Sessa Aurunca
Città piena di storia




Di origine romana, il toponimo Suessa era con grossa probabilità un appellativo: con Regio Decreto del 23 Ottobre 1864, fu aggiunta la specificazione di Aurunca, riacquisendo così l'antica denominazione latina. Secondo lo studioso mondragonese Antonio Sementini, Suessa fu detta "degli Aurunci" per aver ospitato fra le sue mura i fuggiaschi di Aurunca, città non lontana da essa, assalita dai Sidicini di Teano.
CENNI STORICI
Posta alle pendici meridionali del massiccio vulcanico di Roccamonfina, la città di Sessa Aurunca ha le sue origini nell'antica Suessa, città sorta probabilmente sul luogo di un insediamento protostorico dell'antica stirpe degli Ausoni o Aurunci. Tale popolo, difatti, elesse il sito proprio centro più importante dopo aver subito la distruzione della città di Aurunca operata dai Sidicini di Teano e dai Latini, alleati con Capua e con Roma, nel 337 a.C. Testimonianze di tale fase storica sono state fornite dal ritrovamento di tombe e suppellettili funerarie risalenti ai sec. VIII e VII a. C. Dopo che gli Aurunci furono sconfitti nel 340 e nel 315 a.C. la città di Suessa, entrò a far parte dell'orbita romana. Nel 313 a.C. ricevette una colonia di diritto latino con l'immissione di 6000 coloni a sostituzione della declassata popolazione del luogo. Questo evento le conferì, comunque, una notevole autonomia e indipendenza sicché dispose di proprie leggi e magistrati ed acquisì diritto di conio. La città, difatti, dispose di una propria moneta, denominata “suesano” su cui vennero raffigurati Apollo ed Ercole, il nume tutelare. Intanto la città cominciò ad assumere una propria configurazione urbanistica condizionata dalle particolarità orografiche che erano caratterizzate da una forma allungata della dorsale collinosa e dalla presenza, ad Est, di un torrente. . L'area urbana, racchiusa da mura in opera quadrata, fu articolata in una serie di terrazzamenti ed organizzata secondo uno schema ad isolati rettangolari con larghezza costante e lunghezza variabile il cui orientamento fu determinato dalla presenza di un asse longitudinale principale (corrispondente all'attuale corso Lucilio) e dalle strade ad esso ortogonali innestate a pettine. In tale tessuto trovò collocazione il Foro posto, come di norma, nel punto più importante, in un'area corrispondente all'attuale Villa comunale. Nel corso delle guerre puniche i rapporti con la madrepatria entrarono in crisi a causa della mancata partecipazione con l'invio di un contributo militare in soccorso di Roma contro Annibale. Pertanto la città fu punita con l'imposizione di doppi contributi. ntanto Sessa venne ad assumere una certa importanza come centro commerciale e come tale è ricordata da Catone il Censore che nel 180 a.C. la citò come luogo opportuno per l'acquisto di macchine agricole, sporte e cesti. In quello stesso periodo la città dette i natali al poeta e scrittore satirico Caio Lucilio cui è stata dedicata la già citata via principale della città. Nel 90 a.C. fu eretta a Municipium con diritto alla cittadinanza romana ed entrò a far parte della tribù Aemilia. Nel corso della guerra sociale tra Mario e Silla, si schierò a favore di quest'ultimo subendo l'espugnazione da parte di Sertorio. Nel periodo immediatamente successivo ricevette diverse opere di abbellimento ed anche un ampliamento delle mura, in opera reticolata. La città, quindi, diventò nuovamente un centro prospero e fiorente ai tempi di Cicerone che, per l'appunto, in questi termini ne parlò. Successivamente, colpevole di aver parteggiato per Pompeo, essa ricevette una nuova punizione messa in pratica da Antonio che vi fece strage di prigionieri. La ripresa di Suessa avvenne in grande stile durante il periodo imperiale: sotto Augusto venne denominata Colonia Julia Felix Classica, per aver accolto una colonia di veterani classiarii, ricevendo un sensibile sviluppo ed una notevole espansione edilizia, estesa ad ovest e a sud-est.. Continuò a fiorire durante l'Impero e come tutte le importanti città di impronta romana ebbe terme (venute alla luce durante campagne archeologiche svolte nel 1922), un magnifico criptoportico (scoperto nel 1926) un teatro, e vari templi, tra cui quello dedicato alla già ricordata divinità tutelare di Ercole. Notevole fu anche il potenziamento della viabilità esterna anche per la realizzazione del Ponte degli Aurunci che collegava la città con il mare e con le vie consolari