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arte sui francobolli

LUCA SIGNORELLI

LUCA DI EGIDIO DI VENTURA     -     ca. 1445 - 1523

emissione del 13 agosto 1953 - serie "mostra di luca signorelli" - la vignetta raffigura un particolare tratto dall'affresco "predica e fatti dell'anticristo" (1499-1502), cappella di san brizio, duomo di orvieto.

25 L. Autoritratto di Luca Signorelli verde e bruno Dent.14¼×14 b • Filigrana ruota III • Stampa: rotocalco • Stampato da: I.P.S. Officina carte valori • Fogli da: 50 • Dim.: 24 × 40 (mm) • Dis. di V.Grassi • Tir.7.800.000 • Val.:30 giugno 1954
 
 


CITTA'  DEL VATICANO


S M O M

SOVRANO MILITARE ORDINE DI MALTA


Secondo Giorgio Vasari fu allievo di Piero della Francesca, come confermano gli scarsi frammenti dell'affresco giovanile per la torre del Vescovo a Città di Castello (Madonna con Bambino e i ss. Girolamo e Paolo, 1474), conservato nella Pinacoteca Comunale.

In seguito Signorelli si accostò all'ambiente urbinate; a questa fase appartengono le due tavolette con la Flagellazione e con la Madonna con Bambino (Milano, Brera), originariamente recto e verso di un'unica tavola processionale dipinta per la chiesa di S. Maria del Mercato a Fabriano, e gli affreschi della sacrestia della Cura nella basilica di Loreto (1479-80 circa).

Fondamentali per l'artista furono tuttavia gli stimoli della cultura artistica fiorentina, con cui venne precocemente in contatto. Già nelle opere del primo periodo si avverte infatti una ricerca di accordo tra plasticismo delle forme e dinamismo lineare.

Nel 1482 fu a Roma, attivo nella Cappella Sistina come collaboratore del Perugino, eseguendo  il riquadro con Mosè consegna la verga a Giosuè e la Morte di Mosè.

Negli anni successivi lo stile di Signorelli si precisa nelle sue originali caratteristiche, dal serrato schema compositivo all'uso del colore e della luce in funzione della definizione dei volumi nello spazio, come appare, per esempio, nella pala per il duomo di Perugia,  una delle sue opere più significative, nella Circoncisione  (National Gallery), o in due dipinti eseguiti per la committenza medicea, il tondo con la Madonna con Bambino e nudi nello sfondo e l'Educazione di Pan (già a Berlino, distrutta nella seconda guerra mondiale), soggetto mitologico che dava a Signorelli l'occasione di offrire la sua interpretazione del mondo classico.

Signorelli divenne anche imprenditore, mettendo su un'efficiente bottega che in Italia era seconda solo a quella di Perugino.  Dagli anni novanta ottenne, a cadenza quasi annuale, importanti commissioni in svariate località, puntualmente soddisfatte. Le opere di questo periodo mostrano però una brusca virata verso toni più patetici e popolari, per la maggior presenza di aiuti, ma anche per venire probabilmente incontro alle differenti esigenze della committenza provinciale.

La sua vena creativa  trovò una felice espressione nella tecnica dell'affresco: un carattere prevalentemente narrativo hanno le Storie di s. Benedetto del chiostro grande dell'abbazia di Monteoliveto Maggiore (1497-98), mentre nell'ultima fase la sua arte subisce una forte accentuazione drammatica ed espressionistica, evidente nel celebre ciclo di affreschi con il Giudizio universale della cappella di s. Brizio nel duomo di Orvieto (1499-1503), dove sono dipinte, tra l'altro, Storie dell'Anticristo, Resurrezione della carne, Inferno, Paradiso e varie figurazioni tratte dalla Divina Commedia.   Numerosi disegni di figura  di grande qualità, sono conservati al Louvre e agli Uffizi di Firenze.

Vasari nelle Vite compose un ritratto ben documentato e criticamente accurato, anche riguardo alla specificità artistica e alla formazione culturale di Signorelli. Lo definì infatti capace di "ingegno", di "invenzione bizzarra e capricciosa", di trovate e virtuosismi.  Le tappe del suo sviluppo artistico, elencate con precisione, vennero verificate e consolidate nella critica successiva.

Durante il Romanticismo la sua figura raggiunse l'acme dell'esaltazione, ammirato dai poeti e imitato da puristi e preraffaelliti, subì poi un radicale ridimensionamento nella critica moderna, soprattutto dopo la mostra del 1953 e la monografia di Pietro Scarpellini del 1954. A pesare sono soprattutto gli sbalzi qualitativi e talvolta "limiti gravi di autenticità poetica"  che malgrado tutto non sono mai stati ritenuti sufficienti per arrivare a negare il suo ruolo di protagonista o per lo meno di comprimario nella scena artistica del Quattrocento e, più in generale, dell'arte italiana.

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