Grammatica gaetana
Una ventina di anni fa, quando ho cominciato a guardare al mio dialetto (ma che sarebbe preferibile indicare come lingua natia) con un diverso interesse, volto, cioè, a coglierne l’evidente valenza culturale; una ventina di anni fa, dunque, se qualcuno mi avesse detto che un giorno avrei visto pubblicato addirittura un vocabolario gaetano-italiano e italiano-gaetano, avrei pensato che ciò sarebbe accaduto solo in sogno.
A volte, i sogni si avverano!
Si avverano al punto che ora, come materializzazione onirica, vede la luce questo vocabolario.
Ma quello che per noi è materializzazione, quasi tocco di bacchetta magica (si parlava dianzi di sogno avverato), è frutto di anni e anni di ricerca paziente, meticolosa, puntuale che solo un grande innamorato, oltre che studioso e profondissimo conoscitore, della cultura gaetana, quale Nicola Magliocca, con la sua preziosa e impagabile compagna, Maria D’Agnese, che è anche e soprattutto la sua compagna di vita, poteva portare a compimento.
Si comincia quasi per gioco, così, a mo’ di passatempo e si arriva a quella che è una vera e propria opera lessicale.
Qualcuno potrebbe pensare a un vero e proprio esercizio accademico, fatto, cioè, per puro diletto; dietro, invece, c’è una vita spesa in una ricerca puntuale e meticolosa, fatta di riscontri e analisi per conferire a quest’impresa tutti i crismi dell’opera letteraria. Si può amare o meno l’ambito in cui essa si colloca; non si potrà mai negarle la levatura di vera e propria impresa, considerate le condizioni in cui l’autore ha dovuto lavorare, data il sempre più raro e improprio uso della parlata gaetana.-
Che si sappia, questo è il primo e unico lavoro in tal senso compiuto per il settore, e presenta il rigore della ricerca e della valutazione lessicale. Si affianca a pieno titolo a opere analoghe che, soprattutto nelle altre macroaree dialettali (per così dire) sono state pubblicate.
Probabilmente a qualcuno questa iniziativa farà arricciare il naso con atteggiamento di superiorità, ritenendo una tale opera ininfluente e inutile. Qualcun altro potrebbe pensare alla volontà di rinverdire la nostra cultura come a un fatto addirittura dannoso verso le nuove generazioni. Ma non è così.
Quante volte si sono sentite madri rimproverare i propri ragazzi per il fatto che usassero espressioni dialettali, perché, dicevano, ciò impediva ai figli una migliore conoscenza dell’italiano. Illuse! Non sapevano che in tal modo causavano due danni: primo, perché impedivano ai loro rampolli la diffusione del vero parlar materno, precludendo loro un accostamento(per lo meno questo) alle proprie radici; secondo, perché certamente essi non avrebbero avuto miglioramenti dell’apprendimento dell’italiano solamente e semplicemente rifiutando il dialetto (dietro c’è ben altro). Laddove, invece, esso andrebbe inteso nel senso etimologico della parola, quale "lingua, parlata" e non vernacolo, che vuole indicare qualcosa di diverso nella sua impostazione.
La convinzione dell’idea che a Gaeta si sia di fronte a un fatto linguistico rilevante e profondo è data anche dall’affermazione di Dante nel De Vulgari Eloquentia quando dice nel lib.I, cap.IX, par.4 "… discrepant in loquendo [ … ] neapolitani et cajetani…", quasi a voler sottolineare questa differenza che porta sicuramente a conferire alla cultura linguistica gaetana un posto di tutto rilievo e di assoluta importanza.
La complessità e differenziazione del tutto è data dalle molteplici e numerosissime variazioni strutturali e comportamentali delle forme grammaticali gaetane rispetto a quelle delle parlate circumvicine e che ne fanno un fenomeno linguistico a sé. Un dato per tutti: basti pensare alla necessità di modifica della desinenza dal singolare al plurale di tantissimi sostantivi nel gaetano, (a fronte della sostanziale invariabilità degli stessi nei dialetti viciniori) per dare l’idea della complessità della espressione gaetana, che si potrebbe equiparare a una vera e propria lingua. Tale posizione rende la grammatica gaetana estremamente difficile da apprendere, dato l’elevatissimo numero di particolarità ed eccezioni che la caratterizzano. Per una verifica di ciò, è sufficiente dare un’occhiata alla sezione a essa dedicata nel presente.-
E la sua completezza è rappresentata da una ulteriore dimensione linguistica presente nel gaetano che non lo è, per esempio, in italiano.
