ASTRONOMIA

Gli articoli di Paolo Recaldini

Pianeti Extrasolari
di Paolo Recaldini

INTRODUZIONE

Negli ultimi anni da parte di numerosi centri di ricerca si stanno accumulando una serie di scoperte di pianeti extrasolari, cioè orbitanti attorno ad altre stelle. Ormai si stima che almeno il 2% delle stelle siano accompagnate da un sistema di pianeti o di oggetti quali le nane brune (intermedi tra una stella ed un pianeta).
Ciò è stato reso possibile grazie al miglioramento di tecniche osservative già utilizzate e in alcuni casi all'introduzione di nuove metodologie.
In quest'articolo, oltre a presentare una rassegna dei principali metodi di ricerca, ci proponiamo di fare una rassegna degli oggetti più importanti già individuati, di parlare di quanto si ritiene sufficientemente consolidato e delle problematiche emerse da questo nuovo e affascinante campo di ricerca.

 

I METODI DI OSSERVAZIONE

Metodo astrometrico - Immaginiamo un sistema composto da una stella e da un pianeta legati gravitazionalmente. Entrambi i corpi ruotano attorno ad un centro di massa comune, tanto più vicino alla stella quanto maggiore è la differenza di masse dei due corpi e quanto più essi sono vicini. Visto dalla Terra, il moto proprio della stella, ossia il suo spostamento nello spazio, non si svolgerà quindi lungo una linea retta, ma apparirà ondulato. Dall'entità di questi spostamenti è possibile dedurre molte informazioni: periodo, velocità, raggio orbitale, massa e luminosità del corpo orbitante ed eventuale presenza di altri corpi.
La difficoltà delle misure è legata alla misura dei valori di scostamento che sono molto esigui. Attualmente questa tecnica è molto limitata e permette di identificare oggetti di taglia sub-stellare (cioè almeno 10 volte più grandi di Giove) ad una distanza di non più di una trentina di anni luce.
Interessanti sviluppi sono attesi dal miglioramento della tecnica di interferometria ottica, effettuata sia da Terra che dallo spazio (v. più avanti).
Analisi spettroscopiche - La presenza di oscillazioni periodiche della velocità radiale della stella (cioè lungo la direzione rivolta verso di noi) può essere rilevata attraverso l'analisi degli spostamenti delle sue righe spettrali. Questi spostamenti avvengono per effetto Doppler dovuto al movimento periodico della stella, "disturbata" gravitazionalmente dalla presenza di uno o più corpi di tipo planetario che le orbitano attorno.
Nel caso del sistema solare, ad esempio, il pianeta Giove è in grado di indurre variazioni nella velocità radiale del Sole di circa 12 m/s. Grazie al progresso delle tecniche osservative da Terra si è ora in grado di determinare differenze di soli 3 m/s, impensabile solo due decenni fa.
Naturalmente con questa tecnica è più probabile scoprire i pianeti più massicci che, grazie al loro campo gravitazionale più intenso, sono in grado di perturbare più efficacemente la stella attorno alla quale orbitano, e quelli dal periodo orbitale più breve. Questo perché, a parità di tempo in cui si protraggono le osservazioni, è più facile scorgere una periodicità nelle oscillazioni se queste si svolgono con ciclicità breve.
Studi nel'infrarosso - Secondo alcuni modelli (A. Burrows et al.) un pianeta, durante le prime fasi di formazione, potrebbe essere rilevabile grazie ad una potente emissione di radiazione (ottica, ma soprattutto nell'infrarosso). Ad esempio un pianeta con una massa doppia di quella di Giove 10 milioni di anni dopo la sua formazione avrebbe una temperatura superficiale di circa 400°C ed una luminosità 2000 volte maggiore.
E' stato calcolato che con la camera infrarossa dell'HST si potrebbero scoprire pianeti orbitanti attorno a stelle anche lontane fino a 400 anni luce.
Tecnica di "microlensing" - Questa tecnica si basa sul fenomeno delle "lenti gravitazionali": quando una stella appartenente alla nostra galassia si pone prospetticamente davanti ad un'altra può comportarsi come una lente, deviandone i raggi luminosi e focalizzandoli a grande distanza. L'effetto può durare alcuni mesi ed aumentare la luminosità della stella più lontana anche di decine di volte. Vengono definite microlenti perché il fenomeno avviene tra stelle e non tra galassie.
Il progetto PLANET (Probing Lensing Anomalies Network) si avvale di una serie di cinque telescopi in Cile, Sudafrica e Australia che monitorano le zone del rigonfiamento centrale della nostra galassia alla ricerca di una stella che mostri un aumento di luce che dev'essere simmetrico rispetto al massimo ed identico nelle varie lunghezze d'onda (questo al fine di escludere una variabilità dovuta ad altre cause).
Nel caso che nella curva di luce si registrassero anomalie (ad esempio improvvise impennate) si potrebbe avere la prova che un pianeta orbita intorno alla stella.
Nell'estate del 1998 è stata osservata l'amplificazione di una stella di circa 80 volte la sua luminosità originaria; nonostante il clamore suscitato dai giornali, che parlavano già della scoperta di un pianeta di tipo terrestre orbitante attorno ad una stella distante 30.000 anni luce, occorre dire che esiste ancora molta incertezza rispetto all'affidabilità di questo metodo (le misure infatti sono estremamente delicate). Per fare un esempio, la massa dell'ipotetico oggetto orbitante attorno alla stella è conosciuta con una tale incertezza da porla tra quella della terra e quella di Nettuno.

