UN CURATIVO CONTRO L'OODINIUM

 

 

Bastano una bottiglia non trasparente - Acido citrico - 

Solfato di rame - Acqua bidistillata -

 

Una delle sostanze più usate dagli acquariofili per curare le malattie dei pesci marini è senza dubbio il solfato di rame. Molti prodotti, venduti sotto i più svariati nomi commerciali, si basano totalmente o in buona parte su questo sale. D'altra parte il solfato di rame è un prodotto facilmente recuperabile anche in farmacia sotto forma cristallina. Con questa sostanza si può, con un minimo dì attenzione, farsi da sé un ottimo curativo. Questo curativo ha il vantaggio che se ne conosce esattamente la concentrazione, cioè la quantità di solfato di rame in esso contenuta. Ciò permette di calcolare con precisione il dosaggio, arrivando anche alla somministrazione di dosi massicce quando, per la particolare resistenza della malattia, ciò si rende necessario. Con i prodotti normalmente offerti dall'industria, invece, non si conosce con precisione la quantità di solfato di rame in essi contenuta e di conseguenza si deve rispettare fedelmente il dosaggio suggerito dalle istruzioni d'uso. Questo dosaggio, d'altro canto, è sempre un dosaggio medio per lasciare un ampio «spazio di sicurezza». In altre parole, difficilmente si riesce ad ottenere un dosaggio preciso che vada fino alle concentrazioni massime ancora sopportate dai pesci da curare. Un altro innegabile

vantaggio del curativo fatto in casa consiste nel prezzo. Infatti, il suo costo è notevolmente inferiore del prezzo dei prodotti offerti sotto svariati nomi commerciali (si paga in questo caso, ovviamente, l'elevato costo di confezionatura ecc.).

D'altra parte non dobbiamo nascondere qualche inconveniente legato all'uso di un curativo a base di solfato di rame fatto in casa: si tratta di un prodotto assai instabile che può essere conservato, una volta portato in soluzione, solo per breve tempo. La cosa migliore sarebbe tenere una piccola scorta di solfato di rame sotto forma di sale e fare la soluzione acquosa solo nel momento in cui è necessaria la somministrazione del curativo. Va sottolineato inoltre che un curativo a base di solfato di rame è altamente tossico per i pesci se si superano certi dosaggi, mentre distrugge o comunque danneggia notevolmente, anche in concentrazioni minime, molti microrganismi utili per l'acquario, dalle alghe fino a certi batteri utili ecc. In un certo qual modo il solfato di rame è un potente sterilizzante che, cioè, rende l'acqua dell'acquario quasi sterile, distruggendo buona parte della fauna e della flora. Questo effetto è positivo da un lato, perché agendo in questo modo distrugge anche molti agenti patogeni, ma dall'altra parte è negativo perché, dopo una cura con solfato di rame nell'acquario, questo è più o meno, almeno per quanto riguarda l'acqua e il filtraggio, nelle stesse condizioni in cui si trovava quando è stato appena allestito. Per eliminare in parte questi inconvenienti, negli ultimi anni sono usciti sul mercato molti curativi che si basano sì sul solfato di rame ma, grazie a particolari accorgimenti chimici, eliminano o almeno limitano questi inconvenienti e perciò sono, per esempio, meno dannosi per i microrganismi e per le alghe. Tuttavia, non va dimenticato che un simile accorgimento rende di per sè il medicinale meno efficace anche contro gli stessi agenti patogeni. Il mio consiglio perciò è quello di usare il solfato di rame, ma rispettando scrupolosamente i dosaggi che verranno consigliati in seguito ed usandolo solo in acquari in cui non sono presenti invertebrati. Una volta terminata la cura, poi è opportuno sostituire circa un terzo dell'acqua con acqua marina nuova.

Il solfato di rame necessario per il nostro curativo ha la formula chimica CuSO4 5H2O; è importante ricordare questa formula e richiedere il prodotto al proprio farmacista con questa indicazione, perché non è da escludere che, sotto il nome generico di solfato di rame, venga offerto anche qualche altro prodotto simile ma di caratteristiche non del tutto identiche. Questo solfato di rame viene venduto sotto forma cristallina di colore violaceo. Se trovate un farmacista compiacente, conviene far pesare al momento dell'acquisto un certo quantitativo (per esempio 5 grammi) diviso in bustine contenenti ognuna 1 grammo. Ciò permetterà di non dover effettuare poi delle difficili operazioni di peso, non disponendo molto probabilmente di una bilancia di precisione. Oltre al solfato di rame come sopra indicato dobbiamo acquistare dell'acqua bidistillata e qualche grammo di acido citrico sotto forma cristallina. Con questi tre componenti prepariamo una soluzione, per facilità di cose, di 1 litro di curativo seguendo queste indicazioni: in 1 litro di acqua bidistillata (possibilmente in una bottiglia di plastica non trasparente) versiamo 4 grammi di solfato di rame aggiungendo poi 0,25 grammi di acido citrico. Il tutto va agitato molto bene in modo da sciogliere i componenti nel miglior modo possibile. La soluzione così ottenuta dovrebbe riposare qualche ora prima di essere usata. Si conserva la soluzione ad una temperatura non superiore a 25°C, possibilmente al buio. Prima dell'uso effettivo si agita ancora bene il liquido, anche se l'acido citrico di per sè dovrebbe limitare il pericolo di precipitazione del solfato di rame. Il dosaggio medio sopportato da quasi tutti i pesci marini (solo alcuni Chaetodon sono eventualmente sensibili a questo dosaggio) è di 1 ml di soluzione di curativo per 4 litri d'acqua dell'acquario. Ciò corrisponde ad 1 mg di solfato di rame per ogni litro d'acqua dell'acquario.

