1973
· La collina dei ciliegi
· Ma è un canto brasileiro
· La canzone della terra
· Il nostro caro angelo
· Le allettanti promesse
· Io gli ho detto no
· Prendi fra le mani la testa
· Questo inferno rosa
Il disco è fornito di una copertina ecologica che oggi apparirebbe banale ma un tempo capace di suscitare interrogativi: personaggi seminudi, vestiti di stracci, di fustini, di latta in un prato disseminato dai rifiuti urbani sembrano osservare più che essere osservati.
“Il nostro caro angelo”
riscuoterà un successo di vendite lievemente inferiore al precedente lavoro,
giustificato da un risultato complessivamente deludente perché troppo fornito
di brani di qualità discontinua. Il difetto maggiore del disco consiste
nell’evidente scollamento fra testo e musica in alcuni brani, ma con alcune
importanti eccezioni, come “La collina dei ciliegi”, canzone
caratterizzata da formidabili rallentamenti di tempo, passaggi lievi ma ricchi
di significato da 4/4 a 2/4.
“Ma è un canto brasileiro” rappresenta il pezzo
ecologico dell’album: ha infatti come tema l’alienante utilizzazione della
pubblicità è il tema di un brano che rivela ancora oggi una grande attualità
molto sentita se si considera che negli anni settanta il mondo della pubblicità
si apprestava a diventare da semi-artigianale qual era a quella vera e propria
mostruosità che fagocita un pubblico vittima di un grave martellamento
mistificatorio sempre più inautentico.
La voce con cui Battisti
attacca il brano è per qualche secondo priva di accompagnamento e riassume
lapidariamente lo spirito della canzone: “Io non ti voglio più vedere, mi fai
tanto male con quel sorriso professionale, sopra un cartellone di sei metri, od
attaccata sopra a tutti i vetri. Io non ti voglio più vedere cara, mentre
sorseggi un’aranciata amara, con l’espressione estasiata di chi ha raggiunto un
traguardo nella vita”. Il testo è alleggerito da un giro di rock che copre in
giusto contrasto la serietà delle parole.
“La Canzone della Terra” non ha purtroppo niente da
spartire, neppure lontanamente, con la splendida “Canzone del Sole”, ma ha solo
un’assonanza con il titolo, poiché sia il testo che la musica sono un incidente
di percorso. Il brano dovrebbe essere un’elegia alla vita dei campi, ma i
pensieri bucolici di un Mogol malissimo ispirato danno in questo caso dei
risultati imbarazzanti, coperti in parte dalla stupefacente capacità
interpretativa di Battisti che dimostra ancora una volta di utilizzare la voce
come uno strumento.
“Prendi fra le mani la
testa” è
una vecchia canzone degli anni Sessanta, scritta da Mogol per Ricky Maiocchi e
inserita nell’album, ma appare francamente uno stanco riempitivo. E’ cantata in
alternanza tra un falsetto e una tonalità vocale roca da Battisti che considera
non potendo fare altro, con ironia un brano di chiaro sapore “revival”.
“Il nostro caro angelo” è invece la canzone che
riscatta tutti i momenti deboli del
disco. E’ una tipica composizione di Battisti, creata con la semplicità
armonica di tre accordi ma in grado di moltiplicare il pathos di una magica
iterazione melodica che stavolta finalmente si lega ad un testo che possiamo
definire uno dei più felici momenti creativi di Giulio Rapetti.
L’angelo visto come la rappresentazione più valida dell’impulso di scansare le costrizioni le ipocrisie e le volgarità della vita in un desiderio di libertà che rimarrà probabilmente disatteso ma non ci impedisce di desiderarlo: “Il nostro caro angelo, è giovane lo sai. Le reti il volo aperto gli precludono, ma non rinuncia mai, gli specchi per le allodole, inutilmente a terra balenano ormai, ma le nostre aspirazioni il buio filtrano, traccianti, luminose, gli additano il blu...”. Perfetto l’inserimento di un sintetizzatore (strumento elettronico che inizia ad avere sempre più spazio nelle composizioni di Battisti), che stempera le parole in un atmosfera finale tristemente sognante.
