Nel settembre 1998, un quotidiano aveva stampato su quattro pagine
un’inchiesta minuziosa sull’impero di Sua Emittenza. Con un
bombardamento di accuse anche nei titoli. Qual era questo
giornale? Leggete qui e lo scoprirete
Mario Missiroli (Bologna 1886 - Roma 1974): chi
era costui? Niente paura: non è una colpa
non
saper rispondere alla domanda. Missiroli è stato
un giornalista molto importante dal primo
dopoguerra (1918) sino all’inizio degli anni
Sessanta. Ha diretto grandi quotidiani, per ultimo
il “Corriere della sera”, dal 1952 al 1961.
Era anche un buon scrittore politico e ci ha
lasciato libri controversi, ma degni di
discussione.
Infine, Missiroli era un cinico. Che conosceva
bene i polli del pollaio giornalistico. Sapeva
che, spesso, un articolo è figlio di un altro,
che viene copiato, ricopiato e così via, sino
all’eternità. E aveva coniato un motto che
rammento bene: «Nulla è più inedito della carta
stampata».
Dobbiamo applicarlo, il motto, anche al libro del
giorno, ossia all’“Odore dei soldi” di
Veltri e Travaglio? Nel senso che questo testo,
meritatamente fortunato, ci ripresenta questioni,
domande, misteri ed enigmi irrisolti che altri
autori, prima di loro, ci hanno già proposto? Non
è così. Ma se anche fosse, niente di male.
Tuttavia, il motto missiroliano mi è tornato alla
mente qualche giorno fa. Quando un lettore
dell’“Espresso” di Bussolengo (Verona), che
ringrazio di cuore, mi ha mandato le fotocopie di
un giornale uscito (attenti alla data) nel
settembre 1998. Questo periodico aveva ben quattro
fitte pagine tutte dedicate a un interrogativo
oggi riemerso in un mare di polemiche: «Berlusconi
è mafioso?».
Non posso riprodurvi tutte le pagine. Ma posso
citare i titoli che le accompagnavano e le
illustravano. Anche questi sono, come dire?,
illuminanti della materia trattata.
Pag. 1. “Berlusconi mafioso? 11 domande al
Cavaliere per negarlo. Dai miliardi per comprare
il terreno su cui costruì Milano 2 alle società
con parenti di Buscetta”. “Signor Berlusconi,
chi le diede nel 1968 l’equivalente di 32
miliardi d’oggi per acquistare i terreni?”.
“Per quale motivo, Cavaliere, fece amministrare
importanti quote della Fininvest alla società
Par.Ma.Fid. di Milano? Sapeva che gestiva anche i
patrimoni di boss mafiosi?”.
Pag. 2. Il catenaccio che sovrasta anche la pagina
successiva recita: “Berlusconi mafioso? Al
signore di Arcore la parola: convochi una
conferenza stampa per rispondere a queste
domande”. Poi i titoli di questa seconda pagina.
“Tra il 1968 e il 1979 Berlusconi eseguì
aumenti di capitale per centinaia di miliardi.
Soldi di chi?”. “Perché, signor Berlusconi,
lei si ostina a tacere? Dica l’identità dei
suoi finanziatori”. “Le 22 holding misteriose
su cui indagano a Palermo”.
Pag. 3. Titolone centrale: “Un impero di
prestanome. Berlusconi ci dica perché li ha usati
dal 1968 al 1984”. Occhiello di questo titolo:
“Oltre gli ‘anonimi’ flussi finanziari, c’è
un altro mistero da spiegare”.
Pag. 4. “Casalinghe e praticanti notai, queste
furono le prime coperture di Berlusconi. Perché?”.
Il testo, lunghissimo, minuzioso, pieno di cifre e
di dettagli, che stava sotto questi titoli era
preceduto da una presentazione molto veemente.
Qui, dopo aver ricordato “i fortissimi
capitali” che avrebbero consentito a Berlusconi
di mettere in moto una potente macchina edilizia,
e la sospetta mafiosità di questi aiuti, si
concludeva così: il Cavaliere “sveli questo
mistero. E prosegua facendo cadere gli altri
schermi che impediscono di capire le fonti di così
tanto denaro e le successive, strabilianti, scelte
gestionali. Parli, Cavaliere. Parli o taccia per
sempre”.
E adesso sveliamo anche noi il nostro piccolo
mistero. Il giornale che, nel settembre 1998, ci
dava così dentro sul Berlusca era
nientepopodimenoché “Lega-Nord, per
l’indipendenza della Padania”, Anno 1, n. 1,
Settembre 1998. Mensile. Direttore politico:
Umberto Bossi.
Il testo che occupava tutte quelle pagine era
stato steso da Max Parisi, oggi direttore di
TelePadania. Ed era apparso sulla “Padania”,
quotidiano leghista, dell’8 luglio 1998. Come
dire, che la Lega, allora, batteva e ribatteva su
questo chiodo.
Devo commentare? Assolutamente no. Viva Missiroli
e il suo motto! E viva l’Umberto Bossi! Che dopo
aver firmato un patto d’acciaio con l’odiato
Berlusca, oggi ha dimenticato tutte le domande di
tre anni fa. E anche le risposte, ammesso che ci
siano state.
30.03.2001 |