Lo abbiamo appreso nel modo seguente.
Una mattina dell’estate 1997, nel corso di un colloquio che chi scrive ebbe con Nicola Magliocca, avvenne di sottoporre alla di lui benevola attenzione un problema linguistico che assillava da tantissimi anni. Il dilemma è il seguente: data l’esistenza nel gaetano di due articoli determinativi singolari (gliu e lu) se ne chiedeva la differenza e l’origine.
In maniera estremamente semplice e con quello sguardo di benevolenza che un vecchio docente, quale il nostro, usa avere nei confronti dell’alunno particolarmente lento, Nicola Magliocca rispose : " L’articolo "gliu" è per i sostantivi maschili; l’articolo "lu" è per quelli neutri".
Ecco spiegato l’arcano a chi, avendo letto un po’ di latino e greco, il genere neutro doveva averlo più o meno conosciuto, ma non era arrivato ad individuarlo nel gaetano. Ma, come si dice?, non si finisce mai di imparare. E così, si scopre che il gaetano presenta il genere neutro, alla stregua delle lingue classiche, del tedesco etc. Quante altre possono presentare ciò? Linguisticamente sarà un dato come tanti altri, ma a noi dimostra che il gaetano non è come gli altri dialetti.
Bene, a tutto questo, oltre che alla scuola, ha dedicato una vita Nicola Magliocca, perché ciò, oltre ad essere indicato nel vocabolario in questione, sappiamo essere oggetto di particolare studio nella Grammatica che, come nelle migliori tradizioni linguistiche, correda questo vocabolario, dando a chiunque voglia la possibilità di cimentarsi con essa. Si , cimentarsi, perché di ciò si tratta: un cimento! Probabilmente neppure noi gaetani sappiamo di non conoscere a fondo la nostra grammatica, e così Nicola Magliocca ce la dà in pasto!
La presenza nel dizionario di molti termini in uso è un fatto completo e normale per chi, specie nelle ultime generazioni, ha sentito la dialettizzazione di moltissimi termini dell’italiano in una tendenza ad assimilazione tra i due idiomi che obbedisce alle leggi del tempo; ma un altro grande pregio di questa opera è rappresentato dalla presenza di termini ormai caduti in disuso perché soppiantati da altri, frutto del fenomeno di assimilazione di cui si parlava. Questo vocabolario, dunque, ha anche una funzione di fonte e custodia di quei vocaboli che, diversamente, sarebbero condannati all’oblio, quindi alla estinzione.
A chi può, ora, interessare una simile opera? Crediamo a tutti, gaetani e non. La completezza e complessità dell’opera lo pongono.
Ai non gaetani, per lo spirito della conoscenza in sé e per l’interesse che inevitabilmente un vocabolario suscita. D’altra parte, la presenza della sezione Italiano-Gaetano permette di ricostruire i termini e le espressioni senza dover faticare più di tanto, stante la possibilità di immediata individuazione dei termini per la loro traduzione in gaetano. E questo, ovviamente, ove non si voglia parlare di studi specifici di linguistica e, perché no?, di glottologia. In fondo, le caratteristiche e le peculiarità che differenziano questa parlata sono tali che dovrebbero per lo meno stuzzicare la curiosità , per non dire l’interesse, degli addetti ai lavori per vederci più chiaro.
Ai gaetani per un elementare interesse culturale che dia una chiara idea delle proprie "radici".
Il rischio grossissimo che si corre è che i nostri giovani vengano su senza la minima idea dei legami culturali con le proprie origini, in una convinzione di indifferenziata provenienza o, peggio, in qualunquismo culturale che può sfociare in qualunquismo di vita che tante preoccupazioni dà a chi i giovani segue a vario titolo.
Non vogliamo vederlo come un atteggiamento campanilistico. Sarebbe riduttiva e sciocca una posizione simile da chiunque essa fosse assunta. La cultura appartiene a tutti e non crediamo assolutamente possa offrirsi a speculazioni di qualunque natura e men che meno da parte di chi crede in essa. Del resto, come si dice?: omnia munda mundis, e così si tacita chiunque voglia vedervi male.