“Le allettanti promesse” in parte riprende nel testo
e nella musica gli argomenti di “Gente per bene e gente per male” del disco
precedente. Ci troviamo infatti ad ascoltare nuovamente un coro petulante e una
voce che si smorzano a vicenda sulle due sponde di un confronto. Questa volta
la schermaglia è fra la mentalità ipocrita della provincia e la vita ritirata
scelta da un giovane agricoltore che non vuole più scendere a compromessi con
un mondo ipocrita della piccola provincia italiana. Il personaggio rifiuta
tutte le proposte di partecipare ad una vita innaturale e miseranda mascherata
da divertimenti ridicoli: “...no, non mi va, molto meglio restare qua. (…) No,
non voglio entrare in mezzo alla perfidia ed all’invidia, non voglio stare a
duellar con sciocche dicerie, squallide bugie, bigottume...”
Dopo, un piano elettrico e
il sottofondo enigmatico del ticchettio di un orologio introducono “Io gli
ho detto no”, una canzone anch’essa enigmatica perché irrisolta a voler
simbolizzare una dolorosa situazione di un ritorno da parte del protagonista
dopo un tradimento. La canzone seguente, “Questo inferno rosa”, ha un
testo che sembra preannunciare le tematiche di coppie in crisi che Battisti
affronterà a partire da “La batteria il contrabbasso ecc.”.
Condotta da una valanga di
parole e da compiaciute asimmetrie della voce e sorretta dal tema melodico del
“Nostro caro angelo” narra un difficile rapporto sentimentale che lascia
rimpianti per la passionalità con cui era iniziato e che diventa, per colpa
della controparte femminile, appunto un “inferno rosa”, al protagonista che
narra la vicenda non resta che prenderne amaramente atto; fra l’altro
dall’esterno nulla sembra turbare una relazione matrimoniale che non ha
incrinature apparenti, poiché la donna della canzone offre “baci
tranquillizzanti” e una “fedeltà su un piatto decorato da mille attenzioni,
come dire hai comprato: e adesso godi le tue prigioni”.
Sempre nel 1973 viene
pubblicata la prima antologia di Lucio Battisti a cura della ineffabile
Ricordi, padrona delle sue prime incisioni, il titolo (in verità piuttosto pacchiano)
è “SuperBattisti”, il disco è triplo ed esprime un ricco ripasso di un passato
già diventato storia.
LA COLLINA DEI CILIEGI
E se davvero tu vuoi vivere una vita luminosa e più fragrante
cancella col coraggio quella supplica dagli occhi
troppo spesso la saggezza è solamente la prudenza più stagnante
e quasi sempre dietro la collina il sole.
Ma perché tu non ti vuoi azzurra e lucente
ma perché tu non vuoi spaziare con me
volando intorno la tradizione
come un colombo intorno a un pallone frenato
e con un colpo di becco bene aggiustato forato e lui giù, giù, giù
e noi ancora ancor più su planando sopra boschi di braccia tese
un sorriso che non ha né più un volto, né più un'età.
E respirando brezze che dilagano su terre senza limiti e confini
ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini
e più in alto e più in là se chiudi gli occhi un istante
ora figli dell'immensità.
Se segui la mia mente se segui la mia mente
abbandoni facilmente le antiche gelosie ma non ti accorgi
che è solo la paura che inquina e uccide i sentimenti
le anime non hanno sesso né sono mie.
Non non temere, tu non sarai preda dei venti
ma perché non mi dài, la tua mano perché?
Potremmo correre sulla collina e fra i ciliegi veder la mattina (e
il giorno).
E dando un calcio ad un sasso residuo d'inferno e farlo rotolar
giù, giù, giù
e noi ancora ancor più su planando sopra boschi di braccia tese
un sorriso che non ha né più un volto né più un'età.
E respirando brezze che dilagano su terre senza limiti e confini
ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini
e più in alto e più in là ora figli dell'immensità.
MA È UN CANTO BRASILERO
Io non ti voglio più vedere mi fai tanto male con quel sorriso
professionale
sopra a un cartellone di sei metri od attaccata sopra a tutti i
vetri.
Non ti voglio più vedere cara mentre sorseggi un'aranciata amara
con l'espressione estasiata di chi ha raggiunto finalmente un
traguardo nella vita
Io non ti voglio più vedere sul muro davanti ad un bucato
dove qualcuno c'ha disegnato pornografia a buon mercato
Oh no non ti voglio vedere intanto che cucini gli spaghetti
con pomodoro "peso verità tre etti" mentre un imbecille
entrando dalla porta
grida un evviva con la bocca aperta
Col dentifricio "pure trasparente" dove ti fanno dire
che illumina la mente
e mentre indossi un "super super super reggiseno per
casalinga tutta-veleno".
