Acqua di Giorgio Nebbia LE GUERRE DEL FUTURO di Sergio Ferrari

 

 

 

Acqua di Giorgio Nebbia

 

L'acqua è --- per usare un termine tratto dall'ecologia --- un "fattore limitante" dello sviluppo. Anche in presenza di altri fattori --- mano d'opera, capitale, terra, minerali, risorse naturali --- la scarsità o la mancanza di acqua impedisce una vita domestica e urbana decente e moderna, l'agricoltura, attivita' manifatturiere, turismo. Benche' apparentemente l'acqua sia una risorsa rinnovabile, le cui riserve sono continuamente reintegrate attraverso il grande ciclo naturale dell'acqua, in molte zone della Terra l'acqua e' scarsa; in altre l'acqua e' abbondante, ma la qualita' delle riserve viene continuamente peggiorata dagli inquinamenti e la disponibilita' di acqua dolce di buona qualita' si fa progressivamente sempre piu' scarsa. Tali attentati alle risorse idriche, tipico bene collettivo, sono una forma di violenza: non c'e' percio' da meravigliarsi se, per la conquista dell'acqua vengono combattute guerra, proprio come per la conquista di altre materie essenziali per la vita umana. D'altra parte l'utilizzazione delle risorse di acqua dolce - dei fiumi e del sottosuolo - a fini umani e' possibile soltanto attraverso un progetto di solidarieta': persone che lavoramo insieme per sollevare acqua dai pozzi, regioni e stati che collaborano per regolare il flusso dei fiumi ed evitare le alluvioni; oppure che accettano regole comuni per diminuire l'inquinamento che "distrugge" una parte dell'acqua adatta a fini umani.

Quanta acqua c'e' ?

Come e' ben noto, l'acqua e' presente sulla Terra in quantita' grandissime: 1.400 milioni di kilometri cubi, pari a 1.400 milioni di miliardi di tonnellate. A titolo di confronto si pensi che l'ossigeno e l'azoto dell'atmosfera terrestre (i gas ugualmente essenziali per la vita) pesano "appena" 5 milioni di miliardi di tonnellate; tutti gli esseri viventi esistenti sulla Terra pesano meno di 1 milione di miliardi di tonnellate; tutta la materia organica fissata e trasformata ogni anno nei grandi cicli naturali sui continenti e negli oceani pesa appena 0,2 milioni di miliardi di tonnellate.

Stocks: Miliardi di t   Acqua totale 1.400.000.000  Acqua dolce nel sottosuolo, fiumi, laghi, atmosfera 11.000.000  Gas dell'atmosfera 5.000.000  Biomassa totale 1.000.000

Flussi: Miliardi di t/anno Precipitazioni totali 500.000  Precipitazioni sulle terre emerse 100.000 Portata dei fiumi 40.000  Produttivita' primaria netta 200

 
La maggior parte dell'acqua sulla Terra e' presente nei mari e negli oceani sotto forma di soluzione salina con un contenuto di sali che rende l'acqua inadatta per la vita vegetale e animale e per le attivita' umane. Le acque dolci, cioe' a basso contenuto salino, presenti nel sottosuolo ammontano ad appena 11 milioni di miliardi di tonnellate e quelle dei fiumi e dei laghi ad appena 0,13 milioni di miliardi di tonnellate. Una parte dell'acqua, circa 500.000 miliardi di tonnellate all'anno, e' tenuta continuamente in moto da un ciclo di evaporazioni e condensazioni la cui energia e' fornita dal Sole. L'acqua che cade, in media, sulla superficie delle terre emerse e' di circa 100.000 miliardi di tonnellate all'anno, una quantita' che corrisponde ad uno spessore di circa 0,7 metri (700 millimetri) per ogni metro quadrato all'anno. Sembrerebbe molto, ma non bisogna lasciarsi trarre in inganno: le precipitazioni dipendono dalle condizioni geografiche e climatiche: in certe zone dei continenti cadono anche 2.000 millimetri di acqua; in altre poche decine di millimetri. In molte zone le precipitazioni sono intense, ma concentrate in poche settimane o mesi dell'anno. In un paese come l'Italia, nel Nord, nella valle attraversata dal grande fiume Po e dai suoi affluenti, cadono circa 1.000 millimetri di pioggia all'anno; nel Sud cadono circa 500 millimetri di pioggia all'anno. Eppure la valle padana dista dalla Sicilia appena 1.000 kilometri. L'evaporazione e le precipitazioni dell'acqua dipendono dall'intensita' della radiazione solare, ma anche dalle condizioni dei venti, dalla presenza di vegetazione, dallo stato della superficie del suolo.

