EUCARESTIA :
IL CORPO DI CRISTO

Nell’Ultima Cena, Gesù prendendo il pane azzimo della celebrazione pasquale, dice le parole che mutano il pane nel Suo Corpo. Il cambiamento del pane nel Corpo di Cristo avviene per una finalità ben precisa: indicare l’offerta del Suo Corpo dato in sacrificio per noi. Non, dunque, una presenza statica, ma una presenza “in sacrificio”. Nell’Eucaristia, dunque, abbiamo la presenza reale del Corpo di Cristo sacrificantesi: mentre si sta dando in dono per noi, per la nostra salvezza.
In realtà, Gesù fa dono di sé durante tutta la sua esistenza terrena, ma sulla Croce, offrendosi al Padre quale vittima di espiazione per i nostri peccati, lo fa in modo eminente, ultimo e definitivo, salvando noi da morte eterna. Secondo la nostra fede, il Corpo presente nell’Eucaristia è la sostanza del corpo sacrificale di Cristo.

Occorre però dire che Gesù è sempre stato orientato al Padre e ai fratelli. Fin dalla creazione del mondo, quando tutto è stato fatto per mezzo di Lui. E l’uomo, creato in Cristo per la gloria del Padre, riceveva da Lui la vita divina cioè la vita eterna.
Cristo, dunque, quale Verbo perfetto del Padre, fin dall’origine del mondo aveva offerto se stesso per l’umanità, poiché aveva permesso che l’umanità fosse creata in Lui e per Lui, compiendo così in modo perfetto la volontà del Padre: che l’uomo fosse glorificato eternamente nella comunione trinitaria.

Questa offerta di Cristo è il suo sacrificio iniziale. Ora, sulla croce, compie il sacrificio finale, mostrando a noi fino a che punto è disposto ad amarci: ci ama anche se noi non lo amiamo; ci ama anche se lo rifiutiamo; ci ama continuando a donarci la vita eterna che è vita divina, anche quando noi siamo totalmente insensibili alla sua stessa presenza.
Il Cristo, nella creazione e nella sua divina incarnazione, è sempre stato in atteggiamento sacrificale per l’uomo. E sempre lo sarà, poiché Lui ora siede alla destra del Padre, quale Agnello immolato per la salvezza del mondo.
Sulla croce, Gesù dimostra, anche nel dolore più atroce, qual è la radicalità del Suo amore per noi: non retrocede nella sua fedeltà all’uomo anche quando questi lo rifiuta. Ma il suo atteggiamento sacrificale è sempre esistito e sempre esisterà, poiché fare sacrificio significa rendere sacro e non necessariamente soffrire. Questo, forse, potrà stupire. In realtà, siamo noi che abbiamo snaturato il senso del termine sacrificio.

Gesù, con la sua volontà orientata a compiere sempre la volontà del Padre, da sempre ha voluto che l’uomo, quale suo vero fratello, potesse godere della vita eterna che di per sé è solo di Dio, per poter entrare così in comunione con la Trinità tutta. Sulla croce, questa sua volontà sacrificale assume la caratteristica peculiare della sofferenza. Ma la sofferenza non costituisce il sacrificio, il quale senza amore non varrebbe nulla, ne è solo una possibile modalità. Noi siamo stati salvati dall’amore. E Cristo da sempre ci ha amati, e ci amerà per sempre. Solo che sulla croce questo amore eterno si è rivestito di sofferenza, per dirci che neanche la sofferenza è estranea a Dio e che anche nella sofferenza e nel dolore Dio ci ama. Anche se noi lo facciamo soffrire, il suo amore non viene meno.
Possiamo avere – e per Cristo è sempre stato così – un sacrificio senza sofferenza ogni qualvolta orientiamo noi stessi verso Dio e la sua gioiosa volontà straripante di vita infinita. Il dolore viene richiesto a noi, così come è stato richiesto a Gesù, solo quando siamo costretti dalla cattiveria umana a dover scegliere fra la bontà esplosiva ed eterna di Dio e la grettezza del peccato che vorrebbe ridurre a rantolante oscurità lo splendore della creazione.

Vi possono essere nella vita del cristiano, così come è stato in quella di Gesù, momenti di questo genere. Sono momenti apicali, culmine, estremi. Ma non sono tutta la vita. L’esistenza nostra, invece, è sacrificio di lode, poiché sempre con la nostra mente, i nostri pensieri, le nostre scelte, vogliamo vivere ed operare affinché il Regno di Dio si estenda nella storia e trionfi il Cuore di Cristo in ogni secolo dell’umanità. Questo è sacrificio, cioè rendere sacra ogni nostra azione, ogni nostra scelta, ogni nostra volontà che si accorda con la volontà di Dio che sorregge nell’esistenza e nell’essere le sue creature.

Sulla Croce, mediante il suo Corpo, Gesù trasferisce nel Regno del Padre tutta la sua esistenza terrena. Anche noi, nutrendoci di Lui, in Lui trasferiamo la nostra esistenza terrena, le nostre gioie e le nostre sofferenze, nel suo Regno di luce infinita e proclamiamo nel nostro pellegrinaggio terreno le sconfinate meraviglie dell’amore divino.

                                                                                  Don Giuseppe Pelizza SdB


IMMAGINI:
Il pane che portiamo all’altare è frutto della terra ed è segno del lavoro dell’uomo. Lo Spirito Santo invocato dal sacerdote lo renderà Corpo del Signore crocifisso e risorto.
 La comunione con il Corpo di Gesù assimila la nostra vita a quella del Signore risorto e la prepara all’eternità. © Elledici / Pera
RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2005-4
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