ASSOCIAZIONE CULTURALE AMICIZIA SARDEGNA PALESTINA

 

LA MEMORIA FERTILE

 

CAGLIARI, VIA MONTESANTO 28. ORE 20.30

SABATO 21-28 FEBBRAIO
6-13-20-27 MARZO

LA MEMORIA FERTILE
VIDEO DALLA PALESTINA

A cura di
Arci - Massa
Arci - Milano

REGIONE TOSCANA GIUNTA REGIONALE
PROGETTO PORTO FRANCO
TOSCANA, TERRA DEI POPOLI E DELLE CULTURE

SABATO 21 FEBBRAIO: CHILDREN OF FIRE regia Mai Masri

SABATO 28 FEBBRAIO: CHILDREN OF SHATILA regia Mai Masri

SABATO 6 MARZO: FRONTIERS OF DREAMS AND FEARS regia Mai Masri

SABATO 13 MARZO:L'UCCELLO VERDE regia Liana Badr

SABATO 20 MARZO:HAI MISH EISHI regia Alia Arasoughly

SABATO 27 MARZO:ANCORA UNA VOLTA.CINQUE STORIE SUI DIRITTI UMANI DALLA PALESTINA
Regia: Ismael Al Habbash, Abdessalam Shehadeh, Tawfik Abu Wael, Nada al Yasir, Najwa Najjar


Chilldren of fire
Regia: Mai Masri
Palestina 1990, 56', b/n

Dopo quattordici anni di assenza dalla sua citta natale di Nablus, Mai Masri ritorna nella città in fiamme e diventa testimone della lotta dei ragazzi palestinesi per la libertà dall'occupazione israeliana e vive dall'interno l'Intifada. Noi vediamo i bambini diventare adulti troppo presto per la durezza della vita nei territori occupati, dove la loro infanzia è stata rubata dai soldati d'Israele e dove la loro unica speranza è nell'Intifada, la rivoluzione delle pietre.
Primo premio al Cairo Television Festival 1995
Premio del Pubblico al Feminin Pluriel Festival

Children of Shatila
Regia: Mai Masri
Libano 1998, 50', Col. 35 mm

La regista racconta la storia dell'esilio palestinese attraverso le esperienze personali di Farah, di 11 anni, ed Issa, di 12 anni, due bambine del campo di Chatila. Il film cattura aspetti delle loro vite ed esprime la prospettiva di una nuova generazione palestinese, attraverso ciò che le bambine stesse hanno girato con la videocamera loro affidata.
Il campo di Chatila divenne tristemente noto dopo l'orribile massacro del 1982, che sconvolse l'opinione pubblica internazionale. Situato nella "cintura della miseria" di Beirut, il campo ospita oltre 15,000 palestinesi e libanesi che condividono un'esperienza comune di sradicamento, disoccupazione e povertà. Cinquanta anni dopo l'esilio dei loro avi dalla Palestina, i bambini del campo di Chatila cercano di accettare la traumatica realtà di essere rifugiati in un campo sopravvissuto a massacri, assedi e fame. I bambini esprimono la vita di tutti i giorni e la loro storia attraverso personali immagini, girate direttamente da loro con una videocamera digitale. La storia del campo emerge dal racconto di Farah ed Issa, che riflette insieme i sentimenti e le speranze della loro generazione.

Premio per la migliore regia all'Arab Screen Film Festival di Londra nel 1999.
Il film è stato anche trasmesso in TV in Inghilterra e in altri paesi di tutto il mondo.

Frontiers of dreams and fears
(Frontiere dei sogni e delle paure)
Regia: Mai Masri
Produttore: Mai Masri
Produttore Associato: Jean Chamoun
Direttore Fotografia: Fouad Suleiman, Hussein Nassar, Jimmy Michel
Edizione: Michèle Tyann
Musiche: Anouar Brahem
Prodotto in collaborazione con la Indipendent Television Service (ITVS).
Palestina USA 2001 , 56'

Il film segue due giovani ragazze palestinesi nel corso di alcuni mesi della loro vita: Mona dal campo di rifugiati di Chatila a Beirut e Manar dal campo di Dheisha a Betlemme. Vivendo in due campi diversi - l'uno segnato dalle condizioni di estrema marginalizzazione, l'altro dall'oppressione economica e militare israeliana - le due ragazze cercano di comunicare l'una con l'altra a dispetto delle barriere che le separano. Il film descrive la loro vita e i loro sogni, attraverso le loro relazioni condotte via e-mail e culminante nel loro drammatico incontro sul confine libano-israeliano. Girato nell'intervallo di tempo tra la liberazione del Sud Libano dalle truppe israeliane e l'inizio della nuova Intifada, il film accompagna le due ragazze nel loro straordinario viaggio ai confini dell'esilio che le separa dalla loro terra e l'una dall'altra.

