LA MESSA: AZIONE DI CRISTO

Il recente documento, Redemptionis Sacramentum, emanato lo scorso 23 aprile dalla Santa Sede, segue l’enciclica Ecclesia de Eucaristia, nella quale il Papa afferma che l’Eucaristia è «quanto di più prezioso la Chiesa possa avere nel suo cammino nella storia» (n.9). Il Santo Padre ha, inoltre, considerato un suo preciso dovere lanciare un «caldo appello affinché, nella celebrazione eucaristica, le norme liturgiche siano osservate con grande fedeltà», poiché «a nessuno è concesso di sottovalutare il Mistero affidato alle nostre mani: esso è troppo grande perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non rispetterebbe il suo carattere sacro e la sua dimensione universale» (n. 52).

L’Istruzione, quindi, segue il desiderio del Papa e ribadisce alcuni punti circa il modo di celebrare l’Eucaristia. Le reazioni a questo documento potrebbero essere di un noioso rifiuto al richiamo oppure di un’accoglienza tanto rigorosa quanto assillante. Entrambe, però, sono il frutto di un’immatura coscienza cristiana.
La prima pone al centro della propria dichiarata fede la necessità esclusiva della creatività, della spontaneità e della libertà dei figli di Dio, per cui ogni richiamo viene interpretato come una limitazione alla propria autonomia ed intelligenza.

La seconda, spinta da un adeguamento pedissequo e sostenuta unicamente dal timore di mancare in qualche modo alle norme, ricercherà in modo soffocante l’osservanza formale delle indicazioni liturgiche.
Tutte e due sono ben lontane dal comprendere e vivere lo spirito della liturgia. Infatti, il Cardinal Francis Arinze, nel presentare il documento ha immediatamente precisato che «una conformità esteriore non basta. La partecipazione all’Eucaristia esige la fede, la speranza e la carità, che si manifestano anche mediante atti di solidarietà con quelli che sono nel bisogno».
Non per nulla, il punto cinque dell’introduzione afferma: «L’osservanza delle norme emanate dall’autorità della Chiesa esige conformità di pensiero e parola, degli atti esterni e della disposizione d’animo. Un’osservanza puramente esteriore delle norme, come è evidente, contrasterebbe con l’essenza della sacra Liturgia, nella quale Cristo Signore vuole radunare la sua Chiesa perché sia con Lui “un solo corpo e un solo spirito”.
Quindi, la sola esecuzione materiale e formale dei riti non è sufficiente espressione della fede; si richiede conformità di pensiero, parola, atti esterni e disposizioni d’animo. Ben più, dunque, di una semplice quanto fredda osservanza esterna. D’altro canto, ha ben ricordato l’Arcivescovo Angelo Amato, Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, già collaboratore della nostra Rivista, che gli abusi, «più che essere espressione di libertà, manifestano una conoscenza superficiale, o anche ignoranza della grande tradizione biblica ed ecclesiale relativa all’Eucaristia. Il documento intende invece promuovere la vera libertà, che è quella di fare ciò che è degno e giusto nella celebrazione dell’Eucaristia».

La Messa non è mai “mia” o “nostra”, del nostro piccolo gruppetto in cui è bello stare insieme, poiché si provano tante sante emozioni. La Messa è un’azione di Cristo e della Chiesa e costituisce il centro di tutta la vita cristiana (cf n. 36). Essendo un’azione di Cristo, nessuno ne ha la proprietà in esclusiva. Essa ci viene donata, a nostro favore, in vista della nostra salvezza. Nell’Eucaristia è Cristo che si dona a noi e si offre per la nostra redenzione e nessuno ha il potere di modificare l’essenza di questa realtà poiché essa supera ogni creatura.

Da essa siamo assorbiti e trasformati e come potremmo dinanzi a questo evento rimanere muti spettatori o comportarci come esagitati attori? Questo è uno degli altri mali che hanno causato un vero a proprio fraintendimento della celebrazione eucaristica. Sovente si è più preoccupati di quello che bisogna dire, fare o cantare. Si è travolti più dall’organizzazione tecnica del rito, piuttosto che dall’evento stesso di Cristo presente in mezzo a noi nel segno del pane e del vino. Si è fraintesa partecipazione con agitazione, libertà con invenzione, adattamento con scialbo se non squallido abbassamento della dignità del rito. Il tutto, sovente, per sembrare moderni, vicini al popolo, per rendere la liturgia più comprensibile. Il risultato, in alcuni casi, è stato l’annullamento del senso religioso, la prevaricazione dell’umano sul divino e l’abolizione del senso del Mistero. Ovvio che, eliminato questo dalla Chiesa, alcuni siano andati a cercarselo altrove.

L’autentica partecipazione non è né esecuzione rigida ed intransigente di norme che lasciano apatici ed indifferenti, né puro spettacolo quale espressione della vita della comunità. È, invece, lasciarsi introdurre da Cristo nella sua realtà di Vivente per partecipare sempre più coscientemente alla Sua vita divina e per manifestare nel mondo la forza della Sua Risurrezione gloriosa.

                                                                                               Don Giuseppe Pelizza


RIVISTA MARIA AUSILIATRICE 2004-6
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