Diario italiano
Il Rimino 224, anno XVI
Agosto 2014


Rimini strana, anzi stranissima. Archivio 2010
9 maggio 2010. "Rimini strana".
«Un gruppo culturale cattolico ti vieta di parlare della storia degli Ebrei nella città, dopo averti incaricato di studiarla, ma poi invita a conferenziare dei massoni che pagano loro per essere presenti dappertutto, tanto poi detraggono dalle spese della ditta. Città non molto strana, Rimini. In quest'Italia per nulla divertente».
4 novembre 2010. "Rimini stranissima".
Città stranissima, Rimini. In un precedente post, ho parlato di Rimini "città molto strana".
Città stranissima, aggiungo oggi. Per raccontare come alcune (due, suppongo) recensioni apparse a mia firma sul settimanale "il Ponte" a cui collaboro dal 1982, abbiano destato scandalo. Spiego il perché.
Prima recensione. In essa scrivo che una citazione riportata ha in originale un senso opposto a quello che le si attribuisce.
Seconda recensione. Scrivo che in quel libro c'è un itinerario ben esaminato negli anni '70, che vide in Elemire Zolla (1926-2002) uno studioso di punta, oggi utilizzato in ambito esoterico, come paladino della condanna della cultura della "modernità". Non so se per colpa della prima o della seconda recensione, ma non me ne hanno chieste più al giornale. E sono passati parecchi mesi».

Testo completo della prima recensione.

Le carte segrete di Scolca
Gli Olivetani a Rimini in due antiche storie

Due antiche storie della presenza olivetana in Santa Maria di Scolca a Rimini, sono state edite dalla cesenate Badia benedettina di Santa Maria del Monte. Le hanno composte Gasparo Rasi (1630) e padre Giacinto Martinelli (post 1777). Il volume è curato da Andrea Donati e Gian Ludovico Masetti Zannini (che illustra pure l'inventario della biblioteca di Scolca).
Gasparo Rasi, "avvocato primario" del monastero, aveva grande stima di sé (essendo cittadino nobile), e nessuna verso chi prima di lui si era occupato delle vicende dell'abbazia. Non cita infatti né il padre olivetano Secondo Lancellotti (1583-1643) né il riminese Cesare Clementini (1561-1624), autore del "Raccolto istorico" (in due tomi, 1617 e 1627).
Lancellotti a Scolca è maestro dei novizi. Lo ha chiamato l'abate Cipriano Pavoni (1579-1627), nato dai nobili riminesi Alessandro ed Elisabetta Cima. Un altro loro figlio, Pietro, diviene segretario di Paolo V. Da cui ottiene per Cipriano la nomina a vescovo di Rimini (1619). Cipriano Pavoni spinge Lancellotti a comporre le "Historiae Olivetanae" edite a Venezia nel 1623 assieme ad un altro suo testo che lo rende famoso, "Hoggidì, overo il mondo non peggiore né più calamitoso del passato" (ripubblicato nel 1636). Dove spiega che nulla vi è di nuovo sotto il sole, ed è assurdo farsi lodatori del tempo passato.
Donati osserva che gli scritti di Lancellotti, "definito un 'chierico vagante della cultura', hanno assunto un indiscutibile valore storico". Di "chierico vagante della cultura" (come dichiarato in nota) si legge in "Anatomie secentesche" di Ezio Raimondi. Le cui parole, nel contesto originale, però hanno un significato opposto. Raimondi precisa che "il credito da attribuire alla battaglia culturale del Lancellotti non può essere molto alto", e lo paragona ad una "piazza chiassosa".
Rasi resta un autore poco studiato. Masetti Zannini tira le orecchie a "coloro, che hanno fatto intendere" di averlo consultato, dicendosi sicuro che se "l'avessero anche effettivamente letto e studiato, certi lavori [...] sarebbero riusciti più utili". Anche Pier Damiani è molto citato e poco letto. Nel 1069 Pietro Bennone gli dona vasti possedimenti (poi passati a Scolca) per l'abbazia di San Gregorio in Conca di Morciano da lui fondata nel 1061. Bennone è figlio di Benno, grande feudatario e uomo politico di Rimini. Pier Damiani compiange la morte di Benno (1061) in un carme, definendolo "padre della Patria, luce dell'Italia".
Il "padre della Patria" o della città (come scrissi su "il Ponte" del 12.06.1983), è il rappresentante della vita municipale che doveva vegliare alla difesa del Comune sotto il dominio della Chiesa. Una figura ben distinta dal conte, delegato pontificio od imperiale. Uomo giusto e pio, severo con gli oppositori ma dolce con gli indifesi, Benno è dato da Pier Damiani per ucciso nel corso di una "guerra": "lui, per merito del quale fiorì la pace".
La morte di Benno è una pagina (chissà perché) trascurata dagli storici ufficiali, ma capace di illuminare fondamentali vicende cittadine dei "secoli bui". Quando nasce il nome di Scolca (o Scolco). Derivato da un termine gotico, esso significa "posto di guardia", e si offre quale segno del contesto militare e strategico del luogo. La chiesa di Scolca è eretta (1418) per volere di Carlo Malatesti nel posto "dove anticamente era il Vescovato di Scolca" (Martinelli, p. 236). Ha il titolo di Santa Maria Annunziata Nuova, per distinguerla dalla casa religiosa delle monache di Santa Maria Annunziata.
L'origine gotica del nome di Scolca rimanda alla presenza imperiale nella Rimini del sec. XI, quando incontriamo il primo Malatesti, detto "Tedesco", che non è frutto di "semplici fantasie", come altrove si sostiene con scarsa prudenza. I suoi discendenti vanno e vengono tra Rimini e la Toscana attraverso l'Appennino. Che non "divide" (vedi p. 14), ma unisce: come Lorenzo Braccesi sostiene con fondamento.
Padre Giacinto Martinelli (1711-1780) è solitamente ricordato soltanto per un "Elogio" funebre composto in suo onore da Aurelio Bertòla. Che era suo parente, e dopo la morte del padre (1768) dall'abate fu avviato giovinetto alla vita del chiostro. Affidatogli dal fratellastro, un vecchio scapolo libertino. L'abate Martinelli rassicurò con triste menzogna la madre di Aurelio, che il figliolo "era animato da una vera vocazione".
L'opera composta da Martinelli è da lui definita "libro alfabetico". Non è una guida archivistica (p. 6), ma la raccolta (di moderno impianto enciclopedico) di quanto può servire alla "storia di questo monastero" (p. 218). Rasi invece parte da una classificazione geografica, difficile da portare a termine (sono sue parole) per la "confusissima moltitudine delle scritture, ch'avrebbono voluto molti e molti mesi per ordinarle et vederle". Ed anche per le sue "occupationi" personali.

