1 - Introduzione
In questo articolo racconterò la mia esperienza
di autocostruzione nel campo degli strumenti astronomici, culminata nella
realizzazione di un telescopio riflettore da 254 mm di diametro f/6 in combinazione
Newton.
Da sempre sono stato incuriosito dal bricolage ed in generale del "fai
da te". Uno dei miei motti preferiti è infatti "se puoi
farlo con le tue mani, perché rivolgersi al mercato o ad altri?".
Ben presto ho unito questo interesse all'astronomia.
Inizialmente si è trattato di piccole modifiche o miglioramenti agli
accessori di cui era dotato il mio primo telescopio, un newton 114/1000.
In seguito mi sono trasferito di abitazione ed ho avuto la possibilità
di avere a disposizione (finalmente) una stanza tutta per me, che ho provveduto
ad attrezzare come laboratorio.
La mia attrezzatura è molto semplice e comprende:
- Bancone autocostruito con morsa da banco e supporto a colonna per il trapano;
- Seghetto alternativo;
- Levigatrice orbitale;
- Attrezzi ed accessori per il bricolage (in particolare un set di punte
per il legno e per il ferro nei diametri da 1 fino a 15 mm, scalate di 0.5
mm; lime e raspe di diversa grana; squadre in acciaio; morsetti da banco
ecc.
2 - La fase di progettazione
Come prima cosa mi sono procurato tutto il materiale reperibile riguardante
gli strumenti astronomici, sia dal punto di vista teorico (principi di ottica
geometrica, caratteristiche e funzionamento dei sistemi ottici), sia da
quello pratico (caratteristiche dei materiali, metodi di lavorazione). Queste
informazioni sono state ricavate soprattutto dalle riviste che acquisto
regolarmente da molti anni (l'Astronomia, Astronomia UAI e Coelum). In seguito
ho fotocopiato il tutto e creato 3 volumi dai titoli: "Teoria e progettazione",
"La costruzione degli strumenti" e "Gli accessori".
Tra i libri che ho consultato segnalo "L'astronomo dilettante"
di P. Andrenelli, "Il libro dei telescopi" di W. Ferreri, più
un paio di manuali sulla lavorazione del legno e dei metalli.
Ho utilizzato anche Internet, collegandomi in particolare al sito dell'ATM
(http://www.webcom.com/atm) e a quello di Mel Bartels (autocostruttore Americano
che progetta e produce anche sistemi di computerizzazione per telescopi
dobsoniani, indirizzo: http://www.efn.org/mbartels).
Ho ricavato anche molti spunti dalla frequentazione dello Star Party che
si tiene annualmente a St. Barthelemy (Nus - Aosta), dove ho avuto occasione
di visionare direttamente strumenti realizzati da astrofili autocostruttori
e di scambiare con loro opinioni, consigli e suggerimenti.
Durante questa prima fase ho cominciato a delineare sempre più chiaramente
le caratteristiche che il mio strumento avrebbe dovuto presentare:
- Possibilità di trasporto agevole da parte
di una sola persona;
- Pesi per quanto possibile contenuti, in relazione all'apertura;
- Utilizzo: prevalentemente per uso planetario, senza escludere la possibilità
di poter osservare estesi campi stellari. I miei campi d'interesse in Astronomia
riguardano infatti i pianeti e le stelle variabili. Da questo deriva che:
- Le ottiche devono essere di buona qualità (anche se questo vale
per ogni applicazione);
- E' necessario poter regolare le ottiche finemente ed in maniera stabile;
- La montatura deve essere idonea a sfruttare a pieno il potere risolutivo;
- Occorre avere un campo in piena luce (porzione del piano focale uniformemente
illuminata da tutto l'obiettivo) non troppo ristretto (più di mezzo
grado), compatibilmente con le dimensioni del secondario che devono essere
tenute più piccole possibile per non incidere sul contrasto dell'immagine.
In base a queste esigenze la configurazione ottica
prescelta è quella Newton, per la sua (relativa) facilità
ad essere realizzata. Il tipo di struttura (Serrurier) prevede, al posto
di un tubo unico di legno o metallo, una serie di tubi (generalmente da
sei a otto) che collegano la parte inferiore dello strumento ( che contiene
il primario) a quella superiore (che ospita lo specchio secondario il focheggiatore
e eventuali accessori). In questa maniera, smontati i tubi che compongono
il traliccio (tra l'altro leggero ed indeformabile), si ottengo due parti
che possono essere facilmente trasportate e caricate in auto. Al fine di
contenere i pesi, i materiali utilizzati sono l'alluminio ed il legno (v.
più avanti).