E mentre parli insieme a una semplice comparsa vestito da dottore,
che brutta farsa!
Ti fanno alimentare l'ignoranza fingendo di servirsi della
scienza!
Ah ma è un canto brasileiro, ah ma è un canto brasileiro
Ah ma è un canto brasileiro, ah ma è un canto brasileiro
Eppure non sei meno bella in casa senza cerone
non voglio dire che sei una rosa: sarei un trombone
ma ti vorrei vedere qualche volta in bikini
senza sfondi di isole lontane e restare un po' vicini
Io ti vorrei vedere mentre cogli l'insalata dell'orto
che vorrei avere coltivato prima di essere morto
Oh no! Anche se guadagni centomila lire al giorno
non ti puoi scordare che la vita è andata e ritorno
Non ti voglio vedere vendere i giorni e le sere
ti capirò se un altro uomo un giorno vorrai
ma consumare la tua vita così non puoi.
Non puoi partecipare a quella storia
dove racconti che la benzina quasi, quasi,
quasi purifica l'aria. Sarà al mentolo l'ultima scoria!
Fotografata insieme a dei bambini che affidi al fosforo dei
formaggini!
Ah ma è un canto brasileiro, ah ma è un canto brasileiro
LA CANZONE DELLA TERRA
Al ritorno dalla campagna, al ritorno dalla campagna,
prima cosa voglio trovare il piatto pronto da mangiare
e il bicchiere dove bere;
(prima cosa voglio trovare il piatto pronto da mangiare
e il bicchiere dove bere)
Al ritorno dalla campagna, al ritorno dalla campagna,
seconda cosa voglio parlare di tutte le cose che ho da dire
e qualcuno deve ascoltare;
(seconda cosa voglio parlare di tutte le cose che da dire
e qualcuno deve ascoltare).
Donna mia devi ascoltare! Donna mia devi ascoltare!
Terza cosa quando ho finito presto a letto voglio andare,
subito a letto voglio andare
(subito a letto voglio andare!)
E fra la seta della carne tua
mi voglio avvolgere fino a mattina, mi voglio avvolgere fino a
mattina
e donna senza più nessun pudore puledra impetuosa ti voglio
sentire
io dolce e impetuosa ti voglio sentire.
Al risveglio alla mattina
quando il gallo mi apre gli occhi alle quattro di mattina
prima cosa polenta a fette e nell'aria voglia sentire il profumo
del caffelatte
Al risveglio alla mattina, al risveglio alla mattina.
Seconda cosa acqua e sapone fatto tutto molto presto
colazione dentro al cesto! E poi la vanga la terra e il sole
l'ombra di un pino è quel che ci vuole, l'ombra di un pino è quel
che ci vuole
e il desiderio che sale al ritorno
dopo che ancora rimuore il giorno, dopo che ancora rimuore il giorno.
IL NOSTRO CARO ANGELO
La fossa del leone è ancora realtà
uscirne è impossibile per noi. E uno slogan, falsità.
Il nostro caro angelo si ciba di radici e poi
lui dorme nei cespugli sotto gli alberi ma schiavo non sarà mai.
Gli specchi per le allodole inutilmente a terra balenano ormai
come prostitute che nella notte vendono
un gaio cesto di amore che amor non è mai
Paura e alienazione e non quello che dici tu
le rughe han troppi secoli oramai truccarle non si può più.
Il nostro caro angelo è giovane lo sai
le reti il volo aperto gli precludono ma non rinuncia mai
cattedrali oscurano le bianche ali bianche non sembran più.
Ma le nostre aspirazioni il buio filtrano,
traccianti luminose gli additano il blu.
LE ALLETTANTI PROMESSE
Perché tu non vieni insieme a noi?
In paese fra la gente insieme a noi
in quella cascina così solo cosa fai?
La domenica la messa finalmente sentirai.
No, non mi va, preferisco restare qui
ho la vacca ed il maiale non li posso abbandonar così
pompar l'acqua del canale poco fieno nel fienile. Troppo da fare.
Prepararmi da mangiare un'occhiata sempre all'orto
quando è sera stanco morto mi diverto solamente a dormire.
Sì ma non è vita questa qua: se ti compri il vestito della festa
chissà potresti anche far girar la testa
e se poi non ci riesci appena fuori dal paese c'è la giostra.
