Sharon killer di professione
La
biografia: Ariel Shneirman, poi Ariel Sharon, "Arik"
per i suoi sostenitori, e` nato da una famiglia di immigrati dalla
Russia il 27 settembre 1928 e ha trascorso tutta la sua vita
nell`esercito israeliano, sino a raggiungere il grado di generale,
trampolino di lancio, come spesso accade in Israele, per la sua
tristemente brillante carriera politica. In realtà` per Sharon la
politica e` sempre stata una politica armata, una politica dei colpi di
mano che poggia sulla bruta forza militare. Una politica dei blitz,
degli eccidi, dei fatti compiuti, che si e` inserita in una consolidata
tradizione del movimento sionista e che ha sempre approfittato al
massimo delle complicita` di cui ha sempre goduto Israele a livello
internazionale.
A cominciare dagli Stati Uniti, dove Sharon puo` contare sul sostegno di
importanti e potenti settori delle lobby filo-israeliane. In questo
senso Ariel Sharon non e` mai stato, in realtà`, un isolato, ma
piuttosto un uomo di confine, prodotto dalle spinte piu` aggressive,
brutali e razziste presenti e spesso egemoni nel paese. Da questo punto
di vista egli rappresenta l`ultima, pericolosissima illusione alla quale
si affidano i suoi concittadini di fronte alla scoperta che la Palestina
non e` "una terra senza popolo per un popolo senza terra" e
che, prima o poi, Israele dovra` ritirarsi almeno da quel misero 23%
della Palestina, costituito dai Territori occupati.
Le azioni di Sharon
1982:
il massacro di Sabra e Chatila - La carneficina nei due campi
profughi contigui di Sabra e Chatila ebbe luogo dalle 18:00 del 16
settembre 1982 fino alle 8:00 del 18 settembre 1982, in un’area sotto
il controllo delle Forze diella Difesa Israeliana (IDF). Coloro che
misero in atto la strage furono membri della milizia Falangista (Katàeb,
in Arabo), la forza libanese che era armata e stretta alleata di Israele
fin dall’inizio della guerra civile libanese nel 1975. Le vittime
durante le 62 ore della crudele scorribanda furono neonati, bambini,
donne (incluse donne gravide), e anziani, alcune delle quali furono
mutilare o sviscerate prima o dopo essere uccise [oltre 3.600 vedi
]. Per citare solo uno dei testimoni oculari degli eventi, il
giornalista Thomas Friedman del New York Times: "Per la maggior
parte vidi gruppi di giovani ventenni e trentenni che erano stati
allineati lungo i muri, legati mani e piedi, e falciati secondo lo stile
dei gangster dai colpi delle mitragliatrici". Una commissione
ufficiale d’inchiesta Israeliana – guidata da Yitzhak Kahan,
presidente della Corte Suprema Israeliana -- indagò sul massacro, e nel
febbraio del 1983 ha reso noti i risultati delle proprie indagini
(esclusa l’Appendice B, che è rimasta segreta fino ad oggi). La
Commissione Kahan accertò che Ariel Sharon, fra gli altri (israeliani),
aveva delle responsabilità per il massacro. La commissione affermò,
nella parte che lo riguardava: "È nostra opinione che è
responsabilità del Ministro della difesa aver trattato con noncuranza
il pericolo di azioni di vendetta e di massacri da parte dei falangisti
contro la popolazione dei campi profughi, e aver fallito nel considerare
questo pericolo qiuando ha permesso ai falalngisti di entrare nei campi.
In aggiunta, deve essere imputata la Ministro della Difesa la
responsabilità di non aver ordinato adeguate misure per prevenire o
ridurre il pericolo di massacri come condizione per l’entrata dei
falangisti nei campi. Questi errori grossolani costituiscono
l’inadempimento di un preciso dovere a cairico del Ministro della
Difesa". La Commissione ha concluso "Nel suo incontro con i
comandanti fallangisti, il Ministro della difesa non ha fatto alcun
tentativo di sottoporre alla loro attenzione la gravità del pericolo
che i loro uomini potessero commettere massacri. Poiché è apparso
chiaro che il Ministro della Difesa non poteva esercitare una reale
supervisione sulle forze falangiste che entrarono nei campi con
l’assenso dell’IDF (Forze della Difesa Israeliana), il suo dovere
avrebbe dovuto essere quello di prevenirne l’entrata. L’utilità
dell’entrata dei falangisti nei campi era del tutto sproporzionata
rispetto al danno che avrebbe potuto provocare la loro entrata se fosse
stata priva di controllo.." La Commissione inoltre notò:
"Dobbiamo rimarcare che è evidentemente imbarazzante il fatto che
il Ministro della Difesa ha tenuto segreto al Primo Ministro [ Menachem
Rabin] la decisione di consentire ai falangisti di entrare nei campi.