Ho cominciato a stendere alcuni schizzi per rendermi conto dell'aspetto
finale dello strumento. Successivamente è stato redatto il disegno
in scala 1:1, necessario per posizionare i vari elementi in base ai calcoli.
Un consiglio che vorrei dare specialmente a chi si cimenta per la prima
volta in una autocostruzione, è quello di dare la giusta importanza
alla fase di progettazione, ma sempre tenendo presente l'eventualità
che potrebbero intervenire importanti cambiamenti nel corso della realizzazione
pratica.
Occorre avere le idee il più possibile chiare su quello che si vuole
ottenere tenendo però conto che solitamente per raggiungere un determinato
obiettivo si possono impiegare differenti soluzioni. In termini pratici,
è inutile incaponirsi quando non si riesce a realizzare una determinata
cosa nella maniera che abbiamo preventivato. Spesso risulta più proficuo
fermarsi a riflettere, chiedendo (se possibile) consiglio a chi ne sa più
di noi; Il più delle volte la soluzione è più semplice
di quanto non si possa pensare.
E' comunque necessario adottare un metodo rigoroso per quanto riguarda la
raccolta e la conservazione delle informazioni su quanto si sta progettando
e/o realizzando (appunti, schemi, elenchi, disegni). Inoltre è bene
designare in modo univoco e duraturo le parti dello strumento che vanno
smontate e rimontate sia in fase di primo assemblaggio che durante l'uso
abituale dello strumento, in modo da evitare confusione e perdite di tempo.
Questo lavoro tornerà utile anche in futuro, in caso di riparazioni
o di modifiche allo strumento.
Il quarto fascicolo che ho realizzato è infatti rappresentato da
tutti i piani di costruzione e dagli elenchi delle specifiche di tutte le
parti che compongono il mio telescopio.
3 - La ricerca delle parti e dei materiali
Come prima cosa ho consultato le ditte operanti
nel mercato amatoriale per procurarmi le ottiche.
Dopo un iter di ricerca la scelta è caduta su di uno specchio della
Meade con un diametro di 254 mm ed una focale di 1511 mm (f/6) di tipo "spesso"
(43 mm). Lo specchio, ben corretto (come ho potuto verificare con il test
di Ronchi), è alluminato e quarzato. Tra l'altro mi è stato
venduto ad un ottimo prezzo essendo una rimanenza del magazzino della ditta
a cui mi sono rivolto.
Il focheggiatore e lo specchietto secondario li
ho acquistati presso una ditta del Nord-est con cui, devo dire, ci sono
stati grossi problemi. Avevo infatti richiesto loro un focheggiatore a basso
profilo di loro produzione, che non mi è mai arrivato; ad un successivo
ordine mi vedo recapitare a casa un focheggiatore standard, oltre al secondario,
e tutto ciò dopo aver perso 10 mesi di tempo, in quanto questi due
oggetti mi erano necessari per poter dimensionare tutto lo strumento! Ecco
uno dei contrattempi di cui accennavo prima.
Dopo aver rifatto i disegni, ho acquistato il legno. Si tratta di un compensato
multistrato fenolico di betulla, che ho reperito in fogli di grande dimensione
(120 x 250 cm) negli spessori 12 e 18.5 mm. Questo materiale, oltre ad essere
assolutamente stabile, è perfettamente lavorabile in tutte le direzioni
e di estrema robustezza. Unici "difetti": il peso ed il costo,
piuttosto sostenuto.
Per realizzare la valigetta per il trasporto della cella del primario e
la struttura Dobson ho invece utilizzato un fenolico di abete, molto più
leggero ed economico anche se di inferiore qualità e lavorabilità.
La bulloneria utilizzata è di tipo inossidabile (ottone, acciaio),
per garantire un uso affidabile e preciso dello strumento nel tempo.
