Voci, prima ancora che parole. E strade che partono da ogni angolo del mondo, che forse non si sarebbe mai pensato di dover intraprendere. Strade, percorsi, che poi, inevitabilmente, finiscono con l’incrociarsi. E’ così da sempre, da quando non si usavano parole come globalizzazione, ma si parlava, per esempio, di “Nuovo Mondo”. La buona e la cattiva sorte, malgrado si fatichi ancora a crederlo, in una società razionale, o che ritiene di qualificarsi tale e quindi intenzionata a prevedere tutto o quasi, passano spesso per un incrocio che spunta all’improvviso dietro l’angolo. “Voci all’incrocio” è uno spazio che, innanzitutto per chi scrive, nasce così. Un’occasione, una strada in più da percorrere, quindi uno stimolo a entrare nella dimensione rigenerante del viaggio. All’incrocio, in parole povere, non ci si arriva stando fermi. Serve talvolta quel passettino, che magari fino a un istante prima non si è ritenuto necessario, quello sguardo nuovo che si distende su un orizzonte improvvisamente spuntato dalla foschia della routine quotidiana. Ma sarebbe altrettanto sbagliato dare per scontato che attraversare, andare a porsi lungo la strada che gli altri stanno percorrendo, sia semplice. Abitudini, pigrizia, ma anche gli impegni, l’incertezza del futuro o il terrore di perdere quel poco di conquistato su cui si crede di poter contare, sono il semaforo rosso. Le voci,  le parole, soprattutto quelle parole che si decide per la prima volta di ascoltare, sono probabilmente l’unico sistema per passare al verde, per attraversare, per riscoprirsi. Magari tornando, con la mente e con l’anima, su strade polverose percorse anni e anni orsono. Quando qualcuno, nel più freddo dei silenzi,  ci guardava dall’altra parte con la stessa inquietudine e il semaforo era terribilmente rosso per noi.

 

                                                                                      dall' editoriale di Mario Pari