L'acqua come fonte di vita

Per esempio l'eccessivo sfruttamento economico del suolo - distruzione dei boschi, agricoltura intensiva, eccessiva edificazione - provoca alterazioni e squilibri nel ciclo dell'acqua: diminuiscono le precipitazioni e aumenta la richiesta di acqua per l'irrigazione e per le citta'. Le comunita' umane, allora, hanno bisogno di estrarre piu' acqua dal sottosuolo, di "importare" acqua da zone lontane, sottraendola ad altre comunita' e ad altri usi; nello stesso tempo le attivita' agricole e urbane e industriali generano crescenti quantita' di scorie e rifiuti che vengono immessi nei fiumi e nei laghi e che peggiorano la qualita' delle acque contenute nelle riserve da cui vengono estratte crescenti quantita' di acqua. Questa e' una delle forme di violenza esercitata da alcune comunita' umane nei confronti dell'acqua e nei confronti di altri esseri umani: piu' domanda, peggioramento della qualita', meno acqua disponibile, piu' richiesta di altra acqua, sottratta ad altri.

Una prima linea di azione per combattere la violenza e suscitare un senso di solidarieta' dovrebbe consistere nella diffusione della conoscenza del ciclo dell'acqua non solo a livello planetario, ma anche a livello di singole comunita' o stati. Sarebbe cosi' possibile diffondere la consapevolezza che certi interventi apparentemente "economici" nell'uso del suolo - diboscamento, cementificazione, eccessivo sfruttamento agricolo, eccessiva concentrazione urbana - fanno aumentare la richiesta dell'acqua e diminuire la disponibilita' di acqua e fanno peggiorare la qualita' dell'acqua esistente.

 
Acqua per che cosa ?

La scuola dovrebbe inoltre avere un ruolo fondamentale nell'informazione ed educazione sui problemi della scarsita': quanta acqua viene usata ? da chi ? per fare che cosa ? come viene usata l'acqua ? come uso "io" l'acqua ? potrei usarla diversamente ? Per riconoscere quali usi sono essenziali e quali superflui bisognerebbe perfezionare degli indicatori del valore dell'acqua, legati alla sua scarsita'. Si puo' per esempio parlare di un "costo in acqua" di un bene o di un servizio, espresso in termini fisici, "naturali", come litri di acqua necessaria per fare una doccia, per produrre un quintale di grano o di patate o per allevare un maiale, per fabbricare un kilogrammo di zucchero o di acciaio. Come nel caso di tutte le risorse scarse "varrà" di piu' una merce o un servizio che hanno richiesto "meno" acqua per unita' di utilita' umana prodotta. Una seconda linea d'azione, sulla via della solidarieta', consiste nello sviluppare forme di informazione ed educazione che spieghino bene che si aiuta il prossimo se si sfruttano di meno i beni naturali, in primo luogo l'acqua, che sono di tutti e che sono scarsi. L'eccessivo sfruttamento da parte di alcuni e' una forma di violenza; il contenimento dei consumi e' un segno di solidarieta'. Il contenimento dei consumi non rende piu' poveri, anzi; esso richiede lo sviluppo di ricerca scientifica e di innovazioni tecniche nell'irrigazione, negli strumenti domestici, nei processi industriali. Anzi, la diffusione della cultura del contenimento degli sprechi e dei consumi eccessivi di acqua fa aumentare la ricchezza, crea nuova occupazione.