 

GLI OGGETTI PIU' INTERESSANTI FINORA SCOPERTI

 

Dato l'accumularsi delle scoperte di pianeti extrasolari si è ad un certo punto delineata l'esigenza di una classificazione preliminare.
Gli ipotetici pianeti orbitanti attorno a 51 Peg, 70 Vir, 47 Uma sono stati utilizati come esempi di tipologie diverse:

a) Pianeti di tipo 51 Peg: piccola massa (circa una massa gioviana o MG), periodo orbitale di pochi giorni, orbita pressoché circolare;
b) Pianeti di tipo 70 Vir: massa di circa 10 MG, orbita spiccatamente eccentrica;
c) Pianeti di tipo 47 UMa: massa intermedia fra le due precedenti, orbita circolare con raggio maggiore di 2 U.A.
Secondo Marcy sembra che i pianeti che orbitano a grande distanza abbiano orbite molto eccentriche, mentre quelli con raggio orbitale più piccolo seguono orbite quasi circolari.
Ecco di seguito alcune delle scoperte più interessanti finora effettuate.

 

 

51 Pegasi - Si tratta di una stella di magnitudine 5,5 distante 45 anni luce, molto simile al Sole per quanto riguarda massa, tipo spettrale e luminosità.
Nella primavera del 1994 Michel Mayor e Didier Queloz, astronomi dell'osservatorio di Ginevra, hanno annunciato di aver osservato spostamenti nella velocità radiale di 51 Peg di 120 m/s con un periodo di 4,2 giorni. Facendo alcune ipotesi, questo fatto potrebbe essere ricondotto alla perturbazione gravitazionale di un pianeta o altro oggetto oscuro orbitante attorno alla stella alla distanza media di circa 7,5 milioni di km. La sua massa potrebbe aggirarsi intorno alla metà di quella di Giove (150 volte quella terrestre).
I dubbi riguardano la possibilità che un pianeta di tipo gassoso si possa formare ad una distanza così esigua dalla stella: non riuscirebbe infatti a trattenere il gas raccolto dal disco protoplanetario a causa dell'intensa radiazione termica ed ultravioletta proveniente dal suo sole. Inoltre le forze mareali della stella renderebbero quantomeno estremamente difficoltoso questo processo di aggregazione.
Meno difficoltoso risulta spiegare come questo presunto pianeta non evapori pur trovandosi così vicino alla 51 Peg (la distanza è di un terzo di quella di Mercurio dal Sole!), a temperature che raggiungono probabilmente i 2000°: in effetti la forza di gravità del pianeta riesce a trattenere gli atomi di idrogeno più efficacemente di quanto l'alta temperatura non riesca a "strapparli" dal pianeta.
Alcuni ricercatori (D. Lin, P. Bodenheimer, D. Richardson) hanno avanzato l'idea che il pianeta si possa essere formato a distanza maggiore dalla stella, in accordo con i modelli teorici di cui disponiamo, e che per alcune ragioni si sia poi trasferito in un'orbita più interna, precludendo così, tra l'altro, la formazione di eventuali altri pianeti di tipo terrestre.
Il modello dei "Giovi saltellanti" (S.J. Weidenschilling, F. Marzaro) propone la formazione di tre o più pianeti giganti ad una certa distanza dalla stella progenitrice i quali perturberebbero a vicenda le loro orbite. In una situazione che prevede tre corpi si avrebbe alla fine un pianeta su un'orbita molto esterna, un altro molto più interno ed infine un terzo verrebbe espulso.
Le ipotesi alternative parlano della possibilità che il corpo responsabile delle perturbazioni gravitazionali possa essere una nana bruna di piccola massa, o che l'effetto osservato possa dipendere da una pulsazione della stella e non dalla presenza di uno o più corpi.
A tale proposito l'americano D.F. Gray dell'Università dell'Ontario Occidentale, a partire da osservazioni effettuate dall'89 al '96 avrebbe evidenziato una variazione nella forma delle righe spettrali con la stessa periodicità dello spostamento Doppler (4,23 giorni), a possibile riprova di una pulsazione della stella. I due astronomi svizzeri controbattono che:
a) La stella è fotometricamente stabile (entro lo 0,04 %), comportamento che esclude un'eventuale pulsazione della stella;
b) Gli spostamenti rilevati seguono un andamento sinusoidale, in contrasto con i moti più complessi che si osservano ad esempio nelle Cefeidi (stelle di tipo pulsante);
c) Gli spostamenti stessi non mostrano segno di smorzamento nel tempo;
d) Gli spettri presentati da Gray hanno un errore dello stesso ordine di grandezza del segnale (quindi sarebbero poco attendibili). Successivamente lo stesso Gray ha dovuto ammettere di non essere più riuscito ad osservare questi cambiamenti periodici nell'aspetto delle righe spettrali.
L'ipotesi più accreditata è quindi quella di tre pianeti come causa degli effetti osservati.

