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Si nemo ex me quaerat, scio; si quaerenti explicare velim, nescio AUG., conf. 11,14,17


PARROCCHIA E TITOLO CARDINALIZIO DI S. ROBERTO BELLAMINO

De gemitu columbae

SITO


De gemitu columbae
TESTO BILINGUE

ADDENDA ET CORRIGENDA

B.AMATA, S.Roberti Bellarmini, De gemitu columbae, sive de Bono lacrimarum - Roberto Bellarmino, Scritti Spirituali (1615-1620). T. II, Il Gemito della Colomba, cioè l'utilità spirituale delle lacrime. Meditazione in tre libri. Introduzione, traduzione e note a cura di B.Amata sdb, Morcelliana, Brescia 1997, pp.9-500. [Testo bozze | Riflessioni]


Vol. II
De gemitu columbae

* p.10 r.12 (addendum) Le edizioni del 1617 furono:

  • De gemitu columbae; sive de bono lacrymarum libri tres Auctore Roberto S.R.E. Card. Bellarmino e Societate Jesu, Ad ipsam eamdemque religionem suam. Romae, Barth. Zannettus, 1617;
  • Antverpiae, Ex Officina Plantiniana, Apud Laurentium Sonnium, CDCXVII;
  • Coloniae Agrippinae, sumptibus Bernardi Gualtheri, 1617;
  • Tulli, Apud Simonem San-Martellum, 1617.

    Negli anni immediatamente seguenti troviamo:

  • L'edizione di Colonia del 1620;
  • Antverpiae, ex Officina Plantiniana, Apud Balthasarum Moretum et Viduam Ioannis Moreti, et Jo. Meursium, 1621;
  • Coloniae, Apud Cornelium ab Egmont., 1626;
  • Parisiis, Apud Sebastianum Chappelet, M.DCXXVI;
  • Duaci. Balth. Bellerus, 1627;
  • e ancora altre due edizioni a Colonia nel 1634 e 1638.

* p. 19 r.1: Columbarum

* p.19 r.12 (legendum) L'operetta (se si esclude l'accenno alle persecuzioni contro la Chiesa di II,4)

* p.27r. 61 -29 r.1 (corrigendum) Ci sono infatti nelle famiglie numerose alcuni

* p.40 r. 43: quousque

* p.63 r.2: popolo»;

* p.77 r.44-45: (corrigendum) fino a che non abbiano ricambiato l'insulto con uno schiaffo o con una ferita

* p.79 r.86: sesso,

* p. 79 r.96: Apocalisse

* p.81 r.110: essa, ma

* p.83 r. 166: accezione:

* p.87 n. 84: Genti» (tr. CEI).

* p.95 r.107: sono costretti a:

* p.117 r.7: l lapsi [apostati]:

* 180 r.69: Sermone

* p.180 r. 84: Stimulo divini amoris

* p.182 r.99: Stimuli divini amoris; et in Meditationibus

* p.185 r.3: Ci ammonisce:

* p.185 r.114: riposta

* p.210 r.43: De lapsis

* p.211 r.42: lapsi [apostati]:

* p.221 r. 206: lapsi [apostati]:

* p.223 r.261-2: non si affliggevano troppo per il fatto che

* p.227 r.11: sacerdoti di grado inferiore e loro:

* p.228 r.43: sit Christo:

* p.232 r.108: De consideratione

* p.242 r.14: Apologia

* p.244 r.32: De moribus Ecclesiae

* p.244 r.49: De moribus Ecclesiae

* p.254 r. 213: Chronicum

* p.272 r.128: Oratione

* p.272 r.135: Sermone

* p.272 r.141: Epistola

* p.272 r.145: Homilia

* p.274 r.166: Sermone

* p.274 r.177: Epistola

* p.283 r.348: lui [Dio]»;:

* p.294 r.514: principibus omnibus:

* p.308 r.228: Vita et rebus gestis B. Mariae

* p.310 r. 256: miserebaris:

* p.314 r.307: poenitentiam et:

* p.316 r.330: De anima

* p. 316 r.336: igne, aliud:

* p.317 r.388: un po' più sopra:

* p.324 r. 44: De correptione et gratia

* p.332 r.160: fontem:

* p.332 r.1: materia:

* p.342 r.48: est

* p.345 r.127: Paralipomeni

* p.346 r.127: Paralipomenon

* p.354 r.40: Vita beati Antoni

* p.354 r.50: columbas, sive

* p.355 r.97: stolti», e

* p.355 r.103: Ma, dimmi, che

* p.355 r.105: Ecclesiastico

* p.382 r.45: Contione

* p.384 r.68: Vita sanctae Catharinae Senensis

* p.385 r.82: Santo:

* p.387 r.99: Santo:

* p.389 r.152: Santo:

* p.392 r.1: Sermone

* p.392 r.17: Epistola

* p.392 r.21: De gratia et libero arbitrio

* p.392 r.23: Homilia

* p.398 r.1: prima:

* p.402 r.189: Oratione

* p.402 r.202: Homilia

* p.403 r.206: Santo:

* p.403 r.212: Ecclesiastico

* p.403 r.215: Santo:

* p.404 r.212: Ecclesiasticus

* p.404 r.215: Judith

* p.408 r.278: Sermonibus

* p.408 r.287: Ecclesiaste

* p.409 r.1-2: Ecclesiaste

* p.413 r.85: 85:

* p.425 r.84: Santo:

* p.426 r.64: De Trinitate

* p.428 r.113: Novella

* p.430 r.147: Confessionum

* p.440 r.66: Actibus Apostolorum

* p.442 r.87-8: Dialogorum

* p.442 r.97: Exodi

* p.444 r.129: De Moribus Ecclesiae

* p.444 r.132: De praecepto et dispensatione

* p.448 r.200: De institutis renuntiantium

* p.453 r.40: Proverbi

* p.456 r.33: Oculus fui caeco et pes claudo

* p.457 r.81: Prima Lttera a Timoteo

* p.458 r.77: Septuaginta

* p.460 95: misericordiam:

* p.461 r. 155 e 158: Ecclesiastico

* p.463 r.186: l'Apostolo:

* p.471 r.81: Storia degli Angli

* p.473 r.129: rischi:

* p.474 r. 80: Dialogorum

* p.474 r. 81: Historia Anglcana

* p.474 r. 83: Epistolae

* p.474 r. 84: Vita sancti Nicolai de Tolentino

* p.487 r.73: Santo:

* p.488 r.19: De correptione et gratia

* p.489 r. 23 e 28: Ecclesiastico

* p.492 r.23: Ecclesiasticum

* p.494 r.82: Vita s.Antonii

* p.498 r.110: Epistola ad Hebraeos


RIVISTA LITURGICA (presentazione)
Roberto Bellarmino, Scritti Spirituali, I-III. Morcelliana, Brescia 1997