La violenza degli inquinamenti

Una terza linea di azione riguarda la comprensione che i fenomeni di inquinamento sono fonti di distruzione di acqua, di beni scarsi, e arrecano danno, anzi violenza, agli altri. Gli inquinamenti provengono dalle attivita' di produzione delle merci e di uso delle merci, quindi dipendono dalla quantita' e dalla qualita' delle merci che attraversano la tecnosfera. Ogni processo di produzione e di uso comporta l'immissione nell'ambiente di scorie, piu' o meno tossiche, i cui corpi riceventi finali sono l'atmosfera oppure le acque. L'inquinamento rappresenta una vera e propria forma di distruzione dell'acqua; piccole quantita' di agenti altamente tossici (per esempio i pesticidi) dispersi nel suolo e da qui nelle falde idriche sotterranee, possono contaminare, e quindi rendere inutilizzabili come acqua potabile, grandissime riserve di acqua. Una efficace azione di "difesa" delle acque contro gli inquinamenti presuppone lo sviluppo di ricerca scientifica, di educazione domestica, l'aumento della cultura industriale, per identificare come e' possibile progettare merci meno inquinanti, come e' possibile usare meglio gli oggetti della nostra vita quotidiana. Anche qui il ruolo dell'informazione e dell'educazione e' primario: si tratta di sollecitare nei cittadini, ma soprattutto nei ragazzi, una migliore comprensione di tutto cio' con cui si viene a contatto, che si usa, e di chiedersi, in ogni caso, "che cosa succede" della merce dopo l'uso, sia essa un detersivo, o il cibo, come ciascuna merce viene trasformata durante l'"uso", e dove vanno a finire i residui, o gli escrementi umani e animali, o le scorie solide. 

La violenza viaggia sul suolo

Si e' accennato prima che, nel grande ciclo naturale dell'acqua, ogni anno circa 100.000 miliardi di tonnellate cadono sulle terre emerse; di quest'acqua circa 60.000 miliardi di tonnellate evaporano e circa 40.000 miliardi di tonnellate all'anno tornano al mare scorrendo sulla superficie dei continenti. La vita e' divenuta possibile sulla Terra, apparentemente unico fra tutti i corpi celesti, grazie alle proprieta' chimiche e fisiche dell'acqua. L'acqua e' continuamente in movimento; l'acqua precipita come pioggia e neve sulle zone alte di ciascun paese e scorre lungo le valli verso il mare, da dove riprende poi il ciclo di evaporazioni. L'acqua del ciascun fiume, in questo suo continuo moto, sposta le particelle e le sostanze disciolte del suolo da un posto all'altro, verso i fondo valle e verso il mare.

Le molecole dell'acqua aderiscono alle molecole dei viventi e dei minerali, penetrano nel suolo e, con l'energia di caduta, le gocce d'acqua disgregano le rocce superficiali e ne trascinano i detriti verso il mare. Questo fenomeno erosivo altera la capacita' ricettiva dei fiumi e dei laghi, lascia alle spalle terre non piu' fertili e franose. Inoltre l'acqua trascina e discioglie, nel suo moto, le sostanze inquinanti e le scorie della biosfera e della tecnosfera verso il mare, grande ricettore finale dell'acqua. L'erosione puo' essere contenuta mediante opportune scelte nella localizzazione delle strade e degli edifici, nella difesa e ricostruzione della copertura vegetale, degli alberi e della macchia che trattengono le acque nel loro moto sulla superficie del suolo.

E' questo un quarto campo di azione che presuppone l'educazione a guardare il territorio alla luce del moto delle acque. Le continue alluvioni che distruggono ogni anno, in tutto il mondo, terre fertili, strade, edifici, ricchezza e vite umane, sono la conseguenza della crescente erosione del suolo dovuta all'ignoranza dei cittadini e dei governanti. La strada educativa dovrebbe mettere in evidenza il rapporto diretto fra erosione e frane e alluvioni, fra cattivo uso del suolo e violenza contro le vite e i beni altrui.

Il fiume come occasione di solidarieta'

Nelle innumerevoli guerre che hanno segnato la storia dell'umanita' il fiume ha sempre avuto un ruolo centrale; il fiume e' il punto piu' facilmente difendibile militarmente, in cui e' piu' facile riscuotere le dogane, e quindi in moltissimi paesi il fiume e' stato, ed e' rimasto ancora oggi, il confine fra paesi e popoli vicini. Il fiume e' stato spesso spezzato in due o piu' parti dai confini politici e ciascun paese crede di "possedere" un pezzo di fiume o una riva di un fiume, e di poterne fare quello che crede, dal prelevarne l'acqua, o la sabbia, alla costruzione di sbarramenti e laghi artificiali, eccetera. Ciascun intervento umano su una parte del fiume influenza l'ecologia di tutto il corso a valle e influenza la vita dei popoli a valle. L'unica vera "unita'" politica e amministrativa per una corretta gestione delle acque e' il bacino idrografico, cioe' il complesso di valli, fiumi, affluenti e laghi che confluiscono poi alla fine nel mare. Se fosse possibile ridisegnare, in termini di solidarieta', i confini degli stati sarebbe opportuno far coincidere i confini politici con quelli, ben definiti geograficamente ed ecologicamente, dei bacini idrografici. A rigore non esistono i popoli della Svizzera, della Germania o della Francia, ma esiste il popolo del bacino del Reno. Cosi' come esistono i popoli del bacino del Danubio, del bacino del Mississipi, del bacino del Fiume Azzurro o del Gange o del Rio delle Amazzoni. E' questo un sogno utopistico ? Effettivamente neanche in un picolo paese come l'Italia si riesce ad organizzare le azioni di difesa del suolo e di lotta all'inquinamento, neanche per un "piccolo" bacino idrografico come il Po e i suoi affluenti

