Diario italiano
Il Rimino 211, anno XV
Luglio 2013


Bartolomeo Malatesti, vescovo.
Scopriamo il suo albero genealogico.

1397. Frate Bernardino Manzoni, Inquisitore Pisano (ma soprattutto bibliotecario della Malatestiana di Cesena tra 1625 e 1626, come segnalato da A. Domeniconi [1963] e P. Errani [2009]), nel suo "Caesena Sacra" (Pisa 1643, I, p. 72) ricorda che nel 1397 Bartolomeo Malatesti, "Pandulphi Malateste Soliani Comitis [...] germanus frater" ed "ordinis Minorum Conventualium professus", è consacrato vescovo di Dragonaria (su questo dato, vedi la pagina "Enigmi", riprodotta anche qui sotto).
Di Pandolfo Malatesti, fratello di Bartolomeo, si precisa che "anno 1391 Patricius, Consiliarusque Caesenaticenis Urbis erat".
Dal 4 gennaio 1391 i fratelli "Carlo Pandolfo Malatesta e Galeotto di Galeotto Malatesti" sono vicari di Cesena (Mazzatini, p. 325).
Quindi Bartolomeo Malatesti è pure lui figlio di Galeotto I (+1385), nato da Pandolfo I, figlio di Malatesta da Verucchio.



Sulla genealogia del vescovo Bartolomeo nulla scrivono Clementini ("Non ho trovato a chi fosse figliolo […] né donde discenda", II, p. 340) e L. Tonini ("pressoché ignoto", V, l, pp. 617-618).
Il testo appena indicato come "Mazzatini, p. 325", è un documento pubblicato sempre in maniera erronea. Esso è contenuto nel volume di G. Mazzatinti "Gli archivi della storia d'Italia, I e II", apparso presso la casa editrice Licinio Cappelli di Rocca San Casciano nel 1897-1898 (nuova edizione presso Georg Olms Verlag, Hildesheim1988).
Si tratta di un documento proveniente da Roma, come alla p. 322 dello stesso volume si precisa, riportando un brano del prof. Giuseppe Castellani che qui riproduciamo: "Mons. Gaetano Marini, profittando della carica di Prefetto degli Archivi apostolici del Vaticano, arricchì l'Archivio Comunale di Santarcangelo di Romagna, sua patria, della copia di una serie numerosissima di documenti, la maggior parte inediti, che si riferiscono alta storia del Comune di s. Arcangelo, o de' suoi cittadini, o delle terre e castelli che facevano parte del suo Vicariato".
In esso si trova la data del 4 gennaio 1391 per il rinnovo dei vicariati da parte di Bonifacio IX ai figli di Galeotto I. Tale data è sempre apparsa come 3 gennaio.
Sulla cit. da G. Castellani, si veda il suo "Il duca Valentino. Due documenti inediti", in "Atti e Mem. della R. Deput. di Storia patria per le prov. di Romagna", serie III, XIV (1896), pp. 76-79. La cit. è presa da p. 76.

Il nome di Bartolomeo Malatesti è richiamato in un'opera di Poggio Bracciolini, "Contra hypocritas" (apparsa nel 1449), nel cui finale troviamo un'invettiva violenta diretta appunto al vescovo di Rimini, citando la sua morte recente.
Bartolomeo scompare il 5 giugno 1448, per cui gli studiosi datano il testo di Bracciolini a qualche mese dopo.
Bartolomeo è accusato di aver introdotto ridicole innovazioni nella cancelleria: cfr. Ernst Walser, "Poggius Florentinus Leben und Werke", Leipzig 1914, nota 1, p. 244.
Qui si ricorda una lettera di Poggio diretta al veneziano Pietro Tommasi l'11 novembre 1447, in cui troviamo: "Nunc adversus ypocritas calamum sumpsi ad exagitandam eiusmodi hominum perversitatem".
Tommasi è figura celebre per i suoi studi medici e letterari: cfr. F. M. Colle, "Storia scientifico-letteraria dello Studio di Padova", III, Tipografia della Minerva, Padova 1825, p. 232.
Scrive Maria Luisa Gengaro che l'attacco a Bartolomeo Malatesti è dovuto al fatto che il vescovo aveva limitato lo stipendio di Poggio, allora presente alla corte di Rimini (cfr. p. 155 di "Paideia", 2-3, 1947).
In numerose altre fonti bibliografiche si citano i rapporti burrascosi tra Poggio e Bartolomeo Malatesti (cfr. ad esempio i "Saggi sull'Umanesimo" di S. F. Di Zenzo, 1967, p. 29).