I trattati ascetici di S.Roberto Bellarmino, ripubblicati quasi per intero in questa edizione con traduzione a fronte, su iniziativa della sede arcivescovile di Capua, per commmorarne il centenario dell'elezione e dell'insediamento come suo Pastore, segnano una svolta nell'attività letteraria bellarminiana.
Non più trattati dogmatici od esegetici, né scritti polemici e apologetici, ma sincere e profonde meditazioni segnano gli ultimi anni della sua vita, che vanno dal 1614 al 1621, data della sua morte. Esse furono scritte a scadenza annuale durante il ritiro settembrino nel noviziato della Compagnia di Gesù di Sant'Andrea al Quirinale, e non sembra conservino traccia neppure dell'ultimo impegno ecclesiale, affidatogli personalmente dal pontefice Paolo V, relativo alla questione dell'allora recente riproposizione della teoria dell'eliocentrismo, sostenuta da Galilei, dal Bellarmino peraltro, a quanto appare, del tutto ignorata nei numerosi accenni di astronomia disseminati in queste opere.
Se si vuole tuttavia sottolineare la sua chiusura alla scienza contemporanea, occorre farlo dall'interno della struttura teologica cattolica, che si troverà sempre a doversi confrontare con la ragione e la scienza, dando naturalmente e necessariamente il primato alla Rivelazione.
Pertanto, sembra argomentare il Bellarmino (e ogni teologo che vuole restare cattolico), se l'eliocentrismo da ipotesi divenisse certezza (scienza), dimostrata con prove evidenti sotto il profilo matematico e astronomico, allora occorrerebbe rileggere le affermazioni della Scrittura (cioè della Divina Rivelazione) relative all'astronomia (cioè relative alla scienza, a tutte le scienze), in un senso diverso da quello che è stato dato loro da sempre (nella Chiesa). Ma ciò a priori (nella struttura teologica cattolica della Scolastica) non può essere fatto: mai è infatti accaduto e mai potrà accadere che si possano portare prove contro il dettato chiaro della Divina Rivelazione e se l'evidenza matematica non può essere negata si tratta solo di ipotesi mentre la verità e la certezza appartengono alla Bibbia.
Lo stile dei sei opuscoli quindi non è polemico, la filosofia sottesa è saldamente ancorata alla Scolastica, la teologia anche. Eppure si deve affermare che in questi scritti vibra un'anima nuova, l'anima che ha assimilato le direttrici di riforma della Chiesa del Concilio di Trento, il cuore di una persona che crede nella vocazione e nella consacrazione religiosa, lo spirito che vuole librarsi velocemente verso Dio. Eccone i titoli: De ascensione mentis in Deum per scalas rerum creaturarum - Elevarsi interiormente a Dio utilizzando come scala le realtà create, De aeterna felicitate sanctorum - La felicità eterna dei santi: il Paradiso, De gemitu columbae, sive De bono lacrimarum - Il gemito della colomba: cioè l'utilità spirituale delle lacrime, De septem verbis a Christo in cruce prolatis - Le sette parole di Criso sulla Croce, De officio principis christiani - Il dovere del principe cristiano, De arte bene moriendi - L'arte di ben morire.
Al dilà di particolari e importanti considerazioni, che sarebbe doveroso non trascurare, in tutti questi trattati si nota una profonda assimilazione dello spirito liturgico voluto dal Concilio di Trento. Le sue attenzioni sono rivolte particolarmente ai vescovi e ai presbiteri perché celebrino responsabilmente i divini misteri, animino pastoralmente la liturgia soprattutto domenicale, e curino in sommo grado gli edifici e la suppellettile sacra. Valga a riprova quanto scrive, ad esempio, nel De gemitu columbae. Quivi infatti, nel secondo libro, come quinta sorgente di lacrime, viene proposta la meditazione sulla riprovevole condizione dell'ordine sacerdotale, e nel libro terzo, come quinto frutto delle lacrime, viene descritta la riforma dei costumi del clero.
Premessa un'accorata esortazione ai vescovi perché ricordino il loro primo dovere, cioè quello di servire alle necessità spirituali del popolo di Dio, risiedendo nella sede loro assegnata e provvedendo personalmente alla predicazione della Parola divina, passa ad ammonire fortemente quanti aspirano all'episcopato, snza averne le minime qualità richieste, e prosegue: ''Ma c'è dell'altro che merita forti lacrime, che cioè a causa dell'incuria o dell'empietà di molti sacerdoti, si trattano i santi misteri con tale assenza di decoro, da sembrare che quelli che così li trattano non credano sia ivi presente la divina maestà. Così infatti certuni celebrano la messa senza attenzione, senza affetto, senza timore e tremore, con una fretta incredibile, come se non vedessero con la fede Cristo Signore o non credessero di essere visti da lui. Non voglio sottolineare che in qualche luogo i vasi sacri e le vesti per celebrare i misteri sono di materia spregevole e sporchi, del tutto indegni d'essere usati nei tremendi misteri.
Ma forse - si può pensare - coloro che li usano sono poveri. Ciò invero può accadere, ma se non possono acquistarne di preziosi potrebbero almeno preoccuparsi che fossero mondi e puliti... So bene che non mancano nella Chiesa di Dio molti ottimi e piissimi sacerdoti, che celebrano i divini misteri con cuore puro e con suppellettile nitidissima, per i quali si dovrebbe ringraziare Dio da parte di tutti: ma allo stesso tempo con fiumi di lacrime si dovrebbe compiangre anche il non troppo esiguo numero di coloro, che con le loro esterne brutture e sporcizie manifestano a tutti l'impurità e la sporcizia della loro anima ''.
Ugualmente è sempre dal vescovo che iniziano i buni frutti della riforma: ''Come può accadere infatti che un vescovo, al quale sta a cuore il decoro della casa del Signore, vedendo da buon osservatore i vizi e le malattie di tutti i membri della sua chiesa, non si senta spinto a porvi rimedio? E' infatti questa l'origine dei mali: alcuni vescovi... non vigilano sul comportamento del loro clero, ma o se ne stanno assenti lontano dalla loro chiesa... oppure vigilano certamente ma solo sui campi, i vigneti e gli orti, oppure su come raddoppiare le rendite ecclesiastiche od ornare il loro palazzo con suppellettile pregiata, o accrescere le ricchezze dei familiari o ascendere loro stessi a cariche più alte. Che meraviglia c'è dunque nel fatto che le loro chiese siano tutte piene di sterpi? Se si celebrano le lodi divine senza la dovuta attenzione e devozione? Se si celebrino i divini misteri con vasi e tovaglie indecenti? Se i sacramenti celesti vengano amministrati a chi non ne è degno o in forma indegna?''.
Sembra quasi un anticipo descrittivo delle piaghe rosminiane della chiesa, piaghe che periodicamente ne deturpano il volto e ne inficiano la testimonianza o la credibilità.


Vol. III