Testo completo della seconda recensione.

Un Padre per essere fratelli.
Mons. Aldo Amati spiega il Vangelo di Giovanni
ne "Il bambino e le famiglie".

La"fraternità senza padre" è uno dei miti contemporanei. Neparla mons. Aldo Amati ad inizio del libro "Il bambino e le famiglie"(Panozzo ed.) in cui confluiscono i contributi di una tavola rotondadel 2006 su "Il padre fra sacro e profano", con l'aggiunta di 13 lavorioriginali, per iniziativa del Campo freudiano di Rimini sopra un testodi Jacques Lacan del 1938, "I complessi familiari nella formazionedell'individuo".
Mons. Amati richiama il passo di Giovanni ("Chi ama Dio, ama anche ilsuo fratello") che rovescia la prospettiva: "Solo dallapaternità di Dio deriva un'autentica possibilità difraternità fra gli uomini". La conclusione riguarda il rapportopadri-figli, "illuminato dalla paternità di Dio, archetipo diogni paternità".
Alessandro Giovanardi analizza cinque opere d'arte, e illustra ilrapporto che lega la nostra cultura con quella orientale, in "Mistero esilenzio della paternità divina". C'è un itinerario benesaminato negli anni '70, e qui riproposto, che vide in Elemire Zolla(1926-2002) uno studioso di punta, oggi utilizzato in ambito esoterico,come paladino della condanna della cultura della "modernità".
Giovanardi ricorda poi l'arte come "Biblia pauperum", ovvero l'oppostodelle diverse iniziazioni orientali, citate qualche riga prima, legateall'idea del circolo chiuso che sta all'opposto dello spiritocristiano. Infine richiama pure il viaggio ultraterreno di Dante conl'invenzione di quel verbo "indiarsi" (Pd, IV, 28) che indical'immedesimarsi dell'anima nella contemplazione del divino.
È uno dei passi cruciali della "Commedia", in cui si colleganole storie vissute al destino delle anime. E si richiamano i limitidella conoscenza umana, per cui "la scrittura condescende / a vostrafacultate, e piede e mano / attribuisce a Dio e altro intende" (Pd, IV,43-45). Attraverso elementi fisici si parla di attributi spirituali.Sono temi che confluiscono in una celebre opera di Henri de Lubac, la"Esegesi medievale", 1962.
Si accenna infine all'intento di collegare il cristianesimo alleeredità mediterranee ed europee. Una risposta di mons. Amati,sui mercanti scacciati dal tempio, sigilla il discorso: "Gesù faun gesto simbolico, lo dico da un punto di vista esegetico e cristiano,butta via tutto questo ambaradan". Gesù ribalta un concezioneche non è quella cristiana, e fa "conoscere il vero volto delPadre", di un "Dio che non è al nostro servizio".
Gesù, conclude mons. Amati, "viene a dire che di Dio non abbiamo capito molto: questo Dio non solo è sconosciuto ma è misconosciuto, ci si è fatti di Dio un'immagine che non èquella corretta e il Tempio materiale di Gerusalemme è unesempio di immagine errata. Questa è la profanazione del concetto di Dio".
Antonio Montanari

(c) RIPRODUZIONE RISERVATA




Diario italiano, indice.


Anno XVI, n. 224, Agosto 2014
1985, 10.02.2014.
All'indice delle notizie- Mail- Info: 0541.740173
"Riministoria" e' un sito amatoriale, non un prodotto editoriale. Tutto il materiale in esso contenuto, compreso "il Rimino", e' da intendersi quale "copia pro manuscripto". Quindi esso non rientra nella legge 7.3.2001, n. 62, "Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali e modifiche alla legge 5.8.1981, n. 416", pubblicata nella Gazzetta Ufficialen. 67 del 21.3.2001.
Riministoria-il Rimino-antonio montanari nozzoli