Premio Excellence al Global Environmental Film Festival di Tokyo
Primo Premio al Festival Internazionale di Ismailia
Premio speciale della Giuria al Beirut International Film Festival 2001
Migliore film arabo per l'Associazione dei Critici Cinematografici Egiziani 2001
Migliore documentario per l'Associazione dei Documentaristi Egiziani 2001
MAI MASRI è nata ad Amman. Il padre era un palestinese di Nablus , la madre americana. E' cresciuta a Beirut dove ha compiuto gli studi primari e secondari. Nel 1976 si è trasferita negli U.S.A. per studiare cinema all'Università di San Francisco. Terminati gli studi nel 1981, torna a Beirut, dove il regista Jean Chamoun le propone di collaborare con lui. E' l'inizio di una lunga relazione lavorativa e personale (Jean Chamoun diventa suo marito) che li porta a realizzare una serie di film. Particolare diffusione hanno avuto nei canali televisivi di tutto il mondo i documentari, vincitori anche di diversi premi. Mai e Jean hanno creato la "Nour Production" che è ora produttrice di tutti i loro film.
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"Io sono cresciuta in un sobborgo di Beirut a meno di 10 minuti di strada dal campo di rifugiati di Chatila. Ho conosciuto famiglie che lo abitavano e visto i bambini crescere. Ogni volta che visito il campo ciò che mi colpisce è la vista dei bambini che giocano sui mucchi di macerie e di immondizie. Sono sempre sorpresa dalla capacità di ridere e giocare nonostante le miserabili condizioni in cui vivono.
Chatila e Deisha erano due tra i molti campi di rifugiati, temporanei ripari per i 700.000 palestinesi che furono spossessati delle loro case in Palestina quando fu creato lo Stato di Israele nel 1948.
Io filmai per la prima volta nel campo di Chatila dopo l'orrendo massacro del 1982. Fino ad allora ero stata testimone della sua distruzione e ricostruzione tre volte. Attualmente il campo di Chatila è la casa di più di 15.000 palestinesi che condividono un'esperienza di spiazzamento, disoccupazione e povertà. Situato nel cuore della "cintura della miseria" di Beirut, il campo è formato da un labirinto di stretti vicoli collocati in un solo miglio quadrato con famiglie alloggiate in 10 in una singola stanza. I padri sono disoccupati e i bambini si ritirano dalla scuola all'età di 11 o 12 anni per aiutare le loro famiglie. Molti soffrono di denutrizione e di ritardo nella crescita.
Il campo di Dreisha è situato presso Betlemme in Palestina. Mi ricordo di esservi passata nel 1989 durante la prima intifada. Fui colpita dal recinto che l'esercito israeliano aveva costruito attorno per controllare i suoi abitanti. Sentivo che c'era una storia in questo campo che mi avrebbe fatto tornare un giorno...
La mia relazione con il campo di Dheisha è iniziata con l'Ibdaa Cultural Group e Manar che era una componente del gruppo. Mi sono sentita subito a casa a Dheisha. Sono stata coinvolta dall'ospitalità e dalla cordialità della gente. Dheisha è la casa di 14.000 rifugiati palestinesi. Molti di loro provengono dai villaggi attorno all'area di Gerusalemme. Essi hanno conservato le loro tradizioni e le chiavi delle loro abitazioni. Molti dei giovani sono laureati.
Ho cominciato a girare nel campo di Dheisha nell'agosto 2000, un mese prima della seconda Intifada. Mentre stavo filmando, ho notato che le condizioni di vita erano leggermente megliori che a Chatila. Il papa aveva appena visitato il campo, con le mura dipinte di bianco e con murali e graffiti ricchi di colori.
Ma molto è cambiato da quando ho finito di girare "Frontiere". Nel marzo 2002 l'esercito israeliano ha invaso le più importanti città palestinesi e i campi dei rifugiati. Anche Dheisha fu occupato e vi furono arrestate 600 persone, inclusi molti dei ragazzi che appaiono nel film. Fui anche scioccata dal sentire che i soldati israeliani avevano uccisoil nonno di Manar in un vicolo vicino a casa. Io lo avevo filmato mentre portava Manar a visitare ciò che rimane del loro villaggio distrutto in Palestina. Lo ricorderò sempre come portatore delle chiavi e delle memorie di quelle case distrutte.".


