La chiave di tutto

Relazione dettagliata dell'esproprio territoriale del West Bank

di Jean Shaoul - da una relazione di B'tselem

25 Maggio 2002

Esproprio del territorio

La politica di colonizzazione eseguita da Israele nei Territori Occupati

Land grab, Israel's settlement policy in the West Bank, la relazione pubblicata recentemente da B'tselem, il Centro Israeliano per i Diritti Umani nei Territori Occupati, documenta per la prima volta tutta la dimensione dell'esproprio territoriale illegale compiuto da Israele nel West Bank, che sta occupando militarmente sino dalla guerra del 1967.

Nonostante i terreni attrezzati delle circa 200 colonie non costituiscano che il 1,7% del territorio del West Bank, i loro confini municipali si estendono per oltre tre volte tale superficie, cioè il 6,8%, mentre i relativi Consigli regionali ne comprendono un altro 35,1% - tutto territorio previsto per una futura espansione dei piani urbanistici. Così, in totale, Israele controlla il 41,9% del West Bank.

Lungi dal restituire territorio ai palestinesi, il cosiddetto processo di pace basato sulla formula "territorio per pace" non è servito a fare evacuare una sola delle colonie. Anzi, il numero delle colonie è cresciuto, assieme ai loro inquilini ed i terreni inclusi nelle previste zone d'espansione delle colonie.

Quando il Trattato di Oslo fu firmato nel 1993, la popolazione delle colonie nel West Bank, inclusa quella di Gerusalemme Est che Israele si rifiuta di riconoscere come tale, ammontava ad 247 000. All'inizio dell'anno 2002, il numero è lievitato a 380 000, quindi, di più del 50%.

Mentre qualche competenza è stata trasferita all'Autorità Palestinese (PA), queste competenze si estendono a dozzine di recinti palestinesi sconnessi tra di loro, composti di città e villaggi dove vive la maggioranza della popolazione del West Bank, ma comprendenti soltanto il 42% del territorio.

Come ha spiegato B'tselem, il controllo della restante parte del territorio, assieme al controllo delle strade che mettono in collegamento i vari recinti oltre a quelle che servono da porte d'uscita verso i paesi arabi confinanti e verso Israele, rimane nelle mani di Israele.

Uno degli stratagemmi preferiti per arrivare all'esproprio delle terre palestinesi, è di dichiarare un pezzo di territorio "terreni demaniali", facendo leva di una vecchia legge ottomana del 19simo secolo.

Altri stratagemmi comprendono la prassi di requisire terreni per scopi militari, la dichiarazione dello stato di abbandono su determinati terreni per poterli confiscare per presunti obiettivi pubblici.

Oltre a questo, Israele ha aiutato i suoi cittadini ebrei nell'acquisto di terreni per la costruzione di colonie nuove. Per invogliare i suoi cittadini ebrei e gli ebrei della diaspora a venire a vivere nelle colonie, lo stato sionista ha sviluppato un elaborato sistema finanziario, di progettazione ed organizzativo che è risultato nell'assimilazione di territorio palestinese nello stato di Israele.

Facendo così, il governo di Israele ha ripetutamente infranto la legge internazionale riguardante l'occupazione militare di territori altruì, ha negato ai palestinesi i loro diritti umani fondamentali ed ha adoperato un sistema di discriminazione basato sulla religione e l'origine nazionale delle persone.

Yehezkel Lein, l'autore della relazione, dice "essenzialmente, il processo di assimilazione tende ad oscurare il fatto che l'impresa della colonizzazione dei Territori Occupati ha creato un sistema di separazione, legalmente sanzionato, basato sulla discriminazione - un sistema che probabilmente, sino dallo smantellamento del regime di apartheid del Sudafrica, non ha nessuna parallela da nessuna parte del mondo. Per nascondere qual era la dimensione totale della sua politica di annessione, Israele ha cercato di fare il suo meglio per trattenere le informazioni principali sulle colonie.

Mentre informazioni riguardanti le autorità locali in Israele sono facilmente accessibili, B'tselem ha dovuto lottare per un anno con l'Amministrazione Civile - un eufemismo per indicare il regime illegale di Israele nei Territori Occupati. Solo dopo che B'tselem aveva minacciato di intraprendere azioni legali, l'Amministrazione Civile ha consegnato le informazioni le quali non erano nemmeno aggiornate.

