Approfondimento

DAVOS / DOPO IL VERTICE DEI GRANDI DEL PIANETA


La globalizzazione ci mette l'ansia

New economy? E-commerce? Due miliardi di uomini su cinque vivono nel mondo con meno di 4 mila lire al giorno

di Gianluigi Melega


C'è un racconto di Italo Calvino, "Un re in ascolto", che descrive con esattezza l'atmosfera di nevrotica inquietudine che ha caratterizzato quest'anno il World Economic Forum di Davos. Un anno fa, i grandi della politica e dell'economia mondiale celebravano qui i fasti della new economy, dell'e-commerce, della moltiplicazione miracolosa dei valori di Borsa, i trionfi del governo di Clinton e del dollaro.

Oggi, proprio come il re di Calvino, rinchiuso nel suo palazzo e incapace di decifrare i rumori dall'esterno che gli fanno temere una rivolta che verrà, il Forum di Davos con i suoi 4 mila partecipanti, si è sintetizzato in una serie di dichiarazioni e comportamenti tutti volti a esprimere preoccupazione, timore, incapacità di affrontare una realtà ostile alle porte. «La globalizzazione dell'economia è diventata globalizzazione dell'ansietà», ha detto Mike Moore, l'economista che guida la World Trade Organization, una delle istituzioni internazionali più sotto il fuoco delle contestazioni dei poveri.

Le contestazioni nascono dalla micidiale freddezza delle cifre pubblicate dalle Nazioni Unite sulle disuguaglianze della realtà sociale mondiale. Due miliardi di uomini su cinque vivono nel mondo con meno di due dollari (4 mila lire) al giorno. Il reddito giornaliero di un cittadino svizzero è uguale al reddito annuale di un etiope. «Sperare che l'attuale sistema consenta di arrivare a qualche forma di eguaglianza è come sperare che la Tanzania vinca la Coppa del mondo di calcio», ha detto il presidente della Tanzania, Benjamin Mkapa.

Nel labirintico Centro congressi di Davos, il re leggeva le cronache degli anti-Davos riuniti a Porto Alegre, vedeva i reticolati di filo spinato e l'esercito svizzero pronto a paralizzare l'intera valle per paura di qualche decina di protestatari, sentiva porsi domande prima impensabili: «Dobbiamo aver paura di ciò che mangiamo?» (David Byrne, commissario europeo per la Salute e la Protezione dei consumatori). O conclusioni tremebonde: «Il maggior pericolo è credere che il sistema sia frutto di un complotto tra le grandi multinazionali e alcuni governi» (Peter Sutherland, presidente della Goldman Sachs). O constatava che due premi Nobel per la pace, Yasser Arafat e Shimon Peres, apparivano sconfitti nei loro sforzi dalle rispettive maggioranze estremiste.

Gli italiani presenti, pochissimi, ma tre di notevole personale successo. Mario Monti, commissario europeo per la Concorrenza, rispettatissimo da amici e nemici. Guido Rossi, che per aver detto che lo sviluppo dell'economia può essere sostenuto solo con misure di tutela sociale, è passato per un estremista di sinistra. E Oliviero Toscani, che con documentario ha ricordato che un mondo diviso in ultraricchezza e ultrapovertà è una miscela esplosiva. «E ho fotografato tutti 'sti ricconi, come se fossero al commissariato di polizia», ha poi detto ghignando.

8/02/2001


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