1972

UMANAMENTE UOMO : IL SOGNO

 

 

·  I giardini di marzo

·  Innocenti evasioni

·  E penso a te

·  Umanamente uomo: il sogno

·  Comunque bella

·  Il leone e la gallina

·  Sognando e bisognando

·   Il fuoco

 

 

 

Tutto mi spinge verso una totale ridefinizione della mia attività professionale. In breve tempo ho conseguito un successo di pubblico davvero ragguardevole. Per continuare la mia strada ho bisogno di nuove mete artistiche, di nuovi stimoli professionali e devo distruggere senza mezzi termini una immagine squallida e consumistica che mi hanno cucito addosso i soliti settimanali scandalistici. (...) Non parlerò mai più perché un artista deve comunicare con il pubblico solo per mezzo del suo lavoro"

 

                                                                                                Lucio Battisti

 

Fu una promessa mantenuta, infatti, con i primi anni settanta il cantante più famoso d’Italia sceglie di non apparire più in televisione, e in brevissimo tempo rinuncia alle interviste e ad ogni altro tipo di rapporti con la stampa. Dal 1976 in poi l’unico legame del cantante con il pubblico sarà costituito in tutto e per tutto dai dischi; i quali, anno dopo anno, saranno addirittura prenotati per poi ascendere, come sempre, ai primi posti in classifica: garanzia di qualità e mistero di un autore che non rendendosi visibile accresce il fascino delle sue creazioni musicali.

La scelta precisa di eliminare ogni intervento fisico dalla sua attività, di non  di non fare più serate da parte della figura più rappresentativa della musica  italiana ha sempre destato pareri discordanti.

La mancanza di interviste, di apparizioni televisive (e persino delle foto e la pubblicità per il lancio commerciale dei suoi dischi), hanno fatto spendere se non i proverbiali fiumi di inchiostro almeno molteplici pagine sulle intenzioni di un rifiuto oramai ultraventennale.

Calcolo, timidezza, affarismo, nichilismo?

Che l’arte della fuga cominciata nei primi anni settanta da Battisti sia solo la decisione finale di un personaggio che ha sempre dato l’intenzione di essere  antidivo è comunque un riferimento incontestabile.

Evidente anche un atteggiamento critico verso il mercato discografico.

Che poi, nel tempo, l’uomo abbia subito l’attrattiva e il piacere dell’assenza è un ipotesi su cui si può sicuramente discutere e che corrisponde ad una irripetibile “eclissi permanente” come viene definita dal critico.

In effetti per qualcuno è irritante che il cantante sino alla sua scomparsa non abbia mai voluto uscire dal suo isolamento. Ma, a ben vedere (come testimoniato dalle sue prime apparizioni), l’intenzione dell’artista reatino di sottrarsi al pubblico e quindi all’apparire era già in nuce sin dalle prime esibizioni. Nelle sue ormai lontane dichiarazioni, si evidenzia una istintiva, scarsa considerazione dei mass-media come veicolo di comunicazione.

Bisogna considerare, come si nota dalle esibizioni tratte dagli archivi Rai, che Battisti non è mai stato un performer, un animale da palcoscenico. In molti di questi filmati lo si vede chiaramente frustrato nell’espressione sino a raggiungere risultati imperfetti nell’uso del playback.

Ricordiamo, a titolo di esempio, gli interventi con una giovanissima Loretta Goggi (che presentava un programma televisivo con Battisti come ospite) messa  un po’ a disagio dalla strafottenza di un musicista venuto in video solo per cantare e che si compiace delle sue pause lunghissime fra una parola e l’altra, dei suoi discorsi fatti cadere quasi per caso, che provoca e viene provocato dai ragazzi presenti in sala che assistono al suo silenzio e che offeso dice a un tratto “chi è che ride?”.

E’ chiaramente l’atteggiamento di un cantante ed un compositore che non ritiene logiche le continue domande sulle motivazioni e gli obiettivi del proprio lavoro, che agisce e fa musica semplicemente perché sente di farlo e non pone particolari messaggi alle sue creazioni musicali.

Da parte della critica le domande agli artisti sono spesso malate di finalismo, e chi scrive di musica pretende, anche per modalità di lavoro, che ogni cosa abbia una sua collocazione. Tutto viene quantificato a forza come se oltre alle proprie opere un musicista debba per forza comunicare qualcos’altro.

