Integralismi
- Rivista anarchica anno 31 n. 271
aprile 2001
Cuore di pietra
di Maria Matteo
Non ci sono solo i due grandi Buddha di pietra. Ci sono milioni di donne
oppresse, represse, torturate. Non solo in Afganistan.
Vittorio Sgarbi, esibendosi nelle proprie
consuete intemperanze verbali, ha invocato l'intervento militare
dell'Occidente per impedire la distruzione dei due grandi Buddha della
Valle di Bamiyan, in Afganistan.
La sua posizione, per quanto estrema, rappresenta bene la grande
mobilitazione internazionale che ha accompagnato la decisione del governo
talebano di demolire tutti i monumenti dell'arte preislamica presenti in
Afganistan. Si sono mosse le Nazioni Unite, i governi di mezzo mondo, i
grandi musei, persino i G8, riuniti a Trieste per il summit sull'ambiente,
hanno spedito un appello. Sono fioccate le proposte di acquisto,
rimozione, mentre emissari delle più disparate istituzioni culturali e
politiche si sono precipitati a Kabul.
Mentre scrivo non si hanno notizie dei Buddha, non si sa se l'opera
distruttiva sia stata portata effettivamente a termine. Certo è che in
pochi giorni sono stati versati fiumi di inchiostro, sprecate iniziative
diplomatiche quante non se ne erano viste da oltre vent'anni, da quando,
con l'invasione sovietica del paese, ebbe inizio la grande tragedia del
popolo afgano. Del regime di terrore instaurato dai talebani nel paese si
sono occupate solo minoranze per le quali i diritti umani non sono solo
belle parole da invocare nelle celebrazioni ufficiali. Ma parlare di
violazione dei diritti umani pare quasi un eufemismo in l'Afganistan,
perché la repressione contro le minoranze e le donne è di una ferocia
senza limiti.
130 milioni di mutilate sessuali
Il rapporto annuale delle Nazioni Unite sullo stato della popolazione
dell'anno 2000 era dedicato alle donne. I dati ONU ci presentano un quadro
in cui le violenze, le discriminazioni, le mutilazioni, la limitazione o
privazione totale della libertà, gli omicidi sono in costante aumento
quasi tutto il pianeta. Nessun paese escluso.
In tutto il mondo circa 130 milioni di ragazze e bambine subiscono
mutilazioni sessuali orrende, 20 dei 50 milioni di aborti effettuati ogni
anno viene praticato in condizioni igieniche spaventose, ogni 15 secondi
viene violentata una donna negli Stati Uniti, gli omicidi per motivi di
"onore" sono, secondo alcune stime, 5.000 l'anno e spesso la
motivazione costituisce un'attenuante per gli assassini, la violenza
fisica, sessuale, psicologica tra le mura domestiche è elemento comune ai
paesi del primo e del terzo mondo.
La vita, la libertà e la dignità delle donne sono ovunque calpestate ma
in nessun luogo ci troviamo di fronte ad un esplicito tentativo di
genocidio di genere come nell'Afganistan dominato dai talebani, dove alle
donne è negata la possibilità stessa di sopravvivere.
Il "Ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del
vizio", lo stesso da cui è partito l'ordine di distruzione degli
"idoli", si applica con metodo a rendere impossibile l'esistenza
delle donne. Il burqa, la palandrana che ricopre completamente il corpo ed
il viso delle donne è solo il segno più visibile di una condizione
terribile. Alle donne è vietato lavorare, istruirsi, uscire di casa senza
un parente maschio, accedere ad un ospedale. Le donne non possono essere
visitate da un medico maschio ed alle poche donne medico, quelle che non
sono state uccise o costrette all'esilio, è impedito di esercitare la
professione. Le oltre 700.000 vedove con figli sono obbligate alla
mendicità e rischiano la vita ogni giorno. Le donne che per ribellione o
per necessità violano i decreti dei talebani vengono percosse in strada,
bruciate vive dai mariti, lapidate nelle pubbliche esecuzioni del venerdì.
Secondo i dati forniti dall'Unicef negli anni '90 più di cinquantamila
donne sono morte in circostanze legate al parto, mentre cinque milioni di
bambini circa sono morti per malnutrizione e malattie varie negli ultimi
15 anni.
Donne in Afganistan
L'Occidente, che sino a pochi anni orsono ha fomentato ed armato i
fondamentalisti sunniti in funzione antisovietica e come argine
all'integralismo shita iraniano, oggi impone sanzioni all'Afganistan per
l'ospitalità data al noto terrorista saudita Osama Bin Laden,
"dimenticando" che Osama è una creatura dell'Intelligence
americana. Il medioevo islamico tanto sbandierato in questi giorni dai
quotidiani è anche frutto del sostegno militare e politico che per anni i
paesi occidentali e gli Stati Uniti in particolare hanno fornito
all'integralismo sunnita. Un integralismo che lancia anatemi contro la
modernità, che non si limita all'accanimento odierno contro le statue del
passato ed ha da tempo distrutto televisori e radio, videocassette e
stereo. Ma la leadership talebana viaggia su auto giapponesi, dispone di
aerei privati e gestisce un proprio sito web. Le ferree regole imposte dal
"Ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del
vizio" non valgono nei palazzi del potere.