4 - Descrizione dello strumento
a) La cella del primario
Per non vanificare le prestazioni dell'ottica principale
ho ritenuto opportuno curarne il supporto, che presenta le seguenti caratteristiche:
- Stabilità lo specchio non deve presentare oscillazioni o spostamenti
a seconda delle posizioni assunte dal tubo dello strumento;
- Robustezza: la cella non si deve deformare sotto il peso dello specchio
(nel mio caso 4.6 Kg)
- Regolazioni fini e stabili.
Visto il tipo e le dimensioni relativamente contenute
del primario, ho ritenuto sufficiente farlo appoggiare su tre punti (cuscinetti
di plastica del diametro di due cm), situati su una circonferenza avente
raggio di 0.7 volte quello dello specchio. Per evitare il ribaltamento ho
realizzato tre staffe ad "L" di alluminio, internamente rivestite
di gomma, che non poggiano direttamente sullo specchio ma ne sono separate
da un piccolo gioco; ciò allo scopo di non creare tensioni che danneggerebbero
l'immagine.
Completano il sistema tre bulloni da 5 mm filettati sulle staffe con l'estremità
a contatto con lo specchio ricoperte di stagno che, in quanto metallo tenero,
non scheggia il vetro dello specchio in caso di urti laterali.
La piastra di legno circolare (del diametro di 265 mm) su cui poggia il
primario reca sulla faccia inferiore tra bulloni in ottone MA 6 mm con la
testa svasata e fissati alla tavola con tre rondelle anch'esse svasate;
in questo modo si ottengono tre snodi. I bulloni, sistemati entro tre fori
passanti sul fondo del tubo ottico, vengono azionati da tra galletti. La
presenza di molle di contrasto in acciaio e di rondelle adeguate permette
un movimento fluido e preciso. Fissati al fondo ci sono altri tre bulloni,
terminanti con un dado cieco la cui funzione è di fissare in modo
stabile l'inclinazione della cella.
Il fondo dello strumento, essendo separabile dalla parte inferiore del tubo
ottico (detta base, vedi più avanti), viene poi alloggiato in una
valigetta costruita appositamente, in modo che il trasporto del primario
possa avvenire in tutta sicurezza.
b) La parte inferiore del tubo ottico (base)
E' stata realizzata con 4 tavole di multistrato
da 18.5 mm assemblate con la resina epossidica bicomponente e con l'aiuto
di squadre e morsetti. Successivamente sono state applicate viti da legno
da 4 mm. Il modo migliore per fissare le viti è il seguente: si esegue
un foro di 0.5 mm più piccolo del diametro della vite, si svasa il
foro con una punta dello stesso diametro della testa della vite, indi si
cosparge quest'ultima di colla vinilica e la si avvita. Sul foro che rimane
si può applicare poi dello stucco da legno.
I quattro spigoli sono poi stati ricoperti con un profilato angolare di
alluminio per ragioni estetiche e per evitare scheggiamenti.
Internamente, a circa metà altezza, la base presenta quattro pezzi
triangolari di multistrato che, oltre a fermare eventuali riflessi interni,
fungono anche da sostegno per il coperchio dello specchio principale. Quest'ultimo
accessorio è molto importante in quanto evita la caduta sul primario
di eventuali bulloni, galletti accidentalmente sfuggiti di mano all'operatore
durante il montaggio del telescopio.
c) La parte superiore (corona)
Alcuni astrofili trovano conveniente realizzare
la parte superiore dello strumento di forma prismatica (quadrata, ottagonale...),
assemblando tavolette di legno di opportuna forma e dimensioni. Altri preferiscono
usare del lamierino che viene poi curvato in forma cilindrica.
Personalmente, avendo difficoltà a reperire un'officina dotata di
calandra e disponibile ad eseguirmi il lavoro, ho optato inizialmente per
una sezione (diametro e altezza di 30 cm) di tubo di PVC del tipo bianco
che si usa per le fognature. Una volta tagliata e rifinita la sezione, mi
sono accorto che il suo peso era eccessivo; mi avrebbe allontanato eccessivamente
il baricentro del telescopio dallo specchio primario, rendendo necessario
allungare la forcella di sostegno della montatura con conseguente aumento
dei pesi e dell'ingombro.
Dopo alcune riflessioni, la soluzione è arrivata quasi per caso:
il nonno della mia ragazza (anch'esso autocostruttore, ma di macchinari
ed utensili per officina) mi ha suggerito di realizzare la corona in vetroresina.