La notizia fornita da Bernardino Manzoni è infondata, secondo Aldo Francesco Massèra.
Frate Bernardino Manzoni, nel suo "Caesena Sacra" (Pisa 1643, I, p. 72) scrive che Bartolomeo Malatesti è "Pandulphi Malateste Soliani Comitis [...] germanus frater".
Questa notizia è infondata, secondo Aldo Francesco Massèra (curatore nel 1922 delle "Cronache Malatestiane dei secoli XIV e XV" nel tomo XV, 2 delle "Rerum Italicarum Scriptores").
Il motivo è spiegato da Massèra nella nota 1 di pagina 105: "nessuno dei Malatesti di Sogliano portò il nome di Pandolfo per tutto il secolo XIV e il XV"; inoltre "il titolo comitale fu concesso loro solo nel 1480".
Insomma ci troveremmo di fronte ad una specie di invenzione del Frate Manzoni.
Massèra avrebbe potuto verificare la fondatezza della fonte Manzoni, attraverso Luigi Tonini ("Storia di Rimini", IV, 1, pp. 351-356).
Ricapitoliamo. Quando Bonifacio IX concede i Vicariati ai Malatesti figli di Galeotto I, Cesena tocca a Carlo Pandolfo (Carlo) detto pure Conte di Sogliano.
A Sogliano, il quinto Signore Malatesta VIII scompare nel 1380. La di lui vedova, Agnesina, nel 1389 sposa Bertolaccio Mainardi (cfr. A. Delvecchio, "Le donne dei Malatesti di Cusercoli e Valdoppio" ne "Le Donne di casa Malatesti" a cura di A. Falcioni, Rimini 2005, p. 663), affidando la tutela del figlio Giovanni nato attorno al 1374 ["Non può esser nato più tardi del 1374", L. Tonini, "Storia di Rimini", IV, 1, p. 356] ad un cittadino di Sogliano.
Bertolaccio Mainardi è stato podestà di Rimini tra 1381 e 1382, scrive ancora L. Tonini (ib. p. 355).
Quindi con il giovane Giovanni, Sogliano è messa sotto tutela del patrizio cesenate Carlo Pandolfo Malatesti, detto da Bernardino Manzoni "Conte di Sogliano".
La notizia non è inventata come suppone Massèra, ma rimanda al quadro complessivo descritto ieri da Tonini, ed oggi ben narrato da Delvecchio.
Infine, nel II vol. della "Istoria di Romagna" di Vincenzo Carrari (1539-1596), edito da U. Zaccarini nel 2009, a p. 34 si legge che sul finire del 1300 il Castello di Sogliano obbediva al Comune di Cesena.

ENIGMI
Frate Bernardino Manzoni
racconta pure che il nostro Bartolomeo è stato nel 1397 Vescovo di Dragonaria, indicando come fonte bibliografica un'opera dell'emiliano Pietro Ridolfi da Tossignano (1536-1601), "Historiarum Seraphicae Religionis libri tres", edito a Venezia, "apud Franciscum de Franciscis Senensem", nel 1586.
Ridolfi, nel II libro della sua opera, tratta dell'origine dei Malatesti e ricorda la presenza di Bartolomeo Malatesti a Rimini ("Custodia Foroliviensis", pp. 268-269).
A p. 266 invece, sotto l'anno 1397, si ricorda un "magister Bartholomeus episcopus Dragonarie", attivo a Bologna. Non dice, Ridolfi, che sia Bartolomeo Malatesti come invece leggiamo in Manzoni. Il quale Manzoni scrive appunto "Rodulphio teste", ovvero per testimonianza di Ridolfi, relativamente a Bartolomeo Malatesti. (Nel III libro, p. 333, incontriamo una breve biografia del ricordato Pietro Ridolfi da Tossignano.)

A questo punto se ci indirizziamo alle vicende religiose di Bologna sul finire del XIV sec., scopriamo quanto segue.