70 Virginis - Il corpo perturbatore di questa stella, scoperto da Geoffrey Marcy e Paul Butler della San Francisco State University, sarebbe posto su un'orbita ellittica (e = 0,38), con un semiasse maggiore pari a 0,43 U.A. La massa sarebbe come minimo di 6,5 volte quella di Giove ed il periodo orbitale sarebbe di circa 117 giorni.
Il dubbio più grosso, in questo caso, è rappresentato dalla massa, che sembra eccessiva, e dall'eccentricità dell'orbita, che si adatterebbe di più ad un corpo di tipo stellare che ad un pianeta che, secondo i modelli correnti, nascerebbe dalla aggregazione di planetesimi all'interno di un disco protoplanetario animato da moti circolari.

 

47 Ursae Maioris - Questa stella ha colore e massa analoghi a quelli del Sole; dista 45 anni luce. L'orbita del pianeta principale potrebbe essere circolare, con un raggio pari a 2,1 Unità Astronomiche (una distanza intermedia tra quelle di Marte e Giove). Il limite inferiore per la massa sarebbe di circa 2,3 masse gioviane.

Lalande 21185 - Questa stella, che si trova nella costellazione dell'Orsa Maggiore, è una nana rossa avente una temperatura superficiale di circa 3000 gradi ed una massa meno della metà di quella solare. E' la sesta stella in ordine di distanza dalla Terra (8,5 anni luce).
George Gatewood, studiando le immagini fotografiche di questa stella ottenute con il rifrattore Thaw di 76 cm dell'Allegheny Observatory, ha trovato possibili evidenze dell'esistenza di tre corpi orbitanti intorno alla stella aventi masse simili a quella di Giove e periodi orbitali di 5,8 e 30 anni; il terzo periodo non è conosciuto. Essendo probabilmente il suo periodo orbitale superiore alla decina d'anni, occorreranno ancora alcuni anni di analisi per stabilirne il periodo.

Nu And - Sempre G. Marcy e Butler, già citati in questo articolo per la scoperta di 51 Peg, hanno annunciato nel gennaio del 1997 di aver trovato evidenze della presenza di almeno tre corpi orbitanti introno a questa stella distante 44 a.l. Per arrivare a questo risultato sono occorsi alcuni anni di osservazioni.
I tre pianeti, con masse di almeno 0,7, 2 e 4 volte quella di Giove, orbiterebbero attorno alla loro stella su orbite con semiassi minori di 4 U.A.
Le difficoltà maggiori sono rappresentate dalla presenza di pianeti così grandi e così vicini alla stella progenitrice e la stabilità del sistema planetario stesso.