Gestione delle risorse idriche per bacini idrografici

L'esperienza mostra che l'amministrazione delle risorse del territorio presuppone azioni unitarie e solidali nell'ambito di ciascun bacino idrografico. Entro il bacino idrografico avviene tutto quanto e' importante ai fini della gestione delle acque; le citta', le fabbriche, i campi traggono acqua dalle riserve idriche contenute nel bacino idrografico, immettono le proprie scorie nei fiumi e nelle falde sotterranee; gli stessi inquinamenti atmosferici ricadono per lo piu' sul suolo all'interno del bacino idrografico. La risultante di tutto il metabolismo umano e industriale, l'insieme dei prodotti di erosione del suolo e di agenti inquinanti, sono poi trascinati dalle acque nei vari fiumi e, attraverso il fiume principale, nel mare. Purtroppo non e' facile convincere paesi vicini ad azioni di solidarieta' nell'ambito dei bacini comuni: non si riesce ad ottenere neanche fra regioni all'interno di uno stesso paese come l'Italia !

La soluzione dei precedenti problemi richiede una quinta linea di azione: la diffusione della conoscenza, della cultira e di una pedagogia dei bacini idrografici presenti in un territorio. Bisognerebbe aiutare i ragazzi a imparare a "leggere" sulla carta geografica prima i fiumi e poi i confini amministrativi. Bisognerebbe sviluppare un senso di "appartenenza" non tanto ad un paese, ma ad un fiume, ad un bacino idrografico, anche sulla base della ricostruzione della storia ecologica e politica del bacino stesso.

 
 
Acqua dolce dal mare

Per aumentara la disponibilita' di acqua si puo' trasportare l'acqua dolce, dai luoghi in cui si trova abbondante, a quelli in cui e' scarsa. La superficie della Terra e' gia' attraversata da canali e condotte che spostano grandi quantita' di acqua anche a centinaia di kilometri di distanza.

In questo modo, si sottrae acqua ad alcune zone, e ai relativi abitanti, per rifornire altri e anche questa puo' essere interpretata come una forma di solidarieta', di cui vanno pero' attentamente considerati i possibili risvolti ecologici negativi.

Un'altra possibile strada consiste nella dissalazione dell'acqua di mare. Dal 1950 in avanti si cono avuti continui progressi nei processi capaci di trasformare l'acqua di mare in acqua dolce. I piu' diffusi sono i processi di distillazione, che usano calore, anche calore di rifiuto di altre attivita' industriali; e i sistemi ad osmosi inversa, che usano principalmente elettricita'.

Attualmente nel mondo vengono prodotti ogni anno circa 9 miliardi di tonnellate di acqua, una quantità maggiore di quella che viene usata nella sola Italia per usi igienici, potabili e urbani.

I processi di dissalazione richiedono un consumo di energia (termica o elettrica) e forniscono acqua ad un costo elevato. Meno pero' di quanto si pensi; il costo dell'acqua dissalata nei paesi mediterranei, per esempio, è, nel 2000, di circa 2.000 lire (un euro, circa un dollaro USA alla tonnellata, una cifra che e' gia' uguale al prezzo pagato dalle famiglie in Italia per l'acqua distribuita dagli acquedotti.

La dissalazione ha il vantaggio, rispetto alle altre fonti di approvvigionamento idrico, che fornisce "nuova" acqua dolce, fabbricata dal mare, senza intaccare le riserve di acqua dolce esistenti. E' ragionevole pensare che si possano fare ulteriori progressi nelle tecniche di dissalazione e che il loro uso sia destinato ad estendersi.

