Diario italiano
Il Rimino 185, anno XIII
Maggio 2011

Carta canta/2
Vitelloni senza dimora

I vitelloni di Fellini sono nell'elenco delle "parole disabitate" del Novecento curato da Raffaella De Santis. Li ha resi famosi il film (1953) del regista concittadino. Li ha cancellati dalla cultura contemporanea la mancanza di un culto della memoria. Che non significa nostalgia canaglia del passato, come direbbe un canzonettaro. Ma che è il riassunto di una vita comune a cui appartiene pure chi non è stato o crede di non essere mai stato vitellone.
A questo sostantivo un altro volume, "Itabolario. L'Italia unita in 150 parole", a cura di Massimo Arcangeli, dedica una scheda firmata da Fabio Rossi, specialista di linguaggio cinematografico. Vitellone sta in ottima compagnia, inserito tra Psicanalisi (1952) e Televisione (1954).
Sembra quasi un segno del destino. Psicanalisi nasce accorciando la voce originaria psicoanalisi in un'edizione della "Interpretazione dei sogni" di Freud, opera molto legata a certi temi felliniani. Televisione è uno strumento molto deriso da Federico il Grande.
Il vitellone ufficialmente è stato battezzato dal pescarese Ennio Flaiano, cosceneggiatore del film con Tullio Pinelli e lo stesso Fellini. La storia fu raccontata da Tullio Kezich, grande biografo del regista. Per Flaiano il termine stava a significare "un giovane di famiglia modesta, magari studente, ma o fuori corso o sfaccendato".
Qualcuno fra chi, sessanta anni fa, frequentava i bar di Rimini, giura di aver ascoltato la parola anche nella nostra città. Secondo Kezich l'equivalente riminese di vitellone sarebbe birro. Sul che potrebbe essere avviato un dottorato di ricerca.
Fabio Rossi elenca i fellinismi tuttora fortunatissimi come amarcord, bidone, paparazzo e dolce vita. E dolce vita, la parola scelta per il 1960, dovrebbe raccontare Roma. Così come vitellone dovrebbe riassumere Rimini, ovvero l'universale contrapposto al mondo chiuso della provincia italiana d'un tempo.
Ma tra la Roma a cui Fellini approda nel 1939 e la piccola città da cui è fuggito, c'è un doppio legame. Quello intellettuale si gioca tutto sul tema dell'abbandono con il "Partiamo" che chiude il superbo monologo di Sordi, così lo definisce Rossi, alla fine della festa di carnevale. Il legame reale è nel ritorno alle origini: la madre di Federico, che era fuggita vent'anni prima per sposare un romagnolo squattrinato, raggiunge Federico con la bimba piccola, progettando per il figlio un avvenire da prete o in subordine da avvocato. Come il celebre Titta Benzi rimasto sempre a Rimini.

Indice di "Carta canta"