Appia e Latina. Infine, sempre in questo periodo, si registrò il raggiungimento di un notevolissimo livello relativamente all'ordinamento interno della città. Tra la fine del III ed inizi del IV secolo ebbero inizio per la città alcune difficoltà economiche e sociali che ne limitarono, forse, anche lo sviluppo urbanistico data la scarsa documentazione architettonica presente relativa a quel periodo se si escludono alcune tombe site in località Semicerchio e nel tratto iniziale di via Sessa-Fasani e ad un'area cimiteriale sita a nord- ovest della città. Nel frattempo anche Sessa fu interessata da un progressivo fenomeno di cristianizzazione che culminò nel V secolo con la sua nomina a sede vescovile. Uno dei vescovi più noti alla storia fu Fortunato noto per aver partecipato , tra il 496 e il 502, ai concili dei papi Gelasio I e Simmaco. Con il crollo dell'Impero, quindi, Sessa era sopravvissuta a Roma benché messa in crisi dalla guerra greco-gotica e soggetta ad un abbandono da parte della popolazione che riguardò essenzialmente la parte bassa dell'abitato. Tra le testimonianze di quel periodo vi é una iscrizione datata al 544 che ricorda la morte di un fanciullo di undici anni, di nome Sallustio, avvenuta proprio durante la guerra. Con l'avvento dei Longobardi, la città, ormai notevolmente impoverita, entrò a far parte del Ducato di Benevento, assumendo un ruolo di controllo dell'itinerario romano interno, tra Gaeta e Capua, in sostituzione di quello costiero dell'Appia, diventato paludoso e malsano. In una fonte del VIII secolo, la “Cosmologia Ravennate” Sessa venne segnalata come punto di sosta. Nell'849 fu inglobata nel Principato di Salerno e, successivamente, nella Contea di Capua, divenendo gastaldato con Landolfo, generale di Sergio I, duca di Napoli. Con l'affermarsi del pericolo delle incursioni dei Saraceni, annidati nell'accampamento del Garigliano Sessa fu salvata da Pandolfo Capodiferro, principe di Capua, che a ricordo della sconfitta fece erigere presso il fiume la Turris ad mare, distrutta dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Dello stesso periodo abbiamo notizie della cattedra vescovile, con alla guida il vescovo Giovanni, dall'anno 998 giacché venne ricostituita la sede episcopale con dipendenza da Capua. Nella bolla di Atenulfo, del 1032, Sessa appare, invece, come borgo o “centro murato” con un perimetro che ricalca in più tratti quello romano e con un limite meridionale costituito dall'area settentrionale del Foro. Anche a seguito dell'affermarsi di attività commerciali, la crescita urbana di tale centro ricevette un grande impulso. In tale frangente venne quindi a formarsi il tessuto edilizio dell'età altomedievale, articolato secondo una struttura discontinua ma comunque riferita a precisi punti di aggregazione costituiti da ben nove chiese che a loro volta erano state dislocate in punti particolari, nodi di traffico già in età romana. Tre di esse, in particolare, e cioè San Giovanni ante portam a sud, Santa Maria a Castellone a nord-est e Sant'Eustachio a nord, furono poste a controllo delle porte extraurbane. Nel secolo XI, Sessa subì la conquista da parte dei Normanni di Capua e, nel 1107 divenne appannaggio feudale dei Dell'Aquila. Contemporaneamente ebbe seguito lo sviluppo edilizio già avviato che culminò, tra il 1103 e il 1113, con l'erezione della Cattedrale e la ristrutturazione del Castello. In seguito il feudo fu sottratto da Ruggero II, ed introitato dal Regio Demanio ove rimase anche durante i contrasti per la successione al trono tra Enrico VI di Hohenstaufen e Tancredi di Lecce, risoltisi a favore del primo. Successivamente tornò ad essere feudo dei dell'Aquila e , segnatamente, della persona di Riccardo II, conte di Fondi. Durante il passaggio del napoletano sotto la dominazione sveva, il famosissimo Federico II, impegnato nell'azione di creazione di un governo unitario unitamente a quella di minimizzare la potenza raggiunta dai feudatari, si fece consegnare da loro castelli e città. Una di queste fu, per l'appunto, Sessa che godette di particolare considerazione anche perché patria natia di Taddeo da Sessa, giudice di corte e segretario del re. Sotto l'imperatore svevo, fu risistemata la cinta turrita ed ingrandito il castello. Furono, inoltre realizzati alcuni complessi religiosi tra cui quello di S. Francesco e di S.Giovanni ante portam. Dopo un tentativo di saccheggio da parte del conte di Caserta