Bisogno di visione

Le precedenti sommarie indicazioni suggeriscono che, allo stato attuale delle conoscenze, la scarsita' di acqua puo' essere sconfitta attraverso azioni combinate di pianificazione dell'uso delle risorse naturali, che vanno dall'uso razionale delle foreste, alla regolazione del corso dei fiumi, alla lotta all'inquinamento. Il successo dipende dalla crescita di una cultura capace di affrontare il problema dell'acqua anche attraverso lo sviluppo di una nuova contabilita' che sia economica ed ecologica insieme, ma soprattutto, attraverso una "visione" complessiva e unitaria dei problemi, come dimostra quanto fu fatto negli Stati Uniti all'epoca del New Deal di Roosevelt, negli anni trenta.

Si vide allora - e la lezione vale ancora oggi - che le opere lumgimiranti di regolazione del corso dei fiumi consentono di combattere l'erosione del suolo, di aumentare la produzione di elettricita', di migliorare le produzioni agricole, di offrire le infrastrutture per nuove citta' e imprese produttive, soprattutto di far crescere le occasioni di lavoro. Un lavoro motivato dalla sensazione che si sta rendendo un servizio alla collettivita', che si sta compiendo un'impresa di solidarieta' e di pace.

Purtroppo le forze culturali e scientifiche, coloro che sono stati e sono impegnati nell'educazione, nei vari paesi del mondo, sono state spesso povere di visione del futuro e, rincorrendo i microproblemi di oggi, hanno perso di vista i grandi orizzonti. Per cui la crisi del Nord del mondo ha aggravato la poverta' e le difficolta' del Sud del mondo; intorno all'acqua sono esplose le contraddizioni fra le malattie del Nord del mondo, dovute all'egoismo dei paesi ricchi, e le malattie del Sud del mondo, dovute alla ribellione dei poveri, di fronte ad uno sfacciato egoismo. All’uscita dal Novecento proprio partendo da questa "cosa" essenziale, l’acqua, si vede che il coraggio e la solidarietà possono essere l'unica efficace cura per le malattie di tutti e due.

LE GUERRE DEL FUTURO
di Sergio Ferrari *

 
 

Un miliardo e quattrocento milioni di persone, una su quattro dell’intera popolazione mondiale, non hanno accesso all’acqua in prossimità della propria casa o nelle vicinanze.

L’80% delle malattie nei paesi dell’emisfero Sud è collegato al problema dell’acqua. In Africa, una persona su due soffre a causa di una malattia direttamente dipendente dal consumo di acqua non potabile.

Attualmente, sottosviluppo, marginalità e miseria sono strettamente connesse ad una cattiva ripartizione della risorsa acqua. Le guerre ed i contrasti regionali del domani, coincideranno con la lotta per il controllo delle fonti e delle riserve strategiche del liquido vitale. Proseguendo con la attuale tendenza, entro venticinque anni, più della metà dell’intera popolazione mondiale – calcolata in 8 miliardi di persone nel 2020 – non avrà a disposizione un quantitativo sufficiente di acqua per il proprio consumo di base.

Un’ipotesi quasi inimmaginabile, secondo l’analisi dell’italiano professore Riccardo Petrella, uno degli specialisti più noti a livello mondiale in materia di acque.

"L’acqua è un bene comune di tutta l’umanità e come tale va inteso e difeso", ha sottolineato lo stesso Petrella durante una recente visita in Svizzera alle principali ONG (Organizzazioni non Governative) per lo sviluppo, che hanno da poco lanciato una campagna pubblica contro la privatizzazione delle acque e a favore di una Convenzione Internazionale.

La situazione planetaria è allarmante: il 60% delle fonti d’acqua è localizzato in soli nove paesi – tra questi gli Stati Uniti, la Russia, il Canada, il Brasile, la Cina e l’Indonesia. Mentre altri ottanta paesi, che raggruppano il 40% della popolazione mondiale, si debbono già confrontare con una grave penuria idrica.

PER UN CONTRATTO MONDIALE SULL’ACQUA

Studi accreditati rivelano che una persona deve poter disporre di un minimo di 20 litri d’acqua al giorno. Per bere, cucinare ed assicurarsi una buona igiene che permetta di prevenire le malattie più comuni.

