[Disc Of the Month]

Canaan [A Calling To Weakness] – 2003 – Eibon records (www.eibonrecords.com)

 

Ci credereste ad una lama che vi lacera le carni, riuscendoci con una delicatezza e spietatezza quasi disarmante?
Sono loro, i Canaan, nostrani che riemergono dalle nebbie colorando di grigio e scarlatto questo 2003, in verità povero di uscite degne di nota.
Qualcosa sta cambiando, e sembra che anche i Canaan se ne stiano rendendo conto, mutando dal precedente "Brand New Babylon" e risalendo piano piano dagli inferi in cui ci avevano trascinato per mano non lasciandoci intravedere nessuna via di uscita.
Certo non si tratta di una risalita repentina, ma la carezza di conforto che "A Calling…" ci lascia scivolare sul viso sembra mitigare l’aria claustrofobica in cui erano caduti. Ma è una luce fioca, seppur sensibile; una visione su una realtà che ancora ci fa restare con l’amaro in bocca, ma che accenna una timida e fievole speranza… almeno quella di condividerla con loro.
Ancora presenti, costanti, come uno schiaffo che ci riporta negli abissi le immancabili tracce nichiliste e minimali, che però nel complesso del lavoro non ci bendano gli occhi senza lasciarci scampo, ma accettano la rassegnazione del tempo che passa, degli immutabili sconvolgimenti senza ritorno che la nostra vita subisce. A voi ovviamente la sentenza su cosa sia meglio.
Lacerano e fanno male senza potercene accorgere le splendide "Prayer For Nothing" ed "Everything You Say", dove la poeticità delle liriche e gli affreschi dark-barocchi delle chitarre, sembrano innalzarci i sensi per poi lasciarci ricadere nel nulla, come un viaggio splendido che sai di aver potuto vivere solo una volta, lasciandoti in gola questa stessa sensazione.
"Un ultimo patetico addio" ed "Essere nulla" ospitano per il cantato in italiano Gianni Pedretti dei Colloquio, impreziosendo ed arricchendo l’intera opera di commozione e senso di abbandono, facendoci riflettere sulla caducità della vita, sulla nostra condizione spesso inerme di fronte agli eventi che logorano.
"Submission" è come se ci accompagnasse lungo un buio corridoio, tra cori gregoriani che ci preparano l’anima alla punizione.
Arabeschi chitarristici che lasciano senza fiato, cadenza e dolorosa coerenza nei cori di "Grey" dove si tocca di nuovo un certo tipo di nichilismo, addolcito però da cori che sembrano accarezzarti il viso con un fazzoletto purpureo, abbandonandoti nella dolorosa condizione con un sorriso compiaciuto.
In "Mercury" le aperture chitarristiche sono a volte quasi psicadeliche, richiamando gli ultimi Gathering e aggiungendoci un tocco sapiente di pura malinconia.
"Chrome Red Overdose" sembra raccontarci di un viaggio: un ultimo, disturbato e disperato viaggio, ma tuttavia consapevole, seppure la pillola che ci lascia ingoiare è amarissima; mentre "Frequency Omega" ci lascia distesi su un freddo pavimento, coperti di pensieri e visioni splendide, ma morte oramai da tempo.
L’ultima carezza sul nostro corpo oramai consapevolmente inerme ce la regala "A Last Lullaby" con un cantato quasi confortante seppur prossimo ad una carezza di addio.
Nulla da aggiungere se non la sfida di avvicinarsi a questi milanesi con cautela e rispetto, lasciando la mano nella loro capacità fin troppo esauriente di aprirci gli occhi su quello che ci aspetta, e questo mondo regala.
Per chi vuole osare... per chi è conscio del rischio… per chi si vuole bene.

: m a r c o :

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