Per somministrare questo curativo all'acqua dell'acquario conviene suddividere questa dose iniziale in due parti, facendo trascorrere fra le due somministrazioni almeno mezz'ora. Durante questo intervallo è opportuno controllare le reazioni dei pesci. Se questi si agitano più del solito o si comportano in maniera del tutto inusuale è opportuno prolungare ulteriormente l'intervallo, prima di somministrare la seconda metà della dose. Ovviamente, come tutti gli altri curativi, dobbiamo versare la soluzione in modo che si diffonda il più rapidamente possibile in tutta l'acqua dell'acquario (vicino all'uscita dell'acqua proveniente dal filtro o ad un diffusore d'aria); inoltre un movimento con la mano o con un altro oggetto può servire per muovere l'acqua ulteriormente, facilitando questa operazione.

Quando si somministra questo curativo devono essere spenti l'ozonizzatore, la lampada a raggi ultravioletti e il filtro non deve contenere del carbone attivo. Nel caso che la malattia sia già molto progredita nel momento della prima somministrazione, oppure si tratti di un acquario particolarmente ricco di un arredamento con materiali calcarei o l'acqua dell'acquario è molto vecchia, si può anche aumentare la dose della prima somministrazione fino ad arrivare ad 1,5 ml di soluzione per ogni 4 litri d'acqua (1,5 mg di solfato di rame per ogni litro d'acqua). In questo caso sarebbe però opportuno suddividere la somministrazione in tre parti, controllando ancora meglio la reazione dei pesci a questo dosaggio.

Il solfato di rame, per un effetto chimico che qui sarebbe troppo lungo da spiegare, si «lega» a certe sostanze presenti nell'acquario e perciò non «sparisce» dall'acqua. Soltanto dopo un tempo più o meno lungo una buona quantità del solfato di rame somministrato scompare dall'acqua e perciò non può più agire come curativo. D'altra parte, per ottenere un successo nella cura di molte malattie, la

concentrazione del solfato di rame nell'acqua dell'acquario deve rimanere uguale per un tempo prolungato. È buona norma continuare una cura con solfato di rame per almeno 10 o meglio, 15 giorni. Per assicurare che la concentrazione rimanga sempre entro quei limiti che assicurano una efficacia del prodotto dovremo perciò provvedere ad un ridosaggio.

Partendo dal presupposto che la cura avvenga in un acquario arredato normalmente, e cioè con madrepore e sabbia corallina, si deve somministrare dopo il primo dosaggio 1 ml di soluzione curativa per ogni 5 litri d'acqua dell'acquario. Nel caso che questa somministrazione creasse dei disturbi ai pesci (chiaramente visibile dal loro comportamento anomalo) si cambia una parte dell'acqua (circa il 20%) e si continuerà con un ridosaggio blando (per esempio 0,5 ml per ogni 5 litri d'acqua).

Nel caso invece si curasse il pesce malato in un cosiddetto acquario di quarantena, privo cioè di qualsiasi arredamento calcareo, si comincia il ridosaggio dopo 48 ore dalla prima somministrazione di curativo usando 0,5 ml per ogni 4 litri d'acqua dell'acquario. Dopo altre 36 ore si possono somministrare 0,25 ml per ogni 4 litri d'acqua. Dopo un altro giorno o due se la malattia non è completamente scomparsa e si deve perciò continuare la cura è indispensabile, ma solo in questo caso della vasca di quarantena, sostituire completamente tutta l'acqua e cominciare nuovamente da capo tutta la cura.

Per facilitare il controllo del solfato di rame disciolto nell'acqua vengono offerti anche degli indicatori il cui impiego è simile, per esempio a quello conosciuto per l'indicazione del pH. Purtroppo il viraggio ottenuto con questi indicatori sull'acqua da controllare è minimo e, perciò, qualche acquariofilo può trovare difficoltà nell'interpretazione della scala colorimetrica che serve per stabilire, in base al colore ottenuto, la concentrazione di solfato effettivamente presente nell'acqua. Per ultimo un avvertimento di notevole importanza: come già detto prima, una volta terminata la cura conviene cambiare circa il 30% dell'acqua dell'acquario. Tuttavia è opportuno non cominciare subito la somministrazione di ozono, ma aspettare un'altra decina di giorni ed eventualmente effettuare un altro cambiamento parziale dell'acqua dopo circa un mese dal primo. Ciò per un motivo semplicissimo: in certe condizioni il solfato di rame, «legato» a certe sostanze nell'acquario e pertanto diventato inerte dal punto di vista dei pesci, può ritornare in circolazione per effetto dell'ossidazione dovuta per esempio all'ozonizzatore. Cambiando parzialmente l'acqua si elimina perciò buona parte di queste «sostanze residue», evitando così il pericolo che ad un certo punto ci si trovi con un superdosaggio di solfato di rame nell'acqua, con conseguenze pericolosissime per i pesci stessi. Questa pagina sul solfato di rame non sarebbe completa se non accennassi almeno brevemente contro quali malattie questa sostanza può essere impiegata. Comunque, mi limito ad una semplice elencazione e, per informazioni più dettagliate su queste malattie, rimando ai testi specifici come «Sani come un pesce?» o «L'acquario marino tropicale». Il solfato di rame è particolarmente indicato per curare il Cryptocarion irritans (chiamato anche Ichtio marino), l'Oodinium ocellatum e la Trichodina (agente patogeno che provoca la cosiddetta opacità della pelle). Inoltre agisce entro certi limiti contro micosi della pelle e altre malattie causate da batteri (soprattutto corrosione delle pinne). Se la cura è prolungata per molto tempo può anche curare attacchi di Lymphocystis.