Ma come assicurare questo minimo vitale in un pianeta nel quale un essere umano su quattro non dispone di acqua potabile o quanto meno di una quantità sufficiente di questa?

Questione essenziale che suscita la riflessione di Riccardo Petrella, secondo cui il problema di fondo è politico e la sua soluzione, pertanto, deve essere squisitamente politica.

"Dobbiamo attivarci per un Contratto Mondiale dell’Acqua", dichiara Petrella, autore del Manifesto dell’Acqua, che rappresenta uno dei tentativi più seri di riflessione e di ipotesi di azione.

Questo Contratto, prosegue Petrella, è basato su quattro principi. Il primo afferma che l’acqua è fonte di vita e come tale deve essere considerato un bene comune. L’acqua della Svizzera, della Cina o del Brasile non appartiene solo a quei paesi ma a tutta la società planetaria.

Collegato al precedente, il secondo punto afferma che l’acqua è un diritto indiscutibile. Non c’è nulla da dimostrare. Ne abbiamo diritto perché esistiamo.

In terzo luogo, la responsabilità dell’accesso è collettiva. E la sua gestione deve essere affidata alle comunità. Se si calcola che ogni persona necessita ogni anno un minimo di 1700 m3 di acqua – e si tiene presente che al di sotto di quel quantitativo l’individuo soffre di un vero e proprio "stress idrico" – è assolutamente essenziale che quel quantitativo venga garantito a tutti gli abitanti della Terra.

Quarto ed ultimo punto, un principio che racchiude i tre precedenti: la gestione dell’acqua è una questione che deve essere affidata alla collettività e non può dipendere né essere delegata a tecnocrati, ingegneri, esperti: sono le popolazioni che devono gestirla, garantendone un utilizzo collettivo e democratico irrinunciabile.

Inoltre, per principio – continua Petrella – questo Contratto Mondiale deve poter contare su istituzioni e regolamenti.

Proprio in opposizione all’attuale, crescente tendenza alla privatizzazione – parte di un movimento generalizzato che presuppone quali valori assoluti il mercato e il profitto – la tesi del Contratto acquista maggior forza.

Sono necessari meccanismi di regolamentazione del mercato dei capitali, della finanza pubblica e privata, sotto il controllo di un Parlamento Mondiale dell’Acqua, che non dovrebbe divenire un’organizzazione tecnocratica ma democratica, cioè aperta ai cittadini.

Questo Parlamento assumerebbe la responsabilità di stabilire i grandi principi: l’acqua come bene comune dell’umanità; l’accesso quale diritto singolo e collettivo e, riguardo alle tariffe, una responsabilità comune, per assicurare quel minimo di 1700 m3 all’anno ad ogni persona.

FRENARE LA TENDENZA REGRESSIVA

L’accesso all’acqua rappresenta un diritto alla vita, un diritto umano, afferma Petrella. Possiamo vivere senza Internet ma non senz’acqua. Il diritto all’acqua è stato riconosciuto come tale in differenti convenzioni internazionali.

Una prima volta in Argentina negli anni ’70, durante una Conferenza delle Nazioni Unite. E ancora nel 1992, durante l’incontro mondiale di Rio de Janeiro, con l’adozione di una Convenzione ad hoc.

Tuttavia, quest’anno, durante il recente Foro Mondiale sull’Acqua tenutosi all’Aia, in Olanda, le istituzioni delle Nazioni Unite, di comune accordo con la Banca Mondiale e le imprese interessate alle acque - presenti in gran numero - si sono opposte all’inserimento del principio dell’acqua quale diritto umano nella dichiarazione finale, affermando che si tratta "soltanto" di una necessità vitale e non di un diritto!

Si sta tornando indietro, insiste Petrella. "E’ preoccupante dover constatare che stiamo tornando su posizioni retrograde. E che si debba ridiscutere principi già affermati in precedenti occasioni, per effetto di un’imposizione della cultura dominante, che pensa possa esistere la sola logica del mercato, del profitto, dell’esaltazione, della tecnologia. Questo è tutto ciò che conta per loro, ma non il principio peraltro già accettato – ed oggi rinnegato – dell’accesso all’acqua come diritto fondamentale.