e dei Capuani risolto con l'intervento di Corrado IV, nel 1252 la città fu soggetta al papa Innocenzo IV. Con la successiva sconfitta inferta agli Svevi dagli Angioini, anche Sessa passò sotto questa dinastia diventando città regia. Dal punto di vista urbanistico questo si tradusse, a causa dello stretto legame esistente con il Papato, con il proliferare dell'edilizia religiosa: nel primo trentennio del XIV secolo, si poterono contare diciotto chiese mentre altre sessanta furono dislocate nel territorio. Si verificò, inoltre, un notevole aumento della popolazione ed un ampliamento urbano fuori dalla prima cerchia di mura, cosicchè fu possibile distinguere, oltre al nucleo originario, un borgo inferiore ed uno superiore di nuova formazione. Intanto, la città si trovò in affidamento a Filippo, principe di Taranto. Successivamente si verificò un'occupazione da parte di Nicolò Caetani, principe di Fondi che si concluse con la riconquista da parte degli Angioini, avvenuta ad opera di Filippo d'Anatolio, capitano generale dell'esercito. Nel 1360 la regina Giovanna I concesse il feudo, questa volta, aFrancesco del Balzo, a cui fu conferito il titolo di duca. Tale possesso, però, ebbe una durata appena due anni a causa di contrasti sorti con la regina che pertanto concesse il dominio a Goffredo Marzano. Il feudo ed il titolo di duca passarono, poi, al nipote di questo, Giacomo sotto il cui dominio la città subì un saccheggio ad opera di Ladislao di Durazzo. Ciò accadde nell'ambito delle lotte dinastiche in corso ed in particolare fu dovuto al fatto che Giacomo, dapprima schieratosi con Ladislao, passò a sostenere gli Angioini mutando il suo orientamento in seguito alle pressioni della moglie Caterina Sanseverino interessata a maritare la figlia Maria al rampollo di Luigi I d'Angiò. Il duca Giacomo fu costretto perciò ad accettare l'intervento di Bonifacio IX grazie al quale tornò la pace tra i contendenti. Nel 1402 Giacomo morì ed il sovrano tornò al suo proposito di eliminare i Marzano escogitando a tal fine un astuto piano. Giacché l'erede dei Marzano, Giovanni Antonio, era minore, fu reggente all'epoca Goffredo conte di Alife cui il sovrano propose, con successo, la combinazione tra il proprio discendente Carlo e la figlia di quello, Maria. Ma, in occasione delle nozze, a Capua, Ladislao fece arrestare zio e nipote, facendoli deportare, nelle segrete di Castel Nuovo a Napoli. Nel 1406 il territorio di Sessa si ampliò con l'acquisizione da Ladislao del “Pantano”, un'area compresa tra il mare, il Garigliano e parte del Massico. Durante il regno di Giovanna II, successa al fratello Ladislao alla sua morte, si registrarono altri scompensi politici e lotte per la successione. Tra i cambiamenti si verificò la riappropriazione dei beni sottratti da parte di un altro componente della famiglia Marzano, Giovanni Antonio. Maggiore risalto ebbe questi e, dopo di lui, il figlio Marino, con l'affermazione di Alfonso d' Aragona sul trono del Regno ed i rapporti si rafforzarono ulteriormente allorché Marino si sposò con Eleonora, figlia naturale di Alfonso che sostenne con assoluta fedeltà alla corona Ma, con l'ascesa di Ferrante I, il Marzano cambiò orientamento e diventò uno dei principali sostenitori del contrasto tra i feudatari ed il sovrano, chiamando alla conquista del regno Giovanni d'Angiò. Alla rinuncia di quest'ultimo, i tentativi di Marino di ritornare alla vecchia fede fallirono cosicché eglifinì con l'essere arrestato e rinchiuso in Castel Nuovo, con il figlio Giovanni Battista. Da quel momento e fino alla fine del XV secolo, Sessa ricadde nel Regio Demanio. Sotto gli Aragonesi la città ricevette un ulteriore impulso edilizio soprattutto nell'edilizia civile (si afferma, infatti, la tipologia del palazzetto familiare ad un piano nobile) mentre ne fu rafforzata la cinta muraria. In quel periodo la città si componeva di sei “collette”: S. Matteo, borgo inferiore, Porta dei Saraceni, Vescovado, borgo superiore, Castellone. Intanto sul trono aragonese, alla morte di Ferrante I, salì Alfonso II e a questi, successe dopo brevissimo tempo, Ferrante II. Quest'ultimo subì una clamorosa e temporanea sottrazione del potere con l'entrata a Napoli del francese Carlo VIII, onde ristabilirsi pochi mesi più tardi. In quel frangente, Sessa fu concessa come arciducato a Gilberto del Montepensier e, con il ritorno di Ferrante, a Giovanni Borgia, duca di Candia. In seguito il potere