Ho quindi utilizzato la sezione di PVC come dima. Dopo averla insaponata
(al fine di facilitare l'estrazione del prodotto finale), è stata
ricoperta da un foglio di vetroresina del tipo usato per le verande e quindi
sono stati applicati quattro strati di lana di vetro mista a resina. L'ultimo
strato è rappresentato da una rete di fibra di vetro, che ha uniformato
la copertura. Alle estremità del cilindro sono stati fatti due bordi
larghi due cm, allo sopo di irrobustire il tutto. Inferiormente è
stato poi applicato un anello di multistrato su cui poggiano gli attacchi
superiori dei tubi di sostegno; superiormente si è utilizzato invece
un anello di plastica dura.
Il tutto è stato poi stuccato a dovere, lavorato con la raspa e poi
con carte abrasive sempre più fini. Alla fine ho ottenuto una struttura
estremamente rigida e leggera.
Esistono alcune riserve, espresse da più parti, circa l'uso di vetroresina
nella costruzione dei telescopi, essendo un materiale che si adatta molto
lentamente agli sbalzi termici: rilasciando calore molto lentamente, infatti,
si possono generare delle correnti convettive all'interno del tubo ottico
che possono degradare al definizione delle immagini. Questo ragionamento
è corretto, ma vale soprattutto quando viene realizzato tutto il
tubo ottico e non soltanto una porzione superiore come nel caso di una struttura
Serrurier.
---d) Il sostegno per lo specchio secondario (ragno)
Viste le finalità principali dello strumento
(osservazioni dei pianeti), per la costruzione del supporto del secondario
mi sono subito orientato su soluzioni che garantissero il maggior contrasto
possibile. Le razze che collegano il cilindro di alluminio alla corona superiore
sono infatti montate tangenti a quest'ultimo; in questo modo la luce da
esse dispersa per rifrazione risulta minore. Sono state realizzate con quattro
strisce di ottone da 1 mm di spessore e sono fissate ad una fascia circolare
di alluminio (dello spessore di tre millimetri) a sua volta fissata alla
corona circolare tramite tre bulloni di ottone da 6 mm disposti a 120°,
dotati di dadi e controdadi. In questo modo il secondario può essere
anche regolato eccentricamente. I tre fori in cui passano i tre bulloni
sono inoltre asolati, in modo che si possa anche effettuare la regolazione
in bolla (v. più avanti: assemblaggio del tubo ottico).
Il secondario è fissato con uno snodo e, tramite tre bulloni da 5
mm, può essere orientato in tutti i modi.
e) Il focheggiatore ed il cercatore
Si tratta di un modello della Parks a cremagliera. Il tubo di scorrimento è fissato alla corona del telescopio tramite una flangia e tre grani a brugola, utili per effettuare una precisa collimazione dell'asse del focheggiatore e quello ottico. Il fuoco dello strumento cade a circa 15 mm dalla battuta del focheggiatore. Per questa ragione lo strumento si applica quasi esclusivamente ad un uso visuale. Possono essere effettuate riprese CCD con l'uso di una lente di Barlow.
Per quanto riguarda il cercatore, al fine di mantenere un peso contenuto ho scelto di utilizzare un 6 x 30 della Meade, sufficiente ad inquadrare la maggior parte degli oggetti più luminosi.
f) La struttura Serrurier
La base e la corona superiore sono unite da otto
tubi di alluminio del diametro di 20 mm e della lunghezza di circa 90 cm.
Inferiormente sono fissati con un sistema di morsetti registrabili con dei
galletti, superiormente sono forati e fissati alla base della corona tramite
dei pezzi di angolare di alluminio. Ogni tubo reca un numero impresso con
un punzone ed è rivestito da una guaina per evitare tintinnamenti
durante il loro trasporto, che avviene all'interno di una custodia realizzata
con un tubo di PVC del diametro di 12 cm e provvisto di bicchiere filettato
ad una estremità provvisto di coperchio.
