Diario italiano
Il Rimino 183, anno XIII
Marzo 2011

Tama 1033, 27.03.2011
Si fa presto a dire Italia

Si fa presto a dire Italia. Anche perché, come ha riassunto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, "ne abbiamo passate tante". All'Italia del 1861 mancano Roma, Trento e Trieste. Un secolo esatto fa, contro l'Italietta imbelle, si muove la grande proletaria di Zvanì Pascoli con la campagna di Libia. Il socialista Mussolini è contrario, sradica binari ferroviari. I futuristi predicano la guerra "sola igiene del mondo". Poi ci si mette anche Gabriele D'Annunzio. Le disgrazie non vengono mai sole.
Allo scoglio di Quarto il 5 maggio 1915 si inaugura il monumento ai Mille di Garibaldi con un discorso ufficiale interventista di D'Annunzio. Il governo di Antonio Salandra lo ha letto in anticipo, decidendo: né primo ministro né re sarebbero intervenuti alla cerimonia. Il 13 maggio Salandra si dimette. Il neutralista Giovanni Giolitti ha un appoggio politico superiore a quello di Salandra. Le sue dimissioni sono respinte dal re. D'Annunzio in un comizio al teatro Costanzi di Roma, incita il pubblico ad ammazzare Giolitti. Nel 1921 il poeta inventa la "Vittoria mutilata", con la marcia su Fiume. L'anno dopo, altra marcia (in carrozza-letto) su Roma, di Mussolini.
I Savoia, che hanno fatto l'Italia, cominciano a disfarla. Il re non firma il decreto del governo per lo stato d'assedio. Poi il 25 luglio 1943 fa arrestare "il cavalier Benito Mussolini". Nel 1938 il re ha firmato le infami leggi razziali. La sera dell'8 settembre 1943 il re fugge con il governo da Roma. I militari sono lasciati in balìa di loro stessi. I comandanti gli dicono: "Se riuscite ad andare a casa, potete farlo". Il 9 novembre la Repubblica di Salò li richiama alle armi.
Sino al 25 aprile 1945 il secondo Risorgimento si chiama Resistenza. Il primo aveva voluto (spiega lo storico Emilio Gentile) "affermare il merito e le capacità dell'individuo contro il privilegio di nascita e di casta". Da qui deriva l'art. 1 della nostra Costituzione del 1948, la Repubblica è "fondata sul lavoro", per rifiutare l'idea di uno Stato basato su quel privilegio.
Nel 1935 a Parigi gli esuli di Giustizia e Libertà hanno discusso sull'Italia generata dal Risorgimento e madre del fascismo, "prototipo della moderna barbarie, che per di più pretendeva di rappresentare la provvidenziale conclusione del Risorgimento stesso". Sono parole dello storico Claudio Pavone. Due di quegli esuli nel 1937 sono stati uccisi in Francia, i fratelli Carlo e Nello Rosselli. "Ne abbiamo passate tante". [1033]

Antonio Montanari
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Rimini 150. In poche parole.
Il "Proclama" di Manzoni (6 Ponte)

