. [1027]

Antonio Montanari
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Rimini 150. In poche parole.
Piazza Ferrari (3 Ponte)

La piazza nasce nel 1888. Il "giuoco del piccone" sacrifica l'antico isolato di edifici religiosi, tra cui la chiesa di san Tommaso attestata dal 592. Prende poi il nome da Luigi Ferrari Banditi, ucciso nel 1895. Primo sindaco della città dopo l'unificazione e deputato al parlamento romano nel 1848, è rieletto nel 1882, 1886, 1890 e il 26 maggio 1895. Pochi giorni dopo, la sera del 3 giugno s'azzuffa in via Garibaldi con sei estremisti che lo insultano. Ferrari è ferito alla trachea con un colpo di pistola dal calzolaio Salvatore Gattei, 28 anni, un anarchico ex repubblicano e con precedenti penali, poi condannato a 17 anni di carcere.
Ferrari muore la mattina del 10 giugno. Si pensa ad un movente politico. Come gli altri tre colleghi romagnoli eletti con lui, è passato dalle posizioni democratiche della Sinistra moderata a quelle legalitarie, sino a divenire sottosegretario agli Esteri nel primo governo Giolitti (1892). Il foglio cattolico L'Ausa accusa la Massoneria da cui Ferrari s'era staccato.
Il 2 agosto 1874 sul colle di Covignano, nella villa di Ercole Ruffi erano stati arrestati 28 dirigenti repubblicani tra cui Domenico Francolini, Achille Serpieri, Camillo Ugolini, Aurelio Saffi (successore di Mazzini scomparso nel 1872), ed Alessandro Fortis che diverrà giolittiano e sarà presidente del Consiglio tra 1905 e 1906. All'ordine del giorno della riunione, la collaborazione con anarchici e garibaldini in vista di un'insurrezione nazionale prevista per l'8 agosto. Gli arrestati sono fatti salire sul treno per Ancona, diretti a Spoleto. Nelle varie stazioni di transito, racconta Achille Serpieri, li accoglie il popolo plaudente che offre liquori, vino, "salami ed altro ben di Dio". Il 25 ottobre tutti sono prosciolti dall'accusa di cospirazione.
Il 5 agosto a Bologna è arrestato Andrea Costa. Nella notte tra 7 ed 8 agosto quasi tutti i partecipanti al moto sono bloccati. Michail Bakunin fugge da Bologna travestito da prete. Sempre d'agosto, due anni dopo, Costa riunisce a Rimini un congresso clandestino per fondare il partito socialista rivoluzionario di Romagna, con cui nelle elezioni del 1882 entra alla Camera. Le quattro elezioni di Amilcare Cipriani (1886-1887), candidato dell'estrema sinistra, sono state annullate dal governo.
La statua (1939) di Francisco Busignani, morto nel 1936 in Africa, rimanda ai sacrifici voluti dalla follia fascista. L'opera è di Elio Morri. A posare fu Gaetano Frioli, poi preside del Valturio. (3. Continua)
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Antonio Montanari
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Tama 1026, 06.02.2011
Altre mafie, un bignamino

Torniamo sul discorso della mafia in Riviera, senza pretendere di esaurirlo. 1991. Sull'A-14 tra Rimini e Cesena, sono rivenuti i corpi di due persone uccise a colpi di pistola alla nuca, sono un siciliano ed un barese. Tre ventenni milanesi, pericolosi criminali, nei mesi estivi hanno spostato la loro base a Rimini dove vendevano hashish con criteri manageriali. Il sindaco di Cattolica Micucci accusa due o tre camorristi napoletani di grosso calibro, parlando di "segnali ben più inquietanti tipici del racket". Da Cattolica il capogruppo pds Gabellini ammette: "La malavita organizzata sta rafforzando le radici".
1992. Il procuratore della Repubblica Franco Battaglino, interrogato sulla presenza mafiosa in Riviera, se la cava con una battuta. Ribadisce che Rimini non è Palermo, e racconta: "I mafiosi non vanno certo nel Sahara, dove si muore di fame e di sete. Il fenomeno è forse aumentato rispetto ad alcuni anni fa". 1993. Il presidente dell'Antimafia Luciano Violante dichiara che essa "ha vestito i panni puliti della intermediazione finanziaria, ma è ben presente". Gli usurai hanno "i colletti bianchi". A gennaio sono eseguiti 9 arresti, e 4 società dal credito 'facile' finiscono sotto inchiesta, per truffa ed associazione a delinquere. 1994, il prof. Giancarlo Ferrucini per il "balletto dei fallimenti" ipotizza che vi sia interessata anche la mafia. La "Rete" di Leoluca Orlando accusa le locali Giunte di sinistra d'aver sottovalutato il fenomeno.
Nel 1997 Pietro Caricato scrive sul "Corriere di Romagna": per il Prefetto di Rimini nel nostro territorio "non esistono problemi di mafia russa". Pino Arlacchi, vicesegretario dell'Onu, sostiene invece che la mafia russa fa investimenti in Riviera. Aggiunge Caricato: se il nostro sindaco Chicchi "dice di sapere che la mafia [nazionale] gestisce le bische clandestine, l'usura e lo spaccio" della droga, il presidente dell'Antimafia Ottaviano Del Turco "afferma candidamente che l'Emilia Romagna ha una dose di criminalità organizzata ma non la mafia".
Dicembre 2005. Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso spiega: anche per Rimini vale il principio che il denaro si accumula al Sud e si investe al Nord. 2008, presidente della Provincia e sindaco di Rimini sono notevolmente preoccupati per notizie che "configurano un quadro di infiltrazione malavitosa in diversi settori del tessuto economico-imprenditoriale" locale. Di racket l'on. Stefano Servadei ha parlato sin dal 1984. [1026]


Dossier Mafia 2010

Antonio Montanari
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Diario italiano, indice.

Anno XIII, n. 182, Febbraio 2011
1421. Date created: 02.02.2011 - Last Update: 2302.2011, 18:00/
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