Nelle intenzioni di Battisti c’è l’idea che l’arte debba vivere nel silenzio, e il compositore, sia pure di musica “incolta” debba isolare la propria attività anche nelle più ardite sperimentazioni in un artigianato che rende il lavoro di ognuno semplicemente presente.

Certo il silenzio di Battisti è incomprensibile per quanti vogliano vederlo, o considerino la sua assenza una maniera troppo facile di non esporsi, eppure non si può fare a meno di dargli ragione, osservando in quali scalcinati pulpiti oggi si debba diffondere il lavoro dei musicisti.

La possibilità di gestire completamente la produzione dei  dischi e della propria immagine viene data a Lucio Battisti dalla RCA che pur essendo una multinazionale americana ingigantita dal successo di tanti idoli anche nella sua filiale italiana, permette al musicista di Poggio Bustone di controllare il proprio lavoro libero da pressioni del mercato discografico. D’altronde, cosa non si permetterebbe al cantante che ha letteralmente monopolizzato le classifiche nazionali ?

Le prime canzoni ad essere diffuse sulla nuova etichetta diretta da Alessandro Colombini e denominata, poco modestamente, “Numero Uno” sono due magnifici singoli, che non vedranno mai posto nella discografia in Long Playing di Battisti: “La Canzone del Sole”,  e “Anche per te”.

Il primo di questi indimenticabili brani è fornito di un testo amaro che racconta l’incontro e il rimpianto con un amore passato e con il tempo che non può più tornare con melodie contrastate e indimenticabili. Costruito su un giro armonico semplicissimo ma nel contempo curato da un arrangiamento perfetto e di grande compattezza, sin dalla presenza di una chitarra elettrica quasi in sottofondo, a potenziare la controstrofa. Il secondo è invece una canzone che con un testo creato volutamente su un vocabolario scarno, con frasi prese dalla quotidianità, narrate in toni struggenti da Battisti. Al disco partecipano due vecchie conoscenze della musica progressiva italiana: Dario Baldan Bembo e Tony Cicco, il batterista della Formula 3, manca però Alberto Radius che viene rimpiazzato da due bravissimi session-men, Massimo Luca e Eugenio Guarraia.

L’uso di strumenti a corda è intensamente voluto nelle composizioni di Battisti che prendono un’impronta ancora più personale dosando abilmente originali momenti acustici ed elettrici con perfetti e misurati inserimenti orchestrali. Questa strutturazione sonora diverrà ben presto un inimitabile marchio di fabbrica.

Il disco è ricco di momenti creati da una musica intimista che nasce dal chiaroscuro di due chitarre che si incrociano, spesso senza ritmica. Su queste basi Lucio Battisti muove la sua voce da autentico protagonista, con una sicurezza che gli fa alternare accenti ora lievi, ora di aperta tensione.

In tutti i dischi di Battisti le linee scritte per gli strumenti a corda sono apparentemente semplici in quanto la loro facile esecuzione in realtà maschera progressioni di grande finitezza, concepite per lasciare spazio ad improvvisazioni strumentali e vocali o a raffinati movimenti armonici che emergono nell’accompagnamento.

“Umanamente Uomo” è interpretabile anche come album-concept, in cui molti pezzi sono la prosecuzione, ora onirica ora reale del brano precedente.

Ed è proprio nei chiaroscuri di una tonalità minore che parte la prima canzone dell’album, con “I giardini di marzo”. L’uomo che gridava “gelati” da un carretto è un'immagine amata e odiata da tre generazioni; amata per le immagini poetiche, odiata per il suo svilirsi in milioni di passaggi radiofonici.

Oggi, dopo che gli anni hanno portato via l’eco di un successo senza precedenti è possibile riascoltarla ancora pronti a coglierne il significato. Innanzitutto risulta riuscitissima l’introspezione psicologica voluta e cercata dal paroliere Giulio Rapetti che ottiene un testo protagonista nelle pieghe narrative di un estremo scoprimento dell’animo. Il protagonista scelto è stavolta un uomo ipersensibile, fuori dal senso comune delle cose che dimostra di non potere né volere uscire dal suo stato:  “l’universo tra lo spazio è dentro me, ma il coraggio di vivere, quello ancora non c’è”.