Un portavoce dell'Amministrazione Civile dichiarò che "attualmente non disponiamo di mappe aggiornate per le Autorità regionali di Giudea e Samaria", i nomi biblici del West Bank che Israele insiste ad adoperare.

Una violazione della legalità internazionale

L'esproprio di territorio palestinese, praticato da Israele nell'ambito della realizzazione della politica di un Grande Israele, costituisce una violazione flagrante dei due principi basilari della legge internazionale, vincolante per Israele, in riferimento alla guerra e l'occupazione territoriale: le Regole di La Hague dell'anno 1907 e la Quarta Convenzione di Ginevra dell'anno 1949.

L'uso esclusivo di territori requisiti a beneficio dei coloni escludendone invece, i palestinesi, è ugualmente illegale, a prescindere dai metodi con i quali i relativi territori siano stati acquisiti.

Le Regole di La Hague sono basate sul principio fondamentale che un'occupazione militare debba essere temporanea. Questo per impedire alla potenza occupante di "creare fatti sul terreno" atti a pregiudicare una futura soluzione politica.

Per oltre dieci anni ormai, Israele sta giustificando l'esproprio di terreni di proprietà privata a beneficio delle sue colonie con motivi di sicurezza e ciò con la piena cooperazione della Corte Suprema.

Soltanto in seguito a proteste di massa, il gruppo pacifista Peace Now era riuscito a lanciare una sfida legale contro la colonia Elon Moreh, costituita per motivi di sicurezza, vincendo la causa in quanto la Corte aveva dichiarato illegale questa pratica.

Intanto, il governo cambiò tattica, con Ariel Sharon nel ruolo cruciale di Ministro dell'Agricoltura e responsabile del controllo dell'Amministrazione Demaniale di Israele. Egli semplicemente firmava le autorizzazioni di nuove colonie su terreni che egli dichiarava "terreni demaniali", cioè, terreni che si dichiarava avendo fatto parte della Giordania. La Corte Suprema si rifiutava di intervenire per dichiarare illegale la nuova procedura. Ma anche nell'ipotesi che si fosse trattato di terreni demaniali, il che è molto improbabile, l'articolo 55 delle Regole di La Hague dispone chiaramente che la potenza occupante non ha sovranità sulle terre occupate sicché le è concesso usare le "terre demaniali" esclusivamente a scopo dell'amministrazione del territorio. "Essa è obbligata a salvaguardare la proprietà di questi beni e non ne può cambiare il carattere o la destinazione, tranne per esigenze di sicurezza e di benessere della popolazione residente".

Le colonie cambiano radicalmente la destinazione delle terre demaniali.

L'articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra dispone: "La potenza occupante non può deportare o trasferire una quota della propria popolazione civile nei territori da essa occupati".

Come ha spiegato la Croce Rossa Internazionale, con questa disposizione si era voluto impedire la ripetizione di atti commessi durante la Seconda Guerra Mondiale, cioè il trasferimento di popolazioni verso territori militarmente occupati o la loro colonizzazione per conseguire obiettivi di politica razziale.

Il presunto trasferimento volontario di cittadini israeliani non sarebbe mai stato possibile se il governo non avesse sollecitato tale trasferimento a suon di massicci appoggi finanziari ed organizzativi. Inoltre, il trasferimento è stato conseguito grazie alla creazione di un sistema di separazione e discriminazione (sia fisica che legale) tra i coloni ed i palestinesi, con l'intenzione deliberata di annettere i Territori Occupati in tutto od almeno parzialmente, ad Israele.

Queste violazioni della legge internazionale costituiscono una violazione anche delle leggi internazionali a tutela dei diritti umani - i diritti all'autodeterminazione, all'uguaglianza, alla proprietà, ad un adeguato livello di vita, alla libertà di movimento - tutti diritti sanzionati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ed universalmente riconosciuti da due Convenzioni delle Nazioni Unite del 1966, ratificate peraltro da Israele.

Il primo articolo, uguale per ambedue le Convenzioni, dice: "Ogni popolo ha il diritto all'autodeterminazione. In virtù di tale diritto, ogni popolo ha il diritto di determinare liberamente la propria costituzione politica, di perseguire liberamente il suo benessere economico, sociale e culturale. Ogni popolo ha il diritto di disporre liberamente, ai propri fini, dei suoi beni naturali .... in nessun caso un popolo può essere privato dai suoi propri mezzi di sussistenza".