Una volta bisognava preoccuparsi di confutare le obiezioni di chi avesse ritenuto inutile tale impresa ( perché, come già detto, di ciò si tratta); oggi ci si deve preoccupare di stornare da sé l’accusa di voler essere all’attenzione di tutti a tutti i costi, prevenendo l’obiezione "Santo cielo: eccone un altro!". Beh, questo, lasciatecelo dire, su Nicola Magliocca non può avere la minima pretesa di allignamento: nessuno è più schivo e umile di lui. E questo fa la sua grandezza.
Per concludere queste note, sia permessa una notazione personale.
A volte è bello sentirsi appartenenti a qualcosa o qualcuno, sentirsi parte di una più granderealtà.
Oggi, grazie a Nicola Magliocca è particolarmente bello essere e sentirsi gaetano.
Gaeta, maggio 1999
Egidio Di Nitto
Ho incominciato a raccogliere vocaboli dialettali parecchi anni fa, quando mi sono reso conto che molte parole, un tempo frequenti nell’uso quotidiano, stavano scomparendo dalla lingua parlata non solo dai giovani ma anche dai meno giovani.
Le nuove generazioni dapprima avevano abbandonato i termini più arcaici sostituendoli con vocaboli nuovi presi a prestito dalla lingua italiana, poi, spesso sollecitati dalle famiglie, stavano abbandonando del tutto l’uso del dialetto. Anche le poche persone che continuavano a parlarlo ne avevano modificato il lessico in modo consistente, introducendo nell’uso molti vocaboli nuovi che venivano in qualche modo " dialettizzati ", rendendone mute le sole finali. La nuova lingua parlata stava perdendo, insomma, alcune caratteristiche del dialetto tradizionale ed assomigliava sempre più alla lingua italiana: in un certo senso si puó dire che si parlava in dialetto parlando praticamente in italiano.
È possibile riconoscere i vocaboli dialettali di recente acquisizione perché conservano sonora anche la vocale "e" su cui non cade l’accento tonico. Sommergìbbele, tenerezze, Terese, cretine, imbecille sono tutte parole che un tempo non facevano parte del dialetto o che hanno subito trasformazioni come per es. Térése,Trese - Teresine, Tresine - Benedette, Beneditte o Veneditte - Necole, Nicole; in altre parole quando una "e" è sonora pur essendo atona, si puó star sicuri che la parola è di uso recente . Un altro caso molto significativo è l’uso di alcuni avverbi di modo che finiscono in -mente, come "finalmente", "naturalmente" ecc. Un tempo essi non esistevano e corrispondevano a delle locuzioni avverbiali: velocemente, a tutta forze, forte forte; pazientemente, cu la pacienze; immediatamente, senza perde tiempe, sùbbete sùbbete;lentamente,piane piane;comodamente,cuonce cuonce; frettolosamente,de presse.
Il nostro dialetto si stava trasformando in modo talmente rapido da rischiare di scomparire. Bisognava salvarlo.
Dopo oltre trenta anni di studi e di ricerche, raccogliendo giorno dopo giorno i vocaboli che riuscivo a captare dalla bocca dei più anziani, mi sono trovato con un abbondante materiale tra le mani e mi sono convinto della ricchezza del nostro patrimonio culturale e della necessità di non mandarlo perduto, ma di conservarlo per le generazioni future.
Occorreva lasciare una traccia, un documento scritto per quanti volessero conoscere le nostre radici, gli usi, i costumi, le attività economiche, i rapporti sociali, insomma la storia del nostro paese custodita nel nostro prezioso dialetto.
Ma pubblicare il vocabolario di una lingua di tradizione soltanto orale non ha senso; bisognava innanzitutto fissare e stabilire gli esempi scritti di come parlavano i nostri avi. Così ho raccolto e dato alla stampa prima " Proverbi e modi di dire" poi " Canti e poesie" " Usi e costumi" e i racconti di " Intorno al braciere".
Ora finalmente si puó pubblicare il vocabolario del dialetto gaetano che é costato molto lavoro per correggerlo e ordinarlo. Lavoro che da solo non sarei riuscito a compiere e che é stato possibile con l’indispensabile aiuto di mia moglie Maria, mia figlia Nives e mio nipote Nicola Tarallo.
Ringrazio inoltre tutti coloro che hanno contribuito, sia pure con un solo vocabolo, alla presente raccolta; un ringraziamento particolare va all’amico Bruno Guizzi per la sua preziosa collaborazione.
