OSSERVATORIO LETTERARIO 

*** Ferrara e l'Altrove ***

 

ANNO VII/VIII – NN. 35/36    NOVEMBRE-DICEMBRE/GENNAIO-FEBBRAIO 2003/2004     FERRARA

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TRADURRE - TRADIRE - INTERPRETARE - TRAMANDARE ©

- A cura di Meta Tabon -

 

 

Hábermann Annamaria (1943)  — Milano

MIKOR

 

mikor

egy gombóc ül a torkon

mikor

a sírás kitartó

mikor

a baráti kéz

mikor

 kezed elengedni kész

mikor

egy arc ködbe vesz

mikor

az emlék távol lesz

mikor

az idő bevégez

mikor

egy levél eredménytelen

mikor

örökké várni

mikor

a reményt látni átváltozni

mikor

sebez a csalódás

mikor

fáj a búcsúzás

mikor

a nap kiolt

mikor

a nemlét

mikor

a lét

mikor

mikor

 

Traduzione  in ungherese

 © di Melinda Tamás-Tarr

 

 

 

Horváth Magdi (1953) — Budapest (H)

URAM, ÍTÉLJ MEG!

(Dal)

 

Uram, tekints le rám és ítélj

Egy szót, egy jelt adj és megértem én

Uram, ma köd borítja elmém

 

Uram, ha úgy ítélsz meg engemet

Hogy én ma tévedésben szenvedek

Csak jőjj és tűzbe dobd az elvemet

 

Uram, ha végül mégsem tévedek

Ne küldj utamba ellenségeket

Ne küldj

Ne ellenségeket!

 

 

FOHÁSZ

 

Szomorú éj, üres az utca már,

Egyedül én megyek, mint néma árny

Telve szívem búval, nem lelem sehol a fényt,

Könyörülj rajtam nagy Isten, könyörülj sorsomon!

 

 

Hallod-e mondd, hallod-e hangomat?

Felelj nekem, oszlasd el gondomat:

Merre menjek immár, megzavar a sok beszéd,

Sok itt a földön az álszent, kegyetlen gondolat!

 

 

 

 

Nagy László (1925-1978)

TŰZ VOLT A TE NEVED

 

Tűz volt a te neved, tűz volt.

Mellemen átvilágolt,

szemérmedet fűbe tiportad,

gyehenás csikó a hámot.

 

Bűn volt a te neved, bűn volt,

csipőd a csapda,

szerelmed hervasztó kamra,

ingatag szíved lakatja.

 

Gyász lett a te neved, gyász lett,

belefeketült a diák,

elárvult, amikor égig

föllángoltak sárgán a fák.

 

 

 

 

 

Wisŀawa Szymborska — Polonia (Premio Nobel)

DNIA  16 MAJA 1973 ROKU

 

Jedna z tych wielu dat,

które nie mówią mi już nic.

 

Dokąd w tym dniu chodziłam,

co robiłam - nie wiem.

 

Gdyby w pobliżu popełniono zbrodnię

 — nie miałabym alibi.

 

Słońce błysło i zgasło

poza moją uwagą.

Ziemia się obróciła

bez wzmianki w notesie.

 

Lżej by mi było myśleć,

że umarłam na krótko,

niż że nic nie pamiętam,

choć żyłam bez przerwy.

 

Nie byłam przecież duchem,

oddychałam, jadłam,

stawiałam kroki,

które było słychać,

a ślady moich palców

musiały zostać na klamkach.

 

Odbijałam się w lustrze.

Miałam na sobie coś w jakimś kolorze.

Na pewno kilku ludzi mnie widziało.

 

Może w tym dniu

znalazłam rzecz zgubioną wcześniej.

Może zgubiłam znalezioną później.

 

Wypełniały mnie uczucia i wrażenia.

Teraz to wszystko

jak kropki w nawiasie.