Mia mamma, esperta in sartoria, ha approntato un telo su misura, ricavato
da un pezzo di fodera nera impermeabile (all'interno opaca e all'esterno
lucida) che, posizionato con del velcro, copre lo spazio vuoto dei tralicci
schermando le ottiche da eventuali riflessi e dall'umidità notturna.
g) Assemblaggio del tubo ottico
Questa è stata una delle fasi più
critiche della realizzazione del telescopio. Per prima cosa ho realizzato
una tavola di compensato da 18.5 mm di spessore recante tre piedini di regolazione
(barre filettate da 12 mm con manopola, puntale e controdado). Una volta
messa in bolla, vi ho appoggiato la base ed ho provveduto a montare i tubi
del traliccio tramite dei supporti provvisori; a questa è stata aggiunta
la corona circolare. Al posto dello specchio secondario ho poi montato una
boccola forata in cui passava un filo a piombo già regolato della
lunghezza giusta. La funzione del filo a piombo è quella di materializzare
l'asse ottico.
Regolando opportunamente la lunghezza dei tubi di alluminio ho quindi fatto
in modo di posizionare il filo a piombo esattamente in corrispondenza del
centro della cella del primario, che è stato smontato. Non ho ritenuto
necessario considerare il decentramento del secondario, dato il rapporto
di apertura (f/6) e le dimensioni leggermente maggiorate dello specchietto
deviatore. Per la cronaca tale decentramento vale 2.1 mm. Nel fare questo
ho controllato che anche la corona superiore fosse in bolla, cosiccome la
fascia circolare di alluminio. Una volta trovata la giusta posizione, sono
stati posizionati i sistemi di blocco inferiore dei tubi, dapprima incollati
con la resina e successivamente avvitati.
h) La verniciatura
La scatola di base, la forcella, il basamento e
il bauletto portacontrappesi della montatura equatoriale sono stati stuccati
e rifiniti con la levigatrice orbitale, verniciati con due mani di impregnante
color noce e successivamente con due mani di vernice "flat" trasparente.
La corona superiore è stata verniciata esternamente con tra mani
di smalto sintetico di colore nero opaco. La struttura che regge il secondario,
essendo costituita di ottone e di alluminio, è stata dapprima trattata
con un fondo ancorante spray e successivamente verniciata a spruzzo con
uno smalto nero opaco.
Ho riservato particolare cura alla verniciatura interna. Un astrofilo conosciuto
allo Star Party di St. Barthelemy mi ha consigliato il seguente procedimento:
ho mescolato allo smalto nero opaco della pasta opacante (utilizzata dai
carrozzieri) nella proporzione di tre a uno; indi ho applicato due mani
di questa miscela, molto densa, alle superfici interne del telescopio (compresa
la cella ed il supporto del primario). Il risultato è un rivestimento
che garantisce una buona protezione dai riflessi indesiderati.
i) La montatura Dobson
La tavola precedentemente descritta è servita
ottimamente come base per una montatutra altazimutale di tipo Dobson. Ho
deciso di utilizzare questo tipo di soluzione, sebbene provvisoria, in modo
da poter cominciare a testare il tubo ottico. Ricordo infatti che la collimazione
delle ottiche può essere effettuata in modo rigoroso soltanto utilizzando
una sorgente di luce puntiforme (una stella).
Per realizzare il movimento in azimut (intorno ad un asse verticale) ho
avvitato sulla tavola un grosso bullone (da 16 mm) su un supporto rialzato.
La forcella che sostiene il tubo ottico presenta sulla sua base un foro
entro cui è stato innestato uno spezzone di tubo di alluminio (necessario
ad irrobustire il foro stesso). La forcella, imperniata in questo modo,
presenta sulla sua faccia inferiore tre cuscinetti a sfera disposti a 120°
imbullonati su altrettanti supporti angolari i quali, strisciando su un
disco di plastica dura, permettono di avere un movimento dall'attrito bassissimo;
sono stati quindi aggiunti tre supporti rivestiti di feltro che aumento
l'attrito.
Il movimento in altezza deriva da una proposta di Fabio Marioni (vedi articolo
su "l'Astronomia" n° 132, p. 47 - un dobsoniano equatoriale,
a pag. 49), integrata da un accorgimento di Mario Monaco (ibidem). Al tubo
ottico sono stati applicati due serie di dischi di multistrato i più
piccoli dei quali sono stati rivestiti con una lamina di acciaio. La forcella
reca quattro cuscinetti (due per braccio) realizzati con blocchetti di teflon
forati e riempiti con quattro sferette di acciaio ciascuno. Una lamina di
ottone sottile, forata ed applicata sopra, evita la fuoriuscita delle sferette
dalle loro sedi. L'attrito avviene così tra sferette e teflon. I
dischi, sulla faccia a contatto con la forcella, sono rivestiti da uno strato
di formica che striscia su due pezzi di feltro, garantendo così il
giusto attrito.