La ferocia del governo integralista afgano è tale da farci pensare che
quello che sta avvenendo in quel paese sia comparabile solo al programma
di sterminio attuato nella Germania nazista nei confronti dei malati di
mente, degli handicappati, degli oppositori politici, degli ebrei, dei rom
e degli omosessuali.
La morte, la tortura, la privazione di ogni esiguo margine di libertà
delle donne afgane avviene in un assordante silenzio. Al di là di poche
organizzazioni umanitarie nessuna voce si leva alta per frantumare la muta
acquiescenza che accompagna il lento sterminio delle donne dell'Afganistan.
In Afganistan ed in Pakistan lavorano in clandestinità due organizzazioni
femminili, la RAWA e l'HWCA. Queste donne, che rischiano la vita ogni
giorno perché condannate a morte dai talibani, attraversano sotto i loro
burqua il confine e si recano in città e villaggi ove svolgono un lavoro
profondamente sovversivo: insegnano alle donne ed alle bambine a leggere e
scrivere, a curarsi ed a curare, a tessere tappeti. In Pakistan hanno
aperto per i profughi (oltre un milione e mezzo) ospedali e scuole che
rischiano di chiudere per mancanza di fondi. Per loro non ci sono
sovvenzioni da alcuna prestigiosa istituzione culturale, organizzazione
internazionale, governo "sensibile" alla conservazione del
patrimonio culturale.
Le grida di protesta per la distruzione dei Buddha rendono assordante il
sostanziale silenzio che accompagna l'agonia delle donne dell'Afganistan.
Di fronte a simili crimini il silenzio è complicità.
Ma il cuore dei governi di mezzo mondo batte per i monumenti di Bamiyan.
Un cuore di pietra.
Firmato: i Talebani
Quello che segue è un sommario elenco delle condizioni di vita imposte
alle donne
(e non solo a loro) dai Talebani.
Divieto totale di lavoro fuori casa, incluso l'insegnamento, la sanità,
ecc...
Divieto totale di movimento fuori casa senza la presenza di un mehram
(padre, fratello o marito).
Divieto di trattare con negozianti maschi.
Divieto di ricevere cure da medici maschi.
Divieto di istruzione in scuole, università o altre istituzioni.
Obbligo di indossare il burqa, un lungo velo che copre le donne da capo a
piedi.
Fustigazione, percosse e insulti alle donne i cui abiti non corrispondano
alle prescrizioni dei talebani, o alle donne non accompagnate dal mehram.
Fustigazione pubblica per le donne con le caviglie scoperte.
Lapidazione pubblica per le donne che hanno rapporti sessuali fuori dal
matrimonio (molte coppie di amanti vengono lapidate a morte per questa
legge).
Divieto dell'uso del trucco (a molte donne sono state amputate le dita
perché avevano le unghie laccate).
Divieto di parlare o di dare la mano ad uomini che non siano mehram.
Divieto di ridere forte (nessun estraneo deve sentire la voce delle
donne).
Divieto di portare i tacchi alti, in quanto è proibito sentire il suono
dei passi di una donna.
Divieto di prendere il taxi senza un mehram.
Divieto di apparire alla televisione, alle radio o in qualsiasi riunione.
Divieto di praticare sport o entrare in una palestra o centro sportivo.
Divieto di andare in bicicletta e moto anche in presenza del mehram.
Divieto di indossare abiti a colori vivaci (con loro parole, "colori
sessualmente attraenti").
Divieto di riunione anche in occasione di feste o per scopo ricreativo.
Divieto di lavare i panni accanto ai fiumi o in luoghi pubblici.
Tutti i nomi con la parola "donna" sono stati cambiati. Per
esempio, "il giardino delle donne" è diventato "il
giardino della fonte".
Divieto di apparire al balcone delle case e degli appartamenti.
Obbligo di oscurare le finestre in modo che le donne non possano essere
viste dall'esterno.
Divieto per i sarti maschi di prendere le misure o cucire abiti da donna.
Divieto dell'uso dei bagni pubblici per le donne.
Gli autobus sono segregati, per uomini e donne; divieto per uomini e donne
di viaggiare sullo stesso autobus.
Divieto di indossare vesti con maniche larghe anche sotto il velo.
Divieto di farsi fotografare o filmare.
Divieto di riprodurre immagini di donne su giornali e libri, o di esporle
nelle case e nei negozi.
Divieto a tutti, uomini e donne, di ascoltare musica.
Divieto a tutti di guardare film, televisione e video
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