RELAZIONE SINTETICA (1) Sui due incontri tenuti dal dott. Lancini con i
genitori REALTA’ COMPORTAMENTI E RELAZIONI |
SCOPO DEGLI INCONTRI Gli incontri tenuti dal dott. Lancini, organizzati dal C.I.C., avevano l’obiettivo di favorire una cultura ed un linguaggio comuni tra docenti e genitori e di sollecitare tra essi maggiore collaborazione per una più efficace azione a favore degli studenti. COMPITI EVOLUTIVI ADOLESCENZIALI E DIFFICOLTA’ L’adolescenza è una fase di transizione che include, come altri momenti chiave della vita, un processo di separazione e cambiamento. Si tratta della separazione (in senso psicologico) dalla sicurezza e dalla protezione familiare. I compiti che l’adolescente deve assolvere per raggiungere la condizione di adulto, sono i seguenti:
Oggi la realizzazione dei compiti evolutivi è diventata sempre più complessa, una serie di problemi sociali non favoriscono la separazione dalla famiglia e troviamo i "giovani adulti" (dai 18 ai 35 anni) che stanno ancora vivendo, in famiglia, la fase adolescenziale. Nell’antichità i riti iniziatici sancivano il passaggio all’età adulta. Nella società moderna il ruolo dei riti iniziatici era svolto, fino a poco tempo fa, dal codice paterno che, esprimendo valori e principi normativi e culturali, si è sempre fatto carico del passaggio, dell’adolescente, dalla famiglia alla società. Mentre il codice materno è portatore di valori e principi più naturali (affettivi) e accuditivi. Oggi prevalgono, in ambito familiare, ma anche in altri ambiti i valori di stampo materno. Si è passati da una famiglia delle regole, (quella in cui prevaleva la severità) alla famiglia degli affetti. Si parla di genitore unico e di crisi dei ruoli, mancando modelli identificativi. Il giovane si rivolge al gruppo degli amici per sviluppare la sua crescita. Nel gruppo c’è il codice dei fratelli, paritetico, che è molto democratico. Qui si sviluppa il senso di competizione ed il senso di solidarietà. Lo scopo del gruppo è quello di favorire il taglio del secondo cordone ombelicale che ancora unisce il giovane, non più bambino, alla famiglia. Nel gruppo si trova un laboratorio in cui si sperimenta il proprio percorso di crescita e lo si confronta e arricchisce continuamente. Si sperimenta e si afferma l’identità di genere, cioè la propria identità di maschio o di femmina nel gruppo misto. La sperimentazione dell’identità di genere comincia già nel gruppo preadolescenziale quando, di solito, non è misto, ma di soli maschi o di sole femmine.
La trasformazione del corpo dà anche l’idea della possibilità della morte. I ragazzi hanno paura di crescere e di perdere la sicurezza che trovano in famiglia in modo inconscio. Nel processo di crescita il più delle volte l’adulto è estromesso e viene visto come un ostacolo al processo stesso. La società promuove, nei confronti dei giovani, interventi di prevenzione per ridurre il disagio giovanile. La prevenzione primaria si fa nelle scuole all’interno del "Progetto giovani" e del C.I.C. ed è orientata alla identificazione del malessere. Il benessere psicofisico è importante per una buona crescita e per l’apprendimento. In questo periodo di crescita i comportamenti dei maschi e delle femmine tendono ad essere diversi. I ragazzi rivolgono le loro attenzioni verso l’esterno, mentre le femmine rivolgono le loro attenzioni verso l’interno. I ragazzi sono portati ad agire verso l’esterno, si muovono alla ricerca di luoghi insoliti. Le ragazze condividono più le loro esperienze attraverso la parola e il dialogo e sono portate ad agire verso l’interno. In questa fase la necessità di dimostrare a se stessi e agli altri che si sta crescendo porta i ragazzi ad assumere atteggiamenti trasgressivi, al di fuori delle regole imposte dagli adulti. Tra i comportamenti più estremi dei giovani troviamo nei maschi azioni di vandalismo e nelle ragazze forme di anoressia. I casi a rischio non sono solo i ragazzi che esprimono, con il loro atteggiamento, il loro disagio (il ragazzo irrequieto o l’arrogante o il leader). Questi sono facilmente