"Non capisco e non voglio capire"

    Caro Giorgio, è umiliante vivere tutto il giorno tra le stesse mura e dover usare la penna per parlarci. Non accetto offese e tanto meno che tu definisca stupidaggini quello che hai fatto. Ti droghi, frequenti compagnie di smidollati e strafottenti. Hai rubato in casa d'altri, hai distrutto mobili e assalito ragazze, che definisci più spaventapasseri e più fulminate di voi maschi. Hai buttato la tua famiglia nella disperazione. Ora chiedi aiuto come fossi un'innocente topolino caduto in trappola.

    Non ti capisco e non ti voglio capire. Se sono fuori giorni, notti e settimane intere è per portare a casa da vivere decentemente e per mantenere voi. Ho fatto il padre come sono stato capace. Non mi ha insegnato mai nessuno a farlo. La mia adolescenza è lontana mille miglia. Vengo da una famiglia povera, di operai. Mi sono fatto strada da solo. Quello che tu chiami amore, libertà, felicità, i miei genitori lo chiamavano: capriccio.

    Ho preso botte fino a militare. Allora si educava cosi. Ho frequentato i corsi serali, per recuperare un titolo di secondaria superiore. Sette ore di lavoro e quattro di scuola ogni giorno, sabato compreso.

    Tua madre, viene da famiglia più agiata della mia. Per te stravede. Dovresti esserle riconoscente. Pare invece che amarti sia un delitto e coccolarti una sventura. Tua madre è insegnante e di educazione se ne intende molto più di me. Quando ero per il mondo a lavorare e a guadagnare per voi, (anche se ti rompo, te lo ripeterò cento volte) ero sereno perché sapevo che eravate in buone mani. Non giustificherò e tantomeno perdonerò mai il tuo voltafaccia. Ci hai tradito vergognosamente.

    Se c'è un persecutore in casa nostra, non è tuo padre o papà, sei tu. Le minacce di suicidio sono scenate ricattatorie. Comprerai tua madre, ma mai me! Siete giovani bruciati, perché non avete mai sofferto. Tutto vi è dovuto. Tutto vi è stato dato troppo gratuitamente. Eravamo felici fino a ieri. Intelligente, sportivo, il migliore della classe, servizievole. Mezzo mondo ci invidiava un figlio cosi! Ora mi dici che da anni stai male dentro.

    Ma come facciamo noi a capirti, se hai due facce? Nemmeno i preti hanno capito. Hanno tessuto gli elogi di te, anche nell'ultimo incontro. Sei uscito con i voti migliori di tutti. Giorgio, abbi pietà di noi. Ritorna il ragazzo sereno, bravo di sempre. Non ci meritiamo questo dolore. Perché strappare catenine e orologi alle tue compagne se sei pieno d'oro e di orologi? Ci dici che avevi bevuto o ti eri spinellato. Ti cambia così tanto "la roba"? Che motivo hai di farti credere strafottente, superman dai tuoi compagni. Non lo sei mai stato. Non sei capace di esserlo nemmeno da ubriaco.

    Devi drogarti per sembrarlo. Siamo disperati. Non sono né padre né padrone. Sono un uomo finito. Vorrei avere cento anni. I miei sogni e progetti su di te, sono svaniti in un attimo. E sempre stato così difficile fare il padre? Vorrei che qualcuno mi rispondesse...

    Che mi dicesse, almeno, che fare il padre è una cosa difficile, molto difficile. Quando sei uscito dal pancione di tua madre, ho pianto come un bambino, per la gioia. Ora vorrei tanto, che tu non fossi mai uscito da lei. Non perché ti odio, ma perché capisco quanto sarà difficile, domani, per te vivere, amare, farti amare.

    L'altra notte, non riuscendo a dormire, ammiravo le travi di legno della cascina dei nonni. Vedevo un ragnetto, sull’angolo che tesseva e ritesseva. Cadeva, si risollevava, saliva, scendeva, ricominciava, ore e ore, per una ragnatela che vedevamo solo io e lui. Perché, appena la vedrà mamma, addio ragno e ragnatela.

    Io, come quel ragno, ho lavorato giorno e notte per tessere la tela, farvi la casa, vestirvi, offrirvi non solo il necessario, ma soprattutto il superfluo. Mi sono consumato per fare la tela e ora tu, d'un colpo hai rovinato tutto. Non avrei mai pensato di amarti così tanto e in modo cosi sbagliato!

    La paternità è più terribile della maternità. Alla mamma ci credono tutti. La maternità la palpi, la senti, è fisicità. Noi, padri, siamo amore puro come l'alambicco.

    Viviamo solo di essenza. Più siamo sbagliati e più sentiamo l'odore seducente della paternità, come essenza di erbe amarissime. La madre è il porto. Noi padri siamo il mare aperto. Di questi tempi è sempre mare mosso. E tu, Giorgio, figlio mio, sei una barchetta piccola piccola che non ha voglia di annusare l'odore del mare, ma che custodisce solo la grinta selvatica per depredarlo. Scusa...

                                                                                                 Tuo padre

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