 

HD 209458 - Nel novembre del 1999 il "solito" G. Marcy osservò questa stella con il telescopio Keck da 10 m situato nelle isole Hawaii. Rilevò delle oscillazioni nella posizione delle righe spettrali dovute presumibilmente alle perturbazioni causate da un corpo di taglia planetaria della massa di almeno 2/3 di quella di Giove.
L'orbita calcolata poteva far presumere che il corpo orbitante potesse passare davanti alla stella. Un collega di Marcy, Greg Henry (specialista di fotometria della Tennessee State University) operante al Fairborn Observatory, osservò un calo di luce dell' 1,58% all'istante previsto del transito.
Questa scoperta conferma due fatti:
a) attesta l'esistenza di pianeti extrasolari
b) conferma che i cambiamenti di velocità radiale sono dovuti proprio alla perturbazione di corpi di taglia planetaria.

Tau Bootis - Nel 1996 Marcy e Butler scoprirono, tramite misure spettroscopiche, scoprirono che questa stella distante una cinquantina di a.l., possiede un compagno che le orbita attorno in 3,3 giorni. La massa stimata è di almeno 3,9 masse gioviane.
Nel 1999 A.C. Cameron e tre colleghi inglesi hanno tentato di riprendere lo spettro di questo pianeta, che dovrebbe risultare sovrapposto a quello della stella ma riconoscibile in via teorica per una serie di caratteristiche proprie.
Dalle 580 misure spettroscopiche realizzate al telescopio William Herschel di 4,2 m a La Palma (Canarie), sottoposte ad un elaborazione delicatissima tramite un nuovissimo software, sembra sia stato individuato questo spettro planetario. Questa scoperta, se confermata, sarebbe estremamente importante perché costituirebbe la prima osservazione diretta di un pianeta oltre al sistema solare.

16 Cyg B - questa stella, distante 70 anni luce, costituirebbe in realtà un sistema triplo: la stella A è identica alla B e risulta simile al Sole per temperatura, massa e luminosità e la stella C più fredda e lontana.
Secondo alcuni calcoli degli astronomi dell'Università del Texas e di San Francisco, un pianeta rivolverebbe intorno alla stella B ad una distanza pari a quella di Marte dal Sole. La stella A disterebbe da quest'ultimo 20 volte la distanza di Plutone dal Sole. Gli elementi interessanti di questo sistema sono:
a) Il pianeta è situato all'interno di un sistema multiplo: in questo caso la sua orbita risulterebbe stabile, dato che i due astri principali sono piuttosto distanti.
b) La possibilità di avere una conferma interna al sistema studiato rispetto alla validità dei mezzi d'indagine: infatti solo le righe spettrali della componente B risultano oscillare, mentre quelle della A no.

Altri oggetti

Geminga - Si tratta di una pulsar scoperta circa 20 anni fa nella costellazione dei Gemelli.
Nell'aprile del 1998 alcuni ricercatori di diversi istituti scientifici (CNR, Max Planck Institut di Garching, Osservatorio di Torino, Team Hipparcos dell'ESA) analizzando i tempi di arrivo di questa pulsar hanno rilevato la possibile esistenza di un corpo orbitante attorno alla pulsar con una massa di circa 1,7 masse terrestri. I risultati devono ancora essere confermati.

 

 

Beta Pictoris - Questa stella, situata nella costellazione australe del Pittore, dista 53,5 anni luce dalla Terra. Una quindicina di anni fa richiamò l'attenzione della comunità astronomica in quanto fu scoperto un disco di polvere piuttosto esteso intorno alla stella stessa. Successivamente furono osservati altri dischi di polvere attorno ad altre stelle (ad esempio Vega, l'alfa della Lyra).
Ultimamente si dibatte attorno alla presunta età di questa stella, originariamente stimata attorno ai 100 milioni di anni. Secondo alcune osservazioni recenti condotte con l'HST essa dovrebbe essere ridimensionata attorno agli 8 milioni di anni, troppo poco per poter pensare ad un processo di formazione planetaria in corso.
Altre osservazioni saranno probabilmente necessarie per dirimere la questione.

Theta-1 Orionis - Sotto questa sigla si cela il famoso "Trapezio" di Orione, sistema di quattro stelle situato all'interno della grande nebulosa di Orione, la regione di formazione stellare più vicina alla Terra.
Immagini ottiche ottenute da Terra e successivamente dall'HST evidenziano strutture tondeggianti che ad un analisi più attenta rivelano essere a forma di dischi. Essi sono considerati dischi di formazione planetaria, perciò sono chiamati anche "proplyd" (contrazione di "protoplanetary disk"). Essi hanno dimensioni nell'ordine di 100-1000 U.A. (da 2 a 20 volte il diametro del sistema Solare) ed un'età stimata attorno al milione di anni.
Le masse di tali oggetti (circa il doppio di quella terrestre, troppo esigue per formare un corteo di pianeti) e le loro dimensioni (quasi un ordine di grandezza maggiore delle dimensioni del sistema solare) pongono alcuni dubbi rispetto alla loro reale natura di "culle per la produzione di pianeti.