1953: il massacro a Qibya - Lo
storico israeliano Avi Shlaim ha scritto su questo massacro
"l’ordine di Sharon era di entrare a Qibya, demolire le case e
infliggere pesanti perdite ai suoi abitanti. Il suo successo
nell’esecuzione dell’ordine oltrepassò ogni aspettattiva.
L’intera e macabra storia di quello che è accaduto a Qibya fu
rivelata solo la mattina successiva all’attacco. Il villaggio era
stato ridotto a macerie, quarantacinque case erano state demolite, e 69
civili uccisi, due terzi dei quali donne e bambini. Sharon e i suoi
uomini affermarono che essi credevano che tutti gli abitanti erano
andati via e che non avevano la minima idea che qualcuno potesse essere
rimasto nascosto nelle case. L’osservatore delle Nazioni Unite che
ispezionò la scena giunse ad una differente conclusione:: "veniva
raccontata continuamente la stessa storia: la porta scheggiata dai
proiettili, il corpo disteso sulla soglia, a indicare che gli abitanti
erano stati costretti a restare dentro mentre le loro case venivano
fatte saltare in aria sopra di loro". Il 18 ottobre 1953 il
Dipartimento di Stato degli Stati Uniti rilasciò un comunicato
esprimendo "il più profondo cordoglio alle famiglie di coloro che
hanno perso la vita" a Qibya, e sostenendo che "i responsabili
avrebbero dovuto rendere conto e che bisognava prendere misure efficaci
per evitare tali incidenti nel futuro" (Bollettino del Dipartimento
di Stato, 26 Ott., 1953, p. 552). Il 20 ottobre 1953, il Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite decise all'unanimità di esaminare le
recenti violazioni degli Accordi sull'Armistizio Generale e in
particolare sull'attacco a Qibya. Il General Maggiore Vagn Bennike, capo
del personale dell'Organizzazione per la Supervisione della Tregua delle
NU, dichiarò che il 15 ottobre una commissione d'inchiesta delle NU era
partita per Qibya, dove l'Acting Chairman della Commissione Mista per
l'Armistizio aveva trovato fra i 30 e i 40 edifici completamente
distrutti. Quando l'Acting Chairman lasciò Qibya, 27 corpi erano stati
estratti dalle macerie. La Risoluzione 101 del Consiglio di Sicurezza
delle NU, adottata il 24 novembre 1953 (con l'astensione di Libano e
USSR), considerò l'attacco a Qibya una violazione delle clausole del
cessate il fuoco della Risoluzione 54 del Servizio di Sicurezza delle NU
(1948) e in contrasto con gli obblighi delle parti secondo l'Accordo di
Armistizio Generale tra Israele e Giordania e la Carta delle NU, ed
espresse "la più profonda censura all'azione".
1955: vendetta contro i beduini: Sharon
fu censurato per aver dato supporto logistico a giovani israeliani che
attuavano casuali sanguinose azioni di vendetta contro i beduini in
risposta agli attacchi arabi contro gli insediamenti israeliani. Durante
la crisi di Suez del 1956 Sharon, all'epoca comandante di una brigata di
paracadutisti, inviò truppe di parà nel Mitala Pass nel Deserto del
Sinai. Quattro fra i suoi ufficiali più giovani l'accusarono di aver
mandato uomini a morire solo per la sua gloria; il comandante perse i
favori di Moshe Dayan e venne sospeso per motivi disciplinari.
(la biografia è di S. Chiarini edito sul "Manifesto", del 7
febbraio 2001.