L'Uccello verde
Regia:Liana Badr
Sceneggiatura: Liana Badr
Fotografia: Mounes Zahalka, Liana Badr
Montaggio:Philip Hazou Khalid El Shaqra
Musiche: Bashar Abd Rabou
Produzione: Dipartimento della Donna e dell'Infanzia - Ministero Palestinese dell'Informazione
Palestina 2002, 42'
Chi crederebbe che
Un uccello possa uccidere il suo cacciatore?
L'uccello vuole cantare
L'uccello vuole volare

In questo racconto palestinese, l'uccello verde narra la propria storia: catturato, ucciso e divorato dai suoi parenti più stretti, l'uccello verde resuscita grazie all'amore della sorella che gli ricuce le piume permettendogli di tornare a vivere. Come questo uccello, noi abbiamo imparato a raccontare la nostra sofferenza e sappiamo che un giorno le nostre piume verdi della speranza ci porteranno a volare ancora nel cielo.

"Per realizzare questo film non ho avuto bisogno di cercare lontano. Incontro questi bambini tutti i giorni nella mia strada, nel mio quartiere. Al di là delle sofferenze quotidiane, della paura, al di là degli attacchi degli occupanti che mettono in pericolo la loro stessa vita, ho voluto rivelare quello spazio, fatto di sogni e di speranze, che ciascuno di essi è riuscito a ritagliarsi. Con l'immaginazione, con i loro colori e i loro aquiloni, questi bambini lottano contro lo sterminio che incombe sul loro popolo".
"Ogni bambino è diverso, ciascuno con la propria speciale storia, ma tutti condividono la stessa speranza: una speranza fatta di libertà e di giustizia. Una speranza che viene fecondata nelle loro canzoni, nei loro giochi, nei simboli della loro vita quotidiana e che sfida coraggiosamente l'illegale rampante colonizzazione israeliana usurpatrice delle loro terre. "

LIANA BADR, nata a Gerusalemme nel 1950 è cresciuta a Gerico. Dopo l'invasione del '67 si è rifugiata insieme alla famiglia in Giordania, poi a Beirut dopo il settembre nero del '70. Ha interrotto gli studi presso l'università della Giordania e si è laureata in filosofia e psicologia all'Università di Beirut ma non è riuscita a concludere la sua specializzazione a causa della guerra civile in Libano. Dopo l'82 l'esodo l'ha portata a vivere a Damasco, Tunisi e Amman.
E' tornata in Palestina nel 1994. Ha lavorato come volontaria in munerose associazioni di donne palestinesi ed è stata redattrice della sezione culturale della rivista Al Hurriyya. Poetessa e scrittrice, dal 1979 ha pubblicato molte raccolte di racconti tradotte anche in paesi europei: A compass for the Sunflower, racconti, novelle, cinque libri per bambine/i, una raccolta di poesie. Molto importante il suo lavoro di ricerca sulla poetessa Fadwa Toquan The
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shadow of the spoken words - Dialogue with Fadwa Toquan. Sposata, madre di due figli , attualmente responsabile del Dipartimento Cinema e Audiovisivi del Ministero della Cultura Palestinese a Ramallah è redattrice del periodico Dafater Thaqafiyya.


Hai mish eishi
(Questo non è vivere)

Regia: Alia Arasoughly
Fotografia: Magdi Bannoura
Montaggio: Tareq Eid
Musica: Said Murad
Suono: Iyyad Asi
Produzione: Alia Arasoughly (Gerusalemme - Palestina)
Distribuzione: Alia Arasoughly (Gerusalemme - Palestina)
Palestina 2001, 42', col., Video Beta

Al fine di esplorare i temi della pace e della guerra, con estremo coraggio e rischiando la vita, la regista ha intervistato alcune donne palestinesi, donne comuni che vivono in un'epoca straordinaria. Dal suo documentario emergono i ritratti di 8 donne che cercano di vivere nonostante la guerra . Una redattrice, una contadina, una direttrice di teatro, una domestica, la proprietaria di un negozio, una casalinga e due studentesse parlano di come percepiscono la guerra e se stesse nella guerra e su come cercano di affrontare la paura e la morte e di come tentano di dare forma e contenuto alle loro vite. Descrivono il terrore che, in qualsiasi momento della giornata, un missile possa abbattersi sulla loro casa, le paure ed i traumi, le limitazioni agli spostamenti, le ferite profonde ed il tentativo di condurre una vita normale, sia nell'ambito familiare sia in quello lavorativo. Tutte parlano con passione, stupore, rabbia, ira e indignazione… Parlano della perdita della propria identità e del senso di direzione, della voglia di vivere, della loro patria smembrata, delle loro famiglie decimate. Parlano di dolore e di speranza. Ma nessuna riesce a pronunciare la parola pace.
Le donne palestinesi sono sempre più chiuse tra la crescente militarizzazione del conflitto e l'immagine stereotipa che ne forniscono i media. Alia Arasoughly racconta la marginalizzazione del punto di vista femminile e la strumentalizzazione politica che di essa viene fatta, trascurando il loro vissuto da cui può scaturire un contributo forte e originale alla lotta.

