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arte sui francobolli

AMBROGIO LORENZETTI

ca. 1290 - 1348

3 L. Affresco della pace di Ambrogio Lorenzetti, a Siena verde Dent.14 b • Filigrana ruota I • Stampa: rotocalco • Stampato da: I.P.S. Officina carte valori • Fogli da: 50 • Dim.: 24 × 40 (mm) • Dis. di C.Mezzana • Val.:31 dicembre 1947
EMISSIONE del 31 ottobre 1946 - avvento della repubblica in italia - nella vignetta viene riportato un particolare dell'allegoria del buon governo, affresco del 1338-1339 di ambrogio lorenzetti nella sala della pace, palazzo pubblico, siena.
l'affresco si trova Sulla parete di fondo della sala  dove ogni aspetto del governo (quale la Giustizia, il Comune di Siena, i cittadini, le forze dell'ordine) e le virtù loro ispiratrici (sapienza divina, generosità, pace, virtù cardinali e virtù teologali) sono rappresentati da figure umane. Tutte queste figure interagiscono secondo un preciso ordine a rappresentare una scena assai complessa.  Nella visione d'insieme, l'affresco si articola su tre registri: quello superiore con le componenti divine (Sapienza Divina e Virtù Teologali), quello intermedio con le Istituzioni cittadine (la Giustizia, il Comune, le Virtù non teologali), quello più basso con i costruttori, nonché fruitori, di queste istituzioni (esercito e cittadini). La corda simboleggia l'unione tra la Giustizia e il Comune, inscindibili e inutili senza l'altro e tenuti insieme dai cittadini in stato di armonia. L'affresco esprime anche la percezione della giustizia nella Siena del tempo, una giustizia che non è solo giudizio di giusti e colpevoli, ma anche regolatrice di rapporti commerciali. È inoltre una giustizia che, pur ispirata da Dio, non si perita a condannare a morte e soggiogare le popolazioni vicine.

REPUBBLICA DI SAN MARINO


ambrogio lorenzetti Fu uno dei maestri della scuola senese del Trecento. Fratello minore di Pietro  fu attivo dal 1319 al 1348 e si distinse soprattutto per la forte componente allegorica e complessa simbologia delle sue opere mature e per la profonda umanità dei soggetti rappresentati e dei loro rapporti.

la Madonna col Bambino proveniente dalla chiesa di Sant'Angelo di Vico l'Abate, è considerata la prima opera tra quelle attribuibili ad ambrogio. È firmata e datata dall'autore al 1319. La presenza di quest'opera in un paese vicino Firenze, e le successive testimonianze che vedrebbero Ambrogio a Firenze e dintorni almeno fino al 1332, fanno altresì ritenere che Ambrogio Lorenzetti, seppure senese, ebbe una formazione più vicina a quella fiorentina di Giotto e dello scultore Arnolfo di Cambio, come è evidente nella solidità delle figure. La distanza da Giotto e dai suoi seguaci rimane comunque notevole, ponendo l'autore distante anche dalla scuola pittorica fiorentina e contribuendo a far emergere nella sua arte tratti davvero originali sin dagli esordi.

questa tavola giovanile  anticipa quello che sarà uno dei maggiori contributi di Ambrogio nella storia dell'arte, cioè il suo vivo naturalismo nella resa dei personaggi. Le mani di Maria reggono il bambino piuttosto che attorniarlo. La mano destra è inclinata rispetto all'avambraccio a reggere la gamba destra di Gesù. Le dita di entrambe le mani non sono parallele, ma sono disposte in modo da reggere meglio l'infante. Soprattutto spicca l'indice della mano destra che ha un naturalismo funzionale al gesto mai visto prima. Il Bambino guarda la madre. I suoi polsi e lo scorcio del suo piede sinistro mostrano un bambino che si agita e scalcia come un vero infante.

Gli anni successivi alla realizzazione della Madonna di Vico l'Abate (1319), fino almeno al 1332 rappresentano gli anni più nebulosi della vita artistica del pittore. Non esistono opere datate o documentate in quest'arco di tempo.  Quel che è certo è che Ambrogio Lorenzetti operò in questi anni prevalentemente a Firenze.  Nel 1327 l'artista risulta iscritto all'Arte Maggiore fiorentina dei Medici e degli Speziali (che a quel tempo comprendeva anche i pittori) e Lorenzo Ghiberti cita alcuni suoi affreschi di un convento agostiniano fiorentino, dipinti probabilmente tra il 1327 e il 1332.