Questo brano acustico, creato dalla delicatezza di due chitarre lascia spazio talvolta solo alla voce di Battisti.

“Innocenti evasioni” ripropone in effetti lo stesso desiderio di trasgressione già apparso in “Dio mio no”, una frustrazione onirica del desiderio di un’altra donna, un’amante in un tradimento organizzato all’insaputa della propria compagna.

Un preludio singolare costituito da un fischiettare amaro che rappresenta la continuazione onirica del desiderio di ritrovare e ritrovarsi del protagonista. Ci riferiamo ad “Umanamente uomo: il sogno”, un brano interamente orchestrale, pausa sognante e priva di parole che introduce “... e penso a te”, una canzone indimenticabile; Mogol testimonierà, parecchi anni dopo, che  venne composta nella noia in un lungo viaggio autostradale fatto con Battisti. La musica risulta scarna e dolorosa come il testo; solo nel finale un coro interrompe uno svolgimento che si pensava più lungo, e conclude in un crescendo di immobile disordine esistenziale. Gli ultimi sussulti della voce di Battisti sono sopra le righe, un cantare solitario interrogativo.

“Comunque bella” è un’altra perla, una delle più brillanti fra quelle scritte da Mogol che scrive un testo che possiede la rara capacità di mediare la realtà con immagini poetiche di assoluto rilievo. Pensiamo soltanto alle prime evocative frasi, “Tu vestita di fiori, o di fari in città...”.

Nel testo di “Comunque bella”, si riscontra, aldilà del dolore di un tradimento, di una inevitabile serie di bugie ascoltate, rimane al protagonista soltanto un’immagine di bellezza di una donna divenuta falsa immagine di felicità, ma anche di una armonia personale ritrovata nella malinconia di una delusione che la voce, il personaggio della canzone scopre in se stesso di fronte a un tradimento che trasforma in un ricordo: “mentre tu mentivi e mi dicevi che ancora più di prima tu amavi me, eri bella”. Il brano è delineato da una chitarra acustica, come sempre descrittiva e ideale base per gli interventi degli altri strumenti.

“Il leone e la gallina” è invece uno di quei brani da cui cominciarono ad accendersi le accuse sull’antifemminismo di Battisti (e di conseguenza Mogol), ma l’imputazione è a nostro parere infondata: il baldanzoso leone della canzone è soltanto travestito da belva e ha in realtà timore della gallina. Musicalmente, è curiosa quanto interessante nel finale, la trovata di suonare le corde della chitarra nel finale colpendole come un salterio.

Le atmosfere campestri e naïf, sono un pensiero ricorrente in “Sognando e risognando” lungo brano che esprime il sogno elegiaco di una vita in campagna che si contrappone e si sovrappone spesso allo stress di una esistenza cittadina che rende stressante anche il normale svolgersi di un sentimento.

Da applausi la performance vocale del cantante che riesce a plasmare la musica ad un testo francamente antimusicale solo parzialmente giustificato dall’esigenza di descrivere momenti di impedimento sentimentale ed urbani: “Il ristorante fa il turno oppure no (…) prendo un calmante così stanotte dormo oh sì…” 

Ma la vocalità cristallina di Battisti gli consente di cantare in maniera convincente versi che oltrepassano i confini del ridicolo, tipo “Anche un posteggio ho trovato”. 

“Sognando e risognando” venne interpretata in seguito anche dal complesso della Formula 3, particolarmente a suo agio in un pezzo che offre spazio a una chitarra elettrificata e veloce.

Bizzarra e seconda conclusione strumentale di questo prezioso disco, ci riferiamo a “Il fuoco” e si contrappone all’altro brano orchestrale, “Umanamente uomo”, con un epilogo misterioso che rimanda molto le composizioni di “Amore e non amore” per il suo impressionismo e l'invenzione istintiva che ricorda tanto il rock progressivo europeo. A ben ascoltare, il titolo e il messaggio sonoro particolarmente straniante (creato in camera eco con i suoni ribattuti dei vari effetti di una chitarra elettrica), sembrano essere una sorta di conclusione drammatica perché irrisolta delle storie raccontate sino a quel momento. Una sovrapposizione di segni e sensazioni, sogni e quotidianità disumanizzanti accumulatesi nei brani, un clima perfettamente descritto da un paesaggio sonoro fatto di nastri rallentati, voci e rumori.