CONCLUSIONE

Nonostante la diversità dei sistemi extrasolari finora individuati rispetto al nostro sistema solare, sembra che in alcuni casi si abbiano ormai sufficienti prove dell'esistenza di sistemi planetari extrasolari. Queste diversità potrebbero essere ricondotte ad un effetto di selezione, per cui, dati i limiti degli strumenti che si hanno a disposizione e la relativamente breve durata delle osservazioni (al massimo qualche anno), risulterebbero individuabili soltanto i pianeti con masse elevate ed orbite vicine alle loro stelle (per cui percorse in breve tempo). Si potrebbe citare Alexander Wolszczan, scopritore nel 1996 di un sistema planetario in orbita attorno ad una Pulsar: "E' sciocco aspettarsi di scoprire sempre e solo la copia esatta del nostro Sistema Solare. E' un atteggiamento ingenuo e fuorviante".
Grandi speranze sono riposte nelle future missioni dell' ESA (Agenzia Spaziale Europea), che ha in progetto la missione spaziale Gaia per preparare un catalogo di posizione e moto proprio di oltre 50 milioni di stelle, con cui potrebbero essere scoperti corpi planetari della taglia di Giove entro una distanza di 200 parsec. E' inoltre allo studio la missione Darwin , ossia un satellite orbitante intorno alla Terra dotato di un interferometro nell'infrarosso che potrebbe rivelare pianeti di tipo terrestre tramite l'identificazione dello spettro dell'acqua, anidride carbonica e ozono.

Le scoperte di questi ultimi anni ci danno finalmente la possibilità di concepire altri luoghi all'infuori della Terra in cui la vita potrebbe nascere. Alcuni dei sistemi planetari extrasolari individuati, infatti, sembrano avere tempi di stabilità sufficientemente lunghi per consentire, almeno in via teorica, la nascita e l'evoluzione della vita.

APPROFONDIMENTI: ALCUNE NOZIONI TEORICHE

Il modello standard di formazione planetaria prevede che all'inizio si formi un disco composto da gas e da polvere intorno ad una protostella (come i proplyd di cui si parla più oltre). Dopo una fase di turbolenza il disco raggiunge uno stato stazionario e la polvere si aggrega in planetesimi (corpi aventi diametri intorno alla decina di chilometri). Successivamente i planetesimi, grazie a processi di fusione, si accumulano dando origine a pianeti di tipo terrestre (rocciosi) nelle regioni interne del disco e ai nuclei dei pianeti giganti (roccia e ghiaccio) nelle regioni più esterne del disco. Nel sistema solare, ad esempio, il limite è situato a circa 4 U.A. dalla Terra, poco prima dell'orbita di Giove. I nuclei dei pianeti giganti attirano a sé successivamente il gas (soprattutto idrogeno ed elio) che vanno a formare le rispettive atmosfere.
Si stima che nel Sistema Solare i pianeti giganti si siano formati in circa dieci milioni di anni, mentre quelli di tipo terrestre in circa 100 milioni.

Alan P. Boss della Carnegie Institution di Washington sostiene che il raggio limite di una stella (all'interno del quale si può ancora formare un pianeta gigante tipo Giove) risulta indipendente dalla massa del disco protoplanetario ed anche da quella della stella centrale. Per una stella da 0,1 a 1 massa solare varia da 4,5 a 6 U.A.

 

Nana Bruna: un oggetto la cui massa superi di almeno 10 volte quella di Giove. La differenza rispetto ad un pianeta riguarda il meccanismo di formazione: essa infatti collassa direttamente all'interno del disco protoplanetario, mentre un pianeta gigante accresce la sua massa attraendo a sé i planetesimi ghiacciati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AUTOCOSTRUIRE UN TELESCOPIO: I PERCHE', I PRO E I CONTRO

Mi sono giunte alcune richieste rispetto all'articolo sulla costruzione di un telescopio presente sul nostro sito.
In questo articolo vorrei parlare delle motivazioni, dei vantaggi e degli svantaggi nella scelta di costruire un telescopio invece di acquistarlo.