Le colonie interrompono la contiguità territoriale delle città e dei villaggi palestinesi sul West Bank, impedendo la costituzione di una stato palestinese viabile, occupando non solo una porzione consistente del territorio, ma sottraendo inoltre, la maggior parte delle risorse d'acqua esistenti nel West Bank a favore dei coloni.

I coloni dispongono di prati verdeggianti e di numerose piscine, mentre i palestinesi subiscono frequenti, quasi giornaliere interruzioni delle forniture d'acqua. I'articolo secondo delle due Convenzioni e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani proclama il diritto all'uguaglianza. Esso dice: "Ogni persona è titolare dei diritti e delle libertà sanzionati dalla presente Dichiarazione, senza distinzione di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica, origine nazionale o sociale, proprietà possedute, nascita o condizione. Inoltre, nessuna distinzione può essere fatta sulla base dello stato politico, giurisdizionale od internazionale vigente sul territorio di appartenenza della persona, sia esse sovrana, sotto mandato, in regime di amministrazione autonoma o sottoposta a qualsivoglia limitazione della sovranità".

Israele adopera le sue leggi, regolamenti ed ordini militari in modo sistematico per effettuare un'annessione illegale delle colonie allo stato di Israele. In virtù del fatto che Israele è l'unico stato nel mondo che non si definisca stato dei suoi cittadini, ma invece, stato del popolo ebreo, il governo di Israele non invita soltanto ebrei israeliani, ma anche ebrei della diaspora a trasferirsi per prendere la loro residenza nel West Bank.

Le attraenti nuove case ed i servizi connessi nelle colonie non sono a disposizione dei palestinesi israeliani o del West Bank. Inoltre, nonostante abbiano la loro residenza nel West Bank, i coloni sono soggetti alla legislazione di Israele, mentre i palestinesi sono soggetti al regime dell'occupazione.

Anche dopo la firma degli Accordi di Oslo e la costituzione dell'Autorità Palestinese, i coloni sono rimasti soggetti alle disposizioni legislative ed amministrative di Israele. In questa maniera, uno degli effetti diretti dell'esistenza delle colonie è la segregazione tra le popolazioni palestinese ed israeliano residenti sullo stesso territorio, ma soggette a differenti sistemi legali, a seconda dell'appartenenza religiosa e dell'origine nazionale. Questo costituisce una grossolana violazione del diritto all'uguaglianza.

B'tselem vuole inoltre portare all'attenzione il fatto che l'articolo 17 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani riconosce il diritto alla proprietà. Israele ha incluso questo riconoscimento nella Sezione 3 della sua Legge Fondamentale (Basic Law). Considerando che le colonie sono state costruite su proprietà privata altrui e quindi, risultano illegali sino dall'inizio, una grande quota dell'esproprio di territorio riguarda direttamente il diritto personale dei palestinesi alla proprietà.

Risulta inoltre, che molte delle procedure impiegate per sottrarre terreni contenevano flagranti ed arbitrarie contravvenzioni al diritto ad un processo regolare.

L'articolo 11 della Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali riconosce ad ogni persona il diritto ad un adeguato standard di vita per se stesso e la sua famiglia, comprendendo il diritto ad un alimentazione, vestiario ed abitazione adeguati così, come il conseguimento di un continuo miglioramento delle proprie condizioni di vita. L'articolo 6 di detta Convenzione riconosce ad ogni persona il diritto di lavorare e procurarsi i mezzi per il proprio mantenimento tramite un lavoro liberamente scelto.

La distanza ravvicinata alla quale si trovano molte delle colonie rispetto alle città ed ai villaggi palestinesi, ha pregiudicato lo sviluppo urbanistico di quest'ultimi. In alcuni casi, le colonie sono state progettate deliberatamente per impedire l'espansione naturale degli insediamenti palestinesi. Gli Israeliani hanno usato la loro legislazione militare oltre che per restringere lo sviluppo fisico degli insediamenti palestinesi, anche per intervenire sui piani urbanistici a favore dei coloni israeliani ed a danno dei palestinesi, provocando tra i palestinesi un'emergenza di alloggi ed un sovraffollamento abitativo.

L'appropriazione di terreni agricoli e di pastorizia a beneficio dei coloni e della costruzione di strade ha contribuito a distruggere la vita economica. L'articolo 12 della Convenzione Internazionale dei Diritti Civili e Politici dispone che ogni persona sia titolare dei diritti alla libertà di movimento, senza restrizioni, nella sua patria. La maggior parte delle colonie insediate lungo la regione collinosa centrale, sono state insediate vicine alla Strada n° 60, l'arteria nord-sud principale del West Bank.

