MISSIONE VITA DELLA CHIESA / 9
TUTTI UNITI PER LA MISSIONE

Fin dall’inizio della sua missione evangelizzatrice, Gesù non ha voluto fare da solo, ma si è circondato di un piccolo gruppo di discepoli, all’interno dei quali ha fatto una selezione e così ha costituito il gruppo dei “dodici” apostoli: non solo per cominciare ad “aprire”, ma per abituare fin dall’inizio chi lo avrebbe seguito, a vivere in armonia, amicizia e collaborazione con gli altri discepoli.

Formare una famiglia

È vero, i Vangeli ci riferiscono diversi incontri a tu per tu tra Gesù e persone varie, ma nel suo insieme la vita pubblica di Gesù è sempre stata aperta a tutti senza esclusioni, in mezzo alla folla. Gesù doveva fin dal principio far comprendere che il progetto di Dio riguarda tutta l’umanità, tutta l’immensa famiglia umana. E proprio per il fatto che la prima, primissima Famiglia è proprio Dio stesso – Padre e Figlio e Spirito Santo – non poteva, Dio, estendere la sua grazia all’uomo “creato a Sua immagine e somiglianza”, se non uscendo dal singolo per aprirsi alla comunità.
L’individualismo è il nemico acerrimo di Dio, perché Dio è per primo “Comunione di amore” e il sogno di Dio – da sempre – è di creare, a Sua immagine e somiglianza, una immensa comunità di amore. Per questo, Gesù ha voluto che il Vangelo fosse predicato a tutte le creature, senza distinzione, e ha mandato i suoi discepoli “fino ai confini del mondo”.
Ma questa comunione di amore non è solo la meta finale dell’umanità, deve essere anche il modo di vivere il Vangelo lungo il cammino della storia. Di qui, la necessità che anche i missionari, gli evangelizzatori, non lavorino isolatamente ma insieme: non tanto per motivi psicologici o pratici, organizzativi, ma prima di tutto per la natura stessa della Chiesa, per la natura stessa di Dio!

Non solo organizzazione

Come si fa a evangelizzare uniti? In un certo senso, la risposta è già ben chiara davanti agli occhi di tutti coloro che, nella Chiesa, si interessano delle missioni, nel senso che tutti i missionari che lasciano la loro patria per andare in missione – siano preti o suore o anche semplici laici –, non vanno per conto proprio ma in quanto appartenenti a una Congregazione missionaria, che li prepara e che li invia in un determinato Paese, secondo un preciso programma.
Esiste poi, a livello sia diocesano che nazionale e universale (Santa Sede), tutto un collegamento, per cui questi missionari e missionarie sono seguiti, aiutati, coordinati secondo precisi programmi. E tutto questo va bene, e permette a tutti i singoli missionari di non sentirsi soli, ma bene inseriti in una famiglia, in una comunità.
Ma, al di là di questa organizzazione che è molto benemerita nella Chiesa e che va non solo mantenuta ma incrementata, per il bene della diffusione del Vangelo in tutto il mondo, c’è un bisogno immenso di rendere più unitaria l’evangelizzazione in tutti i Paesi, in tutte le città, in tutte le regioni, anche là dove il cristianesimo è impiantato da secoli ma ha bisogno di una “nuova evangelizzazione”, come dice il Papa.

Verso un programma unitario

Questo vale, per esempio, anche in Italia, dove molti cristiani hanno bisogno di essere rievangelizzati. Nei precedenti articoli si è già parlato di come effettuare questa nuova evangelizzazione, ma qui è necessario affermare che – se in moltissimi casi il contatto personale è veramente valido ed efficace – è assolutamente necessario formulare anche un programma più concordato, a livello di parrocchie e di diocesi, perché si possa arrivare più capillarmente a tutte le persone, a tutte le famiglie, e anche in certe strutture sociali, culturali, o di altro genere, dove un lavoro intelligente, generoso e convinto può portare veramente frutti copiosi di ritorno alla fede e a una vita autenticamente cristiana.

Iniziare dal proprio ambiente

Qui non si intende parlare di strumenti organizzativi; non è lo scopo di questi articoli e nemmeno si potrebbe scendere in determinati particolari che vanno invece studiati e attuati in loco. Quello però che va attentamente studiato prima è lo spirito di collaborazione, la volontà di mettersi gli uni a servizio degli altri, l’umiltà nel non voler emergere ma nel sapere stare anche all’ultimo posto, ma sempre con lo zelo di annunciare Gesù e di “condurre a Gesù” (Gv 1,42), come ha fatto fin dall’inizio Andrea con il suo fratello Simone (Pietro).
In una parrocchia, occorre conoscersi di più gli uni gli altri; occorre pregare di più insieme per la causa dell’Evangelo. Allora nasceranno quasi spontaneamente tante piccole iniziative; per es. un incontro dei genitori dei bambini della Prima Comunione (o di altre classi di catechismo), per conoscere meglio Gesù e per discutere insieme sulla propria fede (reale o presunta).
Se esistono questi gruppi bene affiatati, possono fare molta strada, e anche i cristiani appassiti, al vedere questi gruppi uniti e ferventi, si sentono molto più invogliati a riprendere il cammino della fede.
Fin che la gente pensa che la religione sia solo un fatto privato, personale, di dottrina da sapere, di pratiche da osservare, non si sente affatto invogliata a tornare alla fede e alla Chiesa; ma quando vede che – all’interno della comunità cristiana – c’è uno slancio di vita, c’è gioia, c’è armonia e unità, allora si sente attratta quasi irresistibilmente a riprendere il proprio incontro con Gesù.
“Guardate come si vogliono bene” era un’affermazione molto diffusa tra i pagani che, nei primi secoli, vedevano la vita delle prime comunità cristiane; e si convertivano al cristianesimo. L’amore è la più forte calamita; dove ci si vuol bene, tutti vogliono inserirsi. Poi, una caramella tira l’altra, e così da una persona all’altra, da una famiglia all’altra il Vangelo torna a diffondersi e – ricordiamolo e non dimentichiamolo mai! – l’amore e la concordia lo rendono non solo più accettabile ma anche più assimilabile.

Creatività nello Spirito

Tra i modi di volersi bene e di affiatarsi conviene, qui, suggerirne alcuni. Cominciamo dal pregare insieme, non tanto con ripetizione di formule quanto piuttosto con una specie di dialogo fraterno in cui ciascuno impara a confidarsi, a dire il suo pensiero, i suoi desideri, le sue difficoltà; a questo punto diventa naturale e spontaneo rivolgersi insieme al Signore, ciascuno con proprie parole, e chiedere aiuto non solo per sé ma anche per gli amici: le intenzioni e i problemi di uno diventano intenzioni e problemi anche degli altri, anzi di tutti.
Ci si può anche mettere d’accordo per fare del bene a qualche persona o famiglia che ha bisogno: o per situazione di povertà, o per malattia o solitudine, o per altri problemi. Tutti espongono i vari casi di cui sono a conoscenza e poi insieme si cerca di risolverli, si distribuisce il lavoro e alla fine tutti sono contenti. Questo è Vangelo, questa è evangelizzazione!
Le varie istituzioni, benemerite, del passato si sono a poco a poco fossilizzate e atrofizzate. Oggi – anche a motivo del cambiamento della situazione sociale e culturale – occorre far nascere nuove imprese, nuove attenzioni, nuove collaborazioni.
È lo Spirito Santo che continua a soffiare nei cuori e inventa, ogni giorno, nuove vie di evangelizzazione!

                                                                                        Don Rodolfo Reviglio


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-10
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