EUCARESTIA:
CELEBRARE LA LIBERTA'

Ciò che avvenne nel Cenacolo, la sera in cui Gesù volle celebrare la Pasqua con i suoi è di una ricchezza inimmaginabile, tanto sotto il profilo spirituale, teologico, sacramentale, quanto culturale e antropologico.

In quella notte pasquale si condensa non solo l’attesa di un popolo, ma nel contempo si ritrovano espresse e rinnovate le manifestazioni più alte che l’uomo possa avere nel suo rapporto con gli altri e con il divino. La stanza riccamente addobbata del Cenacolo, ha visto incontrarsi il Dio dell’alleanza che fa dono di Sé con i segni più comuni dell’espressione religiosa dell’uomo, la Sua fedeltà con il tradimento, la Sua generosità con la grettezza del cuore dell’uomo, la sua intelligente penetrazione del mistero della vita con la pochezza dell’incapacità umana.

Stando ai racconti evangelici, nessuno degli Apostoli quella sera, era preparato a celebrare la Pasqua. Nessuno era pronto o consapevole che di lì a poco sarebbe stato aggregato nel gesto che avrebbe modificato la storia umana.

Una volta per sempre, Dio si sarebbe fatto carico della morte per trasformarla nella sua vittoria e così ricreare la Sua stessa creazione, e gli Apostoli sarebbero stati coinvolti in questa azione di salvezza ricevendo il dono del sacerdozio che avrebbe perpetuato nei secoli il dono della vita divina offerta sulla Croce e il suo definitivo trionfo sulla morte.

«Fate questo in memoria di me» (1 Cor 11,24; Lc 22,19). Come è profondo e significativo tale mandato! Fa sì che quanto è stato istituito in un preciso momento di quell’ora del Cenacolo, rimanendo strettamente connesso con quanto avverrà in un’altra frazione di tempo di quella stessa storica giornata, e quindi con la passione e con la morte salvifica, superi i limiti della storia e diventi un evento, che accompagnerà il nuovo Popolo di Dio nel suo cammino fino alla fine dei tempi.

La Pasqua infatti per i cristiani è una persona, Cristo stesso, e non è un evento del passato, poiché essa perdura nell’oggi dell’eternità con la sua Risurrezione.

«Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la morte del Signore finché egli venga» (1 Cor 11,26) e siamo chiamati a partecipare dei doni della redenzione e della salvezza: la remissione dei peccati e il dono dello Spirito Santo. Si rinnova per noi l’esperienza della liberazione specialmente mediante l’effusione in noi dello Spirito del Risorto, come in una rinnovata Pentecoste, in modo da rispondere con lo stesso atteggiamento di amore libero al dono di Cristo: «perché non viviamo più per noi stessi ma per lui che è morto e risorto per noi...» [Preghiera eucaristica IV].

L’Eucaristia, dunque, istituita con quel «fate questo in memoria di me», diviene l’incontro redentivo grazie al quale l’infinita ricchezza della salvezza, e in essa la possibilità di riabilitare la libertà umana distrutta dal peccato, sono a disposizione dell’uomo di tutti i tempi.

Per mezzo dell’Eucaristia, all’uomo viene offerta la possibilità di uscire dal vicolo della schiavitù con tutte le sue conseguenze, che lo pongono oggi sull’orlo del precipizio della distruzione totale. Tutti e tre gli aspetti dell’Eucaristia: il sacrificio, la comunione, la presenza, partecipano all’opera di edificazione della libertà, per la quale «Cristo ci ha liberati».

La forza liberante della carità

La celebrazione della frazione del pane, chiamata anche «cena del Signore» (1 Cor 11,20), costituisce il popolo della Nuova alleanza, rende presente il Signore Risorto, fa di tutti coloro che partecipano all’unico pane e all’unico calice, un solo corpo in Cristo e nello Spirito Santo (cf 1 Cor 10,16-17). Tuttavia, il permanere delle divisioni all’interno della comunità, come spiega Paolo, riflette una non piena comprensione del senso originale dell’Eucaristia come comunione con Cristo e con i fratelli (cf 1 Cor 11,17-22).

La comunione della carità, invece, e la condivisione dei beni, condizione ed effetto della comunione con Cristo e nella Chiesa, esprime nella forma più eloquente, che la libertà con la quale Cristo ci ha liberati piega ogni egoismo ed è stata concessa ai credenti che costituiscono il popolo nuovo (cf At 2,42-45).

Ireneo di Lione, così affascinato dalla libertà portata dal Cristo, al punto da confessare che i primi discepoli furono «predicatori della verità e apostoli della libertà» [Adversus Haereses, III, 15,3: PG 7,919], presenta l’Eucaristia dei cristiani, sotto il profilo della libertà. Essa, essendo dono del Signore, è una oblazione di uomini liberi [Ibid., IV, 18,1-2: PG 7,1025].

Le prime comunità cristiane, anche in mezzo alle persecuzioni, hanno capito e testimoniato come dalla celebrazione eucaristica emanava un forte dinamismo di carità reciproca, capace di rendere tutti fratelli, formare un popolo nuovo, educare al coraggio della testimonianza fino al martirio, ricreare una società rinnovata dalla carità ed una nuova socialità, scaturita dalla celebrazione eucaristica, espressa nella condivisione dei beni e nell’aiuto ai bisognosi. Perché la libertà si sostanzia di amore e vive per l’amore.
                                                                                     
Don Giuseppe Pelizza SdB


IMMAGINI:
 Il dono del sacerdozio è stato offerto da Gesù ai suoi Apostoli per poter continuare ad essere presente nella sua Chiesa mediante una forma sensibile e concreta.
 La libertà portata da Gesù travalica anche lo stretto margine della storia e chiama la fragile libertà umana ad immergersi nell’eternità.

RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2005-10
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