riconoscibili e l’intervento su di loro è, se non più facile, più frequente perché facilmente individuabile. A rischio, invece, sono anche coloro che non manifestano il loro disagio (i tranquilli, coloro che non parlano, i bravi ragazzi) e che quando lo manifestano lo fanno in modo improvviso e molte volte con gesti eclatanti ed irreparabili. Uno dei campanelli d’allarme che segnalano la presenza di un disagio, può essere la difficoltà del giovane ad avere relazioni con i coetanei, per esempio il fatto che uno studente non vada volentieri in gita scolastica con i propri compagni o non esca con i propri amici extrascolastici. Consigli che vadano bene per tutti possono essere i seguenti:
IL GRUPPO CLASSE E LA SCUOLA Mentre il gruppo degli amici è un gruppo spontaneo che si sceglie, il gruppo classe non lo è e presenta delle problematiche per il giovane, specialmente nei primi anni (biennio). La difficoltà tipica del gruppo classe è la formazione di sottogruppi che possono essere contrapposti. I ragazzi formano sottogruppi con i compagni che sentono più vicino a loro come idee, gusti e valori. La contrapposizione dei sottogruppi si supera col tempo. Per molti giovani il gruppo classe si trasforma in una risorsa perché vi trovano materiale umano per arricchirsi e confrontare i propri valori e conoscenze. La scuola è un’agenzia di socializzazione primaria ed il gruppo classe diventa una risorsa importante soprattutto per i ragazzi che hanno un disagio silenzioso e pochi amici al di fuori dell’ambito scolastico. LA PUNIZIONE Le punizioni più utilizzate sono quelle che generano nei giovani sentimenti di colpa e quelle che generano un sentimento di vergogna. Sono entrambe da usare con attenzione perché non hanno delle conseguenze sempre positive. La prima aggrava lo stato di tristezza e di malessere. La seconda è molto distruttiva. La punizione va contrattata con il giovane e bisogna dargli una opportunità con un periodo di prova prima di affliggere la pena, che può essere annullata o può essere più severa. I SEGRETI Il bambino, in genere, non ha segreti verso i genitori e loro sono abituati a sentirsi raccontare più o meno tutto quello che passa per la testa al loro figlio. Nell’adolescenza i figli non raccontano più le loro esperienze e questo lascia perplessi i genitori, che tendono a trasformare questo comportamento in una colpa, che invece non è. Con gli adolescenti bisogna evitare i segreti di famiglia, meglio informare, perché i giovani tendono a costruire sui segreti, delle ipotesi molto più grandi e gravi di quanto essi non siano in realtà. Le bugie dette agli adolescenti, in famiglia, hanno un prezzo molto elevato.
GLI ADULTI Spesso subentra, in chi vive vicino agli adolescenti, a causa della difficoltà di comunicazione e dei loro atteggiamenti, l’elaborazione non corretta né giustificata delle colpe. Per gl’insegnanti la colpa di certi comportamenti degli studenti è delle famiglie. Per le famiglie la colpa è della scuola. La contrapposizione ostacola la possibilità di ricercare ed elaborare le strategie più idonee per aiutare l’adolescente. TERMINE CON INTERVENTO DEL PRESIDE. Al termine il preside, che ha assistito ad entrambi gli incontri con il dottor Lancini, ha ritenuto di poter portare un contributo sottolineando due cose importanti.
Il dott. Lancini è uno psicopedagogista che da quattro anni lavora nella scuola nell’ambito del progetto "Educare per prevenire" con l’obiettivo della prevenzione nei confronti del disagio giovanile. Tiene due incontri l'anno con i giovani delle classi prime, ascoltandoli ed aiutandoli in questa nuova esperienza scolastica. Nell’ambito del C.I.C. è responsabile, invece, di uno sportello di ascolto aperto ai giovani il sabato mattina. Nota (1) La "RELAZIONE SINTETICA" è stata
realizzata dal segretario del C.G. sulla base degli appunti presi durante
gl’incontri. Il dott. Lancini l’ha vista, apportandone le opportune
modifiche e ne ha approvata la distribuzione ai genitori, in particolare a
quelli delle classi prime.
Il Segretario del Comitato dei
Genitori |