Le Forze Armate di Israele hanno installato posti di blocco lungo tutta la strada per garantire la sicurezza e la libertà di movimento ai coloni. Sino dal settembre 2000, l'inizio dell'Intifada, le Forze Armate hanno creato centinaia di posti di blocco con il risultato che trasporti che una volta chiedevano 15 minuti, adesso richiedono ore, sempre che possano essere portati a termine.

Nonostante la lista delle offese di Israele contro i 3,5 milioni di palestinesi capitati sotto il suo controllo sia spaventosa, nè l'ONU nè alcun'altra delle potenze occidentali, ne i regimi arabi hanno ritenuto doveroso fare rispettare la legalità internazionale ad Israel o documentare i crimini di Israele contro i palestinesi.

La politica della colonizzazione

L'obiettivo primario di B'tselem, cui membri consistono di avvocati liberali, accademici ed altri professionisti, è di sollecitare Israele ad adempiere agli obblighi derivanti dalla legalità internazionale ed a smantellare le sue colonie, che ritiene essere un ostacolo al futuro - visto a lungo termine - dello stato sionista.

La relazione di B'tselem descrive come, nonostante i cambiamenti della politica di Israele verso le colonie durante gli ultimi 35 anni, tuttavia, tutti i governi "hanno contribuito a rinforzare, sviluppare ed espandere l'impresa colonizzatrice". Ma la relazione di B'tselem vede le scelte della politica del governo come una scelta ideologica, suscettibile di cambiamento, e non invece, come una risposta politica a fattori economici e sociali oggettivi. Così, gli autori non riescono a spiegare perché perfino coloro che dichiaravano di volere rovesciare queste politiche, abbiano regolarmente fallito nel mettere in atto i loro intenti.

Con la guerra del 1967, che tutti i partiti politici accoglievano come un'opportunità per spostare più in là i confini dello stato, era nata la politica del Grande Israele, producendo anche un nuovo ceto politico, reclutato sopratutto tra i coloni ebrei all'interno dei Territori Occupati e votato ad una politica espansionista.

Subito dopo la guerra, la coalizione di Levi Eshkol che faceva capo ai Laburisti, annesse Gerusalemme Est e la Città Vecchia, assieme a vaste aree a nord, est e sud della città, inglobando il tutto nella nuova Municipalità di Gerusalemme. Le annessioni s'estendevano molto al di là dei confini della città come erano stati definiti sotto la sovranità giordana, precedentemente alla guerra.

Il governo si mise poi a costruire colonie nelle aree circondanti la città, "per prevenire a qualsiasi sfida alla sovranità di Israele su di esse e per impedire qualsiasi tentativo di ritirarsi da queste aree".

La colonizzazione del West Bank ebbe inizio nel settembre 1967, con la costruzione della prima colonia a Kfar Etzion, nonostante le dichiarazioni del governo laburista di essere disposto a scambiare il West Bank per la pace con i suoi vicini arabi. Sebbene il Piano Alon del governo, che prese il suo nome dal generale cui faceva capo il Comitato Ministeriale per gli Insediamenti, subisse delle numerose variazioni, il suo obiettivo fu quello di ridisegnare ed espandere i confini di Israele per facilitare la sua difesa militare. A tale scopo, il Piano Alon propose di creare una teoria di colonie atta a garantire una "presenza ebrea" e preparare l'annessione formale di circa la metà dei restanti territori del West Bank. Nella misura del possibile, l'annessione di aree densamente popolate da palestinesi dovrebbe essere evitata. Esse sarebbero destinate a fare parte di un futuro stato giordano-palestinese.

Il successo di Israele nella guerra del 1967 aveva fatto nascere una ventata di fervore nazionalista tra alcuni dei gruppi della destra religiosa, che salutavano la vittoria come lo "inizio della Redenzione" che avrebbe offerto l'opportunità di realizzare la visione di "tutta la terra di Israele". Questi gruppi formarono il Gush Emunim, il Blocco dei Fedeli, che sotto la guida di un fanatico religioso si propose di forzare la mano al governo laburista e creare quanto più colonie possibile nella terra biblica di Israele, anche nelle aree densamente popolate da palestinesi. Questi gruppi si misero a creare insediamenti prescindendo dai permessi governativi, o perfino in contrasto con le disposizioni politiche, oppure sotto false apparenze, per costringere il governo a riconoscere le nuove colonie a cose fatte. Ad esempio, dopo sette tentativi andati a vuoto negli anni 1974-75 di creare colonie nell'area di Nablus, i coloni raggiunsero un compromesso con il Ministro della Difesa, Shimon Peres, che permise loro di rimanere in una base militare denominata Qadum, ubicata ad occidente di Nablus. Due anni dopo, la base fu ufficialmente trasformata nella colonia di Qedumim.