Antonio Montanari
(c) RIPRODUZIONE RISERVATA


Tama 1041, 29.05.2011
Si fa presto a dire giovani

Il quadro delineato dal Censis sulla condizione giovanile in Italia, e presentato alla Camera, è riassunto da Raffaello Masci (Stampa): "I giovani sono sempre di meno, e questo all'incirca si sapeva. Ma sono anche il segmento sociale più fragile, emarginato, povero e disilluso della popolazione". Per l'Ance (associazione dei costruttori) in sette anni i laureati italiani finiti all'estero sono aumentati del 40%. Negli ultimi dieci mesi sono stati 65 mila i giovani trasferitisi oltre confine: "Via da un Paese di vecchi: con un progetto in testa e la certezza che per realizzarlo bisogna andarsene", ha scritto Luisa Grion (Repubblica). L'Ance avverte: i laureati italiani fra i 30 ed i 34 anni sono (2009) il 19% dei coetanei. La Comunità europea ha posto per il 2020 il traguardo del 40%.
Una voce da Milano, raccolta da Chiara Berie d'Argentine (Stampa): "Anche i più giovani sembrano non aver fiducia del futuro. Non dovremmo criticarli ma appassionarli; per riuscirci dobbiamo cominciare ad appassionarci noi adulti". Chi parla è don Giorgio Riva, 64 anni, laurea in Ingegneria al Politecnico, parroco a Santa Francesca Romana, in una delle zone a più alta densità, con esperienza per undici anni nella Chinatown milanese.
Il problema dei giovani non è soltanto italiano. Dalla Spagna sono arrivate dal 15 maggio le notizie sulla sfida degli Indignados, scoppiata in vista delle elezioni del 22 maggio. La campagna elettorale per tutti i Comuni ed i governatori di 13 su 17 regioni, non ha prodotto nessuna repressione. Il ministro degli Interni ha scelto il dialogo e non i manganelli.
I giovani spagnoli, ha scritto Francesca Paci (Stampa), si considerano senza un futuro, proprio come i coetanei egiziani alla vigilia della rivoluzione. Stessa constatazione leggiamo in Maurizio Ferrera (CorSera): "Gli indignados chiedono soprattutto di essere ascoltati, reclamano riconoscimento, rispetto, prospettive per il domani", per nulla "diversi dai giovani che protestano nel Nord Africa e nel Medio Oriente".
Da Elisabetta Rosaspina (CorSera) cito alcune testimonianze che ha raccolto davanti al palazzo della Comunidad di Madrid. Claudia, 20 anni: "Ci hanno rubato il lavoro"; Alberto, 24: "Voglio soltanto un lavoro per non pesare più sui miei"; Pilar, bibliotecaria cinquantenne: "I ragazzi hanno ragione, troppi tagli alla cultura". Mariano, un pensionato di 87 anni, protesta ricordando: nelle celle di quel palazzo fu incarcerato nel 1961 per antifranchismo. [1041]

Antonio Montanari
(c) RIPRODUZIONE RISERVATA


Tama 1040, 22.05.2011
Si fa presto a dire Bendandi

Un mese fa Tizio comincia a parlare in famiglia di quanto crede d'aver letto: la profezia di un terremoto previsto a Rimini l'11 maggio. Tizio ha collegato due notizie. La prima riguarda la profezia, divulgata con un falso (Raffaele Bendandi da Faenza, 1893-1979, nulla scrisse al proposito) e riferita a Roma. La seconda è tutta locale: da tempo gira la voce che prima o poi per la legge dei cento anni la nostra città subirà un disastro come quello del 1916.
Se non erro il primo allarme è apparso sul Carlino nel 2010 con un'intervista ad un responsabile tecnico comunale che non è esperto di questioni geologiche. La legge dei cento anni era apparsa molto tempo fa, in altre dichiarazioni politiche di un assessore riminese, a proposito delle piene del fiume Marecchia, senza dichiararne la vera paternità: un illustre medico tuttologo vissuto nel 1700.
Dopo la diffusione della falsa profezia romana, s'è aggiunta un'altra serie di notizie relative ad iniziative di tecnici locali per mettere in sicurezza le abitazioni della nostra città. Per cui nella mente del Tizio citato, c'è stato un corto circuito neuronale di cui ha fatto le spese la sua famiglia, inutilmente allarmata. A Roma l'11 maggio scorso non è accaduto nulla. La Terra ha tremato nel Sud della Spagna, provocando delle vittime.
Bendandi non è mai stato uno di quelli che, per principio d'autorità, pretendono di aver ragione su tutto, e non soltanto nelle materie che frequentano. Era semplicemente un simpatico eretico (autodidatta, licenza elementare) che scompigliava la matassa del sapere ufficiale. Non ha mai preteso cattedre. I cronisti di mezzo secolo fa lo consideravano stravagante ed irriverente frequentatore della Scienza nella pigra vita di provincia, in quell'Italia che dava il meglio umilmente senza pretendere trofei od onorificenze, vivendo in case di campagna intese non come ville di lusso, ma luoghi modesti in cui si teneva la chiave nella porta senza alcun timore.
Oggi siamo assediati da carrieristi che vogliono celebrità scambiando il mondo per il proprio cervello. Sono un poco esoterici come antichi sapienti orientali, e molto integrati nel sistema quali manager culturali che, raccontando le più astruse invenzioni, cercano di ipnotizzare i pubblici ascoltatori, dopo aver sedotto i mecenati privati. Qualcuno osa l'inosabile. Dichiara di tradurre dal latino: ma usa soltanto una vecchia versione francese per rendere con certezza in italiano la lingua di Virgilio. [1040]