Da segnalare che in quei mesi del 1972, fra i singoli scritti per altri artisti oltre ai successi della già citata Formula 3, si aggiunsero quelli di un cantante dalla voce roca e dalla forte presenza scenica come Adriano Pappalardo che con il brano “E’ ancora giorno” guadagnerà la vetta delle classifiche italiane. Sul sicuro anche Bruno Lauzi che interpreterà con successo una delle canzoni più meditative di Mogol: “L’aquila”.

Produzioni minori, ma sempre gradevoli  saranno "Mondo blu" dei Flora Fauna e Cemento (che giungono al sedicesimo posto in classifica), e “Perché dovrei” cantata dalla potente voce di Carmen Villani e il 45 giri “Uomini” destinata a Sara, una delle tante velocissime meteore della musica leggera italiana.

“Umanamente uomo” spodesta Mina dalla classifica dei dischi più venduti e sarà sempre Mina ad avere ospite Battisti nel varietà “Studio 10” dove i due danno vita ad un esibizione memorabile.

Nel frattempo qualcosa si muove nei gusti musicali del pubblico italiano: non si spiega diversamente l’attenzione che il rock sinfonico, quello progressivo, o hard che si riflette nelle classifiche di vendita rivelando scelte  di  indubbia qualità: Emerson Lake & Palmer, Jethro Tull, Led Zeppelin, Deep Purple, Santana, Pink Floyd ma anche i nostri cantautori, da Lucio Dalla a Fabrizio De Andrè insieme alla solita Mina e con novità di rilievo costituite dalla Premiata Forneria Marconi, il Banco del Mutuo Soccorso, le Orme e decine di gruppi musicali validissimi e oggi riscoperti.

 

I GIARDINI DI MARZO

 

Il carretto passava e quell'uomo gridava: "Gelati".

Al 21 del mese i nostri soldi erano già finiti

io pensavo a mia madre e rivedevo i suoi vestiti

il più bello era nero coi fiori non ancora appassiti.

All'uscita di scuola i ragazzi vendevano i libri

io restavo a guardarli cercando il coraggio per imitarli

poi sconfitto tornavo a giocar con la mente i suoi tarli

e la sera al telefono tu mi chiedevi: "Perché non parli?".

Che anno è che giorno è, questo è il tempo di vivere con te

le mie mani come vedi non tremano più

e ho nell'anima in fondo all'anima cieli immensi e immenso amore

e poi ancora, ancora amore, amor per te

fiumi azzurri e colline e praterie

dove corrono, dolcissime, le mie malinconie

l'universo trova spazio dentro me

ma il coraggio di vivere quello ancora non c'è.

I giardini di marzo si vestono di nuovi colori

e le giovani donne in quei mesi vivono nuovi amori

camminavi al mio fianco e ad un tratto dicesti: "Tu muori

se mi aiuti son certa che io ne verrò fuori".

Ma non una parola chiarì i miei pensieri

continuai a camminare lasciandoti attrice di ieri.

Che anno è che giorno è questo è il tempo di vivere con te

le mie mani come vedi non tremano più e ho nell'anima

in fondo all'anima cieli immensi e immenso amore

e poi ancora, ancora amore, amor per te

fiumi azzurri e colline e praterie

dove corrono, dolcissime, le mie malinconie

l'universo trova spazio dentro me

ma il coraggio di vivere quello ancora non c'è.

 

INNOCENTI EVASIONI

 

Che sensazione di leggera follia

sta colorando l'anima mia

immaginando preparo il cuscino

qualcuno

è già nell'aria qualcuno

sorriso ingenuo e profumo.

Il giradischi le luci rosse e poi

champagne ghiacciato e l'avventura può iniziare ormai

accendo il fuoco e mi siedo vicino.

Qualcuno. Stasera arriva qualcuno

sorrido intanto che fumo.