Nell'anno 1977, sulla West Bank erano già state costruite quasi 30 colonie con circa 4.500 inquilini, sopratutto in aree per le quali il Piano Allon aveva previsto uno sviluppo urbanistico. Altri 50.000 israeliani risiedevano ormai nei nuovi, estesi confini della città di Gerusalemme. In seguito alla stesure del Piano Alon, il governo laburista aveva cercato di sigillare ermeticamente le città ed i villaggi palestinesi dentro una muraglia di colonie ebree.

Questa strategia fu cambiata nel 1977, quando il governo più a destra ancora, quello del Likud, abbandonò il Piano Allon, sostituendolo con una nuova strategia, cioè quella di portare le colonie ebree direttamente all'interno delle aree palestinesi - con l'intenzione di rendere la vita dei palestinesi il più miserabile possibile spingendoli così, all'emigrazione.

Nel settembre 1977, Sharon presentò il suo grande progetto chiamato "Una visione di Israele per la fine del secolo", che prevedeva l'arrivo di due milioni di ebrei nei Territori Occupati entro la fine del 20esimo secolo, nonché una nuova ondata di immigrazione in Israele. Sharon ed i suoi seguaci credevano che la creazione di una maggioranza ebrea nel West Bank sarebbe stata altrettanto essenziale quanto lo era stato per i pionieri del sionismo durante l'insediamento lungo la costa mediterranea negli anni 1920 e 1930. Queste nuove colonie avrebbero imposto una maggioranza ebrea su tutto il West Bank mettendo Israele nell'impossibilità di rinunciarvi, se non a costo di espellere centinaia di migliaia di ebrei e precipitarsi nella guerra civile.

Un articolo su Sharon apparso sul quotidiano Financial Times il 6 aprile cita la sua autobiografia, nella quale Sharon si lamenta dell'avvenuta trasformazione di Israele da una nazione di pionieri in una meno eccezionale. Con parole ancora più rivelatrici, il giornale cita "ma loro (i genitori di Sharon) credevano senza ombra di dubbio che solo loro (gli ebrei) avessero diritti sulla terra. E che nessuno li avrebbe mai costretti a sloggiare, né con il terrore né con qualsiasi altra cosa. Quando la terra ti appartiene fisicamente, quando tu conosci ogni vetta ed ogni vallata ed ogni orto, quando la tua famiglia vi risiede, è allora che tu cominci ad avere potere, non solo potere fisico, ma anche potere spirituale". Sebbene non fosse mai stato avvalorato come politica ufficiale, il progetto di Sharon aveva fornito l'asse strategica al Ministero dell'Agricoltura, responsabile del controllo dell'Amministrazione del Territorio di Israele e quindi, dell'amministrazione delle "terre demaniali".

Un altro Piano ancora, quello redatto dal capo dell'Organizzazione Sionista Mondiale (WZO) e capo del Reparto per le Colonie, Matitiyahu Drobless, costituiva un documento-guida per il governo. Questo prevede che "la presenza di civili sotto forma di colonie ebree è di importanza vitale per la sicurezza dello stato ... Non vi dev'essere il minimo dubbio circa la nostra intenzione di tenere per sempre aeree delle Giudea e di Samaria ... Il modo migliore e più efficace per rimuovere qualsiasi traccia di dubbio circa le nostre intenzioni di tenere Giudea e Samaria per sempre, è una rapida espansione delle colonie in queste aree".

Questi progetti erano completamente in linea con quelli di Gush Emunim. Membri e sostenitori di Gush Emunim affluivano in grandi numeri a popolare le nuove colonie iniziate sotto il governo Likud, mentre il governo fece un tentativo concertato di attrarre israeliani di estrazione laica verso le colonie. A tale scopo, il governo offriva consistenti sussidi per permettere ai nuovi coloni un alto livello di abitazione ed elargiva copiose sovvenzioni ale Autorità municipali e le Giunte comunali affinché potessero offrire servizi pubblici, scuole e assistenza sociale migliori rispetto a quanto fu offerto in Israele al di qua della Linea Verde. In effetti, il West Bank doveva offrire uno standard di vita migliore e case migliori - e tutto ciò ubicato a distanze praticabili dalle principali città e centri della costa Mediterranea.