Antonio Montanari
(c) RIPRODUZIONE RISERVATA


Rimini 150. In poche parole.
Antefatti religiosi (10 Ponte)

Nelle cronache di quell'anteprima risorgimentale che fu la "rivoluzione del 1831", appare in primo piano anche la figura del vescovo di Rimini dal 1824 al 1833, mons. Ottavio Zollio, patrizio della stessa città, proveniente dalla sede di Pesaro (dove fu nominato nel 1822).
"Addottrinatissimo nella Scienza Ecclesiastica" lo definisce don Gaetano Vitali nelle sue "Memorie storiche" di Montefiore Conca (1828). L'avv. concittadino Domenico Missiroli lo chiama "dotto, affabile, misericorde, prudente". Per G. Moroni, autore del "Dizionario di storia ecclesiastica" (1852), fu "lodatissimo pastore".
Nella storia della "Rivoluzione di Romagna del 1831" (Firenze 1851), composta da Antonio Vesi (1805-1855), si legge l'editto diretto il 19 febbraio 1831 dal vescovo Zollio al "dilettissimo suo popolo" per esprimere "il contento da cui è inondato" il suo cuore, "alla vista dell'ordine, della tranquillità e pace" che regnavano in città (p. 14).
Richiamato il "dolce precetto lasciatoci per testamento da Gesù Cristo, di amarci scambievolmente come egli ci amò", il vescovo prosegue: "Continuate costantemente, o figli, a battere il sentiero della pace: e voi specialmente, laboriosi cultori dei campi, non date luoghi a sospetti che si mediti strapparvi dai vostri quieti focolari per condurvi violentemente fra lo strepito delle armi".
Il vescovo in questo passo illuminante rimanda a quelle tensioni politiche che poi sfociano in episodi violenti, come segnala G. Bottoni (1914) quando parla di contadini "difensori della religione, nemici dei liberali, ma soprattutto bramosi di denaro".
Zollio conclude: "Fidatevi dei magistrati, che con tanto zelo vegliano sulla vostra sicurezza, e riposate sulle provvide cure di quel Dio, che si compiace di chiamarsi il Dio di pace e di amore".
L'editto appare anche ne "Gli ultimi rivolgimenti italiani. Memorie storiche" (I, Napoli 1861) di F. A. Gualterio, con un'annotazione relativa al passo diretto ai "laboriosi cultori dei campi": "Con queste parole il vescovo di Rimini smentisce la voce che volevasi dal cardinal Bernetti [prosegretario di Stato] accreditare per muovere il contado".
Come scrive il can. Z. Gambetti (trad. di I. Pascucci), il 5 giugno 1831 a Rimini c'è un "gran tumulto" di liberali al grido di "Morte al Papa, ai Cardinali e Preti". Le manifestazioni proseguono per quel mese: "tutta la città era presa da nuovi timori e da nuove angustie". Il 10 luglio ci scappa un morto tra i liberali. Forse sono due. (10. Continua)

