Premessa

Il Castello medioevale sito a Venetico Superiore, in provincia di Messina, eccezionale testimonianza d'ingegneria ed architettura del periodo medioevale, ha subito gravi danni causati dal terremoto del 1908. L'importanza artistica, storica ed architettonica rivestita dal Castello era stata compresa dal Sindaco Dott. Nunzio Anastasi il quale, già negli anni '80, aveva notoriamente caldeggiato il restauro dell'immobile e, successivamente, con il supporto di due diversi Consigli Comunali (1990-1995), aveva ottenuto la preventiva apposizione del vincolo da parte della Regione per procedere all'acquisto del Castello, finalizzato al restauro complessivo della struttura.

Interventi di consolidamento a seguito del terremoto furono eseguiti dalla famiglia Samonà, proprietaria dell'immobile. Il Prof. Carmelo Samonà intorno al 1920 vi apportò alcuni restauri. Durante la guerra due bombe colpirono la struttura, ed una creò una buca considerevole nella Corte. I figli Alberto e Antonio Samonà Monroy, per le continue scorribande di ragazzini che vi andavano a giocare a pallone, constatato che la tomba del Principe di Venetico era stata scoperchiata decisero di ripristinare la chiusura con un cancello in ferro. Nel 1955-56 avevano dato avvio ai lavori di consolidamento e restauro dell'intero Castello, dopo avere terminato quello dell'altro Castello di loro proprietà sito a Spadafora (ME). Tuttavia i lavori furono interrotti nel 1962. Furono notevoli le difficoltà incontrate nell'esecuzione delle opere, iniziate senza che il Comune avesse provveduto a consolidarne la roccia sottostante. Agli atti del Comune di Venetico esiste ancora la corrispondenza intrattenuta nel 1954 tra Alberto Samonà ed il Comune di Venetico, relativa alle problematiche della sicurezza che l'Ente non ha mai eseguito nel tempo. Le contestuali precarie condizioni di salute di Alberto Samonà, determinarono quindi la sospensione del restauro intrapreso. L'Ente, inoltre, non diede mai esecuzione alla richieste del proprietario che, contestualmente, aveva richiesto agli Organi competenti anche l'apposizione del vincolo sulla fortezza. Le opere di consolidamento, ancora visibili, furono effettuate dalla Ditta Francesco Bertino, di Spadafora. Ai lavori partecipò quale apprendista manovale anche l'attuale Sindaco Francesco Rizzo, all'epoca sedicenne, ed in seguito assunto dal Cav. Alberto Samonà presso lo stabilimento di laterizi "Le Venetiche".

Merlatura del Castello medioevale Sec. XIII°

Interesse storico ed architettonico particolarmente importante

La Regione Siciliana, con Decreto n° 5249 del 18.03.1992 ha sottoposto a vincolo il Castello medioevale di Venetico:  "Il Castello Medioevale sito a Venetico Superiore (ME), per le considerazioni sottoindicate è dichiarato di interesse storico ed architettonico particolarmente importante ai sensi degli artt. 1,2 e 3 della Legge 1.06.1939 n° 1089, e dell'art. 2 della L.R. 1.08.1977 n° 80".

Considerazioni tecniche espresse dalla Sovrintendenza ai BB. CC. AA. di Messina

Il Castello sorge su un'altura che domina il Borgo sottostante, fondato in epoca normanna e facente parte del feudo della famiglia Venetico da cui trasse la denominazione. Nel 1447 il feudo di Venetico, unitamente a quello di Mazzarrà, venne concesso da Alfonso d'Aragona a Corrado Spadafora. Secondo alcuni studiosi sarebbe stato realizzato in tale epoca e ristrutturato sul finire del cinquecento ad opera di Camillo Camilliani.

Tale tesi viene smentita dall'impianto planivolumetrico, il cui rigore geometrico rimanda ad età sveva. La frammentarietà dei resti pervenutici non consente un'organica lettura cronologica delle trasformazioni subite dalla fortificazione nel corso dei secoli. Sono comunque chiaramente identificabili i rifacimenti cinquecenteschi realizzati nel quadro delle ristrutturazioni carloquintiane e quelli eseguiti in epoche successive per adeguare la fortificazione alle nuove tecniche belliche.

A pianta trapezoidale allungata con possenti torrioni circolari ai vertici, la roccaforte si articola intorno alla Piazza d'Armi con una serie d'ambienti di taglio irregolare, realizzati in epoca post-quattrocentesca a danno delle strutture medioevali, in funzione delle esigenze dei proprietari avvicendatisi nel corso dei secoli.

E' raggiungibile dal lato meridionale mediante una cordonata che si attesta su un portale ad arco ribassato originariamente preceduto da un ponte levatoio ormai non più esistente, ma la cui presenza è comprovata da alcune mensole sporgenti a livello terra.