LE MOTIVAZIONI

Innanzitutto parliamo del "perché", cioè di che cosa spinge un astrofilo a tale decisione. Prima però vorrei raccontare alcuni elementi del mio percorso nel mondo dell'astronomia amatoriale.
Una sera d'estate del 1985 un amico mi invitò ad osservare Giove, Saturno e gli oggetti deboli nel Sagittario con il suo telescopio riflettore. Prima di allora al concetto di "telescopio" avevo sempre associato l'immagine di un cannocchiale: un tubo lungo e stretto contenente alcuni lenti. In effetti questa era la configurazione del primo strumento che ho avuto per le mani da bambino, praticamente un giocattolo (con l'obiettivo da 50 mm diaframmato a 30 e con una focale intorno al mezzo metro). Non immaginavo assolutamente che potessero esistere telescopi a specchi, né tantomeno la varietà quasi sconfinata delle soluzioni ottiche esistenti di cui venni a conoscenza in seguito.
Nel 1987 ho avuto in regalo il mio primo vero telescopio, un riflettore con uno specchio da 114 millimetri di diametro e di un metro di focale. Dopo alcuni mesi di utilizzo, una volta presa confidenza con lo strumento, ho cominciato a smontarlo per capirne "i segreti". Di conseguenza ho provveduto ad alcune modifiche
Diverso il discorso nel caso in cui l'obiettivo della propria attività di astrofilo sia la ricerca o lo studio di oggetti particolarmente impegnativi (ad esempio pianeti, stelle doppie strette)
1) Aver raggiunto una buona conoscenza, sia dal punto di vista pratico che teorico, degli strumenti astronomici
2) Il costo: per realizzare il mio strumento ho speso circa 4,5 milioni. Credo che uno strumento con queste caratteristiche dovrebbe costare almeno 7-8 milioni., cifra che sale a circa 12 se si desidera uno strumento dotato di computer per il puntamento automatico.

3) La soddisfazione nel veder realizzato qualcosa con le proprie mani e l'accrescimento della propria esperienza e competenza tecnica.

 

LE DIFFICOLTA'

1) I tempi di realizzazione sono spesso molto lunghi. Nel mio caso ho impiegato due anni, comprensivi anche di una pausa "forzata" di nove mesi dovuta ad un disguido con una ditta che doveva fornirmi alcuni pezzi. Le varie fasi possono essere così suddivise:

- Reperimento delle informazioni
- Progetto di massima (elenco delle caratteristiche)
- Reperimento delle parti già fatte
- Reperimento dei materiali
- Progetto operativo
- Costruzione
- Collaudo e migliorie
2) Occorre sempre tener presente che il processo di costruzione non è mai perfettamente lineare. Gli imprevisti sono sempre in agguato, e occorre avere sempre una certa flessibilità nel variare i propri piani a seconda del materiale che si riesce a reperire, delle proprie possibilità e competenze.

COSA BISOGNA AVERE

1) L'elemento fondamentale che occorre avere, e che racchiude tutti gli altri, è logicamente la passione per l'astronomia.
2) Oltre a questa "spinta" ideale, necessaria ma non sufficiente, bisogna avere le idee chiare rispetto a quali aspetti vogliamo privilegiare nello strumento che andremo a costruire, tenendo presente che questi andranno probabilmente a scapito di altri. Ecco ad esempio alcune caratteristiche dei telescopi tra loro contrapposte:

- Buona qualità, oppure prezzo economico.

- Grossa apertura (=dimensione dell'obbiettivo, sia specchio o lente)
oppure buona trasportabilità;

- Strumento "tuttofare" oppure specializzato in un certo campo osservativo (come già detto);

- Uso dello strumento: visuale oppure fotografico (o per riprese CCD);

- Campo di applicazione: pianeti/ stelle doppie oppure oggetti del cielo profondo;

Naturalmente per esemplificare ho volutamente accentuato le differenze fra le varie esigenze. In realtà in molti casi è possibile conciliare fra loro aspetti diversi senza cadere nel compromesso troppo spinto. Per fare un esempio, con il mio telescopio, concepito per uso visuale, è possibile fare fotografie o riprese CCD interponendo però un oculare o una lente di Barlow, dato che il fuoco cade a soli 15 mm dalla battuta del fuocheggiatore.
3) Attitudine al lavoro di bricolage: è inutile accingersi all'impresa se non si ha un minimo di conoscenze e di pratica nell'uso dei principali utensili della lavorazione dei materiali. Naturalmente, a meno di non avere la fortuna di possedere una officina attrezzata, occorrerà rivolgersi ad altre persone per far eseguire lavorazioni particolari.
4) Costanza: una delle difficoltà maggiori è quella di riuscire a portare avanti il progetto nel tempo, cercando di non arrendersi dinanzi alle difficoltà tecniche che via via si incontrano e ai disguidi che possono capitare.