 

Gdzie się zaszyłam,

gdzie się pochowałam —

to nawet niezła sztuczka

tak samej sobie zejść z oczu.

 

Potrząsam pamięcią —

może coś w jej gałęziach

uśpione od lat

poderwie się z furkotem.

Nie.

Najwyraźniej za dużo wymagam,

bo aż jednej sekundy.

 

 

 

 

 

Tamás-Tarr Melinda (1953) —Ferrara

EZ A NAGY SZERELEM…

 

Ez a nagy szerelem

Perzseli a szívem,

S kínozza lelkemet

A Ő messzesége!

 

Ez a nagy szerelem

Gyötrelmes érzelem,

Mert nincsen mellettem

A Drága Kedvesem!

 

 

 

 

 

Tristan Corbičre (1845 – 1875)

PARIS NOCTURNE

 

C'est la mer : - calme plat - et la grande marée,
avec un grondement lointain, s'est retirée.
Le flot va revenir, se roulant dans son bruit.
Entendez-vous gratter les crabes de la nuit ?

C'est le Styx asséché : le chiffonnier Diogčne,
la lanterne ŕ la main, s'en vient errer sans gęne.
Le long du ruisseau noir, les počtes pervers
pęchent : leur crâne creux leur sert de boîte ŕ

[vers.

C'est le champ : pour glaner les impures charpies
s'abat le vol tournant des hideuses harpies.
Le lapin de gouttičre, ŕ l'affűt des rongeurs
Fuit les fils de Bondy, nocturnes vendangeurs.

C'est la mort : la police gît. - En haut, l'amour
fait la sieste en tétant la viande d'un bras lourd
oů le baiser éteint laisse sa plaque rouge.
L'heure est seule. - Ecoutez : ... pas un ręve ne

[bouge.

C'est la vie : écoutez : la source vive chante
l'éternelle chanson sur la tęte gluante
d'un dieu marin tirant ses membres nus et verts
sur le lit de la morgue... et les yeux grands ouv-

[erts!

 

Annamaria Hábermann (1943) — Milano

QUANDO

 

quando

un nodo alla gola

quando

resiste al pianto

quando

la mano amica

quando

lascia la tua mano

quando

un volto svanisce

quando

nella memoria lontano

quando

il tempo finisce

quando

una lettera invano

quando

attendere sempre

quando

la speranza tramuta

quando

ferisce l'inganno

quando

il dolore dell'addio

quando

spegne il sole

quando

l'assenza

quando

la vita

quando

quando

 

(gennaio 2002)

 

 

 

Magdi Horváth (1953) — Budapest (H)

 GIUDICAMI, MIO SIGNORE!

(Canto)

 

Guardami e giudica, mio Signore!

Dammi una voce, un segno per percepire;

Nebbia copre oggi la mia mente, mio Signore.

 

Se Tu  mi giudicassi, mio Signore

Che io oggi soffrirei di errare,

Allora a gettare mio principio sul fuoco, vieni pure!

 

Se infine io non sbagliassi,

Sulla mia strada non inviare nemici,

Non mandare,

No, nemici!       

 

 

PREGHIERA

 

Triste notte, vuota č giŕ la via,

Soltanto io cammino da un'ombra muta,

Il mio cuore č colmo di dolore, non trovo la luce in nes-

[suna parte,

Grande Dio, abbi pietŕ di me, della mia sorte!

 

Dimmi odi, odi la mia voce?

Rispondi, fa' svanire il mio affanno:

Dove vado ormai? Le tante chiacchiere mi disturbano.

Tanti sono al mondo gli ipocriti e crudeli pensieri!

 

Traduzione  © di Melinda Tamás-Tarr

 

 

 

László Nagy  (1925-1978)

IL TUO NOME FUOCO

 

Il tuo nome fuoco, fuoco era stato,

Nel mio petto luce aveva portato,

Tu avevi all'erba il pudore buttato

Qual bardatura un puledro dannato.

