Dalla
terra al Cad |
L’articolo
“dalla terra al Cad”, si riferisce alla mostra, svoltasi a Venezia a Palazzo
Grassi, sull’architettura del “Rinascimento da Brunelleschi a Michelangelo”.
La
mostra, organizzata dall’istituto culturale della Fiat, e curata da Mario
Bellini, presentava un periodo lungo circa 100 anni, di fondamentale importanza
per la storia dell’architettura. L’articolo però, non vuole essere solo una
recensione su quell’evento ma una riflessione sul nuovo modo di fare
architettura, partendo dall’analisi dell’elemento fondamentale
dell’allestimento stesso, ovvero “il
modello”.
Nel
periodo rinascimentale, il modello era inteso come “plastico”, ovvero una rappresentazione in scala ridotta della
struttura edilizia che serviva a diversa scopi:
1.
per lo studio del
progetto
2.
per ottenere
l’approvazione dei committenti
3.
per organizzare il
cantiere
Ancora
oggi la parola “Modello” contiene
in se il significato di “plastico”
ma a questo, nel corso dei secoli, si sono aggiunti altri significati:
Nel periodo industriale à “Modello” = “prototipo”:
esempio
perfetto da imitare o riprodurre (concetto di standardizzazione ).
Oggi à “Modello” = struttura di dati dinamicamente organizzati e collegati
tra loro in cui al variare di alcuni valori variano a cascata tutti gli altri (Concetto
della personalizzazione).
Questa
definizione strettamente legata al concetto del “what….if”, nato intorno agli
anni’70 - ’80 a proposito dei modelli informatici, e unita allo sviluppo del
web ha aperto la strada a nuove sperimentazioni e nuove riflessioni sullo
spazio e sull’architettura.
Si
passa:
da uno spazio reale e oggettivo a uno spazio virtuale e
soggettivo;
da un’architettura tradizionale, che usa i classici mezzi di progettazione e
costruzione, ad
un’architettura digitale che utilizza algoritmi e software;
da un’architettura non più
statica ad una interattiva, che sa
rispondere sempre più ai desideri dei suoi fruitori al mutare di situazioni
climatiche, ambientali o d’uso.
Cambia anche il modo di
progettare e c’è già chi ha
sostituito al vecchio “schizzo”, ovvero la prefigurazione sintetica di un’idea
spaziale, il
modello diagrammatico, ovvero la prefigurazione di un processo, che
non propone soluzioni ma solo ipotesi, simulazioni che poi l’architettura deve
valutare e scegliere in rapporto alle forze in campo. Tutto ciò a molti
architetti, tradizionalisti e ortogonali, causa una visione catastrofica del
futuro, ma in realtà è una paura legata solo ad un ritardo delle conoscenze
rispetto alla velocità di cambiamento; ritardo che dovrà essere colmato perché
oggi non si può essere solo consumatori di informazioni, ma bisogna diventare
attori capaci di giocare all’interno di una soggettività critica.