Antonio Montanari
(c) RIPRODUZIONE RISERVATA


Tama 1039, 15.05.2011
Si fa presto a dire Giro

Una città può passare alla storia anche con le cronache sportive. La firma è di un grande giornalista, Orio Vergani: "Alla sesta tappa, Fausto Coppi è fuori gioco. Cade nella Mantova-Rimini. Risale in sella. Ma nel pomeriggio, non può prendere il via in una minitappa dentro San Marino: una storta alla caviglia". È il 1956. A Rimini vince il romagnolo Pipazza Minardi.
Da Milano il 7 giugno 1955 Vergani ha scritto: "Nove anni or sono, quando il Giro riprese la sua marcia nell'Italia devastata dalla guerra, con le strade sconvolte, con i ponti crollati, con le città in macerie, con le mura crivellate dai proiettili e annerite dagli incendi, vedemmo gli stessi milioni di italiani, squallidi, sparuti, macilenti, vestiti in buona parte con gli avanzi delle divise di non so quanti eserciti, laceri come mendichi, infagottati in giubbe da paracadutisti, e con le donne, nelle giornate fredde, vestite con cappotti cuciti nelle coperte americane".
Fausto Coppi e Gino Bartali sono stati sino al 1956 gli assoluti protagonisti di un duello dalle tante facce, non soltanto sportive, tutto immerso nella storia di quegli anni. Ginettaccio è sulla bici al Tour de France quando il postfascista Antonio Pallante (così lo definisce un altro grande cronista, Gian Paolo Ormezzano) spara a Palmiro Togliatti il 14 luglio 1948. Le agitazioni provocano 15 morti. Ma se non succede di peggio, il merito è attribuito a Bartali che vince sui tornanti dell'Isoard.
Vergani cita Montanelli: "La vittoria di Bartali funzionò da calmante dei bollori, allentò la tensione, sviò l'attenzione. Ma la rivoluzione non sarebbe scoppiata in nessun caso", Togliatti non la voleva. Dopo l'operazione, Togliatti sussurrò: "Calma, nervi saldi" e chiese notizie di Bartali al Tour.
Il figlio di Bartali, Andrea, ha detto ad Ormezzano che suo padre aveva ricevuto sollecitazioni politiche "esplicite ed urgenti perché nel Tour ce la mettesse tutta", per dare "entusiasmi e divagazioni alla massa inquieta, sconvolta, irata degli italiani". Il 18 aprile la Dc aveva vinto le elezioni, 48,5% dei voti contro il 31 del Fronte popolare. Il primo gennaio era entrata in vigore la Costituzione, l'11 maggio Luigi Einaudi era stato eletto presidente della Repubblica.
Al Tour del 1949 risale la celebre foto di Bartali che passa a Coppi la sua borraccia. Ormezzano raccolse la testimonianza di chi la fece, Duilio Chiaradia della Rai: una messinscena per ricordare un gesto varie volte accaduto tra i due. [1039]

Antonio Montanari
(c) RIPRODUZIONE RISERVATA


Tama 1038, 08.05.2011
Si fa presto a dire canto

Soltanto cronaca: un professore di Vicenza ha fatto studiare ai suoi alunni la marcetta fascista "Faccetta nera". Commenta una giovane scrittrice africana, Igiaba Scego: "Io avrei parlato ai ragazzi del colonialismo italiano, una pagina rimossa dalla memoria patria. Avrei spiegato che l'Italia è stata feroce in Africa. Avrei parlato dei campi di concentramento costruiti dagli italiani, dell'apartheid imposto nelle città colonizzate, dei gas iprite usati nella guerra di Mussolini per l'impero". Circa "Faccetta nera", Igiaba Scego aggiunge che essa mostra, come altre canzoni dell'epoca ("Africanella", "Pupetta mora", "Africanina"), "lo sfruttamento (sessuale e non) al quale venivano sottoposte le donne locali".
Soltanto cronaca: sono ventimila i giovani nati in Italia da genitori stranieri e divenuti maggiorenni negli ultimi 18 mesi, costretti a chiedere il permesso di soggiorno per non diventare clandestini. Debbono documentare che sono stati qui da noi per un decennio filato. Gli hanno dedicato un film. C'è anche Angela, 23 anni, nata a Rimini, una cinese che studia Economia e commercio. (Un ricordo personale del 1994: mia madre rischiò di perdere la residenza a Rimini perché non fu trovata al domicilio, in seguito all'avvio d'una pratica per assistenza in casa protetta, con domanda in cui lei dichiarava di essere ricoverata in una clinica.)
Soltanto cronaca: una signora di Forlì ha scritto al "Corriere Romagna" che il 21 aprile in corso della Repubblica passa una scolaresca di dodicenni in marcia verso piazza Saffi, con in fondo un bambino africano nero, distanziato e lasciato solo perché "ha problemi per camminare", come poi le spiega una maestra, a cui la signora poi dice istintivamente: "Occupatevi di lui".
Soltanto cronaca: la Corte europea di Giustizia, bocciando una legge italiana del 2009, ha decretato che non si può carcerare un cosiddetto clandestino da uno a quattro anni. Le limitazioni alla libertà personale sono da mantenere entro il periodo massimo di sei mesi. Dopo di che il clandestino va rimpatriato. Nel 2010 la nostra Corte costituzionale ha dichiarato illegittima l'aggravante di clandestinità con aumento di pena, e non punibile l'immigrato che è in estremo stato di indigenza.
Soltanto cronaca, anzi già storia: dieci anni fa, il 29 aprile 2001, il sindaco leghista di Treviso Gentilini proponeva i "vagoni piombati per riportare i negri oltre la nostra frontiera". [1038]