1. Nel 1382 è fatto Vescovo di Dragoneria (sì, il luogo è indicato così, e non Dragonaria) un Bartolomeo Gardini (cfr. A. Masini, "Bologna perlustrata", parte II, Bologna, Benacci, 1666, p. 82).
In questa stessa fonte si legge che il 7 giugno 1390 Bartoloneo Gardini "fece la Cerimonia di porre la prima pietra per la fabrica del Maestoso nuovo Tempio di S. Petronio di Bologna". E che lo stesso Bartolomeo morì nel 1403. (La fonte è la "Cronaca" di Pietro di Mattiolo, su cui cfr. C. Albicini, "Bologna secondo la Cronaca di Pietro di Mattiolo", pp. 487-506 del II vol., III serie, "Atti e memorie della Regia Deputazione di storia patria per le province di Romagna, a. a. 1883-1884", Bologna 1884. Per l'evento relativo a S. Petronio, si veda a p. 496.)

2. Bartolomeo Gardini risulta ascritto ai Collegio dei Teologi di Bologna dal 1371, e Lettore di Sacra Teologia nell'anno 1376. Cfr. S. Mazzetti, "Repertorio di tutti i professori antichi, e moderni, della famosa università", Bologna, Tip. di S. Tommaso d'Aquino, 1848, p. 296). In Mazzetti si legge pure che Bartolomeo fu Vescovo di Dragonara dal 1382 sino al 1390.

3. È spostata a tre anni dopo l'uscita di scena del Nostro da altro autore, dove leggiamo che appunto nel 1393 Bartolomeo Vescovo di Dragoneria, è espulso a forza dal suo Vescovado, "per aver seguito il partito di Lodovico I d'Angiò". (Cfr. G. Guidicini, "Cose notabili della Città di Bologna", IX, Bologna, Compositori, 1870, p. 364.)

4. Sul cognome Gardini in Bologna, sono utili le parole di S. Mazzetti, "Repertorio" cit., p. 140: il padre Giambattista Melloni nelle sue "Memorie di San Petronio" (1784), p. 106, dubita molto di tale cognome Gardini attribuito a Bartolomeo da vari autori.

5. In Ferdinando Ughelli ("Italia sacra", VIII, Venezia, apud Sebastianum Coleti, 1721, coll. 282-283), del Vescovo francescano Bartolomeo si dice che era figlio di Pietro. La fonte di Ughelli è Francesco Alidosi, cardinale (1455-1511), autore di un testo sui Vescovi bolognesi, p. 36.

6. Circa Draconaria (che significa in latino "grotta") ma anche Dragonaria e Dragoneria, possiamo leggere in varie fonti che la diocesi della località, posta "in finibus Apuliae", era suffraganea della metropolitana di Benevento.
Infine la notizia più "sconvolgente" (nel senso che rovescia tutti i discorsi del nostro Frate Manzoni) si trova nel Masini ("Bologna perlustrata", p. 82), che, come si è visto, fa scomparire il Bartolomeo Gardini nel 1403.
Aldilà di tutti gli enigmi che possono circondare la biografia del Vescovo Bartolomeo prima del suo arrivo a Rimini, resta importante quanto Frate Bernardino Manzoni suggerisce circa la sua parentela con la casa Malatesti. Restano aperte molte questioni. Se il Vescovo di Rimini non è quel Benedetto morto nel 1403, dove come e quando inizia la sua carriera episcopale?

7. È da ricordare che, in un'opera uscita a Benevento presso la Stamparia Arcivescovale nel 1646, e curata da Giovanni Michele Cavalieri, il tomo primo della "Galleria de' sommi pontefici, patriarchi, arcivescovi, e vescovi dell'ordine de' predicatori", ovvero dei Domenicani, si legge (p. 250): "circa all'anno 1450" il padre Bartolomeo da Bologna fu eletto vescovo di Dragonara nella Provincia di Terradilavoro del Reame di Napoli. Un suo omonimo Bartolomeo da Bologna (p. 251) nello stesso 1450 è Vescovo di Segna in Croazia.