N.B. - Sono stati tralasciati molti vocaboli simili ai corrispondenti italiani, come : sale, paste, tasse, rose, casse, girasole.
accr.accrescitivo | agg.aggettivo | ar.arabo |
deriv.derivato | dim.diminutivo | escl.esclamazione |
f.femminile | fig.figurato | fr.francese |
gr.greco | ingl.inglese | lat.latino |
lett.letteralmente | ling. inf. linguaggio infantile | m.maschile |
n.neutro | nap.napoletano | p.participio passato |
pl.plurale | rifl.riflessivo | s.sostantivo |
sp.spagnolo | ted.tedesco | trasl.traslato |
v.verbo |
- La vocale e, priva di accento grafico, è muta:
1) in fine di parola
Es.: case (cas’), fuculare (fucular’), mare (mar’);
2) quando si trova nel corso della parola
Es.: cresemà (cr’s’mà),pepetà
(p’p’tà),feteline
(f’t’lin’),
benediche (b’n’dic’).
- I vocaboli privi di accento grafico si intendono piani:
Es.: pucine (pucìn’), giacante (giacànt’), passiglie (passìgli’), abbasate (abbasàt’).
Le vocali e ed o toniche portano l’accento grave se sono aperte; nel caso manchi l’accento si intende che sono chiuse:
Es. di suono chiuso: manere (manér’), patene (patén’), rasteme (rastém’), pere (pèr’), sote (sót’), mammone (mammón’), zampogne (zampógn’), cannelore (cannelór’);
Es. di suono aperto: capère (capèr’),
fetènte (fetènt’),
itèrze (itèrz’),
ròspe (ròsp’),
sòrde (sòrd’),
iòtte (iòtt’).
- Le parole tronche, sdrucciole e bisdrucciole portano l’accento grafico, acuto o grave, secondo il suono:
Es.: calà, paré, fémmene (fémm’n’),pèttene
(pètt’n’).
- Le sillabe ci ce, si pronunziano quasi sci sce:
Es.: centre (scentr’),ceròtte(sc’ròtt’),
cicce (scicc’),
ciappe (sciapp’).
- Gli ha due suoni, uno come in moglie, un altro più dolce, quasi una l, che verrà indicato con ?li:
Es.: cavaglie (cavallo), cuoglie (collo) hanno suono forte
?liune (luna), fi?le(filo) hanno suono dolce
Dal confronto tra i vocaboli italiani e
i corrispondenti termini dialettali sono emerse alcune osservazioni che si
ritiene utile riportare.
Alla vocale oseguita da due consonanti corrispondeu oppure uo
compare | cumpare |
postino | pustine |
rosso | russe |
moscio | musce |
osso | uosse |
orto | uorte |
fosso | fuosse |
morso | muorze |
Alla consonante b corrisponde v
bosco | vòsche |
bocca | vocche |
botte | votte |
battere | vatte |
bacile | vacile |
Le consonanti c e g iniziali sono scomparse
goccia | occe |
grano | rane |
guappo | uappe |
grande | ranne |
cruccio | rucce |
croce | roce |
La consonante l cambia in gl dolce
luna | ?liune |
mulino | mu?line |
mela | me?lie |
lupo | ?liupe |
llfinale cambia in glforte
cavallo | cavaglie |
collo | cuoglie |
fallo | faglie |
martello | martieglie |
l nel corso della parola diventa uoppurer o scompare del tutto
calcio | càuce |
milza | mèuze |
calza | càuze |
falce | fàuce |
balcone | barcone |
palmo | parme |
coltello | curtieglie |
polpo | purpe |
pulce | poce |
pulcino | pucine |
colto | cote |
polso | puze |
La consonante m raddoppia in mm
camera | càmmere |
famulo | fàmmeglie |
pomice | pómmece |
tomolo | tùmmeglie |
mente | mminte |
morso | mmuorze |
La consonante s preceduta da n, r cambia in z
insieme | nzieme |
torsolo | turze |
arso | arze |
orso | urze |
I sostantivi sono maschili, femminili e neutri e così gli articoli determinativi
nu pate, na mate
Il neutro manca del plurale
singolare | plurale |
gliu pate (il padre) | glie pate |
la mate (la madre) | le mate |
lu fuoche (il fuoco) |
Sono di genere neutro molti nomi di cosa,
lu pane | il pane |
lu case | il cacio |
lu vine | il vino |
lu rane | il grano |
lu pepe | il pepe |
i nomi dei metalli e dei minerali,
lu rame | il rame |
lu stagne | lo stagno |
lu fierre | il ferro |
lu petròlje | il petrolio |
i nomi dei colori,
lu verde | il verde |
lu russe | il rosso |
lu turchine | il turchino |
lu gialle | il giallo |
gli aggettivi sostantivati,
lu doce | il dolce |
lu mare | l’amaro |
lu fridde | il freddo |
lu crure | il crudo |
i verbi sostantivati.