Antonio Montanari
(c) RIPRODUZIONE RISERVATA


Rimini 150. In poche parole.
Antefatti criminali (9 Ponte)

Gli undici delitti politici commessi tra 1847 e 1859 hanno una premessa in fatti avvenuti dopo la fallita "rivoluzione del 1831" e la battaglia delle Celle in cui "pochi ma valorosi italiani" soccombono agli Austriaci, come scrive Girolamo Bottoni in pagine dimenticate (1914). I volontari erano male armati, con poche munizioni, mal vestiti se non addirittura scalzi, "con scarsa o nulla disciplina ed istruzione militare", costretti a misurarsi con "soldati regolari bene armati, bene istruiti e imbaldanziti dai recenti successi" (U. Marcelli).
Per Bottoni le cause della sconfitta del moto "quasi pacifico" sono "l'impotenza direttiva dei capi; l'attaccamento di buona parte dei romagnoli al regime pontificio; la mancanza d'entusiasmo e di fede nella vittoria definitiva". Oltre alla "partecipazione alla ribellione di elementi fedeli al papa, ai liberali, fedelissimi a qualunque governo", come ricava da una lettera inviata al vescovo di Rimini dal can. Macrelli, vicario a Santarcangelo.
I più tenaci nemici dei rivoluzionari sono i contadini, osserva Bottoni. Questi "difensori della religione, nemici dei liberali, ma soprattutto bramosi di denaro", aggrediscono il colonnello Ruffo, ex comandante della guardia nazionale di Rimini. Ruffo si salva pagando loro 50 scudi e ricoverandosi in casa di don Trebbi, arciprete di Spadarolo, "che l'accoglieva amorosamente". Don Trebbi difende Ruffo quando i contadini reclamano "la preda giacobina", con la falsa scusa di una taglia posta sul suo capo. In analoga vicenda un contadino di Ciola dichiara di disporre di 100-200 colleghi "pronti a venire in città per arrestare tutti i giacobini", ovvero i liberali.
Il papista Filippo Giangi (leggiamo in Bottoni) racconta: "L'iniquità di questa classe di gente è divenuta eccessiva e pericolosa sia per il suo istinto di derubare, sia per le false massime che vari loro preti per fini particolari li vanno infondendo sotto l'aspetto religioso, contro ogni principio cristiano e di umanità".
La "barbarie" dei contadini non si limita a depredare dei vestiti "i reduci della resa di Ancona", ma giunge a violare i cadaveri. Sulla spiaggia ad uno dei "fuggiaschi nazionali" uccisi, sono "stati strappati gli occhi", annota Giangi. Scrive Bottoni: "Eppure i piccoli preti erano stati testimoni oculari delle grandi miserie e dei grandi disordini nello stato papale...". Ignora del tutto i fatti chi oggi accredita l'immagine ufficiale di una "pacifica e docile popolazione". (9. Continua)

Antonio Montanari
(c) RIPRODUZIONE RISERVATA



Diario italiano, indice.

Anno XIII, n. 185, Maggio 2011
1466. Date created: 04.05.2011 - Last Update: 28.05.2011, 11:20/
All'indice delle notizie- Mail- Info: 0541.740173
"Riministoria" e' un sito amatoriale, non un prodotto editoriale. Tutto il materiale in esso contenuto, compreso "il Rimino", e' da intendersi quale "copia pro manuscripto". Quindi esso non rientra nella legge 7.3.2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5.8.1981, n. 416", pubblicata nella Gazzetta Ufficialen. 67 del 21.3.2001.
Riministoria-il Rimino-antonio montanari nozzoli