Ma come mai tu qui stasera? Ti sbagli sai non potrei…

non aspettavo ti giuro nessuno…

Strana atmosfera…

ma cosa dici mia cara…

non sono prove no, no, no...

un po' di fuoco per scaldarmi un po'

e poca luce per sognarti no!

Siediti qui accanto anima mia,

ed abbandona la tua gelosia se puoi,

combinazione ho un po' di champagne se vuoi amore,

come sei bella amore sorridi e lasciati andare.

Chi può bussare a quest'ora di sera?

sarà uno scherzo un amico e chi lo sa?

no non alzarti chiunque sia si stancherà amore…

come sei bella amore…

 ho ancora un brivido in cuore.

 

E PENSO A TE

 

Io lavoro e penso a te

torno a casa e penso a te

le telefono e intanto penso a te.

Come stai? E penso a te

Dove andiamo? E penso a te.

Le sorrido abbasso gli occhi e penso a te.

Non so con chi adesso sei, non so che cosa fai

ma so di certo a cosa stai pensando

è troppo grande la città per due che come noi

non sperano però si stan cercando cercando.

Scusa è tardi e penso a te

ti accompagno e penso a te

non son stato divertente e penso a te

sono al buio e penso a te

chiudo gli occhi e penso a te

io non dormo e penso a te…

 

UMANAMENTE UOMO: IL SOGNO

 

Strumentale

 

 

COMUNQUE BELLA

 

Tu vestita di fiori

o di fari in città

con la nebbia o i colori

cogliere le rose a piedi nudi e poi

con la sciarpa stretta al collo bianca come mai

ma... eri bella, bella

comunque bella.

Quando l'arcobaleno

era in fondo ai tuoi occhi

quando sotto al tuo seno

l'ira avvelenava il cuore tuo perché

tu vedevi un'altra donna avvicinarsi a me

prima ancora che io capissi e riscegliessi te

tu... eri bella, bella

comunque bella...

Anche quando un mattino tornasti vestita di pioggia

con lo sguardo stravolto da una notte d'amore

"Siediti qui”

“Non ti chiedo perdono perché tu sei un uomo".

Coi capelli bagnati – “so che capirai”

Con quei segni sul viso – “mi spiace da morire sai”

coi tuoi occhi arrossati

mentre tu mentivi e mi dicevi che

ancora più di prima tu amavi me

tu... eri bella, bella

comunque bella

 

IL LEONE E LA GALLINA

 

La gallina coccodé, spaventata in mezzo all'aia

fra le vigne e i cavolfiori mi sfuggiva gaia.

Penso a lei e guardo te che già tremi perché sai

che fra i boschi o in mezzo ai fiori presto mia sarai.

Arrossisci finché vuoi corri fuggi se puoi

ma non servirà ma non servirà.

C'era un cane un po' barbone che legato alla catena

mi ruggiva come un leone ma faceva pena.

Penso a lui e guardo me che minaccio chissà ché

mascherato da leone ma ho paura di te.

Arrossisci tu che puoi io ruggisco se vuoi.

Ma cosa accadrà, ma cosa accadrà.

Sono io che scelgo te o sei tu che scegli me

sembra quasi un gran problema ma il problema non c'è.

Gira, gira la gran ruota e la terra non è vuota

ad ognuno la sua parte saper vivere è un arte.

Arrossisci finché vuoi corri fuggi se puoi

ma non servirà, ma non servirà.

 

SOGNANDO E RISOGNANDO

 

La stalla con i buoi per cielo gli occhi tuoi

e l'acqua e i pesci e poi gli uccelli intorno a noi

e latte tu berrai e l'anima bianca tu avrai

e dopo cena nei boschi correrai

poi ansimante nel letto tu sarai

e il sonno poi giungerà fermando il tuo sorriso a metà.

Se corro ce la farò. Un'altra coda oh no!

E’ verde ora si può. Che strada prendo? Non so

nervosa tu sarai. Sul marciapiede mi aspetterai

il ristorante fa il turno oppure no?

Stasera al cinema in piedi non starò

prendo un calmante così stanotte dormo. Oh sì.

Uomo, se corri un pò ce la fai

(ho quasi ancora un minuto)

uomo, ormai vicino tu sei

(io sono quasi arrivato)

uomo, ormai sei giunto da lei

(anche il posteggio ho trovato).

la stalla con i buoi per cielo gli occhi tuoi

e l'acqua e i pesci e poi gli uccelli intorno a noi.