Spero che questa breve esposizione sia stata sufficiente a chiarire le idee di chi ha intenzione di costruirsi uno strumento o semplicemente vuole saperne qualcosa.
Chi desiderasse ulteriori informazioni può leggere l'articolo "La costruzione di un riflettore newtoniano" presente sul nostro sito www. o contattarci all'indirizzo lravello@aostanet.com

 

 

12 agosto 1999: serata di osservazione pubblica a Valgrisenche

Anche quest'anno, in occasione del massimo dello sciame meteorico delle Perseidi, l'AVSA, in collaborazione con la Pro Loco di Valgrisenche, ha organizzato una serata di divulgazione e di osservazione astronomica.
Anche quest'anno il tempo meteorologico ci ha tenuti con il fiato sospeso fino all'ultimo. Quando siamo arrivati in paese, nelle prime ore del pomeriggio, il cielo non prometteva nulla di buono: grosse nubi si profilavano a partire da nord ovest. La notte precedente si era abbattuto un grosso temporale, le persone residenti di Valgrisenche ci dicevano che non si sarebbero sorprese se la cosa si fosse ripetuta.
Dopo una lunga valutazione dei pro e dei contro, decidiamo di sfidare la sorte e cominciamo a scaricare l'attrezzatura. Vengono installati i due computer, il proiettore video e vengono fatti i collegamenti con il telescopio. Luciano comincia ad effettuare una serie di riprese della zona con la telecamera portatile e le invia in diretta su Internet. Io comincio a montare il telescopio e ad eseguire alcune procedure preliminari. Lo strumento è un rifrattore apocromatico Meade da 102 mm, 500 mm di focale (f/9) assemblato su montatura Vixen GP Polaris assistita da un sistema di puntamento automatico (Sky Sensor)
Dopo una mezz'ora, manco a dirlo, comincia a piovere. Per fortuna eravamo attrezzati anche per questa evenienza, e nel giro di pochi istanti tutta l'attrezzatura si trova al sicuro sotto i teli di plastica, contrappesati da alcuni pesi in quanto soffia anche un vento forte. Concordiamo con gli organizzatori del paese che in caso di persistenza del maltempo avremmo rinviato tutto al giorno seguente. Nel frattempo molte persone, tra cui turisti e residenti, avvicinavano a curiosare e a chiedere informazioni.
Verso le 19 andiamo a cena in un ristorante poco lontano dal capoluogo. Anche qui sentiamo parlare di astronomia, rispondiamo volentieri a tutte le domande che ci vengono fatte. Dopo un'oretta decido di andare a fare l'ennesima puntata fuori, per vedere come è il tempo e...sorpresa! Verso sud si sta aprendo un imponente squarcio fra le nubi, che ad ovest risultano assottigliate. Decidiamo di agire. Dopo esserci accomiatati (purtroppo un po' di fretta) dal ristorante ritorniamo al piazzale della chiesa, luogo già prescelto l'anno scorso come "osservatorio". Nel frattempo sta già cominciando ad imbrunire e molta gente si sta sedendo di fronte al telone di proiezione.
La prima parte della serata è stata dedicata ad un'introduzione all'astronomia. Come supporto didattico abbiamo utilizzato come spunto un CD-ROM preparato a suo tempo da Luciano, ideato per un corso di astronomia tenuto da quest'ultimo. Naturalmente il nostro obiettivo per questa serata era quello di dare alle persone presenti una sorta di "infarinatura" sulle varie tematiche dell'astronomia senza rinunciare ad una certa rigorosità e completezza e soprattutto senza annoiare. Grazie alla straordinaria flessibilità dello strumento informatico, siamo riusciti a dare gli strumenti sufficienti per poter inquadrare le osservazioni successive in un quadro logico e coerente.
Nel frattempo la notte astronomica era iniziata, regalandoci uno spettacolo incredibile, grazie al cielo tersissimo e sufficientemente buio (l'amministrazione comunale aveva provveduto allo spegnimento di alcuni lampioni vicini). Poteva iniziare la seconda parte della serata, forse quella più attesa. Una luminosissima Perseide ha solcato il cielo proprio nel momento in cui annunciavo l'inizio delle osservazioni.
Mentre Luciano intratteneva il pubblico esponendo i principi di funzionamento delle varie apparecchiature,io mi accingevo a puntare alcune stelle brillanti con il telescopio in modo da configurare correttamente il sistema di puntamento automatico di cui è dotato. All'oculare abbiamo poi sostituito il sensore CCD ed abbiamo dato inizio alle osservazioni. Il segnale proveniente dal CCD era collegato sia al proiettore video sia al secondo PC, che gestiva il collegamento su Internet.
Al momento fatidico...nulla! Lo schermo del PC non visualizza niente! In brevissimo tempo verifichiamo tutta la catena strumentale: telescopio, CCD, PC, proiettore. Tutto sembra essere in ordine e funzionante. Eseguiamo ancora un tentativo che non va a buon fine. Luciano spiega al pubblico che stiamo effettuando in "tempo reale" alcune operazioni piuttosto delicate. Dopo l'ennesimo tentativo, come d'incanto, appare sul monitor e sul telone l'immagine, chiara e luminosa, della nebulosa planetaria M27, detta anche "Dumb-bell", nella costellazione della Volpetta.
Da questo punto in poi il telescopio ed il suo sensibile occhio elettronico, il CCD, non hanno mai sbagliato un colpo. Successivamente abbiamo puntato le due galassie M81 ed M82, nell'Orsa Maggiore, l'ammasso globulare M15 nella costellazione di Pegaso e l'ammasso aperto M103, nella costellazione di Cassiopea.
Avendo spiegato nella parte introduttiva della serata le varie tipologie di oggetti, è stato facile far capire alla maggior parte degli astanti a quale tipo di realtà si riferivano quelle immagini e quei nomi, rendendo così più interessante e formativa questa esperienza. A tal fine non abbiamo tralasciato di dare alcune informazioni sulla mitologia e la storia delle costellazioni che via via andavamo a "visitare", cercando di interessare anche coloro che magari di solito sentono parlare più di astrologia che di astronomia (cosa che succede puntualmente in televisione!).
La serata si è conclusa con l'invito a coloro che erano interessati, ad osservare gli oggetti del cielo direttamente al telescopio. Sono state puntate alcune stelle doppie. Purtroppo i pianeti più interessanti (Giove e Saturno)dovevano sorgere più tardi, come avevamo preventivamente verificato con un programma al computer.