Paradossalmente siamo obbligati a ridiscutere obiettivi già raggiunti, a ribadire diritti, che i nostri padri avevano riconosciuto come validi già alcuni decenni fa, con l’aggravante della privatizzazione dell’acqua, precisa lo specialista. L’acqua appartiene all’uomo, alla flora e alla fauna, cioè al pianeta. E’ un patrimonio che dobbiamo imparare ad amministrare. Con la crescente privatizzazione, rischiamo che il futuro, nuovo mercato dell’acqua assomigli sempre più a quello del petrolio. Non possiamo assoggettare l’acqua alla logica del mercato. Chi garantirà il liquido vitale a quanti non abbiano un potere d’acquisto sufficiente per comprarselo?

E’ sempre più evidente che sono le imprese multinazionali, tipo Nestlé o Coca-Cola, che fanno gli affari migliori con le vendite di acqua in bottiglia. Lucrano sulla penuria d’acqua di milioni di esseri umani che non hanno possibilità di accedervi. "Dobbiamo opporci alla privatizzazione dell’acqua così come ci opporremmo a quella dell’aria", enfatizza Petrella, che, tuttavia, ammette possa esistere una differenza tra il possedere l’acqua – che appartiene alla collettività – e il gestirla – servizio che può essere anche affidato a privati, ma sotto stretta vigilanza dello Stato.

OFFENSIVA INTERNAZIONALE

Di fronte a questa preoccupante tendenza privatizzatrice, insiste Petrella, la sfida più importante diviene una gestione democratica della risorsa acqua, affidata ai cittadini. Questa sfida deve portare all’accettazione del Contratto Mondiale dell’Acqua, già nella riunione ufficiale "Rio + 10" che si terrà a Bonn, in Germania, nel 2002 – a dieci anni di distanza dall’incontro di Rio de Janeiro.

Su questo obiettivo - specifica lo studioso italiano, docente all’Università di Lovanio – stanno convergendo Associazioni di Sostegno di tutto il mondo, già esistenti in Svizzera, Italia, Belgio e che, nei prossimi mesi, verranno istituite anche negli Stati Uniti e in India. Un’associazione di questa natura sorgerà in Brasile nel marzo del prossimo anno. E proprio dal paese sudamericano giunge un forte appoggio dal movimento contadino dei Senza Terra, così come dai ceti medi, dal mondo universitario e politico, come nel caso del senatore Candido Mendes.

"Sarò presente a fine gennaio del 2001 al Foro Sociale Mondiale di Porto Alegre, in Brasile, anche per parlare in quella importante sede internazionale sul tema dell’Acqua, rinnovando la necessità e l’urgenza di una mobilitazione dell’opinione pubblica mondiale affinché l’acqua venga difesa come bene pubblico", ha sostenuto il presidente del Gruppo di Lisbona.

Una mobilitazione necessaria a livello planetario, secondo Petrella, se si vuole riuscire, in una ventina d’anni, a far sì che tutta la popolazione mondiale possa disporre di acqua potabile.

Quale può essere il ruolo delle ONG in questo percorso? "Le Ong hanno un triplice compito da svolgere. Primo, informare e sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema acqua, le sfide e le prospettive sul piano locale, nazionale ed internazionale.

Secondo, promuovere la mobilitazione dell’opinione pubblica al fine di assicurare una partecipazione attiva al dibattito e alla ricerca di possibili soluzioni miranti a mantenere la risorsa acqua all’interno della sfera pubblica, conseguentemente amministrata quale bene pubblico.

Terzo ed ultimo, mantenere una costante pressione popolare sui dirigenti politici e sugli attori socio-economici, per garantire una continuità d’azione ed una valutazione costante degli eventi, affinché soluzioni solidali, democratiche e pacifiche divengano la regola di condotta tra gruppi sociali, paesi e utenti dell’acqua.

*Sergio Ferrari è un giornalista argentino che ha lavorato molti anni in America Latina e adesso
vive e lavora in Svizzera per l'agenzia latinoamericana PULSAR ed altre testate
 
 

UN BENE PUBBLICO PLANETARIO

Le principali Ong svizzere hanno lanciato a Berna, nella prima quindicina di settembre, una campagna nazionale di sensibilizzazione e pressione politica.

Chiedono che l’acqua venga considerata un bene pubblico, non soggetto a privatizzazione, all’interno della costituzione federale elvetica.

E si impegnano a sostenere una Convenzione Internazionale per assicurare che nei prossimi venti anni tutta la popolazione del pianeta abbia accesso all’acqua potabile.
 

(Traduzione non ufficiale)