lu caré | il cadere |
lu paté | il patire |
lu magnà | il mangiare |
lu uaragnà | il guadagnare |
I nomi in one fanno in une
cafone | cafune |
cauzone | cauzune |
uaglione | magliune |
stepone | stepune |
I nomi in otte fanno uotte
ceròtte | ceruotte |
biscòtte | biscuotte |
cappòtte | cappuotte |
giuunòtte | giuunuotte |
I nomi in oce fanno uce
poce | puce |
roce | ruce |
voce | vuce |
noce | nuce |
I nomi in ore fanno ure
muratore | murature |
cusetore | cuseture |
fatiatore | fatiature |
pittore | pitture |
Alcuni nomi, maschili al singolare, diventano femminili al plurale
gliu curtieglie | le curtèlle |
gli’aucieglie | l’aucèlle |
gli’uosse | l’òssele |
gliu rite | le rétele |
I nomi di frutta al singolare sono maschili, al plurale sono femminili.
gliu pire | le pere |
gliu miglie | le mele |
gliu purtuaglie | le purtuaglie |
gliu crusùmeglie | le cresómele |
Eccezioni
la cerase | le cerase |
l’apèrzeche | l’apèrzeche |
la fiche | le fiche |
gliu ?limone | glie ?limune |
Diminutivi
Per fare il diminutivo dei nomi si usa tutta una gamma di suffissi
treglie | treglòozze
tregliozzèlle |
uaglie | uagliuzze
uagliuzzieglie |
sórece | sorecieglie |
case | casarèlle |
crape | crapette
crapettèlle |
valire | valiròtte |
cavaglie | cavagliucce |
curtieglie | curtiegliucce |
iatte | iattarieglie |
uorte | uorticieglie |
mane | manuzzèlle |
buttiglie | buttiglione |
buffette | buffettone |
cammise | cammesone |
sumare | sumarone |
Oppure aggiungendo al nome gli aggettivi ruosse (grosso), ranne (grande), àute (alto), ecc., a volte ripetuto
na casa ròsse, na casa ròssa ròsse
nu mure àute, nu mure àute àute
na càmmere ranne, na càmmera
ranna ranne
L’aggettivo possessivo segue il nome che in qualche caso cambia la vocale
finale (in u nei nomi maschili,in a nei femminili)
papà mije, mamma meje, casa meje, figliu mije, cavagliu tije, figlia meje.
In alcuni casi si unisce al nome
pàteme, fràteme, sòreme, càseme, mógliete.
(vedi Boccaccio, novella
"Calandrino e il porco imbolato")
Anche questi aggettivi seguono il nome che si comporta come nel caso precedente
na casa pìcchele, na capa tòste.
Bèglie, brutte, buone e male spesso precedono il nome
Nu bèglie ome, nu brutte iuorne, na mala sòrte, na bona fémmene.
Il superlativo assoluto si ottiene ripetendo l’aggettivo
bèglie bèglie, ranne ranne, nuove nuove
Il comparativo di minoranzasi ottiene invertendo il confronto
"L’asino è meno forte del cavallo" diventa "Il cavallo è più forte dell’asino"
(gliu cavaglie è chiù forte degli’ ásene).
Infinito
Le uscite dell’infinito riconducono a quelle dei verbi italiani in -are, -ere, -ire:
magn-à
(mangiare)
-é -ere (con l’accento tonico sulla penultima sillaba)
car-è (cadere)
-e -ere (con l’accento tonico sulla terzultima sillaba)
venc-e
(vincere)
-ì Ö -ire
sent-ì (sentire)
Indicativo
L’indicativo ha quattro tempi, due semplici e due composti: presente, imperfetto, passato prossimo e trapassato prossimo
Il passato remoto è sostituito dal passato prossimo.