8. Circa Dragonara, riproduco da un saggio disponibile sul web (Gabriele Tardio, "I vescovi de Tartaglis e Macini provenienti dall'abazia nullius di San Giovanni e San Marco in Lamis nelle diocesi di Lesina, Dragonara e Minervino"): "La diocesi di Dragonara ha vissuto vicende difficili che andrebbero studiate più attentamente, perché era una nomina importante, come non ricordare il difficile caso di fra Bartolomeo da Bologna, francescano, che non riuscì ad esercitare il suo episcopato a Dragonara e a Bologna benedisse la prima pietra della basilica di san Petronio".
Tardio nella nota 25 cita varie fonti bolognesi che ricopiamo: "passando ai bolognesi Vescovi ma non Cardinali, entra innanzi a tutti Frate Bartolommeo di Pier da Bologna, dell'Ordine Francescano, Vescovo di Dragonara nel Regno di Napoli dal 1380 al 1390. Fu questi che pose la prima pietra nelle fondamenta della Chiesa di san Petronio in sua patria, dove predicò ed ufficiò sino al 1403, che passò di vita: ed ebbe sepolcro in san Francesco.” Salvatore Muzzi, Annali della citta` di Bologna, dalla sua origine al 1796, Bologna 1843, p. 274. “Bologna 7. Giugno (1390.) Il Rev. Fra Bartolommeo Vescovo di Dragonara (22) cantò una solennissima Messa in S. Pietro e in quella benedisse una bella pietra lavorata con l’armi del comune di Bologna, per cominciare di fondare la chiesa nova di s. Petronio e così fu portata alla piazza dove si dovea fare detta chiesa processionalmente…. Dal Lib. II. Provis. fol. 77 (in Archiv. Pub.) abbiamo, che l'anno 1393, a dì 23. Aprile si fece decreto da Magistrati della Città di assegnar al Rev. Bartolommeo di Dragonara Cittadino Bolognese espulso dalla sua Diocesi, ed interdettegli l'entrate sue, lire sessanta d'argento annue per la Messa da celebrarsi tre volte almeno la settimana, pregandolo ad assistere al popolo colla divina parola, e con promessa del primo Benefizio, che fosse per vacare in detta Chiesa: levandogli in quel caso la provvisione delle lire 60. Similmente dal Lib. 9. Introit. & Expens. del Convento di S. Francesco fol. 167, sotto l'anno 1393 7 Settembre abbiamo, che il Vescovo di Dragonaria predicava in Piazza per raccoglier limosine per la fabbrica di S. Petronio. Dragonara, secondo il Baudrand, urbe fuit parva Regni Neapolitani in Provincia Capitanata Episcopalìs sub Archiepiscopo Beneventano, nunc exeisa jacens, e tantum tenuis Vicus, Dragonara dictus, sed Episcopatus suppressut fuit, e Cathedralis Ecclesìa ad ruralem Archipresbyteratum redacta, unita ad Episcopatui S. Severi, teste Ughellio”. Giovambattista Melloni, Atti o memorie degli uomini illustri in santità nati o morti in Bologna, Bologna 1786, p. 401 e s.".
Da Giovambattista Melloni, "Atti o memorie degli uomini illustri in santità nati o morti in Bologna", Bologna 1786, p. 401 e s., sono poi ripresi nel testo questi passi, anch'essi da ricordare: "Note sono le vicende di quei tempi torbidissimi: lo scisma dell'Antipapa Clemente, l’occupazione di Napoli, fatta coll’assenso d'Urbano VI dal Re Carlo, appellato dalla Pace, nipote del Re d'Ungheria; l'investitura del medesimo Regno di Napoli, conceduta dall'Antipapa Clemente a Lodovico Duca d'Angiò Zio del Re di Francia, adottato prima per figliuolo da Giovanna Regina di Napoli; le aperte nemicizie, che pattarono tra papa Urbano ed il predetto Re Carlo; la ribellione de' Napoletani, che ricevettero in Napoli Lodovico figlio del predetto Lodovico d'Angiò, coronato Re dall'Antipapa: nelle quali circostanze costretto fu il detto Vescovo a partirti dalla sua Chiesa di Dragonara, e tornarsene a Bologna. Qui egli esercitò diverse funzioni Vescovili, riferite nella Cronaca dal detto D. Pietro di Mattiolo Fabro".

9. Sui cronisti bolognesi del Medio Evo, on line è disponibile l'interessante tesi di laurea di Flavia Gramellini (Università di Bologna) su "Le antichità di Bologna di Bartolomeo della Pugliola".



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Anno XV, n. 211, Luglio 2013
1877, 29.06.2013./13.08.2013
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