Don Mazzi:
quel ragazzo è come un aquilone,
va aiutato a volare

    Se mi lascio prendere dalle due lettere, casco in una pericolosa imboscata. L'atmosfera che si respira è drammatica. Rispondo, quasi divagando. I figli sono come gli aquiloni. Ai miei tempi gli aquiloni si costruivano a mano e costituivano uno dei pochi momenti belli della nostra povera infanzia.

    Vengo dalla campagna. Per me l'anno era scandito dall'uccisione del maiale, dalla raccolta e battitura del grano, dalla vendemmia, dal presepio, dal carnevale per le maschere e i coriandoli, e dagli aquiloni.

Oggi gli aquiloni non vanno più di moda e poi si comperano già fatti negli stramaledetti supermercati. Male. Non avete idea cosa vi perdete a non fare l'aquilone a mano, con vostro figlio o con vostro nipote.

Giorgio, seguimi. Entra nei miei panni, di bambino poverissimo di sette anni. Dovevamo racimolare le rare riviste a colori, fare la colla, cercare attorno ai fossi le cannucce lunghe e sottili che avrebbero costituito le nervature del testone dell'aquilone.

La fase Più delicata dell'intera operazione consisteva nell'andare di notte a scassinare la porta del gabbiotto degli attrezzi, dove il nonno custodiva gelosamente i rotoli di spago, con i quali avrebbe legato i salami.

L'aquilone è aquilone se ha code lunghissime e coloratissime, se ha un grande testone dipinto esagonale o rettangolare, e ha uno spago talmente lungo da volare oltre il sole.

Se non volasse oltre il sole, che aquilone sarebbe

Io impazzivo. Arruolavo la mamma, le zie, i cugini e le cugine. Occupavamo per almeno una settimana il tavolone della cucina dei nonni. Era largo, lungo e comodo. Sbuffando, per quel periodo, gli zii sopportavano quelle invasioni. Dovevano andare a mangiare altrove. Non vi dico il disordine (…)

I figli sono come gli aquiloni. Tutti ci diamo troppo da fare a fabbricarli. Attorno al tavolo, a colori, belli, bellissimi, la famiglia intera, lì, a costruire l'aquilone/figlio.

L'aquilone, però, lo si costruisce, perché vada, presto e bene, a occupare quel pezzo di cielo che il Padreterno ha preparato per lui.

Voi genitori vi perdete troppo nel levigare, cesellare i vostri figli ad altezza massima del tetto di casa. Tessete meno ragnatele. Aprite le porte di casa e spingeteli a respirare a pieni polmoni, il sapore del cielo.

E voi, padri, tenete appena un filo, lungo, sottile, sottile, ma sufficiente per dare di tanto in tanto un impulso, un avviso.

I vostri figli non devono far finta di avere doti che voi non avete mai inculcato loro.

Giorgio è un adolescente normale, normalissimo.

E' il figlio che non abbiamo preparato a volare, perché non abbiamo insegnato a lui che volare è uscire di casa, è affrontare il sole che scotta, il vento che scompiglia, il silenzio che spaventa, il freddo che brucia.

Dentro un adolescente, c'è concentrata tutta l'avventura di una vita.

Rompere o farsi uno spinello, o fare "stronzate" è proprio degli adolescenti che, non avendo imparato a volare, si accontentano di sentirsi vivi, rompendo le "cristallerie".

Il cielo costa. Gli adolescenti di domani saranno sempre più aquiloni smaniosi di volare, ma intimiditi dal rischio dell'infinito.

Allora parliamo di più. drammatizziamo di meno, scopriamo la capacità di perdonare. Prepariamo lo spago presto, robusto, leggero, molto lungo.

    Sta qui l'avventura parallela di un padre e di un figlio.

    Non trasformiamo le feiite in sconfitte, ma in tappe verso il cielo aperto. Allora l'aquilone diventerà aquila, e il padre riscoprirà, con il naso all'insù, il fascino della paternità.

                                                                        Don Antonio Mazzi

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