Grazie a queste caratteristiche, il telescopio, una volta montato su questa
montatura, può essere mosso a mano.
j) La montatura equatoriale
Com'è noto, anche nell'uso visuale di uno
strumento, la montatura equatoriale offre indubbi vantaggi: la possibilità
di inseguire gli oggetti tramite un moto orario elettrico e di usare i cerchi
graduati per puntare oggetti invisibili ad occhio nudo o con il cercatore.
Scartata l'ipotesi di autocostruire un supporto equatoriale, per via dei
tempi e delle competenze necessarie per realizzarlo, mi sono rivolto al
mercato. I prezzi di una montatura nuova, dalle caratteristiche adatte sono
però alti (diciamo a partire dai 6-7 milioni). Ho deciso allora di
mettere un annuncio sulle principali riviste del settore nella speranza
di trovare qualcosa di valido a prezzi accessibili. Sono stato contattato
da un artigiano di Modena, astrofilo e titolare di una propria officina
meccanica; i tempi, purtroppo, sarebbero stati troppo lunghi.
Dopo qualche tempo vengo contattato da un astrofilo di Milano che aveva
a disposizione una montatura equatoriale alla tedesca usata (il modello
"Centaur" della Vixen, non più in produzione). Fortuna
ha voluto che quest'ultimo avesse una casa a Champoluc, in Valle d'Aosta,
dove trascorre le vacanze. Ho potuto quindi recarmi da lui per visionare
il pezzo, che ho subito trovato adeguato alle mie esigenze. Sono quindi
ritornato a casa con la montatura nel bagagliaio.
La montatura è costituita da una colonna centrale recante inferiormente
tre razze (smontabili) che, essendo forate e filettate, possono accogliere
tre viti calanti. Inoltre, esistevano anche tre sedi per montare delle ruote,
utili allo spostamento dello strumento. L'asse orario, registrabile sia
in altezza che in azimuth, ruota su cuscinetti reggispinta conici e su una
grande bronzina. L'asse di declinazione reca ad un'estremità una
flangia rettangolare con quattro fori e a quella opposta una barra filettata
da 24 mm di diametro su cui si avvitano i contrappesi.
La montatura mi è stata consegnata tutto sommato in buono stato,
anche se recava i segni del tempo. Per ripristinarla ho dovuto effettuare
alcuni interventi:
- Sbloccaggio dei fori filettati delle tre razze, ostruiti da polvere, ruggine
e grasso, tramite solventi appositi e l'uso di un maschio a filettare;
- Realizzazione delle viti calanti (barre filettate recanti ciascuna un
dado cieco di ottone, che funge da piedino, e munite di una manopola per
il loro azionamento e di un controdado per bloccare il tutto);
- Installazione di tre ruote basculanti;
- Abbassamento della colonna centrale., inizialmente troppo alta. Ho fatto
effettuare il lavoro da mio fratello, che ha usato una tagliatubi professionale
(in modo da ottenere un taglio perfettamente perpendicolare all'asse della
colonna);
- Sbloccaggio del movimento di rotazione in azimuth della testa equatoriale;
- Registrazione del gioco della vite senza fine di tutti e due gli assi;
- Sostituzione di viti e bulloni;
- Verniciatura del contrappeso esistente (da 8 kg) ed aggiunta di un contrappeso
addizionale (da 10 kg), fatto realizzare da un tornitore
- Installazione di una livella a bolla e della scala della latitudine;
- Realizzazione di una flangia di supporto per il motorino elettrico di
trascinamento.
La montatura è dotata di moti micrometrici
in entrambi gli assi e dispone inoltre di una pulsantiera (solo per l'asse
di A.R.) che funziona da variatore di frequenza (alimentata a 9 volts).
Per accoppiare il telescopio alla montatura ho realizzato una flangia di
multistrato recante quattro bulloni d'acciaio da 8 mm che vanno ad inserirsi
nei fori della flangia della montatura. Il tutto viene assicurato con quattro
dadi e rondelle. Una volta posizionato il tubo ottico, viene piazzata la
barra e i due contrappesi avvitati su di essa.
