Nell'intervista
ad un militante del Black Block di Norimberga la cronaca di tre giorni di
devastazioni: "affianco a noi degli sconosciuti"
"Ci
hanno permesso tutto"
Una
Tuta Nera racconta i disordini di Genova
Adrian
è un ragazzo tedesco di 28 anni, lavora saltuariamente e studia lettere.
Vive vicino a Norimberga e la settimana del G8 l'ha passata a Genova. E'
venuto insieme a 190 connazionali, ma ha ritrovato circa 300 ragazzi
impegnati tra le fila del "Black Block" da qualche anno.
Ha applicato la tattica dei casseur antiglobalizzazione che credono nella
distruzione della proprietà delle multinazionali come unico metodo di
lotta: quindi ha partecipato all'assalto al Carcere di Marassi, alla
devastazione di alcune banche, ed alla creazione di barricate incendiarie
in centro. Il Secolo XIX lo ha raggiunto nella notte tra lunedì e ieri
via chat, sistema di dialogo impersonale a distanza offerto da internet.
Il racconto di Adrian è fatto di luci ed ombre: non si imbarazza davanti
all'accusa di aver distrutto Genova, ma ammette che molto di ciò che è
successo non è stato nel pieno controllo dei gruppi insurrezionalisti.
Parla della strada libera incontrata, accusa il Genoa Social Forum di
impersonare un "pacifismo privilegiato" e spiega di come un suo
amico venne a Genova in Maggio, e di come due italiani gli hanno aiutati
durante le "operazioni".
Il suo è un liguaggio secco, freddo e spesso irascibile. E alle domande
personali non esita a sgridare e insultare il cronista.
Ciao
Adrian.
Ciao.
Sei stato a Genova?
Sì.
Di dove sei?
Di Norimberga. Più o meno.
Lavori?
Ogni tanto. Cerco anche di studiare.
Cosa?
Letteratura.
Quanti anni hai?
28.
Tua madre e tuo padre?
Lei lavora in un bar. Lui nelle stazioni dei treni.
Vivi con loro?
No, con tre amici.
In una casa?
Scusa, ma tu dove c... vivi?
Ok, ok. Quanti soldi hai in tasca?
Oh, ma vuoi farmi un intervista o cosa?
No, solo per sapere come ti sei pagato il viaggio fino a Genova.
Con i miei soldi. Non chiedo l'elemosina.
Va bene, adesso come stai?
Come sempre, di merda.
Hai la mente ancora ai fatti di Genova?
Certo. Ma non è per quello che si sta male, anzi, gli spazi di libertà
che abbiamo creato a Genova fanno solo bene.
Bè, spazi di libertà, veramente avete distrutto tutto.
Ho letto sul giornale "Corriere della Sera" che dite che noi
abbiamo distrutto tutto. Ma non c'è da vergognarsi di aver colpito i
luoghi del potere delle corporations. Però quella sorpresa che il vostro
giornale ha registrato tra i pacifisti verso la nostra presenza, noi
stessi l'abbiamo provata a vederci così in tanti. Anche se molti hanno
lavorato di merda.
Cosa intendi dire?
Che normalmente noi siamo più compatti, più uniti, se ci dividiamo per
la città, poi ci ritroviamo. Non so. Forse ci siamo trovati in qualcosa
più grande di noi. E vista la strada libera che ci siamo trovati, ce ne
siamo accorti tardi. Comunque, questo non ha comportato problemi. A parte
per qualcuno che a quest'ora potrebbe essere ancora in carcere. Ma non
credo.
Ripeto: in due giorni avete spaccato la città.
Falso.
Falso?
Falso. Abbiamo spaccato la proprietà della corporation.
Che differenza fa?
Elementare. Che non abbiamo spaccato la città ma la proprietà della
corporation.
Veramente sono andate in fiamme anche delle auto, dei cassonetti.
Non siamo stati noi.
E chi, allora?
Non so, e non mi interessa.
Ai genovesi, però, sì.
Ai Genovesi, appunto.
Tu hai partecipato a degli scontri con la polizia?
Un breve momento, quando c'era quel corteo sindacale vicino a noi. Abbiamo
retto bene. Poi i poliziotti sono arretrati. Non gli ho più visti. Voglio
dire, li ho visti ma gli abbiamo tenuti lontano. Quelli tedeschi sono più
bastardi.
Il Genoa Social Forum paragona "la polizia italiana a quella del
Cile di Pinochet".
Buuuuh.
Va bene, quando sei arrivato a Genova?
Io?
Sì.
Domenica mattina tardi, quasi lunedì mattina.
Da solo? E come?
In treno, eravamo una decina. uno di noi era già stato a genova a maggio.
Siete scesi a genova?
All'andata sì. Al ritorno abbiamo fatto un giro più lungo. Mi sembra
Volera (Voghera, ndr)
Dove avete dormito?
Alcuni di noi al campo sportivo di YaBasta, altri alla piscina, altri su
un prato.
Confusi tra gli altri?
Cosa vuol dire "confusi tra gli altri"?
Eravate tra le tute bianche: avete detto che eravate quello che
eravate?
Non ci siamo mica infiltrati, tra loro, poveri pacifisti privilegiati,
eravamo solo lì per dormire. E c'era tanta gente che non centrava niente
con loro.
Ma li avete incontrati, poi, durante i cortei?
Lì, dal ponte della ferrovia.
A Brignole?
Vicino. Veramente non ho capito, noi stavamo fuggendo. Avevamo la polizia
alle spalle. Poi non so. Siamo andati su per la collina.
E l'assalto al carcere?
Quello è il luogo delle torture. Come condannare una scelta simile?
Senti, veniamo alla morte di Carlo Giuliani.
E' per la sua morte che dobbiamo ancora di più portare avanti la nostra
lotta. Anche se non era dei nostri. Lo hanno ucciso.
Senti, gli incidenti di Sabato, sul mare.
Cosa?
C'eri?
No.
Dov'eri?
In testa al corteo grande, provavamo a trascinarlo verso la zona rossa,
perchè quel giorno noi volevamo arrivare sotto le mura. Ma lì abbiamo
fallito. Loro si sono organizzati, lassù in alto.
Volevate entrare nella zona rossa?
Volevamo portare il casino là. Senza pensare di entrare, ma per colpire
qualcosa lì vicino. Anche se Giovedì avevamo visto come avevano protetto
diversi luoghi delle corporations: Block Buster etc...
Invece?
Invece no.
E chi c'era a P.le Kennedy?
Che ne so?
Nessuno ti ha detto?
Guarda che non siamo un partito, e poi non eravamo i soli a Genova.
C'erano un casino di migliaia di persone.
Conosci black block italiani?
Ancora? Non sapete cos'altro chiedere?
Quei giorni eri con italiani?
Ho parlato con due italiani. Uno molto bravo. L'altro, devo dire un pò
mollo, ma che conosceva bene Genova, anche se credo è di Milano.
Voi temete di avere infiltrati tra voi?
Che differenza farebbe?
Per esempio vi darebbe un'altra immagine.
In effetti quello rompe un pò. Ma è un danno nullo.
Che ne pensi del G8?
Che è m...
Tornerai in piazza?
Chiaro.
Non ti preoccupi per i danni creati ai genovesi?
Non ho creato danni.
intervista
a cura di Giovanni Mari (tratto dal Secolo XIX - 01/08/2001)
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