POLITICA
Il segnale che il clima è
cambiato
di Aldo Varano
Nella foto, la vedova di Libero
Grassi
ROMA. Il 29 agosto di dieci anni fa Libero Grassi venne
massacrato dalla mafia. L’imprenditore palermitano non voleva
adattarsi a convivere con Cosa nostra: denunciò i clan mostrando
la sua faccia pulita, si rifiutò di pagare il racket. Palermo si
sta preparando per ricordare lui e la sua lezione di civiltà.
Ieri Pietro Lunardi, ministro-cardine del governo Berlusconi, ha
parlato di mafia e camorra: «Ci sono sempre stati e sempre ci
saranno: purtroppo ci sono. Dovremo convivere con questa realtà».
Una legittimazione piena di Cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra;
una cinica irrisione per quanti ci hanno rimesso la vita, poveri
don Chisciotte contro i mulini a vento; una delegittimazione
radicale per quanti hanno rischiato o rischiano la vita sul fronte
terribile e pericoloso della lotta contro le mafie.
Ha scandito le parole una per una l’alter ego del Presidente del
Consiglio nel settore strategico degli appalti. Si è capito che
ne ha fin sopra i capelli di queste storie di mafia che bloccano i
lavori pubblici, che potrebbero costringerlo ad esser un po’ più
cauto, a perdere una manciata di minuti in più, nel far decollare
la grande abbuffata di appalti che lui ha l’incarico di decidere
e distribuire.
Lunardi non è uno stratega, forse ha perfino problemi a capire le
cose della politica. Ma nessuno come questo ingegnere che ha
navigato tra tanti governi di diverso orientamento politico è
capace di annusare il vento che tira: ha capito che il clima è
cambiato, che la lotta contro la mafia va lentamente messa da
parte. E allora, deve aver pensato, al diavolo l’ipocrisia, e ha
deciso di offrire un saggio autentico del pragmatismo fulmineo che
è la caratteristica per cui Berlusconi l’ha voluto ministro.
Eccola, una strategia efficiente e sicura per chiuderla con questa
lagna. Diciamolo chiaro, deve aver pensato Lunardi, quel che pensa
il governo, senza tutti quei giri di valzer che fanno perdere
tempo. Bisogna fare così se entro cento giorni si vuol concludere
la «rivoluzione liberale» che l’ex appaltatore Berlusconi ha
promesso agli italiani. E che c’è di più «liberale» che la
tolleranza verso tutti, cosche comprese?
Sono morti centinaia di poliziotti e carabinieri, ci sono vedove
ed orfani, ci hanno rimesso la pelle Giovanni Falcone, Paolo
Borsellino, le scorte e tanti altri ancora? Sognatori, illusi,
personaggi incapaci di capire come stanno realmente le cose.
Smettiamola con queste storie truci, niente più pericoli per
nessuno: basta prendere atto che la mafia c’è, è una
componente della società (e magari è presente anche in altri
tipi di società).
Soltanto la gaffe ingenua di un ingegnere che ha passato la vita a
far quattrini con le sue società mentre i servitori dello Stato
cadevano come birilli e che si ritrova carico di potere? Niente
affatto. L’ingegnere, infastidito da un noioso Rutelli che ha
fatto notare che le regole che Lunardi e il governo Berlusconi
vogliono imporre nel settore sono in realtà un «lasciapassare
per le organizzazioni mafiose», l’ha zittito: «Dirò a Rutelli
che noi andiamo avanti a fare queste opere che dobbiamo fare e che
c’è il segreto per evitare che nascano questi problemi di
camorra, che ci saranno, per carità, e ognuno se li risolverà
come vuole». Insomma, la mafia c’è e non c’è niente da
fare. Preso atto di questo, ognuno si risolva il problema come
vuole: in proprio, privatamente. Così la mafia sparisce: un
problema in meno, un problema che non c’è più.
Inutile chiedersi come le società di Lunardi hanno nei decenni
scorsi affrontato il problema della criminalità organizzata,
delle interferenze sugli appalti e magari sulla distribuzione
della progettazione. Lunardi lo sa, ha esperienza il ministro:
quei problemi «ognuno se li risolve come vuole». Anche lui
dev’essere stato costretto a far così. Alcuni, il problema
l’hanno risolto impinguando le casse della mafia. Altri, cedendo
ai clan quote di società create con il compito specifico di fare
questo o quell’appalto. Poi ci sono gli altri, i morti
ammazzati.
Ieri Davide Grassi, figlio di Libero, che proprio in questi giorni
ha potuto riaprire a Palermo l’azienda del padre, grazie alle
leggi antiracket del centrosinistra, ha parlato alla Radio
Vaticana sostenendo che «lentamente, molto lentamente» si stanno
modificando gli orientamenti della società civile nei confronti
della mafia. Radio Vaticana ha dedicato un servizio lunghissimo a
Grassi e alla storia di Giacomo Latassa, l’imprenditore
calabrese che ha scritto a Ciampi raccontando le minacce a cui è
sottoposto perché si rifiuta di pagare la mafia. Intervistato,
Latassa ha detto: «Vorrei essere tutelato dal punto di vista
della mia sicurezza, della mia azienda e dei miei familiari:
questo è tutto». Ieri il governo, attraverso Lunardi, gli ha
risposto: la mafia c’è, arranciati.
Martedi
28 Agosto 2001
Torna
alla homepage Benca.it
|