Ai lati del portale si apre un loggiato di tre arcate per lato con coperture a botte. Ogni arcata comprende due feritoie a cui corrispondono assialmente quelle del livello superiore agibili dagli spalti che percorrono perimetralmente le mura ad esclusione del lato settentrionale volto verso Milazzo, naturalmente protetto dall'inespugnabile versante dell'altura montuosa. Agli estremi del fronte meridionale sono ubicate due cannoniere realizzate in epoca seicentesca.

Un secondo portale immetteva in un breve passaggio coperto su cui affacciavano gli alloggi del corpo di guardia che, tramite una rapida rampa ubicata immediatamente a sinistra dell'ingresso, erano posti in comunicazione con un unico grande ambiente destinato alle scuderie, situato al livello inferiore lungo il fianco orientale. Il vano, crollato solo parzialmente, viene diviso longitudinalmente da quattro arcate in laterizi sostenute da grossi pilastri a sezione rettangolare, rivestiti in conci di pietra calcarea su cui scaricano le volte a crocera, anch'esse in laterizi, che coprono il tratto compreso tra i pilastri ed il muro orientale che, in corrispondenza delle arcate, si apre verso l'esterno con quattro grandi finestre quadrate fortemente sguanciate e dotate di cornici in pietra grigia. Percorrendo il passaggio coperto si giungeva alla Piazza d'Armi dalla quale erano direttamente accessibili gli ambienti annessi alla residenza.

Nell'ala orientale erano ubicate le stanze della servitù ed una Cappella, ancora esistente, dove permangono i resti di un altare con la Croce dei Cavalieri di Malta ed il loculo di sepoltura, ormai vuoto, del Principe di Spadafora (*). Dal lato opposto erano dislocate le cucine ed una biblioteca con camino. L'abitazione padronale, crollata in seguito al terremoto del 1908, si articolava intorno ad un grande salone che affacciava sulla Corte. Soltanto le stanze sul lato Nord erano poste in comunicazione con l'esterno tramite grandi finestre.

L'impianto planivolumetrico, pur non resituendo fedelmente l'immagine primigenia della fortificazione, sicuramente utilizzata in contesti difensivi post-cinquecenteschi, è inequivocabilmente riferibile alla produzione federiciana, caratterizzata da una sostanziale unità stilistica e morfologica riconducibile alle più eterogenee esperienze pregresse. Il duplice ruolo di insediamento militare e residenziale, la sua ubicazione, valutata sia in rapporto al paese sia al più ampio contesto territoriale, confermano l'ipotesi suggerita dalle caratteristiche tipologiche e strutturali del Castello, che deve considerarsi parte integrante del circuito fortificato posto a guardia di Messina, realizzato in età sveva mediante il riuso di preesistenze e fondazioni ex novo. Tale sistema dei luoghi forti è identificato lungo il versante jonico dei Castelli di Alì Superiore e Scaletta, lungo quello tirrenico dalle roccaforti di Rometta Superiore, Roccavaldina, Monforte San Giorgio, Santa Lucia del Mela e Milazzo, caposaldo della linea forte che dall'interno e da occidente controllava l'accesso alla Città peloritana.

Armoniosamente inserito nell'ambiente circostante, il Castello costituisce una rara e importante testimonianza di architettura medioevale del secolo XIII°, pertanto, anche al di là dei pregnanti valori estetici da esso rivestiti, merita di essere tutelato come espressione della memoria storica collettiva della civiltà isolana.


(*) Breve commento al riferimento " Principe (di) Spadafora"

Come ampiamente descritto in questo sito, non è mai esistito un Principato di Spadafora nè, dunque, un Principe di Spadafora. Infatti, esaminandone il senso letterale, qualora detto titolo fosse stato ipoteticamente concesso a Muzio Spadafora Spadafora nel 1710, come hanno descritto alcuni Autori, l'inesistenza del corrispondente Feudo (Spadafora) e la mancanza di titolarità sul Castello da parte di detto ipotetico beneficiario, già da sole smentirebbero quest'ipotesi. La dizione riportata dal Mango in "Il Nobiliario di Sicilia", non va intorpidita, ma piuttosto occorre approfondirne i termini. Infatti, a proposito di questo titolo, ove il Mango precisa che Muzio Spadafora Spadafora in alcuni documenti del 1713 è qualificato Marchese di Policastrelli, è di per sè intuitivo che il conferimento del titolo non può che riferirsi ed integrare il precedente e più modesto titolo già posseduto, ossia quello di Marchese di "Policastrelli". Avrebbe senso, semmai, a tal proposito riferire correttamente che al Marchese di Policastrelli, era stato anche concesso il titolo di Principe di Policastrelli. La famiglia dei Policastrelli, non ha mai avuto nulla a che fare con i Castelli di Venetico e Spadafora sempre appartenuti ai Principi di Venetico, al tempo stesso Marchesi di San Martino.

In tema di prospettive sul futuro del Castello di Venetico

Alberto Cammarata Samonà, che da anni si prodiga per potere pervenire al restauro del Castello di Venetico, ha già ottenuto approvazione del progetto di massima da parte della Soprintendenza regionale ai BB. CC. AA. di Messina.

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