Secondo B'tselem, entro l'anno 2000 le Municipalità sioniste e le Giunte regionali del West Bank hanno incassato sussidi governativi del 65%, risp. del 165% superiori a quanto fu ricevuto dagli Enti analoghi situati in Israele stesso. Quando Sharon, l'allora Ministro della Difesa, terminò il regime militare in novembre 1981, egli aveva effettivamente incorporato i Territori Occupati in una Grande Israele. Il governo progettava di sviluppare i Territori e di creare un'infrastruttura per fabbriche, per industrie all'avanguardia della scienza, da insediare nelle nuove colonie. In questo modo, il governo Likud, creando numerose nuove colonie, creò una piccola, ma articolata fascia sociale che nel 1986 aveva raggiunto 51.000.

Negli anni 1988-92 il governo Likud conduceva una politica di espansione della popolazione delle colonie già esistenti, aumentando in questo periodo del 60% il numero dei coloni, piuttosto che progettare la costruzione di nuove colonie. Contrariamente alle attese del 1992, che il nuovo governo laburista di Yitzhak Rabin, essendosi impegnato per la pace con i palestinesi ed avendo firmato nel 1993 gli Accordi di Oslo, avrebbe portato ad un inversione della politica di Israele, il nuovo governo continuò a sviluppare le colonie. Il governo laburista si trovò nell'impossibilità di tradurre in realtà la formula "terra in cambio di pace", perché tale formula incontrò l'opposizione accanita delle stesse forze sociali che la politica del Grande Israele aveva generate. Come aveva calcolato Sharon, la politica della colonizzazione con i relativi interventi economici e sociali, nonché i centinaia di migliaia di immigranti giunti in Israele in seguito al crollo dell'Unione Sovietica, avevano creato una fascia sociale che non aveva alcun interesse per un'offerta di "terra in cambio di pace". Rifiutandosi di prendere in considerazione qualsiasi abbandono di colonie, furono capaci, all'interno del sistema politico assai frantumato di Israele, di estrarre concessioni dal governo e di fare deragliare le trattive di pace con l'assassinio del loro architetto principale, Yitzhak Rabin, nel 1995. In questo modo, essi crearono la crisi politica che portò il Likud al governo nel 1996, chiudendo per tre anni le trattative di pace.

Nel 1999, il partito laburista di Ehud Barak formò il governo con una coalizione di minoranza con partiti della destra e di orientamento religioso che non avevano alcun impegno verso un trattato con i palestinesi. Costretto a fare ulteriori concessioni ai coloni della destra, l'offerta migliore e definitiva che Barak fece ai palestinesi prevedeva il controllo palestinese su recinti di popolazione indigena, sconnessi tra di loro e che, nel loro insieme, non avrebbero compreso che il 42% del West Bank.

Tra la firma degli Accordi di Oslo e lo scoppio dell'Intifada nel settembre 2000, il numero di case costruite nel West Bank, esclusa Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza, era aumentato da 20.400 a 31.480 - un incremento del 54% in soli sette anni. L'incremento più marcato si era registrato durante il governo laburista di Barak, quando nel 2000 furono iniziate quasi 4.800 case nuove. Alla fine dell'anno 1993, la popolazione di coloni nel West Bank era arrivata a 100.500. Alla fine dell'anno 2000, il numero era aumentato del 90%, a 191.600. A Gerusalemme Est, la popolazione è aumentata da 146.800 nel 1993 a 173.300 nel 2000. In altre parole, l'aumento più consistente della popolazione di coloni si è manifestato nell'era e sotto la guida di un governo che ne avrebbe dovuto guidare il ritiro.

Sebbene gli autori della relazione non lo dicano in modo esplicito, la loro relazione mette in luce il cinismo del processo di pace inaugurato ad Oslo e chiarisce i motivi che stanno alla base della rivolta palestinese scatenatasi nel settembre 2000.