Il 18.2.1861, nominato senatore l'anno prima (29.2), il "possidente" e "nobile di servizio" Alessandro Manzoni partecipa a Torino alla prima seduta del parlamento, "testimoniando così quella sua piena adesione al Risorgimento, che in più occasioni aveva dimostrato con le sue odi civili, con i suoi figli combattenti sulle barricate milanesi del 1848" (G. Getto).
Prima della nomina a senatore, Manzoni ha rifiutato onori politici prestigiosi: "quel Senato era il simbolo dell'unità della patria ch'egli aveva sempre auspicata" (P. Bargellini). Nel 1862 Manzoni riceve la visita di Garibaldi nella casa di via Morone, come si vede nell'opera dipinta nel 1863 da Sebastiano De Albertis (1828-1897), conservata al Museo del Risorgimento di Milano.
Le prime liriche civili di Manzoni nascono tra 1814 e 1815. Il fallito tentativo di Gioacchino Murat di coalizzare le forze italiane contro l'Austria nel 1815, gli suggerisce l'incompiuto "Proclama di Rimini", pubblicato soltanto nel 1848. Vi si legge quel famoso verso 34, "Liberi non sarem se non siam uni", che Manzoni stesso giudicò "brutto". Ribadiva F. Martini sulla "Nuova Antologia" (1894): si tratta di uno dei più brutti versi mai fatti da Omero in poi, con cui però s'afferma una grande verità.
La spedizione di Murat ed il suo proclama da Rimini agli Italiani che voleva renderli liberi ("... l'ora è venuta che debbono compiersi gli alti destini d'Italia. La Provvidenza vi chiama infine ad essere una nazione indipendente"), sono eventi che "aguzzavano il sentimento nazionale: l'unità d'Italia non era più un tema rettorico, era uno scopo serio, a cui si drizzavano le menti e le volontà" (F. De Sanctis).
"Appena Murat, entusiasta della marcia di Napoleone in Francia, invase lo Stato pontificio e lanciò il proclama di Rimini, che invitava gli italiani all'indipendenza, l'Austria di Metternich poté additarlo come aggressore e dichiarargli guerra" (U. Castagnino Berlinghieri). Illuso da speranze che i fatti dovevano poi crudamente smentire, il 15 marzo Murat aprì la guerra proclamando poi il 31 marzo l'indipendenza dell'Italia. Fu breve la sua fortuna: "Gli Austriaci lo vinsero in campo; i popoli lo disertarono nella sventura, e il 20 Maggio [...] il nome di Gioachino Murat cancellavasi a Casalanza dal novero dei Re" (F. Mistrali, 1857). A "Casa Lanza", un'antica masseria nei pressi di Capua, a Pastorano (Caserta), fu firmato il trattato tra l'esercito austriaco e quello di Murat re di Napoli.
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Antonio Montanari
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Tama 1032, 20.03.2011
Segnaletica sociale

Un cartello stradale allerta: lavori in corso. Accanto al volto dell'operaio con badile, è spuntato un fumetto: "La mia laurea in Medicina è stata proprio utile". Il ministro Brunetta (2.1.2010) aveva detto: "Stabilire che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro non significa assolutamente nulla". I suoi colleghi ministri si erano già adeguati. Secondo Cisl-Scuola fra 2009 e 2010 lo Stato ha cancellato 81.120 posti di insegnanti, il 12 per cento circa del personale. Il piano triennale prevede in tutto 87.400 tagli. Per altri 6.280 docenti si preparano giorni neri.
Un'amica mi racconta amare vicende legate all'insegnamento della Musica, cancellata dalle ex Magistrali. Tanti insegnanti "sono stati già invitati ad andare in pensione anche se con una pensione minima perché non hanno 40 anni di servizio mentre altri, ad esaurimento, si arrabattano fra più scuole". Ad esempio c'è chi parte da Rimini e deve fare il pendolare con Ravenna e Faenza. Il suo stato d'animo si riassume nella chiusa della mail: "Ho il voltastomaco".
Il presidente della Repubblica "fondata sul lavoro" ha invitato (10.3) a "valorizzare le migliori energie intellettuali e creative" del Paese. Giorni prima aveva già detto che sarebbe "un delitto" non dare sostegno ai giovani ricercatori. Intanto i tagli alla Sanità cancellano i pediatri. Gli specializzati del 2010 sono stati 229, ne occorrevano altri 371 per rimpiazzare i pensionati. L'allarme è della loro Società italiana: "Entro dieci anni non saremo più in grado di curare i nostri figli". Altro dato: calano gli iscritti all'Università. Una studentessa ha scritto ad un quotidiano: "Delle speranze e dei buoni propositi non so più che farmene".
Il governo ha tentato di riciclare i laureati disoccupati come pacieri giudiziari: debuttano il 20 marzo. Per fare gli intermediari su qualsiasi causa civile, basteranno 50 ore di corso ed "una qualsiasi laurea triennale come Chimica od Architettura", oppure un diploma superiore con iscrizione ad un collegio professionale (tipo geometri). Sarebbe come tentare di ridurre i tempi di attesa per una visita medica, affidandola all'infermiere anziano del reparto.
La competenza serve. Lo dimostra Tremonti che studia e poi parla. Nel 2009 dice che l'attuale crisi è "la fine non del mondo ma di un mondo". Adesso che "la storia si è rimessa in moto". Dimentica sempre, però, di citare i veri autori delle sue parole, Domenico Siniscalco prima, Jean François Bergier ora. [1032]