ALIA ARASOUGHLY è sociologa della cultura, teorica di cinema nonché produttrice e regista. Ha partecipato a numerosi eventi in tutto il mondo come relatrice sui temi del post-colonialismo, disparità/uguaglianza dei sessi e identità nazionale nella cinematografia araba. Ha curato e diretto il famoso festival cinematografico Liberation and Alienation in Algerian Cinema, oltre a tradurre e curare l'editing dei due volumi Screens of Life - Critical Film Writing from the Arab World. Tra le sue opere: Torn Living, un documentario che esplora i temi dell'esilio, dell'identità e della comunità sia attraverso la personale testimonianza della regista sia mediante il confronto con altre donne palestinesi. Alia ha lavorato in veste di Media Supervising Consultant per il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite in Palestina ed è attualmente impegnata nel programma di Empowerment delle Donne palestinesi sovvenzionato da UNIFEM. Hay mish eishi è stato presentato in anteprima mondiale al Festival Internazionale Cinema delle Donne di Torino.


Ancora una volta. Cinque storie sui diritti umani dalla Palestina

Regia: Abdessalam Shehadeh, Tawfik Abu Wael, Ismail al Habbash, Nada al Yasir, Najwa Najjar
Montaggio: Daoud Kuttab, Osnat Trabelsi, George Khleifi
Produzione: George Khleifi, Institute of Modern Media of Al-Quds University
Palestina, 2002, 57'

Il film è composto da cinque cortometraggi sulla situazione nei Territori Pelestinesi commissionati dall'Università Al-Quds. I registi provengono da Ramallah, Gerusalemme, Gaza, Um Al Fahm e Nazareth.
Ismael al Habbash racconta la storia di una famiglia i cui membri si trovano sulla linea del fuoco mentre stanno traslocando nella loro nuova casa. Uno dei figli muore.
Nada al Yasir visita in Galilea un villaggio beduino che fa parte dei 60 villaggi non censiti e non riconosciuti da Israele. Gli abitanti non hanno il diritto di costruire, né di avere una scuola e la corrente elettrica.
Tawfik Abu Wael cerca la ragione per la quale il nome del palestinese ucciso con quattordici cittadini israeliani in Galilea non figura sul memoriale costruito a memoria delle vittime.
Abdel Salem Shehadeh visita una famiglia contadina che ha dato il nome dei loro figli agli alberi che hanno piantato sulla loro terra. Ma il terreno è collocato sulla linea di demarcazione. Gli alberi vengono sradicati per questioni di sicurezza.
Najwa Najjar segue il giovane Mohammed al checkpoint di Qalandia tra Gerusalemme e Ramallah. Mohammed sopravvive aiutando i palestinesi che attraversano ogni giorno lo sbarramento ,portando loro i bagagli.

Institute of Modern Media Al-Quds University
L'Istitute of Modern Media fu costituito presso l'Università Al-Quds di El-Bireh (Palestina) nel giugno 1996 con l'intento di fornire educazione di alta qualità su tutti i mass-media con un ampio spazio dedicato alla pratica e alla sperimentazione.
Uno dei suoi fini principali è di costituire un insieme attivo di operatori capace di operare con il video, il CD-ROM, Internet e altri tipi di comunicazione. I programmi sono volti ad aiutare la formazione di una comunità nazionale, a rafforzare il pluralismo, la democrazia e il consolidamento dei diritti umani in Palestina.
L'Istituto ha prodotto materiali televisivi locali di alta qualità. Tra queste produzioni vi sono 6 films, 13 spots che affrontano il tema degli effetti della violenza sui bambini, e altri programmi TV. Ha organizzato programmi avanzati di formazione per le televisioni locali.
In collaborazione con l'UNICEF, l'Istituto ha organizzato uno workshop per giornalisti per la conoscenza approfondita dei diritti dei bambini.
L'Istituto è diretto da Daoud Kouttab, giornalista diventato produttore che già aveva creato, con la collaborazione di Georges Khleifi attorno a sé un gruppo di giovani cineasti formatisi sul campo, facendo convogliare in questo dipartimento l'esperienza acquisita e le capacità del team.