Per legger la relazione completa, vedi www.b'tselem.org

M.O. I COLONI CONTROLLANO 42% DELLA CISGIORDANIA

 RAPPORTO

 Il 41,9% del territorio della Cisgiordania è sotto il controllo dei coloni degli insediamenti ebraici. Lo sostiene un rapporto redatto dall'organizzazione israeliana per i diritti umani B'Tselem. Solo l'1,7% degli edifici della Cisgiordania è stato costruito dai coloni il resto sono stati occupati. Le terre che circondano gli insediamenti (5,1%) sono sotto il controllo dei consigli dei coloni. A questo bisogna aggiungere che un ulteriore 35,1% e' sotto la giurisdizione dei coloni. Dal 1993, anno degli accordi di Oslo, sono stati costruiti 1000 nuovi appartamenti in Cisgiordania. Il numero degli ebrei della regione, esclusa Gerusalemme Est, è raddoppiato tra il 1993 e il 2000. Secondo il rapporto, sono oggi 380mila gli israeliani che vivono negli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Secondo Shlomo Ben Ami, negoziatore israeliano di Camp David, Israele con l'accordo di Camp David si impegnava a lasciare ai palestinesi il 92% della Cisgiordania e offriva informalmente aree di Gerusalemme. Israele avrebbe conservato l'8% della Cisgiordania (le aree degli insediamenti). Le altre colonie sarabbero state smantellate. I palestinesi dissero no all'offerta e non presentarono una controproposta. Due mesi dopo e' scoppiata la nuova Intifada. Gli accordi di Camp David prevedevano un controllo Palestinese del 92% del territorioM.O.: COLONI CONTROLLANO 42% DELLA CISGIORDANIA, RAPPORTO Il 41,9% del territorio della Cisgiordania è sotto il controllo dei coloni degli insediamenti ebraici. Lo sostiene un rapporto redatto dall'organizzazione israeliana per i diritti umani B'Tselem. Solo l'1,7% degli edifici della Cisgiordania è stato costruito dai coloni il resto sono stati occupati. Le terre che circondano gli insediamenti (5,1%) sono sotto il controllo dei consigli dei coloni. A questo bisogna aggiungere che un ulteriore 35,1% e' sotto la giurisdizione dei coloni. Dal 1993, anno degli accordi di Oslo, sono stati costruiti 1000 nuovi appartamenti in Cisgiordania. Il numero degli ebrei della regione, esclusa Gerusalemme Est, è raddoppiato tra il 1993 e il 2000. Secondo il rapporto, sono oggi 380mila gli israeliani che vivono negli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Secondo Shlomo Ben Ami, negoziatore israeliano di Camp David, Israele con l'accordo di Camp David si impegnava a lasciare ai palestinesi il 92% della Cisgiordania e offriva informalmente aree di Gerusalemme. Israele avrebbe conservato l'8% della Cisgiordania (le aree degli insediamenti). Le altre colonie sarabbero state smantellate. I palestinesi dissero no all'offerta e non presentarono una controproposta. Due mesi dopo e' scoppiata la nuova Intifada. M.O.: COLONI CONTROLLANO 42% DELLA CISGIORDANIA, RAPPORTO Il 41,9% del territorio della Cisgiordania è sotto il controllo dei coloni degli insediamenti ebraici. Lo sostiene un rapporto redatto dall'organizzazione israeliana per i diritti umani B'Tselem. Solo l'1,7% degli edifici della Cisgiordania è stato costruito dai coloni il resto sono stati occupati. Le terre che circondano gli insediamenti (5,1%) sono sotto il controllo dei consigli dei coloni. A questo bisogna aggiungere che un ulteriore 35,1% e' sotto la giurisdizione dei coloni. Dal 1993, anno degli accordi di Oslo, sono stati costruiti 1000 nuovi appartamenti in Cisgiordania. Il numero degli ebrei della regione, esclusa Gerusalemme Est, è raddoppiato tra il 1993 e il 2000. Secondo il rapporto, sono oggi 380mila gli israeliani che vivono negli insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Secondo Shlomo Ben Ami, negoziatore israeliano di Camp David, Israele con l'accordo di Camp David si impegnava a lasciare ai palestinesi il 92% della Cisgiordania e offriva informalmente aree di Gerusalemme. Israele avrebbe conservato l'8% della Cisgiordania (le aree degli insediamenti). Le altre colonie sarabbero state smantellate. I palestinesi dissero no all'offerta e non presentarono una controproposta. Due mesi dopo e' scoppiata la nuova Intifada.