No, non mi va, preferisco restare qua
io in paese ci ho vissuto già qualche mese
se di notte fai un passo con la lingua
che è un coltello ti tagliano gli abiti addosso
e se parli a una ragazza che è già stata fidanzata
loro ti mettono due timbri: ruffiano e prostituta
e se qualcuno non difende i suoi interessi con le unghie e con i
denti
è degradato ad ultimo dei fessi per non dire degli impotenti.
Avrai anche un dancing per ballare e poi un biliardo per giocare
avrai un'osteria dove tu puoi bere e poi il televisore da
guardare,
potrai anche peccare se lo vuoi!
No non mi va, molto meglio restare qua,
no non voglio entrare in mezzo all'invidia e la perfidia
non voglio stare a duellar fra gelosie sporche dicerie
e bigottume delle dolci e care "figlie di Maria"
e la politica del curato contro quella della giunta tutti lì a
vedere chi la spunta
e sorrisi e compremessi e fognature dentro i fossi
no no io non ci sto
Io non posso parlare solo di calcio e di donne
di membri lunghi tre spanne non posso parlare di tutte le corna
del droghiere
e dell'ulcera duodenale del padre del salumiere, non posso
parlare.
Potrai un giorno avere anche dei figli!
Per poi farli diventar così?
preferisco allevar vitelli e conigli.
IO GLI HO DETTO NO
Ma io gli ho detto no, e adesso torno a te
con le miserie mie, con le speranze nate morte che
io non ho più il coraggio, di dipingere di vita
a cercar calore un'altra volta, ancora fra le braccia tue
scordando il già scordato, color di mille lire.
Ma io gli ho detto no. E adesso resta no.
Anche se chi paga di più sei tu
dolcissima mia madre, amica, sposa e donna mia,
orgoglio e poi vergogna di me stesso.
Ma io non vado via!
Orgoglio e poi vergogna di me stesso.
Ma io non vado via!
PRENDI FRA LE MANI LA TESTA
Due scarpe tu ce l'hai, due scarpe tu ce l'hai,
puoi andare dove vuoi, puoi fare ciò che vuoi,
perché tu non lo fai? Perché non te ne vai, perché?
Un cuore tu ce l'hai, un cuore tu ce l'hai,
ma pensi troppo ormai, non sai più quel che fai
non sai più dove vai e tutto gira intorno a te.
Prendi fra le mani la testa e non girerà
Prendi fra le mani la testa e non girerà
Dura poche ore la festa, dopo finirà
Due scarpe tu ce l'hai, due scarpe tu ce l'hai,
puoi andare dove vuoi, puoi fare quel che vuoi,
perché tu non lo fai? Perché non te ne vai, perché?
Prendi fra le mani la testa e non girerà
Prendi fra le mani la testa e non girerà
Dura poche ore la festa, dopo finirà.
QUESTO INFERNO ROSA
Non ferirmi no, non farlo mai più.
I baci tranquillizzanti mi buttano giù.
Tu vuoi mostrare a tutti l'amore che c'è fra noi,
una medaglia al valore che da sola ti dài.
Adesso che hai una casa un uomo e una reputazione,
padrona, padrona anche del tuo padrone.
vorresti che ti seguissi nel goder con distinzione
di tutti i frutti della vita
quasi quasi compresi quelli colti da altre dita
No, non sei più tu
E la memoria impertinente mi riporta là
a una ragazza fra la gente smagliante di libertà.
Le parolacce le risate le corse e poi tu mia
se fossi un altro uomo direi: "poesia".
E quando con un salto tu sei piombata tra le braccia mie
ti sei spogliata senza trovar né scuse, né bugie
e quando per scherzare dissi: "Quanto vuoi?"
Tu rispondesti seria: "L'amor che puoi!".
La disinvoltura che adesso tu hai ha come radici gli spiccioli
miei.
Le mura di un castello hai alzato intorno a noi
e olio bollente sugli altri getti oramai scegliendo i nostri amici
un computer diventi per l'occasione e chi hai scartato per te è un
barbone
mi offri la tua fedeltà su un piatto decorato di mille attenzioni
come dire "hai comprato e ora godi le tue prigioni!"
E vola la mia mente a qualche anno fa
a una esplosione dirompete di vitalità
a quando per punire quel moralista dell'ultimo piano
tu improvvisamente gli mostrasti il seno…
E quando ancor piangendo per l'emozione tu
cantando "Fratelli d'Italia" gridasti: "io non ti
lascio più"
e la violenza con la quale mi abbracciasti un giorno,
un giorno quando non conoscevo questo rosa inferno.