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RICASOLI Bettinoindietro Bettino Ricasoli Patriota e statista, partecipò alla Costituente Massonica di Firenze Nacque a Firenze dal barone Luigi e da Elisabetta Peruzzi il 9 marzo 1809. Il padre morì nel 1816. Fino dall'adolescenza mostrò una predilezione per lo studio delle scienze naturali e fisiche. La sua dimora fu il castello di Broglio; tuttavia la vita trascorsa in quei luoghi non fu solo attività di agricoltore ma anche vita meditativa di anima religiosa. Uomo d'azione, il suo orientamento politico maturò più sui libri di Balbo e del d'Azeglio che non leggendo il "Primato " di Gioberti . Per lui, le speranze riposte dai neo-guelfi nell'azione politica italiana del papato avrebbero dato luogo a numerose delusioni. Al papato sarebbe stato piuttosto opportuno e necessario chiedere una riforma generale del clero, perché "senza religione la società era senza base". Nel 1847 fondava il giornale La patria. "Mirava - così nel programma - all'Italia, sola vera patria degl'Italiani... alla costituzione della nazionalità italiana. Questo lo scopo finale. Che se i governi ora odiano che venga per la via dell'unità, se non vogliono farlo venire con la federazione è necessità che lo preparino con l'assimilare quanto più possono i propri sudditi agl'Italiani degli altri stati". Nell'ottobre del 1847 fu mandato dal granduca al re Carlo Alberto , perché questi facesse da mediatore con il papa nel conflitto che era scoppiato tra la Toscana e Modena per alcuni compensi territoriali che Modena pretendeva in seguito all'annessione di Lucca alla Toscana. In questa occasione egli si convinse sempre più della necessità di stringere la Toscana al Piemonte "per gettare le basi della nuova politica italiana". Le sciagure dell'Italia del 1849 non abbatterono l'animo di Ricasoli tanto che egli ebbe sempre più fiducia nel Piemonte. Infatti, i suoi primi pensieri politici erano indirizzati a scacciare tutti i principi e a muoversi poi concordi contro l'Austria. Il 27 aprile del 1859 fu nominato ministro dell'Interno del governo della Toscana e dopo l'armistizio di Villafranca assunse il potere direzionale. Chiamato alla corte dopo la morte di Cavour a succedergli nel governo, coerente nel suo programma unitario, impedì che nell'ordinamento amministrativo dello stato prevalessero criteri regionalistici. Cercò di risolvere la questione romana, che per lui si collegava a tutta una politica ecclesiastica che mirava ad elevare anche le condizioni del basso clero; in realtà egli confidava in un patriottismo del clero italiano per risolvere pacificamente la questione romana. Effettivamente tentò la conciliazione con il papato; ma la missione segreta da lui mandata sollevò clamori dell'anticlericalismo demogogico ed egli, non vedendosi sorretto dal parlamento, si dimise. |
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Creato da: Astalalista - Ultima modifica: 25/Apr/2004 alle 12:38 | Etichettato con ICRA | |
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