del Regno fu raggiunto dagli spagnoli per opera di Ferdinando il Cattolico. Tale impresa, compiuta nel 1503, si risolse con la vittoria di Cerignola e del Garigliano in cui si distinse il Gran Capitano Consalvo de Cordova. E fu proprio a quest'ultimo, nel 1507, che fu concesso il ducato di Sessa. La linea discendente del Cordova proseguì fino a Consalvo II, morto senza eredi, finché la figlia Francesca nel 1582 rinunciò al ducato in favore del nipote Antonio Cardona. Intanto, anche a seguito del Concilio di Trento, Sessa si trovò ad ospitare nuovi ordini religiosi per cui venne ad assumere l'aspetto di città conventuale. Tra gli avvenimenti del VII secolo, può essere ricordata la rivolta di Masaniello che ebbe ripercussioni a Sessa con la partecipazione di Domenico Colessa, proclamatosi capitano della “repubblica napoletana” ma con poca fortuna tanto che fu costretto alla fuga. Altri avvenimenti importanti dello stesso periodo che interessarono la città furono l'esplosione della peste epidemica nel 1656 ed il cataclisma tellurico del 1688 a seguito del quale molti edifici furono soggetti ad interventi di ristrutturazione comprese le numerose chiese della città che ricevettero, in quell'occasione, una veste barocca. Il XVIII secolo fu caratterizzato, dal punto di vista politico, dal breve Viceregno austriaco e, sul finire dello stesso, dagli influssi rivoluzionari. Al termine di questo periodo, anche Sessa, come le altre città feudali, trasse giovamento dalla legge sull'eversione della feudalità. Dopo la vittoria del 1860, Vittorio Emanuele fece il suo ingresso in città, stabilendo al Casino Struffi, al bivio di Sant'Agata, il suo quartier generale. Il 23 ottobre 1864, con regio decreto, la città riacquistò, nel nome, il riferimento al popolo che l'aveva abitata in epoca preromana, diventando, così, Sessa Aurunca. Il suo aspetto urbanistico rimase pressoché invariato sino alla fine dell'Ottocento quando fu aperta la strada per Mignano con la conseguenza della costruzione dei primi edifici e la realizzazione di alcuni sventramenti disposti per esigenze di traffico. Durante il secolo XX, le vicende belliche dei due conflitti mondiali, interessarono solo marginalmente la città se non per il tragico episodio del 1943 in cui alcuni civili subirono il rastrellamento e la successiva deportazione in Germania. Dal punto di vista urbanistico, già nell'immediato dopoguerra, cominciarono a sorgere nuovi organismi residenziali dall'ingresso meridionale e nella zona a nord- ovest dell'abitato. A partire dallo stesso periodo si registrò un miglioramento nell'attività economica prevalente per il Comune, con l'esecuzione di alcuni lavori di bonifica ed il passaggio dai metodi agricoli tradizionali a quelli meccanizzati. Relativamente all'altra sua vocazione e cioè quella turistica, certamente favorita dalle caratteristiche culturali e naturali, purtroppo essa appare oggi pregiudicata dai massicci interventi edilizi realizzati a partire dagli anni Sessanta al fine di incrementare il turismo balneare. Ci si riferisce, in particolare, all'intervento pianificato di Baia Domizia diventata meta privilegiata del turismo di massa. STEMMA COMUNALE Lo stemma comunale di Sessa Aurunca reca una rappresentazione centrale in cui compare Ercole, nume tutelare del luogo in antichità, nell'atto di strangolare un leone. Questa raffigurazione sostituì quella precedente in cui compariva il solo leone all'interno di uno scudo. Del soggetto testimoniarono alcuni autori del passato tra cui il Sacco che nel XVII secolo riferì circa la "nobile ed antica Impresa dello scorticato ed erculeo leone andante in campo d'oro, con lettere intorno che dicono VETUSTAE INSIGNIA SUESSAE", o il De Masi che descrisse all'interno dello stemma "il leone, di color rosso sangue, perché scuoiato da Ercole, della cui pelle egli si rivestiva".
FONTI DOCUMENTARIE
L. Sacco, Breve discorso historico sovra l'antiche e moderne cose dell'antichissima Sessa Pometia sua patria, Napoli, 1633; T. De Masi, Memorie storiche degli Aurunci, antichissimi popoli dell'Italia, e delle loro principali città Aurunca e Sessa, Napoli, 1761; Guida D' Italia del Touring Club Italiano, Campania, Milano, 1981; AA.VV.La Campania paese per paese, ed. Bonechi; A. M. Villucci, Sessa Aurunca storia ed arte, Marina di Minturno, 1995; G. Di Marco, Sessa e il suo territorio, Marina di Minturno, 1995 .

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