 

Il tuo nome colpa, colpa era stata,

I tuoi fianchi la trappola scattata,

Stanzino essiccatore il tuo amore,

Serratura del tuo instabile cuore.

 

Il tuo nome lutto, lutto si fece,

Se ne tinse l'allievo nero pece,

Quando degli alberi il giallo avvampň

Fin su nel cielo, egli orfano restň.

 

Traduzione  © di  Mario De Bartolomeis

 

 

 

Wisŀawa Szymborska — Polonia (Premio Nobel)

IL GIORNO 16 MAGGIO DELL'ANNO 1973

 

Una di queste numerose date

che non mi dicono piů niente.

 

Dove in questo giorno sono andata,

cosa ho fatto — non lo so.

 

Se nei paraggi avessero commesso un delitto

— non avrei alibi.

 

Il sole ha brillato e si č spento

fuori dalla mia attenzione.

La Terra ha ruotato

senza menzione nel taccuino.

 

Mi sarebbe piů lieve pensare

di essere morta per breve tempo,

piuttosto che pensare di non ricordare niente,

anche se ho vissuto senza interruzione.

 

Non ero  infatti uno spirito,

respiravo, mangiavo,

facevo passi

che  si sentivano,

mentre le impronte delle mie dita

dovevano rimanere sulle maniglie.

 

Mi riflettevo nello specchio.

Indossavo qualcosa di qualche colore.

Sicuramente alcune persone mi hanno vista.

 

Forse in questo giorno

ho trovato un oggetto perduto prima.

Forse ho perduto uno  trovato in seguito.

 

Mi ricolmavano sentimenti e impressioni.

Ora tutto questo

Come puntini tra parentesi.

 

Dove mi sono rincantucciata,

dove mi sono nascosta —

č anzi un'arte niente male

togliersi dalla vista a sé stessa in questo modo.

 

Scruto la memoria —

forse qualcosa nei suoi rami

addormentato da anni

si alzerŕ repentinamente battendo le ali.

 

No.

Indubbiamente pretendo troppo,

esigendo perfino un secondo.

 

Traduzione © di  Halina Szmyd

 

 

 

Melinda  Tamás-Tarr (1953) — Ferrara

QUESTO GRANDE AMORE…

 

Questo grande amore

Infiamma il mio cuore,

La lontananza Sua

Strazia l'anima mia.

 

Questo grande amore

Č un'atroce emozione

Perché il mio Caro Amato

Non puň starmi accanto.

 

Traduzione  © di Melinda Tamás-Tarr

 

 

 

Tristan Corbičre (1845 – 1875)

PARIGI NOTTURNA

 

Č il mare: - piatta quiete – e l’alta marea,

con greve, remoto frastuono, si č ritirata oltre.

L’onda ritorna, avvolgendosi del suo fragore;

e voi,  li sentite i granchi della notte raschiare?

 

Č lo Stige prosciugato: dove un Diogene straccione,

lanterna in mano, va errando privo d’impaccio alcuno.

Lungo un ruscello nero, i poeti perversi pescano:

la cavitŕ del loro cranio funge da scatola per vermi.

 

Č il campo: per spigolare le impure stoppie,

discendono in volo, zigzaganti, orribili arpie.

Il coniglio di gronda, nell’agguato ai roditori,

fugge i figli di Bondy, notturni vendemmiatori.

 

Č la morte: la polizia giace - l’amore, dall’alto,

č in siesta nel desio della carne di un pesante braccio,

dove il baciare ha immortalato la sua chiazza rossa.

L’ora č sola. Ascoltate: neppure un sogno si sposta.

 

Č la vita: ascoltate, vivida sorgente intona

eterna melodia, sulla vischiosa testa

di un dio marino si distendono, nude e verdi,

le sue membra sopra un funereo strato…e gli occhi

[sbarrati!

 

Traduzione  © di Enrico Pietrangeli

 

 

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