Antonio Montanari
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Tama 1031, 13.03.2011
Al contadino non far sapere

La storia della bontà del formaggio con le pere da non far conoscere al contadino, è stata spiegata dal prof. Massimo Montanari in belle pagine (2008). Il proverbio nasce nel 1500 "in un contesto economico e culturale di avversione al mondo contadino, a cui le classi dominanti (in Italia, soprattutto cittadine) negano ogni pretesa di avanzamento sociale".
A proposito del tener nascosto, due secoli dopo Montesquieu ricorda che il cardinal Lorenzo Corsini, poi papa Clemente XII, sosteneva: l'invenzione delle parrucche ha mandato in rovina Venezia, perché i vecchi nascondendo i loro capelli bianchi non si sono più vergognati di corteggiare le donne. Montesquieu aggiungeva che nel Consiglio veneziano non si era "più distinta l'opinione dei vecchi da quella dei giovani".
Pure negli Stati democratici oggi si usano tante parrucche e si cerca di non far sapere molte cose ai cittadini. Barbara Spinelli sulla Stampa criticava (10.2.2008) il sistema informativo americano, gestito da "conventicole" che sentenziano sui gusti della gente. E si chiedeva da dove derivasse "tanta scienza infusa": "Una realtà diversa vive nei blog, affastellando interessi che le élite giornalistiche neppure immaginano, ignorandole".
Spinelli poi (17.5.2009) parla del nostro Paese: "Il cittadino è molto male informato, e la mala informazione è una delle principali sciagure italiane. [...] La menzogna viene [...] dai governanti, e in genere dalla classe dirigente: che non è fatta solo di politici ma di chiunque influenzi la popolazione, giornalisti in prima linea. [...] I fatti sono reali, ma se vengono sistematicamente manipolati (omessi, nascosti, distorti) la realtà ne risente, ed è così che se ne crea una parallela".
Il 2.10.2009 Spinelli aggiunge: "Si ha l'impressione che i giornali italiani si censurino in anticipo, temendo chissà quali ritorsioni". Un anno prima ha spiegato la sua teoria politica: libera informazione e divisione dei poteri sono i presidii della democrazia. Sempre sulla Stampa (20.6.2010), trattando di democrazie a rischio per la crisi economica, chiama l'Italia allergica alla cultura del controllo esercitato dall'informazione. Criticata in una risposta ai lettori dal direttore del suo giornale, Spinelli se ne va dal foglio torinese (21.10.2010).
Il giornalismo politico non dovrebbe abusare della fantasia, come invece Federico Fellini faceva nel 1960 con Camilla Cederna, inventandosi un'infanzia di dolore in collegio dai preti ad Urbino. [1031]

Antonio Montanari
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Tama 1030, 06.03.2011
Le regine della Repubblica

Chi ha pronunciato le tre frasi che seguono? "No, non mi sento uno sconfitto. Mi sento in battaglia, fermamente intenzionato a combattere..."; "Non ho nessun potere, sono come la regina Elisabetta"; "Ieri mi ha chiamato persino Obama, che in politica estera è un principiante, è un ragazzo".
Piccolo sondaggio telefonico tra amici. Chi è stato chiamato da Obama? Risposta unanime: soltanto una signora tedesca dura come la cancelliera Merkel può aver pronunciato così arroganti parole. Chi non si sente sconfitto? Troppo facile, altra risposta fissa: il leader libico Gheddafi. Ed infine, chi si paragona alla regina d'Inghilterra sentendosi senza alcun potere? Una bella risata ha preceduto la certezza comune a tutti gli interlocutori: non può essere che il presidente del Consiglio italiano.
Le risposte raccolte nel sondaggio sono completamente sbagliate. Neppure una ha fatto centro. Chi si sente in battaglia, non è Gheddafi, ma il presidente della Camera italiana Fini. Il quale, rinnovando dal settimanale "L'espresso" la sua sfida politica a Berlusconi, ha confidato di giocarsi tutto. Silvio, ha aggiunto, è l'opposto dei princìpi liberali che predica, e non tollera alcun tipo di dissenso.
Prevedo l'obiezione: le risposte del sondaggio non sono sbagliate perché, secondo Fini, Berlusconi è un tipo come Gheddafi. Ed infatti come il capo libico, anche il nostro premier (28.02) vorrebbe una Costituzione su misura: quella attuale priva "il presidente del Consiglio di ogni potere". Se una legge del governo "per caso al capo dello Stato non piace", essa ritorna al Parlamento; e "se non va giù ai Pm di sinistra, ricorrono alla Corte costituzionale che la abroga".
Berlusconi (25.02) è invece quello che considera Obama "un principiante, un ragazzo", incapace di avere idee chiare sulle questioni estere che invece a lui sono molto chiare perché ha preso lezioni private dalla "nipote di Mubarak", che poveretto proprio per questo fatto è stato cacciato di casa.
E sapete perché ha preso lezioni private dalla "nipote di Mubarak"? Andato in Egitto aveva detto dello "zio" di lei, come testimoniano i telegiornali, che Mubarak era al governo da 30 anni e gli avrebbe dovuto spiegare come aveva fatto a durare tanto. Grazie a quelle lezioni, il nostro premier avrebbe voluto trovare la strada per avere più potere, dato che oggi da noi comanda l'opposizione che gli impedisce di governare. Ma il paragone con la regina Elisabetta (24.02) è soltanto di Gheddafi. [1030]