Il futuro si ottiene con il presente dell’ausiliare avere seguito dall’infinito del verbo; in tal caso il verbo avere assume anche il significato di dovere.
L’infinito può essere preceduto da "da"
Presente
Come per la formazione di
alcuni plurali, anche nella coniugazione dei verbi si verifica il fenomeno della
metafonesi, quando l’accento cade su é oppure su è, che
diventano rispettivamente i nella seconda persona singolare e nella prima
e seconda plurale,ed ie nella seconda persona singolare Sel’accento
cade su ó, questo diventa u; se cade su ò,questo diventa uo
nella seconda persona singolare ed u nella prima e seconda plurale
i recorre, tu recurre, nuje recurrimme, vuje recurrite
i ponne, tu punne, nuje punnimme, vuje punnite
i sciòglie, tu sciuoglie, nuje scliuglimme, vuje sciuglite
i còglie, tu cuoglie,
nuje cuglimme, vuje cuglite
Imperfetto
Anche nell’imperfetto é
diventa i in tutte le persone
Tempi composti
I tempi composti utilizzano l’ausiliare avécon i verbi transitivi ed èsse con quelli intransitivi e riflessivi
Congiuntivo
Il dialetto gaetano usa l’indicativo al posto del congiuntivo. Il congiuntivo imperfetto ha valore di condizionale presente: i magnesse, mangerei
Imperativo
Imperativo negativo
Se l’infinito con valore di
imperativo negativo è accompagnato da una particella pronomilnale, questa lo
precede
Gerundio
magn-ènne, car-ènne,
vince-ènne, sent-ènne
Coniugazione dell’ausiliare
avere (avé)
Indicativo
Congiuntivo imperfetto
I avesse, tu avisse,
isse avesse, nuje avésseme, vuje avìsseve, lore avéssene
Coniugazione dell’ausiliare
essere (èsse)
Indicativo
Presente | Imperfetto | Passato prossimo | Trapassato prossimo |
I so | I eje | I so state | I eje state |
tu si | tu ije | tu si state | tui ije state |
isse è | isse eje | isse è state | isse eje state |
nuje simme | nuje évene | nuje simme state | nuje évene state |
vuje site | vuje ive | vuje site state | vuje ive state |
lore so | lore évene | lore so state | lore évene state |
Congiuntivo imperfetto
I fosse, tu fusse,
isse fosse, nuje fùsseme, vuje fùseve, lore fóssene
Gerundio
Gli ausiliari avere ed
essere non hanno il gerundio
Per dire "essendo
ricco tutti lo rispettano", si dice "pecché è ricche tutte glie
rispèttene"; "avendo fame gli diedero da mangiare" si
dice "pecché teneje fame gli’hanne data da magnà".
Alcuni verbi irregolari
Le particolarità nella
coniugazione si riscontrano esclusivamente nel presente dell’indicativo, che
viene perciò riportato
Verbo tené ( tenere: sostituisce spesso il verbo avere, anche con significato di possedere)
I tènghe, tu tié,
isse tè, nuje tenimme, vuje tenite, lore tènne
Verbo dà (dare)
I donghe, tu dai,
isse da, nuje dimme, vuje dite, lore danne
Verbo fà (fare)
I facce, tu fai isse
fan nuje facimme, vuje facite, lore fanno
Verbo stà (stare)
I stonghe, tu stai,
isse sta, nuje stimme, vuje stite, lore stanne
Verbo venì (venire)
I vènghe, tu vié,
isse vè, nuje venimme, vuje venite, lore vènne
Verbo ì (andare)
I vache, tu vai,
isse va, nuje imme, vuje ite, lore vanne
Verbo sapé (sapere)
I sacce, tu sai isse
sa, nuje sapimme, vuje sapite, lore sanne
Verbo puté (potere)
I pòzze, tu puó,
isse po, nuje putimme, vuje putite, lore pònne
Verbo vulé (volere)
I vòglie, tu vuó,
isse vo, nuje vulimme, vuje vulite, lore vònne
Avverbi di luogo accà, alloche,allà
Avverbi di tempo uoje craje ,piscraje, mussere
Avverbi di negazione ne, n’
Avverbi di modo o maniera in "mente"
Questi avverbi si rendono con una perifrasi
comme e nu g^liupe |
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