La testimonianza più diretta sulla residenza fiorentina del pittore in questi anni è fornita dal trittico proveniente dalla chiesa di San Procolo a Firenze, avendo molti testimoni letto, nel corso dei secoli, la firma dell'artista e la data da lui apposta (1332) che oggi sono andate perdute. 

Sempre dalla chiesa di San Procolo di Firenze, e per questo datati intorno al 1332, provengono quattro tavolette raffiguranti Episodi della vita di San Nicola, oggi esposte agli Uffizi. Le tavolette mettono in luce una notevole vena narrativa dell'artista ed una sua abilità nella realizzazione di complesse architetture, evitando anche l'innaturale convenzione di sfondare le pareti per mostrare ciò che avviene nelle stanze.

nel 1337 l'artista risulta già in pianta stabile a Siena a dipingere in maniera autonoma dal fratello Pietro,  complice anche la partenza per Avignone  dell'artista di riferimento della città fino ad allora, ovvero Simone Martini.

Al 1337-1338 risale la Maestà della Cappella Piccolomini del Convento di Sant'Agostino di Siena, anch'essa caratterizzata da un profondo significato allegorico. Nel 1338-1339 Ambrogio dipinse quello che ancora oggi è considerato il suo capolavoro tra le opere a noi pervenute: le Allegorie del Buono e Cattivo Governo e dei loro Effetti in Città e in Campagna, dispiegate su tre pareti per una lunghezza complessiva di circa 35 metri nella Sala dei Nove del Palazzo Pubblico di Siena.

Sulla parete di fondo della sala si trova l'Allegoria del Buon Governo dove ogni aspetto del governo (quale la Giustizia, il Comune di Siena, i cittadini, le forze dell'ordine) e le virtù loro ispiratrici (sapienza divina, generosità, pace, virtù cardinali e virtù teologali) sono rappresentati da figure umane. Tutte queste figure interagiscono secondo un preciso ordine a rappresentare una scena assai complessa. Sulla parete di destra è presente l'Allegoria degli Effetti del Buon Governo in Città e Campagna, con una rappresentazione allegorica del lavoro produttivo entro la città di Siena e nella sua campagna. Infine, sulla parete sinistra è presente lAllegoria del Cattivo Governo, con personificazioni degli aspetti del malgoverno e dei vizi e dei suoi effetti in città e campagna. Il ciclo di affreschi è da sempre studiato da critici ed appassionati non solo di storia dell'arte, ma anche di storia e del pensiero politico, di urbanistica e del costume. Di fatto fu uno dei primi messaggi di propaganda politica in un'opera medievale. Dal punto di vista dottrinale vi è un chiaro riferimento al pensiero di San Tommaso D'Aquino.

Come il fratello Pietro, anche Ambrogio Lorenzetti morì nel 1348 per la terribile ondata di pestilenza che decimò le popolazioni dell'Europa occidentale. Rimane infatti un testamento, scritto dall'artista il 9 giugno 1348, in cui Ambrogio dispone, in maniera convulsa e in lingua volgare (in genere si usavano convenzionali formule in lingua latina per i documenti notarili), che tutti i suoi averi andassero in eredità alla Compagnia della Vergine Maria, temendo la morte imminente di sé stesso, della moglie e delle sue tre figlie. Nel 1348 e nel 1349 alcuni beni di Ambrogio Lorenzetti risultano effettivamente venduti dalla Compagnia, potendosi concludere che la peste abbia davvero decimato la sua famiglia.

Ambrogio Lorenzetti non conta molti allievi che seguirono in maniera fedele il suo stile.  L'arte di Ambrogio Lorenzetti ebbe comunque molti echi, ben oltre la Peste Nera  fino a dentro il Rinascimento.  Di fatto le sue complesse allegorie, la profonda umanità e il complesso significato religioso che emergono dalla sua produzione furono fonte di ispirazione per molti artisti della seconda metà del XIV secolo e dei secoli successivi.

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