Antonio Montanari
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Rimini 150. In poche parole.
Il 17 marzo 1861 (5 Ponte)

Una cometa nell'estate del 1860, racconta Carlo Tonini, fa presagire fatti funesti. Garibaldi il 5 maggio è partito da Quarto con i Mille. Il 17 marzo 1861 è proclamato il regno d'Italia. L'annuncio arriva verso la sera del 18. Suonano il campanone e molte bande militari. Addobbi ai balconi, bandiere, spari, luminarie, fuochi artificiali. L'11 e 12 marzo 1860 si è votato per l'annessione alla monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele II o per il regno separato. Da una settimana i borghesi avevano messo al cappello un nastro tricolore. La vittoria dell'annessione (con 4.800 sì) era prevista. Delle poche schede stampate per il regno separato, soltanto due ne finiscono nelle urne. Hanno votato anche tutti i braccianti che lavorano alle fortificazioni. Gli hanno passato la giornata di 24 bajocchi.
Il 25 marzo 1860 alle prime elezioni politiche partecipano soltanto 258 dei 575 iscritti, appartenenti al vasto collegio che comprende Rimini ed altri dieci Comuni, da Verucchio a Morciano e Cattolica. I volontari dello stesso territorio alla guerra del 1859 sono circa il doppio degli aventi diritto al voto. L'astensionismo si ripete nel novembre 1870, due mesi dopo Porta Pia, alle elezioni per la Camera: il repubblicano Aurelio Saffi è sconfitto dal liberale conte Domenico Spina che al ballottaggio ottiene 211 voti contro 184. La seconda votazione si è resa necessaria per il basso numero dei partecipanti alla prima (341 su 911 iscritti).
Nel marzo 1860 Ruggero Baldini è divenuto assessore nella prima Giunta comunale riminese dopo l'annessione al regno di Sardegna. Alla politica era giunto attraverso la guerra: nel 1848 aveva guidato 478 volontari riminesi. Cinque di loro erano morti a Cornuda e Vicenza. Tutti appartenevano alle classi più umili. Anche per la Repubblica romana nel 1849 ci sono state cinque vittime. Tra gennaio e marzo 1859 sono partiti per il Piemonte 2.448 volontari romagnoli.
Il 19 marzo 1864 per la festa di san Giuseppe, scrive Luigi Tonini, i Democratici fanno la solita dimostrazione in onore di Giuseppe Mazzini e di Giuseppe Garibaldi. La giornata si conclude con l'uccisione di un noto liberale, il sarto Nicola Nagli. Ex carbonaro ed agente segreto antipontificio, eletto in Consiglio comunale nel 1849 al tempo della Repubblica romana, nel 1859 finito il governo papale il 21 giugno notte, diventa Commissario di Polizia, attento a mantenere l'ordine pubblico. Forse gli costa la vita l'aver difeso un sacerdote aggredito da alcuni militari. (5. Continua)
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Antonio Montanari
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Anno XIII, n. 183, Marzo 2011
1432. Date created: 24.02.2011 - Last Update: 23.03.2011, 11:10/
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