Come già avevamo notato l'anno scorso, anche quest'anno abbiamo potuto verificare che l'interesse della gente nei confronti dell'astronomia è in generale più diffuso di quanto non si creda, sia dal punto di vista della quantità (la piazza è stata gremita per tutta la prima parte della serata, le prime "defezioni" credo siano arrivate più a causa del freddo che di una caduta dell'interesse) che della qualità. Dalle domande che venivano rivolte trapelava sempre una certa curiosità e, in molti casi, anche una certa conoscenza degli argomenti trattati.
In particolare gli aspetti tecnico-strumentali sono stati tra quelli maggiormente oggetto di chiarimenti ed approfondimenti: come funziona un telescopio, un CCD, qual'è la distanza massima a cui si può vedere, quanti ingrandimenti fa uno strumento, fino alla più prosaica ma legittima domanda: ma...quanto costa?

Per noi questa esperienza è stato un ottimo banco di prova poter verificare le nostre capacità sia sul versante della divulgazione che su quello tecnico. Nonostante alcuni inevitabili imprevisti, siamo riusciti a raggiungere praticamente tutti gli obiettivi che ci eravamo posti. In particolare questa volta, al contrario dell'anno scorso in cui il maltempo ci ha impedito ogni tipo di osservazione, abbiamo potuto sperimentare l'idea, da lungo tempo perseguita, di inviare delle immagini astronomiche in diretta su Internet. Questa procedura, come si può immaginare, è ricca di sviluppi potenziali sia per la divulgazione che per la ricerca.
Crediamo di aver offerto alle persone che hanno partecipato un buon intrattenimento e ci piace sperare che qualcuno di loro possa aver ricevuto uno stimolo ad approfondire questa scienza meravigliosa che è l'Astronomia.
Desideriamo ringraziare la Pro Loco di Valgrisenche, che ci ha seguito puntualmente durante tutto il giorno e tutte le persone che si sono fermate a chiacchierare e a dare una mano o un consiglio