Se corro ce la farò

(…e latte tu berrai)

un'altra coda oh no!

(…e l'anima bianca tu avrai)

E’ verde ora si può

che strada prendo? Non so

(…e dopo cena nei boschi correrai)

Nervosa tu sarai. Sul marciapiede mi aspetterai

il ristorante fa il turno oppure no?

Stasera al cinema in piedi non starò

Prendo un calmante così stanotte dormo. Oh sì.

Uomo, se corri un pò ce la fai

(ho quasi ancora un minuto)

Uomo, ormai vicino tu sei

(io sono quasi arrivato)

Uomo, ormai sei giunto da lei

(anche il posteggio ho trovato).

Uomo, se corri un po' ce la fai

 Uomo, se corri un po' ce la fai.

 

IL FUOCO

 

Strumentale

 

 

 

LA CANZONE DEL SOLE

 

Le bionde trecce e gli occhi azzurri e poi

le tue calzette rosse

e l'innocenza sulle gote tue

due arance ancor più rosse

e la cantina buia dove noi respiravamo piano

e le tue corse e l'eco dei tuoi no,

o no mi stai facendo paura.

Dove sei stata cosa hai fatto mai

una donna, donna dimmi,

cosa vuol dir “sono una donna ormai”?

ma quante braccia ti hanno stretto tu lo sai

per diventar quel che sei,

che importa tanto tu non me lo dirai

purtroppo

ma ti ricordi l'acqua verde e noi

le rocce bianche al fondo

di che colore sono gli occhi tuoi,

se me lo chiedi non rispondo

o mare nero, mare nero, mare ne,

tu eri chiaro e trasparente come me

o mare nero, mare nero mare ne,

tu eri chiaro e trasparente come me

Le biciclette, abbandonate sopra il prato e poi

noi due distesi all'ombra

un fiore in bocca può servire sai

più allegro tutto sembra

e d'improvviso quel silenzio fra noi

e quel tuo sguardo strano

ti cade il fiore dalla bocca e poi o no,

ferma ti prega la mano

Dove sei stata cosa hai fatto mai

 una donna, donna, donna dimmi

cosa vuol dir “sono una donna ormai”

io non conosco quel sorriso sicuro che hai

Io non so chi sei, non so più chi sei mi fai paura oramai

purtroppo

Ma ti ricordi le onde grandi e noi gli spruzzi e le tue risa

cose é rimasto in fondo agli occhi tuoi

la fiamma e' spenta o e' accesa

O mare nero, o mare nero mare ne,

tu eri chiaro e trasparente come me

O mare nero, o mare nero mare ne,

tu eri chiaro e trasparente come me

No, il sole quando sorge sorge piano e poi

la luce si diffonde tutto intorno a noi

le ombre di fantasmi della notte

sono alberi e cespugli e ancora i fiori

sono gli occhi di una donna ancora pieni d'amore

 

ANCHE PER TE

 

Per te che e' ancora notte già prepari il tuo caffè

Che ti vesti senza più guardar lo specchio dietro te

Che poi entri in chiesa e preghi piano

E intanto pensi al mondo ormai per te così lontano

Per te che di mattina torni a casa tua perché

Per strada più nessuno ha freddo e cerca più di te

Per te che metti i soldi accanto a lui che dorme

E aggiungi ancora un po' d' amore a chi non sa che farne

Anche per te, vorrei morire ed io morir non so

Anche per te, darei qualcosa che non ho

E così, e così. e così, io resto qui

A darle i miei pensieri, a darle quel che ieri avrei affidato al vento

Cercando di raggiungere chi, al vento avrebbe detto sì

Per te che di mattina svegli il tuo bambino e poi

Lo vesti lo accompagni a scuola e al tuo lavoro vai

Per te che un errore ti é costato tanto

Che tremi nel guardare un uomo e vivi di rimpianto

Anche per te, vorrei morire ed io morir non so

Anche per te, darei qualcosa che non ho

E così, e così. e così, io resto qui

A darle i miei pensieri, a darle quel che ieri avrei affidato al vento

Cercando di raggiungere chi,

al vento avrebbe detto sì.