La prova sul campo ha dato risultati ottimi, sia come capacità di inseguimento che come finezza e precisione delle correzioni. Sicuramente, osservare Giove a 300 ingrandimenti è molto più comodo e, in definitiva, fruttuoso.
5 - Considerazioni
Dopo tutto questo lavoro, dispongo attualmente
di uno strumento che mi sta dando grandi soddisfazioni: è potente,
versatile, pratico da montare e da smontare, docile da utilizzare. Sono
abbastanza soddisfatto anche dell'estetica dello strumento. Ma la maggiore
soddisfazione l'ho avuta osservando il pianeta Giove in una notte di buon
seeing. L'immagine era netta, senza aloni o luce diffusa. Si potevano osservare
le diverse colorazioni delle strutture dell'alta atmosfera del pianeta;
penso che avrò serie difficoltà a disegnare tutto quello che
risulta visibile nell'oculare.
A partire dalla primavera del 1999 effettuerò alcuni test più
rigorosi su stelle doppie per verificare le capacità di risoluzione
e contrasto.
6 - Elenco caratteristiche
CARATTERISTICHE OTTICHE
- Ostruzione lineare: 0.21; areale: 0.045 (4.5
%)
- Campo di piena luce lineare: 19.37 mm; angolare: 44'
SPECCHIO PRIMARIO
Paraboloidico, diametro 254 mm, focale 1511 mm (f/5.94), alluminato e quarzato.
Spessore: 43.3 mm; peso: 4.6 Kg
SPECCHIO SECONDARIO
ditta "Orion" ellittico, asse minore 54 mm
CERCATORE
Parkes a cremagliera. Altezza in battuta: 50 mm (il piano focale si trova
a 15 mm dalla battuta). Possibilità di regolare l'ortogonalità
del tubo di messa a fuoco rispetto alla corona superiore del telescopio.
CORONA SUPERIORE
- Realizzata in vetroresina multistrato
- Crociera di sostegno dello specchio secondario a quattro lamine di ottone
tangenti, regolabile con tre gradi di libertà
TUBO OTTICO
- Struttura tipo Serrurier, smontabile in tre parti
- Lunghezza tubo ottico: 1523 mm
- Peso (con le ottiche): 25 kg
MONTATURA DOBSON
- Forcella realizzata in multistrato fenolico di abete
- Movimento in azimuth: con perno centrale e tre cuscinetti sigillati
- Movimento in altezza: realizzato con due dischi solidali al tubo ottico
(e rimuovibili) che scorrono su quattro cuscinetti (teflon + sfere d'acciaio
da 8 mm).
MONTATURA EQUATORIALE
- Alla tedesca, con colonna centrale e viti calanti.
- Asse orario montato su cuscinetto e bronzina
- Moti micrometrici in entrambi gli assi (corona dentata e vite senza fine),
motorizzata in A.R. con pulsantiera.
- Regolazione fine di altezza e azimuth dell'asse orario. Cerchio graduato
sull'asse di A.R.
ACCESSORI
- Cercatore 6 x 30 Meade
- Valigetta per il trasporto del primario
- Valigetta per i contrappesi, dotata di robuste maniglie (il peso è
di 18 kg!)
- Valigetta contenente il trasformatore, la pulsantiera, un cavo di prolunga,
il set di chiavi (esagonali e a brugola) per effettuare qualsiasi regolazione
possa rendersi necessaria e una scatola contenente tutta la bulloneria di
scorta. Quest'ultimo accorgimento si rivela essenziale: nel caso che qualche
bullone o vite vada persa accidentalmente o si rovini per usura, essa può
essere sostituita "sul campo".
- Telo impermeabile per la protezione delle ottiche
- Coperchio telescopio con diaframma circolare eccentrico del diametro di
85 mm (f/17.7) chiuso da uno sportellino mobile, per osservazioni in caso
di forte turbolenza atmosferica;
- Coperchio per la protezione del primario;
- Sgabello con sedile ad altezza regolabile;
- Sgabello con due scalini, per osservare quando il telescopio, in configurazione
equatoriale, punta in alto.
Per maggiori informazioni potete contattarci al sito Internet, lasciando un messaggio nell'e-mail.